IL TEREBINTO DI NERONE



IL TIREBINTHUS NERONIS

Il Terebinthus, anche noto come obeliscus neronis, era un mausoleo descritto come più alto della Mole Adriana, secondo altri alto "come" la mole di Adriano, di forma circolare con più tamburi sovrapposti di diametro decrescente interamente ricoperto di travertini.

Esso venne distrutto da papa Dono o Domno nel 675, tre anni prima della sua morte, e con i suoi travertini venne realizzato il pavimento del "paradiso" di San Pietro (o quadriportico di S. Pietro). Viene rappresentato anche nel martirio di San Pietro del Filarete, al centro fra le due piramidi. 

L'area interna del quadriportico era in origine un giardino (Paradisus) con all'interno un fontana per abluzioni purificatrici. Con l'aumento dei pellegrini l'area fu pavimentata nel VII secolo e vi fu posta al centro il Pignone, una scultura in bronzo di epoca romana, oggi nel cortile della Pigna nei Musei Vaticani. Secondo altri fu rimossa da papa Borgia nel 1499, ma il Paradiso era anteriore di 800 anni circa.

La piramide presso il colle Vaticano era detta Meta Romuli (cioè Meta di Romolo), perché la sua forma richiamava in qualche modo le colonne rastremate dette metae che negli stadi romani segnavano le estremità della pista, ma le piramidi edificate a Roma avevano un angolo più acuto di quelle egiziane, cioè erano più strette.

PORTA IN BRONZO DI S. PIETRO - DI FILARETE
"Una tradizione o leggenda romana narra che S. Pietro fu giustiziato tra le DUAS METAS, che è, in linea della spina o nel mezzo del circo di Nerone, a uguale distanza dai due obiettivi finali, in altre parole, fu giustiziato ai piedi dell'obelisco che ora troneggia davanti alla sua grande chiesa."
(Rodolfo Lanciani)

Ed ecco il portale bronzeo della basilica di San Pietro, realizzato nel 1445 dal famoso scultore Filarete; nel riquadro che mostra il martirio di San Pietro, la Meta è chiaramente riconoscibile in primo piano nell'angolo in basso a sinistra. Ma nell'angolo opposto dello stesso pannello una struttura analoga a forma di piramide è senz'altro il misterioso Terebinto di cui fanno menzione le fonti medievali. Quindi forse quando si narra che "S. Pietro fu giustiziato tra le DUAS METAS" non si parla delle meta di una spina ma di due monumenti a piramide (uno dei quali però a cono).

Di sicuro sappiamo solo che al tempo in cui il Terebinto fu descritto dalle fonti medievali non era già più lì, mentre la Meta Romuli rimase fisicamente presente fino alla metà del Cinquecento.

Nel plastico di Gismondi al lato, presso il mausoleo di Adriano (A), 
sorgono la Meta Romuli (B) e un monumento rotondo (C)
di pari altezza che potrebbe rappresentare il misterioso Terebinto.

Diverse fonti sostengono che il materiale di cui erano rivestiti i due monumenti suddetti fu usato per la costruzione della primitiva basilica di San Pietro (terminata attorno al 335). Se l'edificio è realmente esistito, secondo le fonti letterarie potrebbe essere crollato o essere stato distrutto già nell'età classica, in quanto tutti i testi vi si riferiscono in termini di "un tempo sorgeva...".

Tuttavia della sua esistenza doveva esserne convinto l'archeologo Italo Gismondi, l'autore del famoso plastico della Roma imperiale, che inserì accanto alla Meta Romuli un edificio cilindrico di pari altezza.

COME VIENE RAPPRESENTATO
NELLA PORTA DI BRONZO DI S. PIETRO
Altri nomi con cui la piramide veniva indicata erano Meta di Borgo, dal nome del quartiere che nel corso del medioevo era sorto sull'area suburbana del Vaticano, ed anche Meta di San Pietro, dalla vicina basilica edificata sulla tomba dell'apostolo Pietro, il primo papa.

Molte delle fonti medievali che descrivono la Meta Romuli citano anche un secondo alto edificio (o monumento) che apparentemente sorgeva assai vicino alla Meta Romuli, più spesso indicato come Terebinto di Nerone, ma in alcuni casi la sua grafia era Terabinto, oppure Tiburtino (cioè fatto di travertino, in latino marmor tiburtinum), il cui scopo e la cui età sono rimasti sconosciuti.

Secondo una credenza popolare nella piramide era sepolto Romolo, tanto che alcune fonti si riferiscono esplicitamente al monumento in termini di "sepolcro di Romolo". Questa era chiaramente una leggenda.

Ma il nome Meta Romuli divenne così comune che nel medioevo la piramide tutt'oggi esistente di Gaio Cestio, nonostante abbia un'iscrizione col suo nome, era conosciuta come Meta Remi (la meta di Remo), o come "sepolcro di Remo", in contrapposizione a quella nell'area del Vaticano, nonostante i due monumenti distassero tra loro circa 4 km.

IV. sul Terebinto di Nerone.
"Di lato alla Meta sorgeva il Terebinto di Nerone, alto tanto quanto il Castello Adriano. Esso fu rivestito di grandi lastre marmoree. Ed aveva due gironi come il Castello. E i gironi erano coperti nella parte superiore di grandi tavole di marmo per l'acqua. E tale Terebinto sorgeva a lato di dove fu crocefisso il santo apostolo Pietro, là dov'è ora Santa Maria in Trasbedina."
 (dove si può leggere Santa Maria in Traspontina, chiesa del XVI fatta ricostruire dal Papa perchè ostacolava le bombarde di Castel S. Angelo, e che si trova in via della Conciliazione, appunto nel Rione Borgo).

META ROMULI E PROBABILE TEREBINTO

Da: Tractatus de rebus antiquis et situ urbis Romae
(trattato delle antichità e del sito della città di Roma),

di Anonimo Magliabechiano, XV sec.

Nell'Almachia (Naumachia), cioè presso Santa Maria in Traspontina, si trova la meta che, si dice, fosse il sepolcro di Remolo, ucciso sul Giano (Gianicolo) per ordine di Romolo; e riguardo a tale meta ho il dubbio che non fosse stata eretta da Romolo per Remolo, perché a quei tempi Romolo e i suoi non erano così tanto potenti. Non trovo altra origine di cui possa fidarmi: ma in ogni modo fu di grande bellezza, rivestita com'era di lastre di marmo, con le quali lastre l'imperatore Costantino fece ornare e costruire il pavimento di San Pietro. L'anzidetta meta aveva attorno a sé un giro di venti gradini, alto dieci piedi, con una platea di travertino, una cloaca e uno scarico. 
Di fronte ad essa sorgeva il Terabinto di Nerone, che fu eretto sopra le vestigia di un tempio di Giove: da esso proviene la conca della piazza, in cui i sacerdoti parassiti predicavano al tempo in cui il Terabinto esisteva. 
Dopo la sua distruzione, fu costruito un tempio di Diana e la mole Adriana col ponte, che oggi è chiamato Castel Sant'Angelo, come verrà detto in seguito, secondo quanto si legge nelle iscrizioni, fino all'imperatore Crescenzio, che mutò l'anzidetto nome in Castello di Crescenzio; e tale nome Castel Sant'Angelo, così scelto dal santo papa Gregorio, è stato tramandato sino ai nostri giorni.

Il Therebinto, o Terebinto , o Terabinto, viene descritta come una piramide a cono più larga della piramide di Cestio e di grande bellezza. A Roma l'Egitto andava di moda, soprattutto dopo la sua conquista  ad opera di Giulio Cesare prima e di Augusto dopo (I secolo ac.), ma soprattutto da quando venne a Roma la bellissima Cleopatra portando in dono obelischi, sfingi e statue, senza contare tutto quello che fece costruire.

Tuttavia lo storico dell'arte Umberto Gnoli, in un'opera sulla topografia di Roma (1939) sosteneva che in latino medievale questo vocabolo aveva un significato di "ostello", per cui il monumento potrebbe essere stato chiamato meta dopo essere stato trasformato in una struttura di ricovero per pellegrini, alquanto numerosi nella zona. Infatti nel medioevo molti palazzi e case-fortezza incorporarono antiche rovine superstiti allo scopo di rendere il fabbricato più stabile, dato che le tecniche edilizie dell'epoca erano abbastanza primitive. Ma visto le numerose citazioni sul Terebinto, la cosa sembra poco probabile.


BIBLIO

- Laura Petacco - La Meta Romuli e il Terebinthus Neronis - in Claudio Parisi Presicce e Laura Petacco (a cura di) - La Spina: dall’Agro vaticano a via della Conciliazione - Roma - Gangemi - 2016 -
- James C. Anderson - Architettura e società romana - Baltimore - Johns Hopkins Univ. Stampa - a cura di Martin Henig - Oxford - Oxford Univ. - Comitato per l'archeologia - 1997 -- Filippo Coarelli - Guida archeologica di Roma - Arnoldo Mondadori Editore -Verona - 1975 -
- Procopius - De Aedificiis - 5.3.8-11 -
- Mary Beard, John Henderson - Classical Art: From Greece to Rome - Oxford University Press - 2001 -





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