TEMPLUM SOLIS INDIGETIS (9 Dicembre)



SOL INDIGES

IL TEMPIO DEL SOLE

Il tempio del Sole venne dedicato a Roma dall'imperatore Aureliano (214 - 275) al Dio Sol Invictus nel 275, per sciogliere il voto fatto per la sua conquista di Palmira del 272. Per questo culto venne istituito un collegio di pontifices (Dei) Solis e pur dei Ludi o giochi annuali con corse nel circo, oltre ai giochi quadriennali (Agon Solis) da tenersi al termine dei Saturnalia, feste per l'insediamento nel tempio di Saturno e alla mitica età dell'oro. In epoca imperiale si svolgevano dal 17 al 23 dicembre, come fissato da Domiziano (51 - 96).
Dalle fonti sappiamo che il tempio si trovava nella regio VII "Via Lata", nel Campus Agrippae, e che venne ornato con il bottino di guerra preso a Palmira. L'edificio era circondato da portici, dove aveva sede il deposito dei vina fiscalia, il vino venduto a prezzo ridotto alla plebe di Roma a partire dall'epoca di Aureliano. La localizzazione coincide con l'attuale piazza di San Silvestro, presso la chiesa di San Silvestro in Capite.



DESCRIZIONE

Non si conosce esattamente l'orientamento del Tempio rispetto alla via Lata, oggi via del Corso. Sappiamo però che aveva due ingressi, uno dei quali era l'Arco di Portogallo, demolito nel 1662. Aveva due cortili, di cui il primo di 55 m x 75 m con sui lati brevi due emicicli con le le pareti ornate da due ordini di colonne che inquadravano nicchie; mentre gli ingressi ad arco erano inquadrati da colonne giganti per l'intera altezza.

Un piccolo ambiente quadrato di 15 m x 15 lo immetteva in un secondo cortile più ampio di 130 m x 90 , posto sullo stesso asse, con tre nicchie rettangolari sui lati lunghi. Di queste le due laterali, più ampie, avevano due colonne e una piccola abside, mentre c'erano altre tre nicchie sul lato breve di fondo, quella centrale semicircolare e quelle laterali anch'esse rettangolari, tutte con ingresso a due colonne. 

Al centro del secondo portico il Palladio disegnò un tempio circolare, privo tuttavia di misure a differenza delle altre strutture e probabile invenzione dell'architetto sul modello del tempio di Ercole a Tivoli.

SANTUARIO DI TORVAIANICA
«Nel giorno detto del Sole si radunano in uno stesso luogo tutti coloro che abitano nelle città o in campagna, si leggono le memorie degli apostoli o le scritture dei profeti, per quanto il tempo lo consenta; poi, quando il lettore ha terminato, il presidente istruisce a parole ed esorta all'imitazione di quei buoni esempi. Poi ci alziamo tutti e preghiamo e, come detto poco prima, quando le preghiere hanno termine, viene portato pane, vino e acqua, e il presidente offre preghiere e ringraziamenti, secondo la sua capacità, e il popolo dà il suo assenso, dicendo Amen. 
Poi viene la distribuzione e la partecipazione a ciò che è stato dato con azioni di grazie, e a coloro che sono assenti viene portata una parte dai diaconi. Coloro che possono, e vogliono, danno quanto ritengono possa servire: la colletta è depositata al presidente, che la usa per gli orfani e le vedove e per quelli che, per malattia o altre cause, sono in necessità, e per quelli che sono in catene e per gli stranieri che abitano presso di noi, in breve per tutti quelli che ne hanno bisogno
(Giustino, II secolo d.c.)


TEMPLUM SOLIS INDIGETIS

Era una festa che si svolgeva il 9 dicembre, la seconda festa dell'anno in onore del Dio Sol Indiges, ossia il Sole Progenitore di tutte le cose.


Il Tempio di Torvaianica

Sono stati scoperti a Torvaianica, presso Roma, i resti del santuario del Sol Indiges e quelli di due altari dove Enea fece il primo sacrificio per ringraziare gli Dei dell'approdo su una terra ricca d'acqua e cibo. L’area compresa tra l’aeroporto militare di Pratica di Mare ed il litorale di Torvaianica in età antica era occupata da un’ampia laguna che fu bonificata solo nel XVI sec. 

Qui le indagini archeologiche dell’Università di Roma “La Sapienza”, hanno portato alla luce i resti di un santuario che sorgeva presso lo scalo portuale della città e dove gli autori antichi ambientavano il leggendario sbarco di Enea. Sono visibili le fondazioni in blocchi di tufo pertinenti ad un tempio rettangolare su basso podio. 

La cella era addossata al fondo ed è possibile ricostruire l’alzato del tempio, che era circondato da colonne su tutti i lati eccetto quello di fondo. L’edificio era delimitato da un ampio recinto murario quadrangolare composto da blocchi di tufo di diverse varietà e completato da una porta d’accesso e due torri difensive (non troppo strane vista l'esistenza del porto e della pirateria).

RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO SOL INDIGES SUL QUIRINALE

Il Tempio sul Quirinale

In quel giorno cadeva l'anniversario della dedicatio del tempio del Dio Sole Indigete, dove in realtà si festeggiarono poi il Deus Sol Invictus, Helios, El-Gabal e Mitra che finirono per essere assimilati nel periodo della dinastia dei Severi.

Al contrario del precedente culto agreste di Sol Indiges ("Sole nativo" o "Sole invocato" o Sole Progenitore" l'etimologia e il significato del termine indiges sono dubbie), il titolo Deus Sol Invictus fu formato per analogia con la titolatura imperiale Pius, Felix, Invictus (Devoto, Fortunato, Invitto).
In realtà il Sol Indiges era un equivalente di Sol Pater, ovvero una specie di monoteismo che ammetteva però tanti altri Dei ma di rango inferiore, un po' come la Fortuna Primigenia o più in generale la Grande Madre Mediterranea.

Qui sotto l'imperatore Marco Aurelio Probo (ca. 280), con la corona radiata del Sol e nel retro il Sol Invictus alla guida di una quadriga.

Fu l'imperatore Eliogabalo a introdurre il culto a Roma facendo erigere un tempio dedicato alla nuova divinità sul colle Palatino. Con la morte violenta dell’imperatore nel 222 d.c., il culto cessò a Roma, anche se molti imperatori continuarono ad essere ritratti sulle monete con l’iconografia della corona radiata solare per quasi un secolo; ma non cessò nelle province e neppure in zone italiche, solo che il culto da pubblico divenne privato.

AURELIO PROBO E SOL INVICTUS


CULTO PAGANO - CRISTIANO

Questo culto ha origine in oriente. Ad esempio le celebrazioni del rito della nascita del Sole in Siria ed Egitto erano di grande solennità e prevedevano che i celebranti ritiratisi in appositi santuari ne uscissero a mezzanotte, annunciando che la Vergine aveva partorito il Sole, raffigurato come un infante.

Con tutta probabilità la data venne fissata (nel 440 d.c.) al 25 dicembre per sostituire la festa del Natalis Solis Invicti con la celebrazione della nascita di Cristo, indicato nel Libro di Malachia come nuovo “sole di Giustizia” (cfr. Malachia III,20). Per cui il Natale costituirebbe la cristianizzazione di una preesistente festa pagana.

RESTI DELLE COLONNE DEL TEMPIO NEL CORTILE DELLA
CHIESA DI SAN SILVESTRO
La data coincide infatti con le antiche celebrazioni per il solstizio d’inverno e alle feste dei saturnali romani (dal 17 al 23 dicembre). Senza notare che il termine Natalis veniva impiegato già per il Natalis Romae (21 aprile), che commemorava la nascita dell’Urbe e il Dies Natalis Solis Invicti, la festa dedicata alla nascita del Sole (Mitra), introdotta a Roma da Eliogabalo (imperatore dal 218 al 222) e ufficializzato per la prima volta da Aureliano nel 274 d.c. con la data del 25 dicembre.

Il greco Dioniso veniva considerato come il divino bambino nato miracolosamente da una vergine celeste. Dioniso era stato latinizzato col nome di Mithra di cui in oriente si celebrava la festa la sera del 24 dicembre. Era il Dio iraniano dei misteri, dell’amicizia e dell’ordine cosmico, nato dalla pietra e portatore della nuova luce “Genitor luminis”.

L’imperatore Costantino (280-337) risolse così la riunificazione del culto del sole, di cui egli era grande seguace, con il culto del dio Mithra e con il cristianesimo, ed è proprio sotto il suo regno che compare la festa del Natale. Da Roma il Natale si diffonde in Africa, in Spagna e nel Nord Italia, ma è solo sotto l’imperatore Giustiniano (527- 565 d.c.) che il Natale viene riconosciuto come festa legale per l’Occidente.

Il Sol Invictus nasceva in una grotta come il bambino Gesù, ma Mitra nasceva si in una grotta ma da una pietra che era molto simile all'omphalos, cioè una pietra un conica e bombata percorsa da linee trasversale a imitare la pelle del serpente, rimando alla Madre Terra, al pitone a lei sacro e alle Pitie o Pizie divinatrici sui tripodi sacri.

Siamo di fronte infatti ad una festa antichissima, quando si festeggiava il 25 dicembre la rinascita del Padre Solare, il Grande Dio che dopo il solstizio (Sol stat) d'inverno vince le tenebre, perchè il sole sorge più alto dall'orizzonte e le giornate tornano ad allungarsi, e la luce vince le tenebre. Secondo le notizie che ci fornisce Marco Terenzio Varrone e poi supportato da Dionigi di Alicarnasso, il culto di Sol Indiges fu introdotto a Roma già dal Re Tito Tazio, quindi un culto anche sabino.

LA TRINITA' PERSIANA

LA FESTA

«…molti ritengono che il Dio cristiano sia il Sole perché è un fatto noto che noi preghiamo rivolti verso il Sole sorgente e che nel Giorno del Sole ci diamo alla gioia »
(Tertulliano, Ad nationes, apologeticum, de testimonio animae)

Durante i Saturnali che andavano dal 17 al 21 di dicembre e la festa del Sol Invictus del 25, ma pure per la festa del Templum Sol Indigetis si usavano gli stessi simboli dell’eterna giovinezza di Dioniso: mirto, lauro, edera. Pertanto i templi e le processioni abbondavano di rami di mirto, di corone di
alloro e di tirsi avvolti di edera.

Secondo alcuni la festa del Sol Indiges avveniva l'11 Dicembre con l'inizio degli agonalia che in realtà però iniziavano il 10 Dicembre. Al Sol Indiges, che ebbe un santuario sul Quirinale, si offrivano sacrifici in occasione del 9 di agosto, sembra gli si immolasse una capra che rimandava ai sacrifici sia di Dioniso-Bacco che della Madre Terra.

La processione partiva dal Quirinale dove era il tempio e si snodava per il foro seguendo la Via Sacra fino al Campidoglio, ripercorrendo la Via dei Trionfi seguita dai generali romani vittoriosi, perchè il
Sol era a sua volta Invictus, cioè Vittorioso sulle tenebre.

Durante la festa i sacerdoti offrivano al popolo i "Vini fiscalia", cioè coppe di vino per libare agli Dei. Sembra che dapprima il vino venisse offerto a basso costo, ma poichè il popolo era restio a spendere, seppure in modica quantità, le libagioni non avvenivano e il Dio poteva offendersene. Pertanto per rallegrare il Sole Invitto si offrì il vino gratuitamente e così il popolo romano libava generosamente, forse anche troppo.

Per l'occasione il popolo banchettava nelle case o attraverso le bancarelle numerose che offrivano pizze con le olive e il formaggio, lupini, carni secche e pesce salato, il tutto accompagnato dai "Vini fiscalia" offerti dallo stato. Non mancavano musici e danze, ma soprattutto le corse dei cavalli al circo massimo.


BIBLIO

- Jacqueline Calzini Gysens e Filippo Coarelli  - "Sol, templum" - in Eva Margareta Steinby (a cura di) - Lexicon Topographicum Urbis Romae - IV - Roma - 1999 -
- George Dumezil - La religione romana arcaica (La religion romaine archaïque, avec un'appendice sur la religion des Étrusques - Parigi - Payot - 1964) - Milano - Rizzoli - 1977 -
- George Dumezil - Mithra -Varuna, essai sur deux représentations indo-européennes de la Souveraineté - Paris - Presses Universitaires de France - 1940 -
- Nino Burrascano - I misteri di Mithra - Genova - Il Basilisco - 1979 -- George Dumezil - Mithra-Varuna, essai sur deux représentations indo-européennes de la Souveraineté - Paris - Presses Universitaires de France - 1940 -



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