TEMPIO DI VENERE GENITRICE

TEMPIO DI VENERE GENITRICE

Il tempio di Venere Genitrice chiudeva la piazza del Foro di Cesare verso la sella che conduceva al Campidoglio, dominandone il lato di fondo nord-occidentale. Venne promesso in voto da Giulio Cesare a Venere durante la battaglia di Farsalo, combattuta e vinta nel 48 a.c. contro il suo avversario Pompeo Magno, e venne da lui inaugurato nel 46 a.c..

Il termine "Genitrice" allude alla mitica discendenza del dittatore, attraverso Iulo, progenitore della gens Iulia, da Enea, figlio della Dea, ma si riferisce anche all'aspetto creatore della divinità legata al rifiorire primaverile della natura. Inizialmente il tempio doveva essere dedicato a "Venere Vincitrice", come quello edificato dal rivale Pompeo alla sommità del suo teatro, poi Cesare mutò idea.

Il tempio, inaugurato da Giulio Cesare insieme alla piazza antistante, fu uno dei pochissimi edifici da lui iniziati che riuscì a inaugurare prima del suo assassinio. Un passo di Svetonio (70 - 122) ricorda come un giorno Cesare ricevette il Senato, ignorando ogni norma dell'etichetta repubblicana, seduto al centro del podio del tempio, come una divinità vivente. 



Ma l'aneddoto non è molto credibile, perchè il senato si riuniva solo in luoghi consacrati, solitamente nella Curia, che si trovava nel foro romano; le cerimonie del senato per il nuovo anno avvenivano invece nel tempio di Giove Ottimo Massimo mentre gli incontri di argomento bellico avvenivano nel tempio di Bellona.

Del resto Adriano, sotto cui servì Svetonio ci teneva che il suo governo fosse ritenuto migliore di quello dei suoi predecessori, per cui gradiva aneddoti sfavorevoli sui precedenti imperatori.

Il tempio venne danneggiato dall'incendio scoppiato sul Campidoglio nell'80 e dovette essere ricostruito sulle medesime fondazioni sotto Traiano (53-117), in seguito all'abbattimento della sella montuosa tra Campidoglio e Quirinale per l'erezione del Foro di Traiano, sella al cui pendio si appoggiava il tempio.


Venne pertanto nuovamente dedicato, come riportano i Fasti Ostiensi il 12 maggio del 113, nello stesso giorno dell'inaugurazione della Colonna di Traiano. Il tempio sopportò un nuovo incendio sotto l'imperatore Carino (257-285) nel 283, mentre sotto Diocleziano (244-313) dovette essere restaurato, inglobando le colonne della facciata in un muro in laterizio.

Venne poi collegato con archi, sempre in laterizio rivestito di marmo, per ragioni di stabilità, alle strutture laterali della Basilica Argentaria, il portico a pilastri che fiancheggiava il tempio di Venere Genitrice.

TRASFORMAZIONE DEL FORO

DESCRIZIONE

L'area occupata dal Foro misurava in origine circa m 160 x 75, un rettangolo molto allungato e circondato su tre lati da un duplice colonnato, con l'ingresso che si apriva sul lato sud-est, direttamente sull'Argiletum,  l'antica via romana che usciva dal Foro Romano costeggiando il fianco sinistro della Curia per dirigersi verso la Subura. 

Si trattava di un tempio periptero (circondato da un portico colonnato), eretto su alto podio ricoperto di marmo, a cui si accedeva mediante due scalinate laterali, con otto colonne sulla fronte (ottastilo) e nove sui fianchi, piuttosto ravvicinate tra loro, ma privo di colonne sul retro.

Al centro della piazza sorgeva la statua equestre di Cesare, su un cavallo le cui zampe anteriori avevano la forma di piedi umani.
Il cavallo, scolpito da Lisippo, aveva un tempo sostenuto la figura di Alessandro il Grande. 

Il lato sud-occidentale della piazza era costituito da una serie di taberne di varia profondità, appartenenti all'antico Foro di Cesare, costruite con blocchi di tufo e di travertino e precedute da un doppio colonnato (pertinenti però al restauro dioclezianeo) oltre il quale, tramite tre scalini, si scendeva al livello della piazza.

Sul muro esterno della cella, rivestito da lastre in marmo a mo' di opus quadratum, le colonne esterne si rinfacciavano a un ordine di lesene, tra le quali, su due registri sovrapposti, si trovavano pannelli a bassorilievi, con amorini in diverse composizioni a carattere decorativo che si ripetono sui lacunari degli architravi nella trabeazione principale e nel fregio appartenente al primo ordine interno della cella, legati alla figura mitologica del Dio Eros, figlio di Venere, raffigurato come fanciullo alato.

VENERE DEL TIPO GENITRICE
Al primo ordine il fregio presentava Amorini recanti uno scudo con testa di Medusa e una faretra, mentre altri Amorini versano del liquido da un anfora in un bacino. 

Probabilmente gli oggetti evocano simbolicamente la presenza di diverse divinità che accompagnano la Dea nel suo aspetto di progenitrice della natura.

La statua di Venere era opera di Arkesilaos, e il suo seno era coperto da fili di perle britanniche.

Plinio, dopo aver menzionato la collezione di gemme fatta da Scauro ed un’altra da Mitridate che Pompeo Magno aveva offerto a Giove Capitolino, aggiunge:
"Questi precedenti furono sorpassati dal dittatore Cesare che offrì a Venere Genitrice sei collezioni di cammei ed incisioni". 

La cella era decorata, su ognuno dei due lati, da colonne di "giallo antico" aderenti alle pareti, sulle quali era un architrave scolpito con figure di beoti, antichi abitanti della Beozia. frammenti dei quali sono conservati nei Musei Capitolini. 

Altri pannelli erano a decorazioni vegetali e piccoli animali. Nell'edificio preesistente le pareti erano decorate da due ordini di colonne innalzate su un basamento, che inquadravano nicchie con frontoncini; sul primo ordine correva un fregio, ancora con amorini, occupati a portare gli attributi di varie divinità. 

Sul fondo l'abside era stata ricostruita e maggiormente distaccata dalla cella vera e propria. Le basi decorate dell'abside sono state reimpiegate nell'ingresso del Battistero lateranense di Piazza s. Giovanni in Laterano.

Il Foro fu riportato alla luce durante i lavori di sfondamento di via dell'Impero, realizzati tra il 1930 ed il 1932, anche se fu una scoperta casuale e non voluta. La parte oggi visibile costituisce oltre un terzo della superficie originaria del Foro, anche se scavi ancora in corso fanno ben sperare in altre meraviglie.

RESTI DEL TEMPIO

I RESTI

Del tempio di epoca cesariana si conserva solo il nucleo in cementizio del podio, a cui si accedeva tramite due scalinate laterali, e alcuni resti dell'abside che si trovava in fondo alla cella, inglobata nelle nuove strutture traianee. 

Dell'edificio ricostruito da Traiano, la cui pianta dovette ricalcare quella dell'edificio più antico, si conservano invece numerosi resti marmorei. Sono state rialzate sul podio tre delle colonne di ordine corinzio del lato sud-occidentale del tempio, con la relativa trabeazione (cornice con mensole, fregio con decorazione a girali d'acanto e architrave decorato inferiormente da lacunari con amorini in mezzo a girali d'acanto), rinvenute in posizione di caduta negli scavi degli anni trenta.

Un chiaro richiamo a Dioniso è rappresentato da un pannello a rilievo nel quale è raffigurato un cratere, con ai piedi una maschera teatrale ed una pantera dal corpo maculato. Alcuni dei resti sono stati esposti nel Museo dei fori imperiali che si trovano nei Mercati di Traiano.

RESTI DEL TEMPIO DI VENERE GENITRICE
Sul fondo l'abside era stata ricostruita e maggiormente distaccata dalla cella vera e propria: alla parte absidale del Tempio di Venere Genitrice dovevano appartenere i bellissimi capitelli, in realtà capovolti e usati come  basi di colonne, che sono state reimpiegate nell'ingresso del Battistero lateranense.

All'interno del tempio erano presenti numerose opere d'arte, che conosciamo in parte dalle fonti:

- una statua di Venere Genitrice, opera dello scultore neoattico Arcesilao (Arkesilas).
- una statua di Cesare con la stella sulla fronte (sidus Caesaris),
- una statua in bronzo dorato di Cleopatra,
- due quadri di Timomaco di Bisanzio (Medea e Aiace, che Cesare pagò ottanta talenti),
- sei collezioni di gemme intagliate (dactyliothecae),
- una corazza decorata con perle proveniente dalla Britannia.

Davanti al podio restano i basamenti di due fontanelle, già scambiati per le basi delle statue delle Appiadi ricordate da Ovidio, che in realtà si trovavano nel vicino all'Atrium Libertatis. Numerosi frammenti del tempio sono conservati nei Musei Capitolini.

I CAPITELLI DEL TEMPIO DI VENERE GENITRICE REIMPIEGATI NE BATTISTERO DI SAN GIOVANNI

RODOLFO LANCIANI

- Un esempio molto elegante dell' utilità che può derivare da queste nostre ricerche si ha nella faccenda dell'orto della Valle, al Pantano di san Basilio, i quali orto e pantano occupavano parte dell'area dei fori Giulio e Augusto.

Nella tav. 32 dell'edizione originale dell'Architettura di Antonio Labacco, messa in luce da Antonio Lafreri l'anno 1552 si veggono la pianta, l'alzato, e la sezione di un tempio, il cui fregio a nascimenti e volute, ricorda quelle tali famose candeliere che ora stanno murate nelle pareti di una loggia di Villa Medici, sulla quarta torre a partire dal confine coi giardini del Pincio.

Ma nella seconda edizione dell'Architettura, incisa (alla rovescia) in Venezia nel 1560, lo stesso edificio è descritto con le parole seguenti « il seguente edificio fu cavato fra il Campidoglio et il colle quirinale, in quel luogo dove hoggi si dice il Pantano, molto distrutto et rovinato, d'ordine composito, tutto ornato de intagli et fogliami bellissimi ".

GLI EROTI DEL TEMPIO
Si tratta dunque del tempio di Venere Genitrice, visto e delineato contemporaneamente da Andrea Palladio, il quale ne parla così (Architettura, lib. IV, e. 31) «nel luogo che si dice Pantano, che è dietro a Marforio, era anticamente il tempio che segue: le cui fondamenta furono scoperte cavandosi per fabbricare una casa (di Bruto della Valle) e vi fu ritrovato anco una quantità grandissima di marmi lavorati eccellentemente ma perchè nei frammenti della gola diritta della sua cornice si vedono dei delfini intagliati, et in alcuni luoghi .... dei tridenti, mi dò a credere che fosse di Nettuno. Di questo mirabile monumento furono messi in salvo due soli pezzi del fregio, che il Lafreri fece incidere in rame nel 1561 con la leggenda "in aedibus Andreae quondam card, a Valle" ».

E quando la raccolta della Valle fu comperata l'anno 1584 dal card. Ferdinando de Medici, i fregi seguirono la sorte comune, e furono murati nella loggia poc' anzi nominata. Di tale trasferimento si ha la prova Della tav. 48 delle « Romanae magnitudinis monumenta » di Domeaico de Rossi (Roma 1699), tavola incisa dal Bartoli seniore con la postilla: «templum ordinis compositi detectum inter Quirinalem et Capitolium in regione Pantani, ab Antonio Labacco delineatura, cuius Zophoris marmorei praegrandia fragmenta vario foliorum circuitu aifabre ornata serva ntur in aedibus Mediceis in Pincio». -



LA FESTA DEL TEMPLUM VENERIS GENETRICIS

 La festa veniva celebrata il 26 settembre in onore di Venus Genetrix, Venere Madre. Si ricordava la dedicatio del tempio deciso da Iulius Caesar in occasione della battaglia di Pharsalus. Venne costruito nel Forum Iulium ed inaugurato nel 46 a.c. Genetrix si riferisce alla divina origine della famiglia Iulia.

Vedi anche: IL FORO DI CESARE


BIBLIO

- Filippo Coarelli - Guida archeologica di Roma - Arnoldo Mondadori Editore - Verona - 1984 -
- Grossi, Olindo - The Forum of Julius Caesar and the Temple of Venus Genetrix - 1936 -
- Strabone - Geografia - V -
- Plinio il vecchio - Naturalis Historia - XXXIV -



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