Giannutri, l'isola più meridionale dell'Arcipelago Toscano, si trova a circa 8 miglia a sud-est dell'Isola del Giglio. L'isola che i Greci chiamavano Artemisia e i romani Dianium, vide il suo massimo splendore in epoca romana, quando furono realizzati il porto e una splendida villa lungo la costa occidentale dell'isola, quest'ultima costruita dalla famiglia degli Enobarbi che aveva acquistato l'intera isola.
Gli accenni più antichi dell'isola li troviamo nella Naturalis Historiae di Plinio il Vecchio che, in una nota sulle isole, cita Artemisia come isola primitiva:
"Amplior Urgo et Capraria, quam Graeci Aegilion dixere, item Igilium et Dianium, quam Artemisiam, ambae contra Cosanum litus, et Barpana, Menaria, Columbaria, Venaria, Ilva cum ferri metallis, circuitus C, a Populonio X, a Graecis Aethalia dicta. ab ea Planasia XXVIII. ab iis ultra Tiberina ostia in Antiano Astura, mox Palmaria, Sinonia, adversum Formias Pontiae"
(C. Plinii "Naturalis Historiæ" Liber III [81] )
Un altro accenno si trova nell'opera "De chorographia" di Pomponio Mela, geografo latino, che cita Dianium come prima isola passata la bocca del Tevere:
"Sed Pithecusa, Leucothea, Aenaria, Sidonia, Capreae, Prochyta, Pontiae, Pandateria, Sinonia, Palmaria Italico lateri citra Tiberina ostia iacent [106]. Vltra aliquot sunt parvae Dianium, Igilium, Carbania, Urgo, Ilva, Capraria, duae grandes fretoque divisae, quarum Corsica Etrusco litori propior, inter latera tenuis et longa, praeterquam ubi Aleria et Mariana coloniae sunt a barbaris colitur "
(Pomponius Mela "De Chorographia Liber Secundus)
Presso Cala Maestra si trovano infatti i resti di villa romana del II secolo d.c., edificata dai
Domizi Enobarbi, antica famiglia senatoria di importanti commercianti della quale faceva parte
Gneo Domizio, marito di Agrippina, madre dell'imperatore Nerone. Giannutri fu abbandonata improvvisamente nel III sec. d.c. per motivi ancora sconosciuti, probabilmente per un sisma che ne danneggiò irreparabilmente le strutture, o forse per un'invasione di topi, che, come narra il poeta Rutilio Namaziano nella sua opera "De Reditu Suo" del 416 d.c., è stata causa di abbandono di molti antichi insediamenti.
Nonostante la rilevanza artistica e storica dei resti, la villa fino al 2004 apparteneva a dei privati, esattamente al conte Gualtiero Adami (noto come Il Garibaldino), A lui si devono i primi scavi della villa romana, di cui utilizzò i locali di una antica cisterna dell'acqua per ricavarne la sua misera dimora. Al suo interno, oltre a numerosi libri, dicono custodisse gelosamente, a capo a letto, solo una bandiera italiana, di quelle senza lo stemma sabaudo, e una pistola.
L'Adami, che era giunto a Giannutri malato di polmoni ed in precarie condizioni di salute, guarì miracolosamente e visse fino oltre 80 anni. Alla sua morte l'isola con la sua villa venne messa all'asta e salvata da Regione e Ministero dell'Ambiente che esercitarono il diritto di prelazione.
GUALTIERO ADAMI
Gualtiero Adami, capitano garibaldino, sbarcò sull’isola insieme al fratello Osvaldo nel 1882. con il programma di avviare coltivazioni e altre attività produttive legate principalmente alla pesca e all’estrazione di minerali, ma ben presto si arresero all’inospitalità dell’ambiente e forse a contrasti personali. Osvaldo abbandonò l’isola ma Gualtiero, sofferente di malattia polmonare non solo restò ma guarì e visse fino oltre 80 anni.
Furono proprio il sole ed il mare di Giannutri a garantirgli un’insperata lunga vita, e visse in compagnia della sua amatissima Marietta, che abbandonò tutti i familiari per trasferirsi anch'ella sull'isola e vivere con Gualtiero il suo sogno d'amore.
Marietta e Gualtiero, 21 anni lei e 46 anni lui, scelsero infatti di vivere soli nell'isola disabitata fino alla morte: «Mentre balliamo voi mi declamerete una poesia di Baudelaire, peccaminoso poeta, così tanto amato da noi giovani e io mi dimenticherò di essere cresciuta», dice Marietta a Gualtiero. coppia felice fino alla morte sopraggiunta per lui nel 1922 e per lei nel 1927.
L’Adami morì nel 1922, e fu sepolto al Giglio. La povera Marietta restò sola a Giannutri e secondo alcuni tornò a vivere in continente, secondo altri morì nell'isola. Fu proprio Gualtiero Adami, l’epico abitante di Giannutri, ad effettuare i primi scavi della villa romana che si trova presso Cala Maestra.
L’Adami morì nel 1922, e fu sepolto al Giglio. La povera Marietta restò sola a Giannutri e secondo alcuni tornò a vivere in continente, secondo altri morì nell'isola. Fu proprio Gualtiero Adami, l’epico abitante di Giannutri, ad effettuare i primi scavi della villa romana che si trova presso Cala Maestra.
LA VILLA OGGI
Per lunghi anni è stata chiusa per restauro, nonostante il tempo e i vandali la stessero rovinando.
Sui fondali davanti all'isola ancora oggi giacciono dimenticati alcuni relitti di navi mercantili, che testimoniano però gli antichi traffici marittimi con la terraferma. I romani hanno anche lasciato in eredità agli irriguardosi posteri i resti di un antico porto a Cala dello Spalmatoio e i resti di una villa costruita a Cala Maestra nella prima metà del II secolo d.c..
Villa Domizia fu costruita dalla famiglia imperiale dei Domizi Enobarbi che possedeva Giannutri e non risparmiarono le finanze per edificare la loro dimora con una vista mozzafiato sulla costa. La piccolissima Giannutri, la più appartata ed arida isola dell'Arcipelago Toscano, fu sede dunque, a partire presumibilmente dalla fine del I sec d.c, o nella prima metà del II secolo d.c., di una della più belle e sontuose villae maritimae che i Domizi Enobarbi abbiano fatto erigere sulle coste dell'allora verde Tuscia coronata dalle isole antistanti.
GIANNUTRI |
Dagli scavi effettuati all'epoca vennero alla luce resti di pavimenti decorati con marmi di delicata fattura e con mosaici in bianco e nero.
Il complesso comprendeva gli alloggi della famiglia imperiale, dove tre saloni erano provvisti di impianto di riscaldamento, quartieri per gli schiavi e le immancabili terme.
La Villa Domizia, con un’enorme terrazza accessibile direttamente dal mare tramite una stupenda scalinata, conserva infatti a tutt'oggi il sistema di condutture e cisterne che distribuiva in tutta l’isola l’acqua piovana raccolta, probabilmente, date le dimensioni, senza dover ricorrere ad importarla dalla terra ferma.
Finalmente, dopo un lunghissimo oblio, dal 2 luglio 2015 il sito è nuovamente aperto ai visitatori con Guide Parco specializzate. Il
personale è stato formato dal Parco e dalla Soprintendenza archeologica. Da giugno a settembre le Guide, incaricate dal Parco, accompagnano quotidianamente i visitatori nel percorso archeologico in turni di massimo 25 persone.
La scelta di un tale sito per gli Enobarbi era evidentemente motivata dal desiderio di crearsi un eremo sul mare, ovviamente con tutti i confort dell'epoca che non erano pochi, per estraniarsi dal chiasso e la folla dell'Urbe per dedicarsi al famoso otium perseguito più o meno da tutti i patrizi romani, in una "Tranquilla dimora degli Dei".
E dimora degli Dei doveva apparire, perchè la villa sorgeva nella zona centrale dell'isola sul versante fronteggiante il Giglio con un mare azzurro e limpido come pochi.
Come tutte le ville di villeggiatura dell'epoca, essa consisteva in un articolato complesso di edifici tra cui alcuni distribuiti su una vasta area del litorale.
Essa si estendeva infatti tra Punta Scaletta, dov'era il nucleo residenziale vero e proprio, e Cala Maestra, dov'era l'approdo principale della villa ed un nucleo di costruzioni adibite all'attività portuale.
1- La Villa (A)
La villa era edificata su un lieve pendio degradante a mare con locali e terrazze realizzate su livelli sfalsati. Ciò permetteva una scenografia notevolissima, in cui si poteva godere della facciata e dei giardini con un sol colpo d'occhio. Sul livello più alto, raggiungibile mediante un'ampia scalinata, si trovavano le stanze che potevano godere del massimo spettacolo.
La villa era edificata su un lieve pendio degradante a mare con locali e terrazze realizzate su livelli sfalsati. Ciò permetteva una scenografia notevolissima, in cui si poteva godere della facciata e dei giardini con un sol colpo d'occhio. Sul livello più alto, raggiungibile mediante un'ampia scalinata, si trovavano le stanze che potevano godere del massimo spettacolo.
Di queste alcune erano sicuramente destinate ad uso abitativo, ed erano provviste di un sistema di riscaldamento ad intercapedine, altre erano adibite agli ospiti o a servizi di vario genere. Sullo stesso livello un grande terrazzo consentiva una visione panoramica della costa dell'Argentario. Non essendosi conservati purtroppo nemmeno in parte i piani rialzati, non ne abbiamo alcuna notizia.
L'estremità inferiore della scalinata si estendeva in un peristilio in cui alcune colonne, rimesse in posizione eretta grazie all'opera di Bice Vaccarino Foresto, archeologa innamorata di Giannutri, dal 1930 svettano nel panorama della villa. Due rampe di scale monumentali si distaccavano dal peristilio conducendo ad altre costruzioni sottostanti ed all'approdo di Cala Maestra.
2- Il Conventaccio (B)
Poco dietro il nucleo residenziale si trovano i resti malandati di un vasto fabbricato composto da un'ampia terrazza e di 7 od 8 piccole stanze allineate lungo un lato di questa.
Si è supposto trattarsi dell'alloggio per gli schiavi (ergastulum), o più probabilmente per manodopera servile, liberti, o magari per ospiti della villa. Avendo la villa terreni coltivabili sembra probabile che l'alloggio riguardasse gli schiavi che ci lavoravano, sia sulla terra che sui manufatti.
Sembra che la struttura sia stata utilizzata in epoca molto posteriore da alcuni monaci, forse benedettini, che l'hanno trasformata in un piccolo convento eremitico. Da qui il nome di Conventaccio.
3- Le Terme (E)
A metà strada tra la villa e Cala Maestra si trovano i resti dell'impianto termale, che non poteva mancare in una villa romana di cotale bellezza. Essa era infatti fornita di un calidarium, una stanza rettangolare con pareti formate da mattoni cavi per il passaggio dell'aria calda e pavimento staccato da terra con sospensori e riscaldato attraverso il forno.
La vasca per il bagno caldo era scavata in parte nel pavimento ed era separata da questa da un lungo parapetto. Nella parete sopra la vasca si apriva una grande nicchia da cui scendeva, probabilmente da una statua o altro decoro di bronzo o di marmo, l'acqua calda per il bagno.
Subito dietro la nicchia si trovava una bassa e stretta costruzione a volta con camino dove si trovava il forno. La stanza era riccamente ornata di marmi e di stucchi dorati. Notevoli i pavimenti a mosaico tra cui, famoso, quello rappresentante due delfini. Oltre al calidarium, le terme ospitavano ovviamente anche il tepidarium e il frigidarium.
4- La Passeggiata archeologica (G-E-D-C-A)
La passeggiata ripercorre quella che una volta era il viale di accesso alla villa.
Questo consisteva in in un lungo corridoio pavimentato con mosaico bianco, ai cui lati si affacciavano, verso il mare, ampie stanze signorili decorate da mosaici ed affreschi, e, verso terra, l'impianto termale ed altri locali.
Proseguendo verso la villa il corridoio affiancava altri locali e manufatti di difficile interpretazione e, separati da questi da uno stretto corridoio, una serie di locali a volta, comunicanti tra loro, costituenti probabilmente magazzini e cisterne.
In quattro di questi locali Gualtiero Adami nel 1882 stabilì la propria dimora e visse per 40 anni insieme a Marietta Moschini.
Nucleo portuale 1- L'approdo di Cala Maestra
La piccola baia di Cala Maestra, sebbene poco agevole per la manovrabilità delle grosse imbarcazioni ed esposta al Maestrale, era decisamente più comoda di Cala dello Spalmatoio, dall'altra parte dell'isola, per il raggiungimento della villa.
Gli Enobarbi vi fecero costruire un approdo con una banchina ed un'ampia darsena (M), tuttora utilizzata, tagliando un notevole strato di roccia sulla costa per ricavare lo spazio necessario alla darsena. Successivamente i tre lati della darsena così ricavati furono rivestiti in muratura.
L'Esedra (L)
A fianco della darsena si apriva una esedra, dotata di parapetto, sicuramente ornata con rocce, statue e marmi vari, che formava una piccola terrazza a mare con due scalette laterali che scendevano direttamente a pelo d'acqua.
Essa veniva evidentemente utilizzata per i bagni di mare, e da essa si poteva anche controllare l'attività portuale con i suoi traffici.
Dietro l'esedra sorgevano, probabilmente su più piani, delle costruzioni identificate da alcuni come locali per i bagni e per l'imbarco e lo sbarco dei proprietari ed ospiti della villa.
Altre costruzioni, non identificate, si trovavano dietro la darsena.
La scalinata
L'ampia e suggestiva scalinata che attualmente risale la costa a fianco della darsena, ricalca probabilmente una rampa di epoca romana che conduceva agli edifici sovrastanti e veniva utilizzata per l'attività portuale di carico e scarico delle merci.
L'accesso privato alla villa avveniva invece mediante una scalinata, oggi non più visibile, sul lato orientale della cala, in prossimità dell'esedra.
La Torre
Sulla sinistra della piccola baia, a picco sul mare, si erge tuttora una enigmatica costruzione a forma di torre tronco piramidale.
La sua funzione di allora è difficilmente definibile: forse una torre di osservazione, la spiegazione più plausibile è che accogliesse un faro per l'accesso all'approdo per illuminare, quando occorresse, l'approdo stesso e la darsena.
La Cisterna
Un po' dietro la darsena, una grande cisterna per la raccolta dell'acqua piovana era in grado di rifornire tutti gli edifici dell'area portuale.
Essa era composta di cinque locali rettangolari con copertura a volta comunicanti fra loro mediante aperture arcuate e fori.
La posizione ad una certa altezza da terra delle aperture consentiva, evidentemente, il passaggio dell'acqua da un locale all'altro solo dopo una certa purificazione per decantazione. Data la solitudine dell'isola, molto poco abitata sicuramente l'acqua era pulita e potabile.
Ogni ambiente comunicava con l'esterno alternativamente per mezzo di una o due aperture sul soffitto.
LA DARSENA
2- Il Cisternone
L'estremità inferiore della scalinata si estendeva in un peristilio in cui alcune colonne, rimesse in posizione eretta grazie all'opera di Bice Vaccarino Foresto, archeologa innamorata di Giannutri, dal 1930 svettano nel panorama della villa. Due rampe di scale monumentali si distaccavano dal peristilio conducendo ad altre costruzioni sottostanti ed all'approdo di Cala Maestra.
2- Il Conventaccio (B)
Poco dietro il nucleo residenziale si trovano i resti malandati di un vasto fabbricato composto da un'ampia terrazza e di 7 od 8 piccole stanze allineate lungo un lato di questa.
Si è supposto trattarsi dell'alloggio per gli schiavi (ergastulum), o più probabilmente per manodopera servile, liberti, o magari per ospiti della villa. Avendo la villa terreni coltivabili sembra probabile che l'alloggio riguardasse gli schiavi che ci lavoravano, sia sulla terra che sui manufatti.
Sembra che la struttura sia stata utilizzata in epoca molto posteriore da alcuni monaci, forse benedettini, che l'hanno trasformata in un piccolo convento eremitico. Da qui il nome di Conventaccio.
3- Le Terme (E)
A metà strada tra la villa e Cala Maestra si trovano i resti dell'impianto termale, che non poteva mancare in una villa romana di cotale bellezza. Essa era infatti fornita di un calidarium, una stanza rettangolare con pareti formate da mattoni cavi per il passaggio dell'aria calda e pavimento staccato da terra con sospensori e riscaldato attraverso il forno.
La vasca per il bagno caldo era scavata in parte nel pavimento ed era separata da questa da un lungo parapetto. Nella parete sopra la vasca si apriva una grande nicchia da cui scendeva, probabilmente da una statua o altro decoro di bronzo o di marmo, l'acqua calda per il bagno.
Subito dietro la nicchia si trovava una bassa e stretta costruzione a volta con camino dove si trovava il forno. La stanza era riccamente ornata di marmi e di stucchi dorati. Notevoli i pavimenti a mosaico tra cui, famoso, quello rappresentante due delfini. Oltre al calidarium, le terme ospitavano ovviamente anche il tepidarium e il frigidarium.
La passeggiata ripercorre quella che una volta era il viale di accesso alla villa.
Questo consisteva in in un lungo corridoio pavimentato con mosaico bianco, ai cui lati si affacciavano, verso il mare, ampie stanze signorili decorate da mosaici ed affreschi, e, verso terra, l'impianto termale ed altri locali.
In quattro di questi locali Gualtiero Adami nel 1882 stabilì la propria dimora e visse per 40 anni insieme a Marietta Moschini.
Nucleo portuale 1- L'approdo di Cala Maestra
La piccola baia di Cala Maestra, sebbene poco agevole per la manovrabilità delle grosse imbarcazioni ed esposta al Maestrale, era decisamente più comoda di Cala dello Spalmatoio, dall'altra parte dell'isola, per il raggiungimento della villa.
Gli Enobarbi vi fecero costruire un approdo con una banchina ed un'ampia darsena (M), tuttora utilizzata, tagliando un notevole strato di roccia sulla costa per ricavare lo spazio necessario alla darsena. Successivamente i tre lati della darsena così ricavati furono rivestiti in muratura.
L'Esedra (L)
A fianco della darsena si apriva una esedra, dotata di parapetto, sicuramente ornata con rocce, statue e marmi vari, che formava una piccola terrazza a mare con due scalette laterali che scendevano direttamente a pelo d'acqua.
Essa veniva evidentemente utilizzata per i bagni di mare, e da essa si poteva anche controllare l'attività portuale con i suoi traffici.
Altre costruzioni, non identificate, si trovavano dietro la darsena.
LA VILLA RESTAURATA |
La scalinata
L'ampia e suggestiva scalinata che attualmente risale la costa a fianco della darsena, ricalca probabilmente una rampa di epoca romana che conduceva agli edifici sovrastanti e veniva utilizzata per l'attività portuale di carico e scarico delle merci.
L'accesso privato alla villa avveniva invece mediante una scalinata, oggi non più visibile, sul lato orientale della cala, in prossimità dell'esedra.
LA TORRE TRONCOPIRAMIDALE |
Sulla sinistra della piccola baia, a picco sul mare, si erge tuttora una enigmatica costruzione a forma di torre tronco piramidale.
La sua funzione di allora è difficilmente definibile: forse una torre di osservazione, la spiegazione più plausibile è che accogliesse un faro per l'accesso all'approdo per illuminare, quando occorresse, l'approdo stesso e la darsena.
La Cisterna
Un po' dietro la darsena, una grande cisterna per la raccolta dell'acqua piovana era in grado di rifornire tutti gli edifici dell'area portuale.
Essa era composta di cinque locali rettangolari con copertura a volta comunicanti fra loro mediante aperture arcuate e fori.
La posizione ad una certa altezza da terra delle aperture consentiva, evidentemente, il passaggio dell'acqua da un locale all'altro solo dopo una certa purificazione per decantazione. Data la solitudine dell'isola, molto poco abitata sicuramente l'acqua era pulita e potabile.
Ogni ambiente comunicava con l'esterno alternativamente per mezzo di una o due aperture sul soffitto.
LA DARSENA
2- Il Cisternone
L'acqua, che si introduceva nella cisterna per mezzo di condotti di piombo o di terracotta, si innalzava fino al livello di un foro di troppo pieno posto all'inizio della volta nell'ultimo vano della cisterna rivolto verso il mare. Attraverso questo l'acqua in eccesso veniva riversata all'esterno.
La presenza del troppo pieno fa pensare che l'acqua piovana non scarseggiasse ma anzi poteva essercene d'avanzo per le coltivazioni in caso di necessità.
LA CISTERNA |
L'ultimo locale della cisterna verso il mare comunicava tramite un'apertura a volta, con un basso atrio con soffitto a volta probabilmente utilizzato dagli schiavi per le operazioni di pulitura e manutenzione.
La cisterna, validissima come tutti i manufatti romani di questo tipo, è tuttora utilizzata per soddisfare il fabbisogno idrico dei residenti nell'isola.
Riceve acqua da un impianto di desalinizzazione dell'acqua di mare e, tramite pompe, la fornisce alle utenze.
3- Le Stanze
3- Le Stanze
Poco entroterra, sulla destra di Cala Maestra, vi sono consistenti resti di strutture murarie di un grande edificio rettangolare. Questo, da sempre indicato dagli abitanti dell'isola con il nome "Le Stanze" si divideva in due parti distinte separate da uno stretto corridoio porticato che correva parallelamente alla costa.
Dalla parte verso terra un grande locale con soffitto a volta a crociera (horreum), diviso in due nel senso della lunghezza da una fila di grossi pilastri, era verosimilmente destinato alla conservazione ed allo stoccaggio delle merci e delle derrate alimentari. E' probabile che in esso trovassero alloggio comune anche gli schiavi.
Dall'altra parte del corridoio vi era invece un edificio, forse a due piani, in cui i locali erano disposti intorno ad un vano centrale.
MOSAICO DEL MINOTAURO |
Dall'altra parte del corridoio vi era invece un edificio, forse a due piani, in cui i locali erano disposti intorno ad un vano centrale.
Essi avevano rifiniture notevoli, come testimoniato dal pavimento in mosaico bianco e nero ancora visibile in alcune e dall'accuratezza delle murature.
I locali di questo secondo edificio erano con grande probabilità strettamente funzionali all'attività portuale: tabernae per il ristoro e l'alloggio di marinai e persone in transito, ma anche domicilio di addetti alle funzioni dell'approdo.
I locali di questo secondo edificio erano con grande probabilità strettamente funzionali all'attività portuale: tabernae per il ristoro e l'alloggio di marinai e persone in transito, ma anche domicilio di addetti alle funzioni dell'approdo.
In entrambi gli edifici costituenti il complesso delle Stanze, Gualtiero Adami nei primi anni del suo soggiorno eremitico sull'isola stabilì la residenza per sè e la sua compagna e per i braccianti che convinse a seguirlo per la colonizzazione del poco territorio sfruttabile. Per adeguare le strutture esistenti a tale funzione egli apportò alcuni interventi di modifica che alterarono purtroppo la loro conformazione originaria.
4- Cala dello Spalmatoio
Con la notevole profondità delle sue acque, la maggiore capienza e il riparo completo dal Maestrale l'approdo di Cala dello Spalmatoio era decisamente più funzionale di quello di Cala Maestra, e ad esso preferibile tranne che per la vicinanza alla villa Domizia e nelle giornate di forte Scirocco o Libeccio.
Esso consentiva l'approdo e l'ormeggio di ogni tipo di naviglio. Le maestranze romane costruirono, tagliando quando necessario la roccia della costa, due banchine sui lati della baia ed un'ampio piazzale in fondo a questa. E' verosimile anche la costruzione di una diga foranea a partire dalla banchina meridionale.
GIANNUTRI |
LE ULTIMISSIME
La visita di Giannutri è condizionata da diverse limitazioni. Solo chi possiede una residenza o se ne procura una in affitto può ottenere il pass che permette di accedere a tutta l’isola. Altrimenti, il visitatore occasionale, che si reca sul posto con il traghetto di linea o con uno dei numerosi battelli turistici in partenza dai porti dell’Argentario, non può allontanarsi dal centro abitato, vale a dire dai trecento metri di strada che uniscono Cala Maestra a Cala Spalmatoio.
Fra l’altro anche la Villa romana è chiusa per restauri e quindi anche qui non sono permesse le visite. Il metodo più pratico per vedere Giannutri è di rivolgersi alle guide autorizzate del Parco, che sono le uniche persone alle quali è consentito accompagnare i visitatori lungo i sentieri dell’isola.
BIBLIO
- Gaio Plinio Secondo - Naturalis Historia - III, 81 -
- Lino Cascioli, Marcello Tilli - La poesia del mare Giannutri - Roma - Il Parnaso -
- I monumenti antichi dell’isola di Giannutri - Vent’anni di attività della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana - A cura di Paola Rendini - Ed. Nuova Immagine - Siena - 2008 -BIBLIO
- Gaio Plinio Secondo - Naturalis Historia - III, 81 -
- Lino Cascioli, Marcello Tilli - La poesia del mare Giannutri - Roma - Il Parnaso -
La villa in realtà è visitabile con le guide del parco almeno lo era nel 2021.
RispondiEliminaÈ possibile visitare l'isola con tutte le guide ambientali in possesso di abilitazione, non solo guide parco.
RispondiElimina