L'ANFITEATRO DI PULA |
La città di Pola, all'estremità sud-occidentale della penisola istriana sorge, come Roma, su sette colli (Castello, Zaro, Arena, San Martino, Abbazia di San Michele, Mondipola e Pragrande), affacciandosi su un ampio golfo e un porto naturale collocato a nord-ovest con ingresso sia dal canale di Fažana.
La nascita di Pola sull'Adriatico è attribuita al mito di Giasone e Medea (Pola = Città di fuggitivi) legato alla ricerca del vello d'oro con conseguente tragedia. I romani nel 117 a.c. sconfissero gli Histri, fondando la colonia romana "Colonia Pietas Iulia Pola Pollentia Herculanea" per brevità chiamata la Pietas Iulia, da cui abbiamo tutti i motivi di credere derivi il nome della città di Pola. Essa giace a una decina di km dall'attuale città di Pola.
E' nella metà del I sec. a.c. sotto il governo di Giulio Cesare, che la città si evolve, ma sembra che
venne rifondata da Augusto con il nome di "Pietà Julia" come monumento della sua venerazione a Cesare, ma pure a se stesso perchè anche lui da adottato era diventato Cesare.
venne rifondata da Augusto con il nome di "Pietà Julia" come monumento della sua venerazione a Cesare, ma pure a se stesso perchè anche lui da adottato era diventato Cesare.
La situazione della città, che si trovava sulla rotta da Ancona a Zara, e gli insediamenti romani all'interno dell'Illiria e della Pannonia, migliorarono notevolmente aumentando la sua ricchezza ancor più durante il regno di Settimio Severo, tra la fine del II e l'inizio del III sec. d.c., e giungendo a contenere oltre i trentamila abitanti, cosi che con Salona (capitale romana della Dalmazia), Pola diventò il più grande insediamento sulla costa ovest dell’Adriatico.
Decadde, come più o meno tutte le altre città, con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente (al fine del V secolo).
LA PORTA GEMINA (Porta Gemella)
Pola era circondata da mura, dall'antichità fino a poco tempo fa quando furono demolite per l'espansione del centro della città. Pola aveva una decina di porte, di cui ancora visibile Porta Gemina e parte delle mura. Nel medioevo per ragioni difensive venne coperta di terra e solo all'inizio del XIX secolo fu ripulita e conservata.
La Porta risale al II - III sec., è decorata con tre mezze colonne a capitelli compositi, uniti da un architrave. Sugli archi sono ancora visibili le fessure dei cardini e conserva una targa con il nome di Lucio Menacio Prisco, consigliere comunale e senatore che aveva finanziato la costruzione di uno dei sistemi di approvvigionamento idrico della città.
Decadde, come più o meno tutte le altre città, con la caduta dell'Impero Romano d'Occidente (al fine del V secolo).
DESCRIZIONE
Specialmente in era imperiale, Pola si romanizza con un'urbanizzazione sul modello romano del cardo e decumano, con case regolari rettangolari, un Foro con strade e piazze lastricate, acque di scarico, insule, le mura, e i grandi monumenti dell’Anfiteatro, Campidoglio, gli Templi di Augusto e Diana, l’Arco di trionfo dei Sergi, la Porta di Ercole, la Porta Gemina, il Piccolo e il Grande teatro romano.
Specialmente in era imperiale, Pola si romanizza con un'urbanizzazione sul modello romano del cardo e decumano, con case regolari rettangolari, un Foro con strade e piazze lastricate, acque di scarico, insule, le mura, e i grandi monumenti dell’Anfiteatro, Campidoglio, gli Templi di Augusto e Diana, l’Arco di trionfo dei Sergi, la Porta di Ercole, la Porta Gemina, il Piccolo e il Grande teatro romano.
LA PORTA GEMINA (Porta Gemella)
La targa fu trovata accanto al monumento ma vi venne issato sopra. Passando attraverso la porta si incontrano i resti di un mausoleo ottagonale del II-III sec., poi si sale verso il Museo Archeologico, il Castello e il piccolo Teatro Romano.
PORTA ERCULEA |
PORTA DI ERCOLE
La Porta di Ercole a Pola è una porta molto semplice situata tra due torri che dovrebbero essere medievali, eseguita a blocchi di pietra grezzi. Nella sua parte superiore è scolpita la testa di Ercole con barba, capelli ricci e clava. Forse era simbolo della città, visto che si chiamava Colonia Iulia Pollentia Herculanea.
Probabilmente vennero inviati dal Senato con un gruppo di coloni, nel 47 al 44 ac, per fondare Pola. Come la Porta Gemini, la Porta Ercole fu dissotterrata nei primi anni del XIX secolo e negli anni Trenta del XX secolo è stata pulita e conservata.
ESTERNO DELL'ANFITEATRO |
L'ANFITEATRO
Venne eretto al tempo di Augusto, nel I sec. d.c., continuando sotto l'imperatore Claudio fino al tempo di Vespasiano. Una leggenda tramanda che l'imperatore Vespasiano fece edificare la magnifica Arena in onore del suo amore per la bella polesana Antonia Cenida, per far colpo su di lei.
L’anfiteatro di Pola o l’Arena di Pola (conosciuta con il nome popolare di Divić-grad) è il monumento più grande e ben conservato dell’antichità in Croazia. Comparandolo con più di 200 anfiteatri romani, il mantello esterno dell’anfiteatro di Pola, con le sue quattro torri scalari, è il meglio conservato e raro esempio di tecniche e tecnologie singolari. Per grandezza è il sesto anfiteatro romano al mondo e l’unico al mondo con tutti e tre gli ordini architettonici completamente conservati.
In effetti l’Arena di Pola può essere paragonata ai grandi anfiteatri del Colosseo a Roma, dell'Arena di Verona, di Pompei o di Nimes e Arles in Francia. L'anfiteatro aveva forma ellittica con l'asse nord-sud lungo 130 m, e l'asse est-ovest di 100 m, con due serie di arcate, ciascuno con settantadue archi, e una serie di aperture rettangolari sopra di loro.
Era munito di quattro torri per la parte superiore del viale da dove si estendeva il velario che proteggeva il pubblico dal sole e la sua cavea poteva contenere ventimila spettatori. Lo spettacolo più atteso era comunque quello dei gladiatori.
Dopo gli spettacoli d'introduzione, che erano accompagnati con la musica che rilevava le parti più importanti dello spettacolo, cominciavano i giochi circensi. I gladiatori erano schiavi, prigionieri di guerra o prigionieri condannati a morte, ma anche persone libere che la fame aveva spinto a scommettere la vita in questo pericoloso spettacolo, che poteva dare la morte ma pure la fama e la ricchezza. Nell’anfiteatro era popolare anche la caccia alle belve (“venatio”) in cui le bestie dovevano combattere tra loro o con gli umani.
L'INTERNO |
Era munito di quattro torri per la parte superiore del viale da dove si estendeva il velario che proteggeva il pubblico dal sole e la sua cavea poteva contenere ventimila spettatori. Lo spettacolo più atteso era comunque quello dei gladiatori.
Dopo gli spettacoli d'introduzione, che erano accompagnati con la musica che rilevava le parti più importanti dello spettacolo, cominciavano i giochi circensi. I gladiatori erano schiavi, prigionieri di guerra o prigionieri condannati a morte, ma anche persone libere che la fame aveva spinto a scommettere la vita in questo pericoloso spettacolo, che poteva dare la morte ma pure la fama e la ricchezza. Nell’anfiteatro era popolare anche la caccia alle belve (“venatio”) in cui le bestie dovevano combattere tra loro o con gli umani.
IL TEATRO PICCOLO |
I TEATRI
Pola possedeva due teatri, il Grande teatro fuori città, sul versante meridionale della collina di Monte Zaro, che è stato completamente distrutto nel XVII secolo (le pietre erano utilizzate per la costruzione del castello veneziano), e l'altro, il Piccolo teatro romano, all'interno delle mura della città a cui si giungeva dalla strada attraverso la Porta Gemina, sulle pendici nord-orientali della collina Kaštel, di cui si sono salvati i resti della fondazione della scena e lo spazio per il pubblico.
Gli spettacoli del teatro romano inizialmente erano ispirati ai miti, con scene anche cruente, in seguito divennero più allegre e leggere con la commedia Atellana, avvalendosi di attori mascherati, cantanti, acrobati e mimi che cantavano, danzavano, e declamavano poesie con l'accompagnamento di arpa, flauto e di altri strumenti. pur essendo spettacoli piuttosto licenziosi alle donne non era consentito recitare e le loro parti venivano sostenute dai maschi.
Del teatro popolarmente noto come "Zaro che si trovava fuori e ad ovest delle mura della città, non rimane purtroppo nulla, se non lo scavo nella collina rocciosa per le sedi dell'auditorium. Sebbene fosse stato colpito da un uragano, l'edificio rimase in uno stato discreto fino al 1636; ma in quell'anno venne distrutto e le pietre furono usate da Antony de Ville, un ingegnere francese, per costruire la fortezza sul Campidoglio."
(T.G. Jackson)
(T.G. Jackson)
La fortezza fu costruita sulla cima della collina sul sito del Capitolio (perduto), un tempio dedicato a Giove, Giunone e Minerva.
IL PICCOLO TEATRO
Sebastiano Serlio (1475-1554), che ha visto il teatro nella prima metà del XVI secolo, ne ha pubblicato una pianta che rende l'idea della sua bellezza. Il teatro era adagiato sulla pendice della collina, caratteristica dei teatri greci.
Aveva una scena ed il proscenio ove si svolgevano le rappresentazioni, oltre all'orchestra e alla cavea.
Aveva colonne corinzie, ed era riccamente decorato con le sculture e due ordini di colonne. L'interno era molto rovinato, ma l'esterno era cosi ben conservato che si riuscì a farne disegni precisi.
Di esso restano le fondamenta della scena e della cavea, sebbene in età romana il teatro occupasse un' area più grande rispetto a quanto risulta visibile ai nostri giorni poiché gli scavi archeologici non vennero mai conclusi. Si suppone che potesse accogliere tra i 4 e 5 mila spettatori che all' epoca comprendeva tutta la popolazione di Pola. Oggi, come in epoca romana, si accede al teatro attraverso una doppia entrata.
IL TEMPIO DI AUGUSTO E ROMA |
IL TEMPIO DI AUGUSTO E ROMA
Da Porta Aurea il Corso o Via Alta corre verso la Piazza, che occupa parte dell'antico Foro. All'estremità superiore di questo si ergevano ancora due templi romani, una volta esattamente uguali, anche se quello alla mano destra, dedicato secondo la tradizione a Diana, non può più essere riconosciuto dalla facciata come un antico edificio.
Tra il 1275 e il 1300 fu infatti racchiuso tra le mura del Palazzo Comunale di Venezia, e anche di questo palazzo rimane solo il muro laterale, il fronte è caduto e ricostruito nel 1651.
(TG Jackson)
Quando Jackson visitò Pola il Tempio e il Municipio erano uniti da una serie di piccoli edifici che furono abbattuti negli anni '20 come mostrato in un'incisione basata su un dipinto di Charles-Louis Clérisseau di cui sopra.
DETTAGLI DEL TEMPIO DI AUGUSTO E ROMA |
Il tempio è quasi perfetto, e anche se non è grande, un bellissimo esempio di architettura romana stupenda come qualsiasi cosa di quell'epoca arrivata fino a noi.
La proporzione è stretta e alta; quattro colonne di bella breccia sostengono i capitelli corinzi, che insieme agli ornamenti della trabeazione sono eseguiti con la massima delicatezza e finezza. Sul fregio c'era un 'iscrizione in lettere di bronzo in rilievo che sono scomparse, di certo la dedicatoria del tempio ad Augusto, congiuntamente, come sempre volle, unitamente alla Dea Roma.
La ragione per cui Augusto non dedicò mai un tempio a lui solo risiede nel fatto che la divinizzazione dell'imperatore non lo trasformava in un Dio, cosa che la religione romana non avrebbe mai permesso, ma lo innalzava un po' a superuomo, concedendogli l'onore di procurarsi un suo posto in un tempio dedicato però a una vera divinità, come ad esempio era la Dea Roma.
ARCO DEI SERGII
Resta comunque un arco memoriale della famiglia dei Sergii, che è stato il permesso di costruire contro la porta della città, e che è sopravvissuto alla porta stessa. Oggi il legame tra Arco dei Sergi e Porta Aurea non è così facile da comprendere come lo era quando Jackson visitò Pola, perché i muri di transizione tra i due edifici sono stati rimossi.
Il vero fronte dell'arco è verso l'interno della città, mentre il lato esterno è semplice e ha le sue
colonne solo parzialmente finite. L 'arco fu costruito, come dice l'iscrizione, in onore di tre membri della famiglia dei Sergii, le cui statue senza dubbio occuparono i tre piedistalli del solaio. Poiché nelle iscrizioni non viene nominato un imperatore, la data del monumento è incerta. Comunque oggi è datato alla fine del I sec. a.c.
Osservando l'arco si nota a sinistra una delle due vittorie alate sul fronte dell'arco verso la città. A dx in alto un rilievo nella volta in alto che mostra un'aquila che artiglia un serpente, a dx in basso invece c'è la decorazione dei lati interni con girali, uva e foglie di acanto.
colonne solo parzialmente finite. L 'arco fu costruito, come dice l'iscrizione, in onore di tre membri della famiglia dei Sergii, le cui statue senza dubbio occuparono i tre piedistalli del solaio. Poiché nelle iscrizioni non viene nominato un imperatore, la data del monumento è incerta. Comunque oggi è datato alla fine del I sec. a.c.
ARCO E CANCELLO - (Charles-Louis Clérisseau 1760) |
Questo perché uno dei membri della famiglia dei Sergii a cui era dedicato l'arco occupava una posizione di prestigio nella XXIX legione. Questa Legione fu innalzata da Giulio Cesare nel 49 ac e fu sciolta da Augusto dopo la sua vittoria su Marco Antonio e Cleopatra ad Azio nel 31 ac.
Nel 1944 il Tempio di Augusto fu colpito da una bomba e una parte dell'iscrizione dedicatoria fu persa. Il tempio fu studiato da Andrea Palladio che includeva un suo disegno e i dettagli della sua decorazione nel suo Trattato sull'Architettura del 1570.
ARCO DEI SERGII - DETTAGLI |
Vista posteriore dei due templi; di Augusto, di Diana e la base di una statua romana con l'iscrizione: "All'imperatore Cesare (Valerio Liciniano Licinio) pio felice imbattuto Augusto. Il popolo di Pola, devoto al suo spirito divino e alla sua maestà".
I cittadini di Pola si dovettero cancellare il nome del co-imperator Licinio dall'iscrizione di una statua antecedente al 317 dc. quando scoppiò una guerra tra lui e Costantino. Fu sconfitto e dovette cedere alcuni territori tra cui Pola. Nel 324, I guerra civile, fu costretto un ritirarsi come privato cittadino a Salonicco, dove fu giustiziato l'anno seguente. La formula Pio Felici Invicto (pio imbattuto felice) fu usato per la prima volta nel III secolo dc.
VEDUTA POSTERIORE DEI TEMPLI DI AUGUSTO E DI DIANA |
(TG Jackson)
Un museo è stato aperto negli anni '20 vicino a Porta Gemina, ma nell'aprile 2013 è stato chiuso per l'adeguamento. Era ancora chiuso a settembre 2014, senza un avviso che indica il momento della sua riapertura. Un certo numero di antiche iscrizioni, colonne, architravi. ecc. dei periodi romano e veneziano si trovano ammassati in un parcheggio.
I MOSAICI
Sono stati reperiti a Pola sotto una moderna abitazione degli splendidi mosaici appartenenti ad un antica villa romana. I mosaici pur essendo di vaste dimensioni non presentano muri che possano suddividerli per cui dovevano far parte di un unica sala. Il tema principale dei mosaici è la punizione di Dirce, una figura della mitologia greca, moglie di Lico.
I MITO
Lico era stato esiliato assieme al fratello Nitteo per l'uccisione di Flegias, il figlio di Ares (Marte) e si stabilirono a Tebe, dove Lico divenne re e sposò Dirce. Poi accolse sua nipote Antiope, cacciata da Nitteo, ma la trattò come una schiava e quando lei dette alla luce due gemelli, Anfione e Zeto, ordinò di abbandonarli sul monte Citerone, affinché morissero. I neonati però, furono ritrovati casualmente da un pastore che li allevò come se fossero figli propri.
Nel frattempo la moglie di Lico, Dirce, trattò Antiope peggio di Lico fino a che scappò e giunse al rifugio dove vivevano i figli ormai adulti che la riconobbero e la vendicarono uccidendo Lico e facendo trascinare Dirce da un bue. I due gemelli si impossessarono poi del regno tebano e costruirono una nuova città ai piedi della Cadmea. (somiglia parecchio al mito di Romolo e Remo)
LE INVASIONI E I MITI
Con le invasioni i miti cambiano, perchè gli invasori portano nuovi Dei e nuovi eroi, per cui antiche divinità vengono declassate o a semidivinità, o a comuni mortali, o a esseri malvagi. Dirce, o Derceto, era una grande Dea dei Siri, adorata in Ascalona, con busto di donna e pesce nella parte inferiore, insomma una sirena.
Nel mito greco Dirce divenne una specie di mostro che avendo offeso Venere ne fu punita ispirandole un violento amore per un giovine sacerdote con cui si giacque avendone una figlia, ma per la vergogna uccise il giovane e gettò la bambina in un lago trasformandola in pesce.
BIBLIO
- Callimaco - traduzione dell'abate Alberto Fortis - 1771 -
I MOSAICI
Sono stati reperiti a Pola sotto una moderna abitazione degli splendidi mosaici appartenenti ad un antica villa romana. I mosaici pur essendo di vaste dimensioni non presentano muri che possano suddividerli per cui dovevano far parte di un unica sala. Il tema principale dei mosaici è la punizione di Dirce, una figura della mitologia greca, moglie di Lico.
Lico era stato esiliato assieme al fratello Nitteo per l'uccisione di Flegias, il figlio di Ares (Marte) e si stabilirono a Tebe, dove Lico divenne re e sposò Dirce. Poi accolse sua nipote Antiope, cacciata da Nitteo, ma la trattò come una schiava e quando lei dette alla luce due gemelli, Anfione e Zeto, ordinò di abbandonarli sul monte Citerone, affinché morissero. I neonati però, furono ritrovati casualmente da un pastore che li allevò come se fossero figli propri.
Nel frattempo la moglie di Lico, Dirce, trattò Antiope peggio di Lico fino a che scappò e giunse al rifugio dove vivevano i figli ormai adulti che la riconobbero e la vendicarono uccidendo Lico e facendo trascinare Dirce da un bue. I due gemelli si impossessarono poi del regno tebano e costruirono una nuova città ai piedi della Cadmea. (somiglia parecchio al mito di Romolo e Remo)
II MITO
Antiope venne sedotta nella notte da Zeus e per non essere uccisa scappò a Sicione dove si sposò con il re della città Epopeo. Nitteo, che sulla figlia aveva intenzioni non tanto paterne, alla notizia del matrimonio si uccise per la disperazione, lasciando il compito al fratello di andare a riprendere la figlia e vendicare la sua morte. Lico così catturò Antiope, abbandonò sul monte Citerone i figli della nipote nati dal rapporto con Zeus, Anfione e Zeto ed uccise Epopeo.
Antiope venne sedotta nella notte da Zeus e per non essere uccisa scappò a Sicione dove si sposò con il re della città Epopeo. Nitteo, che sulla figlia aveva intenzioni non tanto paterne, alla notizia del matrimonio si uccise per la disperazione, lasciando il compito al fratello di andare a riprendere la figlia e vendicare la sua morte. Lico così catturò Antiope, abbandonò sul monte Citerone i figli della nipote nati dal rapporto con Zeus, Anfione e Zeto ed uccise Epopeo.
III MITO
Un giorno Lico accolse sua nipote Antiope, cacciata dal fratello Nitteo. Dirce trattò Antiope come una schiava, maltrattandola e quando Antiope diede alla luce due gemelli, Anfionee Zeto (i Dioscuri tebani), Lico ordinò che venissero esposti alle belve sul monte Citerone. Un pastore però trovò i gemelli e li allevò come figli propri.
Antiope fuggì e giunse alla grotta dove abitavano i suoi figli, che la riconobbero solo successivamente. Divenuti adulti, i figli decisero di vendicare la madre e uccisero Lico e poi punirono atrocemente Dirce, attaccandola ad un toro furioso, che la trascinò via uccidendola. Dioniso ebbe pietà di lei e la trasformò in una fonte presso Tebe; in altre versioni, venne gettata in una fonte, che assunse il suo nome.
Un giorno Lico accolse sua nipote Antiope, cacciata dal fratello Nitteo. Dirce trattò Antiope come una schiava, maltrattandola e quando Antiope diede alla luce due gemelli, Anfionee Zeto (i Dioscuri tebani), Lico ordinò che venissero esposti alle belve sul monte Citerone. Un pastore però trovò i gemelli e li allevò come figli propri.
Antiope fuggì e giunse alla grotta dove abitavano i suoi figli, che la riconobbero solo successivamente. Divenuti adulti, i figli decisero di vendicare la madre e uccisero Lico e poi punirono atrocemente Dirce, attaccandola ad un toro furioso, che la trascinò via uccidendola. Dioniso ebbe pietà di lei e la trasformò in una fonte presso Tebe; in altre versioni, venne gettata in una fonte, che assunse il suo nome.
LE INVASIONI E I MITI
Nel mito greco Dirce divenne una specie di mostro che avendo offeso Venere ne fu punita ispirandole un violento amore per un giovine sacerdote con cui si giacque avendone una figlia, ma per la vergogna uccise il giovane e gettò la bambina in un lago trasformandola in pesce.
BIBLIO
- Callimaco - traduzione dell'abate Alberto Fortis - 1771 -
- Strabone - Geografia -
- A short historical overview of Istria and, especially, Pula -
- G. Bejor, M.T. Grassi, S. Maggi, F. Slavazzi - Arte e archeologia delle Province romane - Milano 2011 -
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