IL RITRATTO ROMANO



RITRATTO DI AGRIPPA

LA RITRATTISTICA GRECA

I romani appresero l'arte di ritrarre le persone, in particolare i visi e i busti, sia dagli etruschi che dai greci. Il ritratto ellenistico fu un grande successo dell'arte greca, in cui si riuscì a realizzare ritratti fisionomici non solo molto reali, cioè somiglianti, ma pure dotati anche di forti valenze psichiche ed espressive. Conosciamo la ritrattistica greca solo attraverso le sculture, ma sicuramente fu altrettanto pregiata anche nella pittura.

ANTIOCO III - RITRATTO GRECO
Fino al IV secolo a.c. infatti la ritrattistica si era valsa di tratti somatici idealizzati, con caratteristiche precise a seconda della categoria degli individui.
Per la morale greca non era da buon cittadino esporre le proprie immagini o comunque immagini "private" in luoghi pubblici, a meno che l'immagine non riguardasse quella di uomini illustri che potevano servire da esempio e da modello alla popolazione.

Tutta la filosofia greca inneggiava al perseguimento delle virtù, un fine che doveva coinvolgere tutti i cittadini. Dovendo appunto perseguire tali fini la statuaria greca usò solo figure intere o tutt'al più, in epoca tarda o area periferica, la mezza figura, soprattutto in ambito funerario. Le teste greche che conosciamo oggi sono frutto delle innumerevoli e infinite copie romane. Anche le teste su erme furono copiate dai romani a partire da sculture intere.

Il ritratto di Antioco III è uno dei massimi esempi di questa ritrattistica. Dichiarandosi egli "campione della libertà ellenistica contro il dominio di Roma", si fece fare e gli venne fatto uno splendido ritratto in cui il volto del sovrano riflette fierezza, nobiltà, idealismo e determinazione. E' la statua dell'eroe per antonomasia.

I romani appresero la scultura prevalentemente dai greci, applicandovi però un proprio stile, che rispecchia un po' le caratteristiche dei due popoli. Le figure romane, rispetto a quelle greche sono meno snelle fino ad essere anche un po' tozze. I romani idealizzavano poco, i greci idealizzavano molto, non a caso furono i maestri della filosofia.

Le statue greche del IV sec. a.c. sono impareggiabili, di una bellezza ineguagliata, si che tutte sembrano Dei o simili agli Dei.

Gli Dei romani, al contrario, erano più corposi e terrestri, perchè i romani erano a loro volta razionali e terrestri, anche se raffinati quel tanto da capire che le statue greche erano da copiare e conservare, e le copiarono infatti all'infinito. Praticamente noi conosciamo la statuaria greca attraverso quella copiata dai romani.

Ma un posto importante ebbe per i romani la ritrattistica, in cui in un certo senso superarono i greci. Non che questi ultimi non fossero abilissimi nei ritratti, ma i romani avevano qualcosa di speciale.

Imperatori o generali o politici, subivano tutti una stessa sorte: erano assolutamente somiglianti all'originale... e assolutamente impietosi. Se erano brutti nella realtà erano brutti anche nel ritratto, nessun accorgimento per migliorane sia pur minimamente l'aspetto. Ma non ne miglioravano neppure l'espressione, che anzi sembra presa in un momento di collera o insofferenza.

STATUA ETRUSCA

LA RITRATTISTICA ETRUSCA

Si ritiene da alcuni che la ritrattistica etrusca sia stata di poco interesse per i romani e non l'abbia influenzata granchè rispetto a quella greca. Non siamo dello stesso avviso.

STATUA IN TERRACOTTA ETRUSCA
Ora noi conosciamo l'arte etrusca solo attraverso le loro tombe affrescate e forse certi autori si confondono con i volti tipicizzati dei personaggi mitici rappresentati in alcune tombe.

Gli etruschi non potevano ritrarre gli eroi che non conoscevano (vedi Mastarna ecc.) ma nei conviti spesso riportati nelle tombe i personaggi si capisce che sono reali.

Nelle tombe a inumazione poi la ritrattistica è di diverso valore a seconda della ricchezza dei proprietari.

Si andava infatti dalle statue di terracotta in serie con applicazione della testa-ritratto del defunto alle statue intere dei defunti dove la ritrattistica è superba, sia per le forme che per le espressioni.

Ne fa fede il ritratto in terracotta riportato qua sopra e la pittura riportata qui di fianco.

SARCOFAGO ETRUSCO
Me ne fa fede pure la composizione di terracotta, vero capolavoro nell'esecuzione e nell'anima, di questa coppia di sposi che si è fatta mirabilmente ritrarre per il reciproco e unico letto funebre.

Il sentimento d'amore che lega queste due figure è stato raramente eguagliato nell'arte raffigurativa sia scultorea che pittorica, nei visi, nelle espressioni, nei gesti e nella posa.

Si tratta del sarcofago di Larth Tetnies e della moglie Thanchvil Tarnai,

Luogo della scoperta: Vulci necropoli di Ponte Rotto, tomba dei Tetnies.

Epoca: Terzo quarto del IV secolo a.c.

Conservazione nel Museum of fine Arts, Boston.

Sul coperchio del sarcofago è raffigurata una coppia di sposi distesi e abbracciati, avvolti sotto un manto che ricopre la kline, ovvero il letto conviviale.

Sul lato lungo della cassa un combattimento tra Greci e Amazzoni, sui due lati brevi combattimenti tra animali, reali e fantastici.

Pensiamo che gli etruschi avessero poco da invidiare alla scultura greca, solo che ne abbiamo pochi esemplari, anche perchè, pur essendo una cultura appartenente al solo suolo italico, l'arte etrusca sta più nel resto del mondo che nel suolo italico, tra predature di guerra e vendite illegali.

RITRATTO DI CARACALLA ACCIGLIATO

I RITRATTI DI MARMO

Gli scultori romani erano assolutamente impietosi, raffiguravano tutti, imperatori e generali compresi, con il massimo della veridicità, anzi sembrerebbe che, probabilmente, per dargli più carattere, li cogliessero nelle loro espressioni peggiori. 

(1) IMP. COMMODO
C'era è vero il fatto che i potenti si presentavano sempre con le sopracciglia aggrottate per fare timore, ma i ritrattisti non si limitavano a questo, perchè ne evidenziavano ogni ruga ed ogni espressione ostile o rabbiosa o stizzosa.

Evidenziavano anche le verruche, le borse sotto gli occhi, la pinguedine, le guance cascanti, il cranio bitorzoluto, le rughe profonde della pelle pendula.

I romani non avevano pietà nè negli aspetti fisognomici, nè nelle espressioni: per esempio Commodo, fig (1), ha
gli occhi sporgenti come un pesce e lo sguardo spento per l'appunto di un pesce, ma di un pesce morto.

L'imperatore non ha le rughe sulla fronte, nè quelle della preoccupazione (rughe orizzontali), nè quelle dell'ira (verticali tra gli occhi).

Non le ha un po' perchè nel ritratto è giovane, ma pure perchè è inespressivo, senza nessuna emotività, chiuso come un'ostrica.

Il personaggio dell'immagine (2) è designato come Marco Agrippa, ma non gli somiglia affatto, inoltre porta il  capo velato come un sacerdote, e Agrippa non è mai stato sacerdote.

(2) (falso) AGRIPPA
Però ha tutto l'aspetto di un iracondo, con le rughe orizzontali sulla fronte e quelle verticali tra gli occhi. In più ha gli angoli della bocca tirati in basso in senso di schifo e disprezzo.

Ha il collo taurino con il collo lungo e la testa alta, quindi è atletico e giovane, ma, chiunque sia, ha un pessimo carattere.

Bruttino ma decisamente simpatica è invece la testa di Vespasiano, fig. (3), che più che un imperatore e un generale, appare come il norcino che vende il salame sotto casa.

Ha la pelle incartapecorita dal sole, gli occhi piccoli con le palpebre un po' calate, ma pure sono penetranti, rilevano capacità di osservazione e intelligenza.

E' basso, con il collo corto, è tozzo e tarchiato, ma un po' perchè fu un ottimo imperatore e un grande generale, un pò perchè ha un mezzo sorriso che sa di spontaneo, quest'uomo dall'aspetto contadino ci piace.

RITRATTO DI TRAIANO

LA STORIA

Per il diritto allo "ius imaginum", solo i patrizi potevano esporre le immagini dei propri avi, conservandole dentro armadietti e tirandole fuori soprattutto nei funerali. Le prime immagini furono di cera, successivamente divennero in marmo ed in bronzo.

(3) IMP. VESPASIANO
Questo perchè, essendo l'antenato il protettore e il riferimento della sua gens, divenne per i romani la prova del valore e dell'importanza di una "gens" e di una "familia". A seguito di ciò acquistò una rilevanza artistica in quanto il buon ritratto metteva in evidenza le possibilità economiche, ma anche politica e sociale.

L’importanza del ritratto, come espressione del patriziato, si accentuò nell’età sillana, per il semplice fatto che Silla era patrizio ed esaltava lo ius imaginis di sè e della sua gloriosa gens Cornelia.

Ma il bello fu che il ritrattismo si caratterizzò di un grande realismo, attento ai più piccoli particolari, spesso con tratti contadineschi e rozzi, esaltazione dello stile sia contadino che militare romano, che raccoglievano in sè la severità dei costumi antichi così spesso esaltati, insomma il "Mos Maiorum" tanto caro a Cicerone e ad Augusto.

Nell’età augustea, il mondo romano risentì maggiormente della cultura ellenistica anche grazie a Mecenate e al suo circolo. Il ritratto di età sillana si estese nelle stele funebri dei liberti e dei piccoli commercianti che potevano permettersi questa nuova categoria di ritratto, come bassorilievo sulla propria tomba.

(4) MASSIMINO IL TRACE
Ma data la lungimiranza di Augusto, abilissimo nella propaganda politica, il ritratto divenne una delle maggiori forme di espressione artistica e ufficiale di propaganda.

Le statue raffiguranti Augusto ebbero (ritrovati fino ad ora) ben 120 pose e una quantità infinita di copie. Un altro grande veicolo di propaganda furono le monete con l'effigie dell'imperator da una parte e la deificazione di una sua qualità dall'altra.

Così l'immagine di Augusto, al diritto della moneta, venne affiancata nel retro della stessa dalle immagini divine delle:

- Pax Augusta,
- Equitas Augusta
- Aeternitas augusta
- Concordia Augusta
- Salus Augusta
- Spes Augusta
- Pietas Augusta

Nelle statue venne abbandonata non la posa, ma la raffigurazione ideale dei corpi statuari ellenistici, comunque la posa è meno molle e il busto più eretto, secondo il modello non dell'atleta ma del soldato romano. Ma più ancora nella raffigurazione della testa si è attenti in modo molto particolareggiato al ritratto fedele.

Tra l’età di Tito e quella di Traiano, le figure femminili si dotarono di complesse e ricche capigliature, ciò che distingueva maggiormente i ricchi dai poveri, i patrizi dai plebei. La raffinatezza della scultura divenne così realistica da rappresentare verosimilmente una elaborata capigliatura, cosa non facile da eseguire.


Il ritratto sullo scudo

(5) GAIO MARIO
Trionfarono la statua ufficiale e il busto a carattere privato. In più, nell’età imperiale, si afferma un altro tipo di ritratto: la raffigurazione dentro uno scudo.

Si dicevano:

"clypeus" lo scudo di guerra,
"clupeum" lo scudo con il ritratto al centro nel suo interno.
"clupea" i ritratti degli imperatori che si attaccavano alle insegne militari, dalla cima alla metà dell'asta,
"clupea" erano anche detti i piccoli busti degli imperatori che venivano attaccati ad uno scudo rotondo mediante un uncino che li fissava al muro di un tempio o di un qualsiasi altro monumento (ad esempio il Colosseo)
"clupea" erano anche detti i bassorilievi delle immagini degli Dei (in genere Giove) che venivano attaccati ad uno scudo rotondo mediante un uncino che li fissava al muro di un tempio o di un qualsiasi altro monumento.

Sembra fosse di origine greca l'uso di appendere ai templi i clipei dei nemici uccisi, i romani più sbrigativi li fondevano e li appiccicavano ovunque.

La raffigurazione all’interno dello scudo, detta "imago clipeata" fu usata anche per scopi funerari e anche nella pittura, sempre con connotazioni estremamente realistiche.

Il senato decretò a Caligola e a Claudio Gotico (213-270) uno scudo d'oro su cui venne posto il loro ritratto, invece a Marco Bebio i decurioni ordinarono il suo ritratto su uno scudo d'argento.



LA GRANDE BRUTTEZZA

(6) GETA
Massimino Trace (4), Gaio Mario (5) e Geta (6) non sono certo belli

Geta, il figlio di Settimio Severo, è nel ritratto qua a fianco piuttosto giovane e piuttosto obeso.

Ha molto evidenti le rughe della preoccupazione, molto meno evidenti, ma ci sono, quelle dell'ira. Sembra deluso e inquieto.

Del resto ne ha ben donde, con il fratello Caracalla che deve avergliene fatte passare di tutti i colori prima di averlo infine fatto assassinare.

Ha il doppio mento, la fronte bassa, il volto piatto e tozzo.

Ha tutto sommato uno sguardo discretamente intelligente, un po' addolorato e un po' volitivo e adirato, ma pure spaventato.

Il ritratto di Calpurnio Piso (7) ci colpisce non per la bruttezza ma per l'espressione preoccupatissima e infelice.

Ha le labbra sottili, ha le rughe della tensione e della preoccupazione, è teso fino allo spasimo, ha pure le rughe della rabbia ma non molto accennate.

CALPURNIO PISO (7)
Ha invece gli angoli della bocca tirati all'ingiù di chi ha subito cocenti delusioni.

Fu un grande collaboratore di Augusto, che, profondo conoscitore di uomini, lo spremette come un limone facendolo combattere ovunque.

Meritò il trionfo e grandi lodi, per le sue capacità di generale ma pure di onesto amministratore di denaro pubblico e di persone, dimostrandosi equo e generoso con i popoli sottomessi.

Forse tutte queste virtù gli pesarono un  pochino, anche perchè girò il mondo e non fece più ritorno a casa.

Giulio Cesare (8) era un bell'uomo, morì ancora nel pieno dell'età, a 56 anni.

Forse era negli ultimissimi anni della sua vita, e forse la sua salute non andava tanto bene.

Di certo non aveva l'epilessia come è stato scritto su di lui perchè un epilettico non potrebbe sopportare le guerre e morirebbe giovane.
(8) GIULIO CESARE
Anche perchè all'epoca non esistevano le cure per l'epilessia.

Però sembra un uomo dimagrito repentinamente, con molte rughe di preoccupazione, quelle orizzontali sulla fronte, e le poche tra gli occhi fanno pensare più a rughe di concentrazione che di ira.

Pensiamo però che un po' della sua immagine sia stata guastata dal naso.

Poichè infatti gli iconoclasti cristiani si industriavano per demolire le immagini romane, soprattutto se famose, perchè avevano seguito, non riuscendo a farle tutte a pezzi, si contentavano a volte di sfigurarle, prendendole a mazzate sulla faccia.

Naturalmente la prima parte che si rompeva era il naso e quello di Cesare appare evidente che sia stato aggiunto da altri.

Purtroppo però è un naso sbagliato, Cesare aveva un naso adunco e sottile e non a patata come quello che gli è stato appiccicato.

SILLA (9)
Ma neppure la faccia di Silla, fig. (9), era un granchè, una faccia decisamente collerica e pure sprezzante anche se molto determinata.

Di certo però aveva un viso virile, tanto che nessuno suppose mai fosse gay, se non lo avesse confessato lui stesso, e con infinito gusto, il giorno della sua abdicazione.

Da notare che gli scultori non facevano distinzioni tra giovani e vecchi, o fra uomini e donne, o fra grandi e fanciulli o bambini.

Venivano tutti ritratti con grande somiglianza, ma soprattutto con grande evidenza del carattere.

Cosa che i romani dovevano accettare volentieri, altrimenti gli scultori avrebbero cambiato metodo.

Il bello dell'antica Roma era che l'arte era di casa, le botteghe di scultura fiorirono con maestri ed allievi che divennero maestri a loro volta.

L'arte non era un'eccezione, era la norma, era un prodotto artigianale che molti potevano permettersi. Diceva Cicerone che a Roma c'erano più statue che abitanti e Augusto dovette spostare le statue in periferia perchè il Foro ne era stracolmo.


FAUSTINA MINORE

LA GRANDE BELLEZZA

Ma i romani erano maestri del bello e del brutto e il ritratto di Faustina Minore che qui riportiamo dimostra quanta attenzione avessero anche alla pura bellezza, in questo caso unita a una giovanile grazia e ingenuità.

Più matura nello sguardo questa sia pur giovane donna dal volto regolare e il portamento elegantemente composto.


I romani appresero l'arte della scultura (e anche della pittura) dai greci, ma pure dagli etruschi che furono purtroppo demoliti molto presto dai romani, e che dai greci avevano poco da invidiare. Era fatale che tra nord e sud, circondati dall'arte, i romani non l'apprezzassero e la apprendessero insieme alla capacità di leggere e scrivere, come uno dei sommi piaceri della vita.



BIBLIO

- Raissa Calza - I ritratti - Roma - Istituto Poligrafico dello Stato - 1978 -
- Alfonso De Franciscis - Ritratti romani del Muso Nazionale di Napoli - in "Memorie dell'Accademia di Archeologia , Lettere e Belle Arti di Napoli" - VI - 1942 -
- Eugénie Sellers Strong - Roman sculpture from Augustus to Constantine - Ayer Publishing - 1969 -
- Filippo Coarelli - Storia dell'arte romana. Le origini di Roma - Milano - ed. Jaca Book -



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