CANE CORSO DERIVAZIONE DEL CANIS PUGNAX ROMANO USATO NELLE GUERRE |
Le origini del cane da guerra sono antichissime. Nei tempi antichi, i cani venivano legati con armature o colli a spillo e inviati in battaglia per attaccare il nemico. Questa strategia fu usata da varie civiltà, come egizi, greci, persiani, sarmati, alani, slavi, britannici e romani.
Uno dei primi usi militari era che i cani fossero messi in servizio di sentinella. Proprio come oggi, i cani sarebbero utilizzati per difendere campi o altre aree prioritarie giorno e notte. I cani abbaiavano o ringhiavano per allertare le guardie della presenza di uno sconosciuto. Naturalmente servirono molto per allertare dai nemici negli accampamenti notturni.
Gli archeologi sospettano che gli umani abbiano usato cani in guerra dal momento che gli animali sono stati addomesticati per la prima volta più di 15.000 anni fa. Con il progredire della guerra, gli scopi dei cani sono cambiati notevolmente.
- Si sa che nel 4000 a.c. gli egizi usavano i cani in guerra, e comunque è certo che vennero impiegati nel XVIII secolo a.c. dagli hyksos durante l'invasione dell'Egitto. Approfittando delle lotte intestine egiziane, gli hyksos invasero il regno grazie alla loro superiorità militare, portatori del cavallo da guerra, del carro da guerra, e pure del cane da guerra.
- Dall XVI al V sec. a.c., cani discendenti da quelli degli Hyksos, popolo ormai sconfitto e debellato, furono impiegati in guerra degli Egizi.
- Tiglat-Pileser I, il fondatore del vero potente impero assiro, nel 1115 a.c., traversò l'Eufrate, conquistò il Karkemish, arrivò fino al lago Van (Anatolia) e raggiunta l'area Mediterranea, conquistò la Fenicia.
Visto che gli assiri usavano grandi cani da guerra, sicuramente li adottarono anche i fenici, che poi li trasportarono e distribuirono in tutte le località toccate dai loro commerci navali e nelle varie guerre.
Infatti dall' XI al VI sec. a.c., cani mesopotamici e indiani furono costantemente usati in battaglia dal popolo assiro (o siriaco che dir si voglia).
- Un forte utilizzo di cani da guerra in una battaglia riportata da fonti classiche fu da parte di Alyattes ore di Lydia (591–560 ac.) contro i Cimmeri. I cani da attacco della Lidia erano particolarmente efficaci contro la cavalleria nemica.
Visto che gli assiri usavano grandi cani da guerra, sicuramente li adottarono anche i fenici, che poi li trasportarono e distribuirono in tutte le località toccate dai loro commerci navali e nelle varie guerre.
Infatti dall' XI al VI sec. a.c., cani mesopotamici e indiani furono costantemente usati in battaglia dal popolo assiro (o siriaco che dir si voglia).
- Un forte utilizzo di cani da guerra in una battaglia riportata da fonti classiche fu da parte di Alyattes ore di Lydia (591–560 ac.) contro i Cimmeri. I cani da attacco della Lidia erano particolarmente efficaci contro la cavalleria nemica.
Secondo Erodoto, la spedizione di Serse, re dei persiani, era formata da centinaia di migliaia di soldati:
"Il numero totale delle donne addette alle cucine, delle concubine e degli eunuchi non si poteva contare. Il numero totale delle bardature, dei capi di bestiame e dei cani indiani non poteva essere determinato perché erano troppi. Non è quindi sorprendente che alcuni fiumi fossero prosciugati, anzi, è straordinario che essi riuscissero a trovare cibo a sufficienza (...) E non calcolo il cibo per le donne, gli eunuchi, i capi di bestiame e i cani, cani da caccia e da protezione che furono presi in India a quel tempo".
Solo per sfamare i cani da guerra dell'Assiria, divenuta una satrapia, ossia una provincia persiana, si ricorreva alla produzione delle terre di quattro interi villaggi, che per questo erano esentati dalle tasse.
- Dal V al II sec. a.c., popolazioni greche e balcaniche usarono in guerra cani da pastore e da caccia tra cui le razze "molosso lacone", hellenikos poimenikos, skilos tou Pyrrou, skilos tou Alexandrou, molosso d'Epiro, metchkar, qen ghedje, sylvan e in seguito il discendente charplanina.
- Nella "De Natura Animalium" Claudio Eliano narra come nella battaglia di Maratona (490 a.c.) alcuni greci abbiano combattuto eroicamente a fianco dei loro cani, come nel caso di un ateniese che venne ricompensato insieme al suo cane per il valore dimostrato, venendo anche raffigurati nello Stoà Pecile, i colonnati dell'Agorà di Atene decorati con dipinti che celebravano le Guerre Persiane.
Dalla Grecia a Roma il passo è breve.
- Nel III sec. a.c. Alessandro Magno invece utilizzò i Molossi nelle battaglie campali per seminare il panico tra i ranghi nemici. Fu così che “Periles”, il suo Molosso favorito, morì combattendo. Un altro compito del Molosso presso diversi popoli antichi, fu quello di giustiziare i nemici od i colpevoli di particolari reati che venivano buttati in fosse dove i cani, tenuti affamati, li sbranavano.
- Nel 281 a.c., Lisimaco (uno dei successori di Alessandro Magno) fu ucciso durante la battaglia di Corupedium e il suo corpo fu scoperto sul campo di battaglia, sorvegliato vigilmente dal suo fedele cane.
- Poi, nel 231 a.c., il console romano Marco Pomponio Matho guidò una Legione attraverso l'isola di Sardegna. Usando "cani dall'Italia" per dare la caccia ai nativi, i Romani furono in grado di conquistare i sardi che combatterono attraverso la guerriglia.
- Nel 120 a.c., Bituito, re degli Arvernii, attaccò una piccola forza di Romani guidata dal Console Quinto Fabio Massimo Allobrogico usando solo i cani che aveva nel suo esercito.
L’espressione “gettato in pasto ai cani” discende appunto da questa terribile pratica. C'era infatti la terribile usanza di procurare carne umana ai cani per far loro superare la paura dell’uomo stimolandone l’istinto predatorio.
A volte i cani prestavano servizio come staffette per inviare messaggi: i cani ingerivano un tubo di rame contenente al suo interno un messaggio. Purtroppo questi cani dovevano essere sacrificati per poter estrarre il messaggio contenuto nel tubo.
Noi abbiamo parecchi dubbi su tale pratica, perchè il cane si sarebbe ribellato a strangolarsi col cilindro, perchè ammesso fosse possibile questo sarebbe stato in breve vomitato, e se non lo fosse stato avrebbe ferito l'animale impedendogli la corsa fino a portarlo alla morte.
I messaggi venivano invece inseriti nel collare, infilati tra il cuoio e il metallo dello stesso.
- L'anno 55 ac vide Giulio Cesare sbarcare in Britannia contrapposto ai guerrieri celtici e ai loro cani. Ciò rende il mastino inglese una delle più antiche razze registrate secondo la descrizione di Cesare nei suoi racconti di guerra.
- Lo storico Claudio Erriano (165-235 d.c.) scrisse che "Gli abitanti di Magnesia sul Meandro combattendo contro gli abitanti di Efeso, ciascuno dei cavalieri recava seco un cane da caccia che lo coadiuvasse in combattimento, ed un servo che lanciasse giavellotti. Quando era il momento della mischia i cani, lanciandosi in avanti portavano scompiglio nelle schiere, oltre che terribili e feroci si dimostravano anche implacabili.".
I CANI DA GUERRA ROMANI
I romani copiavano tutto da tutti, cercando sempre di migliorare le prestazioni di cose, uomini e animali. Impararono così ad usare i cani da guerra, ma non solo, perchè li incrociarono per migliorarli e soprattutto li addestrarono in modo particolare.
Del resto la predominanza dei romani nei combattimenti era dovuto sostanzialmente al loro straordinario addestramento, così anche con i cani usarono lo stesso accorgimento. Per giunta i cani erano lieti di collaborare, essendo animali da branco ansiosi di muoversi e di essere guidati. Alcuni hanno scritto che i romani usassero poco i cani da guerra, non è così, i romani usavano di tutto quando occorreva, con una strategia finissima e sempre in rinnovamento.
Occorre ricordare che l'addestramento da guerra non era così semplice, perchè il cane doveva vivere con tutta la coorte, abituandosi a distinguere amici da nemici, attraverso l'odore e pure attraverso vesti ed armature. Ciò che li guidava era innanzi tutto l'olfatto, quindi era importante che nei castri girasse e urinasse lungo la palizzata sentendola come confine proprio, ma che accettasse pure cibo da tutti i legionari della guarnigione, per cui non solo occorreva l'allenamento capuano ma pure quello nel castro e durante la marcia.
Doveva poi imparare gli ordini verbali, per cui se si presentava un estraneo all'accampamento a un preciso ordine non doveva saltargli addosso come faceva con tutti gli altri. Era fondamentale che rispettassero l'ordine di attacco in battaglia ma pure i vari richiami e l'ordine di fermarsi o di tornare indietro quando occorreva. Al contrario dei cani da guerra barbari che assalivano qualunque intervento straniero, i cani romani obbedivano agli ordini come fossero soldati.
Il molosso romano o canis pugnax è il progenitore dell'odierno mastino napoletano. Tuttavia, il canis pugnax era meno pesante e grande di quest'ultimo e rassomigliava maggiormente all'attuale cane corso. Infatti Cane Corso deriva, come il Mastino Napoletano ed in parte il Mastino Abruzzese, dal mitico Canis Pugnax, il Molosso che dagli antichi romani venne utilizzato massicciamente per la guerra.
Il canis pugnax, diffuso in tutta Europa, ma in parte in Asia ed Africa, nei territori facenti parti dell’Impero Romano, venne incrociato e in parte si incrociò da solo, con tante razze, si che diede vita alla maggior parte delle razze canine che conosciamo. I romani portarono tutto da per tutto, la loro mobilità e le loro conquiste dettero luogo a un fenomeno incredibile di globalizzazione, delle piante, degli animali e delle razze umane.
Il canis pugnax era potente, combattivo, coraggioso ma anche agile, veloce e in grado di percorrere giornalmente distanze notevoli, sia in pianura che in montagna e di sopportare climi di tutti i tipi.
La legione romana detiene a tutt'oggi il record di spostamento a piedi, 35 km. al giorno, con un pesante carico sulla schiena, dalle 6 del mattino alle 3 del pomeriggio, durante il quale i soldati avevano pure il tempo di spianare un ampio terreno e costruire dal nulla un castrum per passarvi la notte, e nel frattempo i cani, oltre alle sentinelle, badavano a che nessuno si avvicinasse al campo.
La costruzione del campo era il momento più pericoloso per i legionari, e se fossero stati spiati, sicuramente quello era il momento opportuno per attaccarli, così come era pericoloso lo smontaggio del castrum, dove occorreva smontare le tende, le are e lo steccato, imballare tutto, caricare i carri, e nutrire le bestie e le persone perchè era impossibile farlo strada facendo, se non mangiando qualche galletta o focaccia mentre si marciava.
Era anche pratica comune per i romani legare secchi di olio fiammeggiante sulle spalle dei loro cani da guerra e mandarli nelle prime linee del nemico per distruggere la cavalleria nemica. Questi cani erano chiamati piriferi o portatori di fuoco.
LE SCUOLE DEI CANI
Durante l’Impero Romano a Capua (Campania) esistevano le principali “scuole” ove persone di tutto il mondo conosciuto si allenavano per diventare Gladiatori. Però i romani tenevano conto di tutto e non perdevano un'occasione sia per migliorare le loro capacità guerriere, sia per fare un prospero business. Pertanto a Capua esistevano allevamenti di cani da guerra e da combattimento (arena) da cui i cani così allenati venivano venduti in tutto l’Impero.
Era il centro di addestramento cani più importante del mondo, perchè lì confluivano cani di tutte le razze, che venivano non solo addestrati ma incrociati tra loro per migliorare le prestazioni. Si studiava altresì il cibo più adatto ad essi, e le armature per proteggerli o per danneggiare gli avversari.
I romani usarono copiosamente i cani da guerra, utilizzandoli a branchi contro la fanteria e la cavalleria nemiche. I cani erano in genere protetti da armature in cuoio e a volte con lamelle metalliche protettive, ed avevano la funzione di atterramento e sbranamento dell'avversario.
"Il numero totale delle donne addette alle cucine, delle concubine e degli eunuchi non si poteva contare. Il numero totale delle bardature, dei capi di bestiame e dei cani indiani non poteva essere determinato perché erano troppi. Non è quindi sorprendente che alcuni fiumi fossero prosciugati, anzi, è straordinario che essi riuscissero a trovare cibo a sufficienza (...) E non calcolo il cibo per le donne, gli eunuchi, i capi di bestiame e i cani, cani da caccia e da protezione che furono presi in India a quel tempo".
Solo per sfamare i cani da guerra dell'Assiria, divenuta una satrapia, ossia una provincia persiana, si ricorreva alla produzione delle terre di quattro interi villaggi, che per questo erano esentati dalle tasse.
- Dal V al II sec. a.c., popolazioni greche e balcaniche usarono in guerra cani da pastore e da caccia tra cui le razze "molosso lacone", hellenikos poimenikos, skilos tou Pyrrou, skilos tou Alexandrou, molosso d'Epiro, metchkar, qen ghedje, sylvan e in seguito il discendente charplanina.
- Nella "De Natura Animalium" Claudio Eliano narra come nella battaglia di Maratona (490 a.c.) alcuni greci abbiano combattuto eroicamente a fianco dei loro cani, come nel caso di un ateniese che venne ricompensato insieme al suo cane per il valore dimostrato, venendo anche raffigurati nello Stoà Pecile, i colonnati dell'Agorà di Atene decorati con dipinti che celebravano le Guerre Persiane.
Dalla Grecia a Roma il passo è breve.
- Nel 281 a.c., Lisimaco (uno dei successori di Alessandro Magno) fu ucciso durante la battaglia di Corupedium e il suo corpo fu scoperto sul campo di battaglia, sorvegliato vigilmente dal suo fedele cane.
- Poi, nel 231 a.c., il console romano Marco Pomponio Matho guidò una Legione attraverso l'isola di Sardegna. Usando "cani dall'Italia" per dare la caccia ai nativi, i Romani furono in grado di conquistare i sardi che combatterono attraverso la guerriglia.
- Nel 120 a.c., Bituito, re degli Arvernii, attaccò una piccola forza di Romani guidata dal Console Quinto Fabio Massimo Allobrogico usando solo i cani che aveva nel suo esercito.
L’espressione “gettato in pasto ai cani” discende appunto da questa terribile pratica. C'era infatti la terribile usanza di procurare carne umana ai cani per far loro superare la paura dell’uomo stimolandone l’istinto predatorio.
A volte i cani prestavano servizio come staffette per inviare messaggi: i cani ingerivano un tubo di rame contenente al suo interno un messaggio. Purtroppo questi cani dovevano essere sacrificati per poter estrarre il messaggio contenuto nel tubo.
Noi abbiamo parecchi dubbi su tale pratica, perchè il cane si sarebbe ribellato a strangolarsi col cilindro, perchè ammesso fosse possibile questo sarebbe stato in breve vomitato, e se non lo fosse stato avrebbe ferito l'animale impedendogli la corsa fino a portarlo alla morte.
I messaggi venivano invece inseriti nel collare, infilati tra il cuoio e il metallo dello stesso.
- L'anno 55 ac vide Giulio Cesare sbarcare in Britannia contrapposto ai guerrieri celtici e ai loro cani. Ciò rende il mastino inglese una delle più antiche razze registrate secondo la descrizione di Cesare nei suoi racconti di guerra.
- Lo storico Claudio Erriano (165-235 d.c.) scrisse che "Gli abitanti di Magnesia sul Meandro combattendo contro gli abitanti di Efeso, ciascuno dei cavalieri recava seco un cane da caccia che lo coadiuvasse in combattimento, ed un servo che lanciasse giavellotti. Quando era il momento della mischia i cani, lanciandosi in avanti portavano scompiglio nelle schiere, oltre che terribili e feroci si dimostravano anche implacabili.".
MOLOSSI DA GUERRA |
I CANI DA GUERRA ROMANI
I romani copiavano tutto da tutti, cercando sempre di migliorare le prestazioni di cose, uomini e animali. Impararono così ad usare i cani da guerra, ma non solo, perchè li incrociarono per migliorarli e soprattutto li addestrarono in modo particolare.
Del resto la predominanza dei romani nei combattimenti era dovuto sostanzialmente al loro straordinario addestramento, così anche con i cani usarono lo stesso accorgimento. Per giunta i cani erano lieti di collaborare, essendo animali da branco ansiosi di muoversi e di essere guidati. Alcuni hanno scritto che i romani usassero poco i cani da guerra, non è così, i romani usavano di tutto quando occorreva, con una strategia finissima e sempre in rinnovamento.
Occorre ricordare che l'addestramento da guerra non era così semplice, perchè il cane doveva vivere con tutta la coorte, abituandosi a distinguere amici da nemici, attraverso l'odore e pure attraverso vesti ed armature. Ciò che li guidava era innanzi tutto l'olfatto, quindi era importante che nei castri girasse e urinasse lungo la palizzata sentendola come confine proprio, ma che accettasse pure cibo da tutti i legionari della guarnigione, per cui non solo occorreva l'allenamento capuano ma pure quello nel castro e durante la marcia.
Doveva poi imparare gli ordini verbali, per cui se si presentava un estraneo all'accampamento a un preciso ordine non doveva saltargli addosso come faceva con tutti gli altri. Era fondamentale che rispettassero l'ordine di attacco in battaglia ma pure i vari richiami e l'ordine di fermarsi o di tornare indietro quando occorreva. Al contrario dei cani da guerra barbari che assalivano qualunque intervento straniero, i cani romani obbedivano agli ordini come fossero soldati.
Il molosso romano o canis pugnax è il progenitore dell'odierno mastino napoletano. Tuttavia, il canis pugnax era meno pesante e grande di quest'ultimo e rassomigliava maggiormente all'attuale cane corso. Infatti Cane Corso deriva, come il Mastino Napoletano ed in parte il Mastino Abruzzese, dal mitico Canis Pugnax, il Molosso che dagli antichi romani venne utilizzato massicciamente per la guerra.
Il canis pugnax, diffuso in tutta Europa, ma in parte in Asia ed Africa, nei territori facenti parti dell’Impero Romano, venne incrociato e in parte si incrociò da solo, con tante razze, si che diede vita alla maggior parte delle razze canine che conosciamo. I romani portarono tutto da per tutto, la loro mobilità e le loro conquiste dettero luogo a un fenomeno incredibile di globalizzazione, delle piante, degli animali e delle razze umane.
Il canis pugnax era potente, combattivo, coraggioso ma anche agile, veloce e in grado di percorrere giornalmente distanze notevoli, sia in pianura che in montagna e di sopportare climi di tutti i tipi.
La legione romana detiene a tutt'oggi il record di spostamento a piedi, 35 km. al giorno, con un pesante carico sulla schiena, dalle 6 del mattino alle 3 del pomeriggio, durante il quale i soldati avevano pure il tempo di spianare un ampio terreno e costruire dal nulla un castrum per passarvi la notte, e nel frattempo i cani, oltre alle sentinelle, badavano a che nessuno si avvicinasse al campo.
La costruzione del campo era il momento più pericoloso per i legionari, e se fossero stati spiati, sicuramente quello era il momento opportuno per attaccarli, così come era pericoloso lo smontaggio del castrum, dove occorreva smontare le tende, le are e lo steccato, imballare tutto, caricare i carri, e nutrire le bestie e le persone perchè era impossibile farlo strada facendo, se non mangiando qualche galletta o focaccia mentre si marciava.
Era anche pratica comune per i romani legare secchi di olio fiammeggiante sulle spalle dei loro cani da guerra e mandarli nelle prime linee del nemico per distruggere la cavalleria nemica. Questi cani erano chiamati piriferi o portatori di fuoco.
LUDI CIRCENSI ETRUSCHI |
LE SCUOLE DEI CANI
Durante l’Impero Romano a Capua (Campania) esistevano le principali “scuole” ove persone di tutto il mondo conosciuto si allenavano per diventare Gladiatori. Però i romani tenevano conto di tutto e non perdevano un'occasione sia per migliorare le loro capacità guerriere, sia per fare un prospero business. Pertanto a Capua esistevano allevamenti di cani da guerra e da combattimento (arena) da cui i cani così allenati venivano venduti in tutto l’Impero.
Era il centro di addestramento cani più importante del mondo, perchè lì confluivano cani di tutte le razze, che venivano non solo addestrati ma incrociati tra loro per migliorare le prestazioni. Si studiava altresì il cibo più adatto ad essi, e le armature per proteggerli o per danneggiare gli avversari.
I romani usarono copiosamente i cani da guerra, utilizzandoli a branchi contro la fanteria e la cavalleria nemiche. I cani erano in genere protetti da armature in cuoio e a volte con lamelle metalliche protettive, ed avevano la funzione di atterramento e sbranamento dell'avversario.
Pertanto erano esemplari di grandi dimensioni, anche per sostenere il peso dell'armatura, selezionati in base all'aggressività e all'insensibilità alle ferite. I romani ne fecero largo uso:
- dal VII sec. a.c. al V sec. d.c. i romani impiegavano in guerra "canis pugnaces " tra cui il molosso d'epiro, discendenti del cane corso, il mastino napoletano, i perros da presa iberici, i vucciriscu, il dogo sardesco e il mastino fonnese. Altre razze come il maremmano-abruzzese furono usate in attività di supporto.
Abbiamo notizia di canis pugnax:
- Nel 231 a.c., nella repressione romana dei Peliti in Sardegna, bande di ribelli rifugiatisi in zone montagnose.
- dal VII sec. a.c. al V sec. d.c. i romani impiegavano in guerra "canis pugnaces " tra cui il molosso d'epiro, discendenti del cane corso, il mastino napoletano, i perros da presa iberici, i vucciriscu, il dogo sardesco e il mastino fonnese. Altre razze come il maremmano-abruzzese furono usate in attività di supporto.
Abbiamo notizia di canis pugnax:
- Nel 231 a.c., nella repressione romana dei Peliti in Sardegna, bande di ribelli rifugiatisi in zone montagnose.
- Nel 123 a.c., nell'invasione romana e guerre in Gallia contro gli Alverni di Bituito che i romani sconfissero, per cui il loro capo e i suoi ambasciatori si presentarono chiedendo la pace accompagnati da enormi cani da guerra che furono devoluti ai romani. Diverse centinaia di questi cani costituivano una sorta di cavalleria di sfondamento, con il vantaggio di essere difficilmente raggiungibili da frecce e giavellotti a causa dell'agilità e della mobilità, e pure per le dimensioni ridotte rispetto a un cavallo.
- Nel 101 a.c, nella battaglia di Vercelli fra Romani e Cimbri;
- Nel I secolo, con l'invasione e la conquista romana della Britannia.
- Nel 101 a.c, nella battaglia di Vercelli fra Romani e Cimbri;
- Nel I secolo, con l'invasione e la conquista romana della Britannia.
Sono invece del V sec. d.c.i "pugnaces Britanniae", dei feroci britanni che misero in difficoltà le legioni romane utilizzando in battaglia i loro cani, detti pugnaces Britanniae, progenitori degli attuali irish wolfhound e deerhound. Naturalmente detti cani vennero poi adottati dai romani.
CANIS PUGNAX
Erano i Canis Pugnax scolpiti nel marmo e dipinti negli affreschi del tempo; erano i Cave Canem dei mosaici di Pompei; erano i cani da guardia delle ville patrizie. Questi ultimi, i Pugnaces, erano particolarmente temuti per la loro grande aggressività. Il più grande e pesante molosso da guardia romano veniva usato infatti per le abitazioni, simile al mastino napoletano odierno, ma poco mobile sulla lunga distanza.
All’ingresso della villa bastava la targa con scritto “Cave Canem” per scoraggiare qualsiasi ladro. Anche il colore degli occhi aveva la sua importanza. Veniva privilegiato il color giallo anche se i più terrificanti erano quelli color argento.
Molossi nella caccia all’orso
Il suo peso doveva essere sufficientemente imponente per bloccare e non essere sollevato dall’avversario ed i reni così potenti da mettere la vittima a terra dopo aver ben assicurato la presa.
Questi cani molto intelligenti e molto allenati sapevano che se si lasciavano prendere, si esponevano a gravi ferite, e pure se attaccavano in un punto non valido, la reazione cadeva immediatamente con pesanti ferite.
Già all'epoca le orecchie e la coda di questi cani da combattimento venivano tagliate per offrire poca presa all’avversario, e il suo collo possedeva un strato adiposo molto abbondante e non aderente al muscolo in modo tale che i morsi di bestie feroci o dei cinghiali scivolassero sull’epidermide senza raggiungere gli organi vitali.
Questi cani, bene allenati e ben nutriti, venivano utilizzati per la caccia al cinghiale, al lupo, all’orso nonchè al cervo e agli atri grossi ungulati nelle battute di caccia con le reti.
Molossi nelle arene contro le fiere
La poderosa testa dell'animale, molto adatta alla presa, aveva delle caratteristiche che consentivano di mantenere una buona respirazione durante il movimento, per cui potevano restare attivi molto a lungo.
L’iconografia che li rappresenta permette di identificare un corpo massiccio e robusto associato ad una canna nasale piuttosto lunga per una migliore ventilazione, un cranio grosso e piuttosto piatto, e dei denti duri e sviluppati, impiantati profondamente nell’osso.
Il tutto per sostenere una forte presa, con una forza muscolare necessaria a questo lavoro, caratteristiche ancestrale presenti ancora oggi in certi molossi come i Cani da Presa Meridionali.
L’esercito della Roma Imperiale tenne in grande considerazione il cane; in particolare, il “procurator cinegeti” (o zooarco), l'esperto professionista di cani da combattimento, selezionò i cani delle varie razze in base alle qualità dimostrate nell’arena ed in battaglia, traendone così quel molosso che fu impiegato per diversi scopi, quali:
- combattente in battaglia;
- accompagnare le avanguardie per percepire la presenza di eventuali nemici appostati;
- fare la guardia insieme alle sentinelle per evitare incursioni nemiche e attacchi ai castrum;
- combattente nelle arene contro belve
- combattente nelle arene contro gladiatori;
- dare la caccia a fuggitivi;
- creare scompiglio tra le fila nemiche;
- fungere da portaordini;
- fungere da guardiano di edifici pubblici,
- fungere da guardiano di case e di ville patrizie;
- ausiliario nella caccia grossa.
MOLOSSO ROMANO
Il Molosso Romano, (Canis pugnax), pertanto, era un cane funzionalmente completo e nelle terre conquistate dalle Legioni Romane di cui era al seguito, dette origine a cani che poi vennero utilizzati per funzioni similari: ad esempio, in Spagna originò il Perro da presa spagnolo e in Francia il Dogue de Bordeaux.
Questi cani venivano usati nelle battaglie affiancando l'esercito in guerra. Il loro nome deriva dalla tribù illirica "i molossi" e vennero usati nelle battaglie per:
- terrorizzare i nemici
- attaccare i cavalli facendoli imbizzarrire,
- attaccare gli uomini e morderli
Erano i Canis Pugnax scolpiti nel marmo e dipinti negli affreschi del tempo; erano i Cave Canem dei mosaici di Pompei; erano i cani da guardia delle ville patrizie. Questi ultimi, i Pugnaces, erano particolarmente temuti per la loro grande aggressività. Il più grande e pesante molosso da guardia romano veniva usato infatti per le abitazioni, simile al mastino napoletano odierno, ma poco mobile sulla lunga distanza.
All’ingresso della villa bastava la targa con scritto “Cave Canem” per scoraggiare qualsiasi ladro. Anche il colore degli occhi aveva la sua importanza. Veniva privilegiato il color giallo anche se i più terrificanti erano quelli color argento.
Molossi nella caccia all’orso
IL MOLOSSO ROMANO |
Questi cani molto intelligenti e molto allenati sapevano che se si lasciavano prendere, si esponevano a gravi ferite, e pure se attaccavano in un punto non valido, la reazione cadeva immediatamente con pesanti ferite.
Già all'epoca le orecchie e la coda di questi cani da combattimento venivano tagliate per offrire poca presa all’avversario, e il suo collo possedeva un strato adiposo molto abbondante e non aderente al muscolo in modo tale che i morsi di bestie feroci o dei cinghiali scivolassero sull’epidermide senza raggiungere gli organi vitali.
Questi cani, bene allenati e ben nutriti, venivano utilizzati per la caccia al cinghiale, al lupo, all’orso nonchè al cervo e agli atri grossi ungulati nelle battute di caccia con le reti.
Molossi nelle arene contro le fiere
La poderosa testa dell'animale, molto adatta alla presa, aveva delle caratteristiche che consentivano di mantenere una buona respirazione durante il movimento, per cui potevano restare attivi molto a lungo.
L’iconografia che li rappresenta permette di identificare un corpo massiccio e robusto associato ad una canna nasale piuttosto lunga per una migliore ventilazione, un cranio grosso e piuttosto piatto, e dei denti duri e sviluppati, impiantati profondamente nell’osso.
Il tutto per sostenere una forte presa, con una forza muscolare necessaria a questo lavoro, caratteristiche ancestrale presenti ancora oggi in certi molossi come i Cani da Presa Meridionali.
LOTTA CIRCENSE TRA BESTIE FEROCI E MOLOSSI |
- combattente in battaglia;
- accompagnare le avanguardie per percepire la presenza di eventuali nemici appostati;
- fare la guardia insieme alle sentinelle per evitare incursioni nemiche e attacchi ai castrum;
- combattente nelle arene contro belve
- combattente nelle arene contro gladiatori;
- dare la caccia a fuggitivi;
- creare scompiglio tra le fila nemiche;
- fungere da portaordini;
- fungere da guardiano di edifici pubblici,
- fungere da guardiano di case e di ville patrizie;
- ausiliario nella caccia grossa.
La difesa del castrum era molto importante per i legionari, che quando si trovavano in terre ostili costruivano sempre, a ogni tappa, i castra, grandi fortificazioni complesse seppur temporanee nelle quali durante la notte potevano rilassarsi sapendo di essere ben protetti. Protezione garantita anche dai canis pugnaces di guardia, selezionati di colore nero o molto scuro per non essere visibili di notte, che non solo avvisavano abbaiando, ma, una volta sguinzagliati, attaccavano ferocemente i nemici.
MASTINO NAPOLETANO DERIVAZIONE DEL MOLOSSO ROMANO |
MOLOSSO ROMANO
Il Molosso Romano, (Canis pugnax), pertanto, era un cane funzionalmente completo e nelle terre conquistate dalle Legioni Romane di cui era al seguito, dette origine a cani che poi vennero utilizzati per funzioni similari: ad esempio, in Spagna originò il Perro da presa spagnolo e in Francia il Dogue de Bordeaux.
Questi cani venivano usati nelle battaglie affiancando l'esercito in guerra. Il loro nome deriva dalla tribù illirica "i molossi" e vennero usati nelle battaglie per:
- terrorizzare i nemici
- attaccare i cavalli facendoli imbizzarrire,
- attaccare gli uomini e morderli
- introdursi tra le file nemiche con recipienti in cui era stato appiccato fuoco, per provocare un incendio;
- introdursi tra le file nemiche con corazze munite di lame taglienti per ferire soldati e cavalli.
Il Molosso da guerra fu un efficace strumento di morte; molto aggressivo, bardato con un collare irto di punte di ferro, addestrato ad attaccare il nemico e ad ucciderlo azzannandolo alla gola.
Per ottenere una simile “macchina bellica”, i Romani utilizzarono il materiale genetico del luogo, quello del “lupo nella sua forma addomesticata” il cui modo di fare si avvicinava alla loro indole: come loro combatteva per la conquista del territorio, come loro razziava e uccideva.
La storia evidenzia la parentela simbolica tra i lupi ed alcuni popoli guerrieri: ad esempio, nella penisola italica la tribù dei Lucani traeva il proprio nome da “Aukol”, ovvero dal lupo.
La leggenda della fondazione di Roma assunse la forma che conosciamo solo in tarda epoca, quando ormai i Romani avevano esteso la loro egemonia su tutta la penisola; non abbandonando l’originaria similitudine comportamentale, ed essi scelsero “la lupa”, come animale totemico.
A simbolo della sua combattività e di Roma tutta, ne fecero campeggiare l’immagine sulle insegne dei legionari. A questa popolazione canina di estrazione lupoide, man mano si affiancavano nella selezione cani diversi, con taglia e combattività sempre maggiore, a pelo raso per offrire meno presa e con caratteristiche “molossoidi”.
Questi animali si estesero in tutto l’Impero attraverso i primi centri di allevamento, in particolare a Capua, vera e propria “fabbrica” di mezzi, animali e uomini “da guerra e arena” a seguito di attività commerciali e conquiste da territori stranieri.
Non mancavano però le razze dei territori locali, in particolare nella Campania Felix, dove alcuni esemplari di questo tipo vivevano già, probabilmente importati dai Fenici e quindi allevati dagli Etruschi che già da tempo innumerevole li usavano per la guerra.
Il coraggio, la forza e la conbattività di questi cani dava loro l'appellativo di “Bellator” o “Pugnator” o “Pugnaces”, come Strabone definisce i cani che combattevano al fianco dei soldati, che ne vegliavano il sonno costituendo un'ottima guardia anche notturna, per udito e per olfatto superiori agli uomini, si che, debitamente addestrati, erano impiegati anche nelle comunicazioni, recando messaggi contenuti nei loro copricollo in metallo e cuoio, abilissimi nella corsa e nel nascondersi al nemico.
I Legionari Romani li consideravano sempre più indispensabile usarli in battaglia, cosìcchè prosperarono i “domini factionum”, allevatori e impresari, che li selezionavano e preparavano per affiancarli alle fiere e ai gladiatori nelle esibizioni pubbliche sempre più richieste (i “Ludi Gladiatori”) e per le quali ricevevano lauti compensi, a volte astronomici.
Questi cani avevano soprattutto attinenza con il “Molosso” dell’Epiro, notoriamente combattente senza rivali, e gli antichi documenti ne fecero risalire l’inizio dell’impiego come cani in battaglia a più di tremila anni fa.
Inquadrati in piccoli gruppi di combattimento, nelle azioni belliche i cani venivano impiegati in gran numero; erano anche utilizzati come coraggiosi scudieri e guardia spalle per sostenere l’azione di un singolo cavaliere. Essi, pertanto, sono stati da sempre e inevitabilmente coinvolti nelle guerre; del resto gli antichi Molossi furono creati quasi esclusivamente per questo scopo.
Plinio il Vecchio riporta che i cani “erano gli ausiliari più fedeli e più economici”. Nel 231 a.c.. con il loro aiuto i legionari di M. Pomponio Matone risolsero il problema dei Peliti (o Pelasgi) in Sardegna (Zonata VIII, 19 P.I. 401). I “Mastini Fonnesi” sono i discendenti di questi cani, frutto di antiche e ripetute selezioni tra veltri e cani mastini, secondo altri un incrocio tra i cani, forse segugi, utilizzati da Marco Pomponio Matone ed il cane locale, forse un levrieroide.
Molti imperatori Romani sono rimasti famosi per la crudeltà con cui facevano svolgere i giochi circensi. Negli anfiteatri romani, durante i “ludi gladiatori”, si affrontavano in combattimenti all’ultimo sangue belve, molossi e gladiatori. Migliaia di orsi furono catturati ed impiegati nelle arene. L’imperatore Caligola, nel I sec. d.c. organizzò un feroce combattimento tra ben ben 400 orsi e un manipolo di gladiatori affiancati dai loro cani da combattimento.
Strabone scrive che per fronteggiare un leone occorrevano quattro molossi. Le doti di combattente del molosso emergevano anche negli spettacoli di tauromachia in cui i tori combattevano fra di loro, contro altri animali od anche contro gli uomini. Diffuse in tutta l’area mediterranea, a Roma alle “cacce” (venationes) taurine era destinato il Theatrum Tauri.
Da “Vita e costumi dei Romani Antichi” di Danila Mancioli: “ C’erano poi le lotte fra uomini e animali, durante le quali, in genere, erano questi ultimi a soccombere; i ‘venatores’ o i ‘bestiari’, che venivano addestrati in scuole simili a quelle dei gladiatori, ma a differenza di questi ultimi non erano tenuti in gran considerazione dagli spettatori, vestivano una corta tunica con maniche, portavano fasce alle gambe, avevano come armi da offesa una lancia a punta larga e una frusta di cuoio, erano spesso accompagnati da una muta di cani ”.
I Romani impiegarono diffusamente i cani da guardia negli edifici pubblici e nelle case private (specie in quelle patrizie). Erano tenuti per tutto il giorno legati alla catena entro una nicchia all’ingresso dell’edificio e di notte venivano liberati. Spesso la loro aggressività provocò incidenti tali da richiedere l’istituzione di apposite leggi. Da ciò prese origine la consuetudine di sostituire in molti casi la presenza del cane con un suo simulacro recante la nota iscrizione “Cave canem”.
A seguito dei movimenti di conquista delle legioni romane, il Molosso contribuì alla formazione di altri cani che ora fanno parte d’altre razze europee, quali il Komondor, l’Old English Mastiff, il San Bernardo, il cane dei Pirenei, il Bovaro Svizzero ecc.
Gli Alauni o Alani, pastori e nomadi sarmati, erano grandi arcieri a cavallo, già conosciuti dai romani con cui più volte si scontrarono. Una parte di essi invasero la Gallia romana, affrontati e bloccati dai legionari di Ezio (390 - 454), ma fatta la pace ottennero il permesso di stabilirvisi e da loro i romani presero i cani alani, o alaunt, da cui discende l'odierno alano.
I CANI DA CACCIA
I Romani sono stati i primi a classificare i cani secondo il loro impiego nella caccia: Seguges: (segugi) che grazie al sensibilissimo olfatto seguivano le tracce della selvaggina; Celeres: (levrieri) che la inseguivano velocemente; Pugnaces: (molossoidi) che l’attaccavano.
Quanto grande fosse l’amore per i cani lo dimostra un epigramma di Marziale:
“Allevata in mezzo agli addestratori degli anfiteatri, cacciatrice feroce nelle foreste, dolce in casa; mi chiamavo Lidia, fedelissima, non mi uccisero né i lunghi giorni né l’inutile vecchiaia, come toccò ad Argo, il cane di Ulisse Itacese, mi uccise la rapida zanna di un cinghiale bavoso, grande come il cinghiale di Calidono o quello d’Erimanto. Giovane giunsi alle ombre infernali, ma non provo rancore. Non avrei potuto morire di una sorte migliore”.
La caccia preferita dai romani erano le “battute”, possibilmente a cavallo. I Molossi, una volta circondata la preda, scovata dai “seguges” ed inseguita dai “celeres”, le venivano aizzati contro e la bloccavano fino all’arrivo dei cacciatori che, richiamati i cani, per dimostrare il loro coraggio l’affrontavano con il giavellotto o con la daga a distanza ravvicinata.
La diffusione della caccia è documentata ampiamente nei sarcofagi scolpiti con scene mitologiche che, da Adriano in poi, diventarono monumenti funebri pregiati per i romani benestanti. Il simbolismo delle decorazioni sta a significare l’analogia del successo nella caccia con la vittoria in guerra.
Il cane da gregge invece fu prodotto dall’incrocio tra il feroce cane dei legionari ed alcune razze da pastore locali di tipo lupoide (anche levrieroide); è così che lo ritroviamo nel mastino abruzzese, nel mastino siciliano o "cane da mannera", nel mastino silano e in quello fonnese. Questo tipo di cane (sempre un molossoide) fu selezionato secondo un’assoluta assenza di istinto predatorio nei confronti del gregge, pur mantenendo un’elevata aggressività e combattività contro i predatori.
Quando, cioè, occorreva combattere il “lupo” e difendere il gregge, i romani gli contrapposero “il lupo domestico”, quando occorreva una combattività rivolta a scopi di altro genere impiegarono “il Pugnaces”. La capacità organizzativa dei romani emerse alla grande anche in questo campo.
BIBLIO
- Giovanni Todaro - I cani in guerra - Da Tutankhamon a Bin Laden - Airplane - 2011 -
- Giovanni Todaro - Uomini e cani in guerra - dagli egizi fino alla Tripolitania italiana - Lulu Com edit. - 2018 -
- introdursi tra le file nemiche con corazze munite di lame taglienti per ferire soldati e cavalli.
Il Molosso da guerra fu un efficace strumento di morte; molto aggressivo, bardato con un collare irto di punte di ferro, addestrato ad attaccare il nemico e ad ucciderlo azzannandolo alla gola.
Per ottenere una simile “macchina bellica”, i Romani utilizzarono il materiale genetico del luogo, quello del “lupo nella sua forma addomesticata” il cui modo di fare si avvicinava alla loro indole: come loro combatteva per la conquista del territorio, come loro razziava e uccideva.
La storia evidenzia la parentela simbolica tra i lupi ed alcuni popoli guerrieri: ad esempio, nella penisola italica la tribù dei Lucani traeva il proprio nome da “Aukol”, ovvero dal lupo.
La leggenda della fondazione di Roma assunse la forma che conosciamo solo in tarda epoca, quando ormai i Romani avevano esteso la loro egemonia su tutta la penisola; non abbandonando l’originaria similitudine comportamentale, ed essi scelsero “la lupa”, come animale totemico.
A simbolo della sua combattività e di Roma tutta, ne fecero campeggiare l’immagine sulle insegne dei legionari. A questa popolazione canina di estrazione lupoide, man mano si affiancavano nella selezione cani diversi, con taglia e combattività sempre maggiore, a pelo raso per offrire meno presa e con caratteristiche “molossoidi”.
GLADIATORE CON MOLOSSI |
Non mancavano però le razze dei territori locali, in particolare nella Campania Felix, dove alcuni esemplari di questo tipo vivevano già, probabilmente importati dai Fenici e quindi allevati dagli Etruschi che già da tempo innumerevole li usavano per la guerra.
Il coraggio, la forza e la conbattività di questi cani dava loro l'appellativo di “Bellator” o “Pugnator” o “Pugnaces”, come Strabone definisce i cani che combattevano al fianco dei soldati, che ne vegliavano il sonno costituendo un'ottima guardia anche notturna, per udito e per olfatto superiori agli uomini, si che, debitamente addestrati, erano impiegati anche nelle comunicazioni, recando messaggi contenuti nei loro copricollo in metallo e cuoio, abilissimi nella corsa e nel nascondersi al nemico.
Questi cani avevano soprattutto attinenza con il “Molosso” dell’Epiro, notoriamente combattente senza rivali, e gli antichi documenti ne fecero risalire l’inizio dell’impiego come cani in battaglia a più di tremila anni fa.
Inquadrati in piccoli gruppi di combattimento, nelle azioni belliche i cani venivano impiegati in gran numero; erano anche utilizzati come coraggiosi scudieri e guardia spalle per sostenere l’azione di un singolo cavaliere. Essi, pertanto, sono stati da sempre e inevitabilmente coinvolti nelle guerre; del resto gli antichi Molossi furono creati quasi esclusivamente per questo scopo.
Plinio il Vecchio riporta che i cani “erano gli ausiliari più fedeli e più economici”. Nel 231 a.c.. con il loro aiuto i legionari di M. Pomponio Matone risolsero il problema dei Peliti (o Pelasgi) in Sardegna (Zonata VIII, 19 P.I. 401). I “Mastini Fonnesi” sono i discendenti di questi cani, frutto di antiche e ripetute selezioni tra veltri e cani mastini, secondo altri un incrocio tra i cani, forse segugi, utilizzati da Marco Pomponio Matone ed il cane locale, forse un levrieroide.
Molti imperatori Romani sono rimasti famosi per la crudeltà con cui facevano svolgere i giochi circensi. Negli anfiteatri romani, durante i “ludi gladiatori”, si affrontavano in combattimenti all’ultimo sangue belve, molossi e gladiatori. Migliaia di orsi furono catturati ed impiegati nelle arene. L’imperatore Caligola, nel I sec. d.c. organizzò un feroce combattimento tra ben ben 400 orsi e un manipolo di gladiatori affiancati dai loro cani da combattimento.
Strabone scrive che per fronteggiare un leone occorrevano quattro molossi. Le doti di combattente del molosso emergevano anche negli spettacoli di tauromachia in cui i tori combattevano fra di loro, contro altri animali od anche contro gli uomini. Diffuse in tutta l’area mediterranea, a Roma alle “cacce” (venationes) taurine era destinato il Theatrum Tauri.
Da “Vita e costumi dei Romani Antichi” di Danila Mancioli: “ C’erano poi le lotte fra uomini e animali, durante le quali, in genere, erano questi ultimi a soccombere; i ‘venatores’ o i ‘bestiari’, che venivano addestrati in scuole simili a quelle dei gladiatori, ma a differenza di questi ultimi non erano tenuti in gran considerazione dagli spettatori, vestivano una corta tunica con maniche, portavano fasce alle gambe, avevano come armi da offesa una lancia a punta larga e una frusta di cuoio, erano spesso accompagnati da una muta di cani ”.
I Romani impiegarono diffusamente i cani da guardia negli edifici pubblici e nelle case private (specie in quelle patrizie). Erano tenuti per tutto il giorno legati alla catena entro una nicchia all’ingresso dell’edificio e di notte venivano liberati. Spesso la loro aggressività provocò incidenti tali da richiedere l’istituzione di apposite leggi. Da ciò prese origine la consuetudine di sostituire in molti casi la presenza del cane con un suo simulacro recante la nota iscrizione “Cave canem”.
A seguito dei movimenti di conquista delle legioni romane, il Molosso contribuì alla formazione di altri cani che ora fanno parte d’altre razze europee, quali il Komondor, l’Old English Mastiff, il San Bernardo, il cane dei Pirenei, il Bovaro Svizzero ecc.
Gli Alauni o Alani, pastori e nomadi sarmati, erano grandi arcieri a cavallo, già conosciuti dai romani con cui più volte si scontrarono. Una parte di essi invasero la Gallia romana, affrontati e bloccati dai legionari di Ezio (390 - 454), ma fatta la pace ottennero il permesso di stabilirvisi e da loro i romani presero i cani alani, o alaunt, da cui discende l'odierno alano.
I CANI DA CACCIA
I Romani sono stati i primi a classificare i cani secondo il loro impiego nella caccia: Seguges: (segugi) che grazie al sensibilissimo olfatto seguivano le tracce della selvaggina; Celeres: (levrieri) che la inseguivano velocemente; Pugnaces: (molossoidi) che l’attaccavano.
SCENA DI CACCIA |
“Allevata in mezzo agli addestratori degli anfiteatri, cacciatrice feroce nelle foreste, dolce in casa; mi chiamavo Lidia, fedelissima, non mi uccisero né i lunghi giorni né l’inutile vecchiaia, come toccò ad Argo, il cane di Ulisse Itacese, mi uccise la rapida zanna di un cinghiale bavoso, grande come il cinghiale di Calidono o quello d’Erimanto. Giovane giunsi alle ombre infernali, ma non provo rancore. Non avrei potuto morire di una sorte migliore”.
La caccia preferita dai romani erano le “battute”, possibilmente a cavallo. I Molossi, una volta circondata la preda, scovata dai “seguges” ed inseguita dai “celeres”, le venivano aizzati contro e la bloccavano fino all’arrivo dei cacciatori che, richiamati i cani, per dimostrare il loro coraggio l’affrontavano con il giavellotto o con la daga a distanza ravvicinata.
La diffusione della caccia è documentata ampiamente nei sarcofagi scolpiti con scene mitologiche che, da Adriano in poi, diventarono monumenti funebri pregiati per i romani benestanti. Il simbolismo delle decorazioni sta a significare l’analogia del successo nella caccia con la vittoria in guerra.
Il cane da gregge invece fu prodotto dall’incrocio tra il feroce cane dei legionari ed alcune razze da pastore locali di tipo lupoide (anche levrieroide); è così che lo ritroviamo nel mastino abruzzese, nel mastino siciliano o "cane da mannera", nel mastino silano e in quello fonnese. Questo tipo di cane (sempre un molossoide) fu selezionato secondo un’assoluta assenza di istinto predatorio nei confronti del gregge, pur mantenendo un’elevata aggressività e combattività contro i predatori.
Quando, cioè, occorreva combattere il “lupo” e difendere il gregge, i romani gli contrapposero “il lupo domestico”, quando occorreva una combattività rivolta a scopi di altro genere impiegarono “il Pugnaces”. La capacità organizzativa dei romani emerse alla grande anche in questo campo.
BIBLIO
- Giovanni Todaro - I cani in guerra - Da Tutankhamon a Bin Laden - Airplane - 2011 -
- Giovanni Todaro - Uomini e cani in guerra - dagli egizi fino alla Tripolitania italiana - Lulu Com edit. - 2018 -
- Jack Rohan - Rags, The Dog Who Went to War - Liskeard - Diggory Press - 2006 -
COMPLIMENTI per le conoscenze ,grazie!
RispondiEliminaUna curiosità'... Ma che ne è dell'allevamento dei pugnaci in età longobardo-bizantina?
RispondiEliminaRacconto affascinante, oltre che storico
EliminaEstremamente interessante
RispondiEliminaFinally a factual article on one of the many fascinating aspects of the ancient Romans. Finally someone who puts the record straight i.e. 1) Ancient Romans USED dogs of war whenever necessary, and with effective outcome; 2)Ancient Romans' dogs of war (canis pugnax) were highly trained , they were 'soldiers' on four paws, 3) their dogs were also diversified to suit different areas of employment, and in so doing they also classified their 'purpose/task' to inform their training to match the type of dog required for the job. Basically they covered from 'intelligence' to 'combat' , search & rescue, recon patrol; search and destroy; tracking, scent recognition, hunting, guarding & protecting. And then there are still people out there who believe that the Dogs of War of the ancient Romans are a myth...and so are other ancient civilisation's dogs of war. Animal warfare started so long ago that it IS Worth mentioning, but the ancient Romans turned it into another of their deadly branches of their apparatus bellicus and made it an art of war. Great article.
RispondiEliminaComplimenti per l'articolo che ho trovato molto interessante! Ma la mia certezza non è rilevata da nessun Autore. Mi spiego meglio: è possibile che nessuno abbia notato che gli innumerevoli mosaici di cani rinvenuti a Pompei ci restituiscono l'immagine di un Lupoide e non di un Molossoide??? Non ultimo il ritrovamento di pochi giorni fa dove vi è la testa di un cane da guardia che somiglia tantissimo al Pastore Italiano! Se qualcuno è in grado di rispondere alla mia quesito sarei particolarmente felice. Buona notte
RispondiEliminaI cani raffigurati nei mosaici erano tutti cani da guardia, soprattutto alle proprietà private (cave canem = attenti al cane). I molossoidi erano addestrati per la guerra e non ci risulta da nessuna fonte e/o reperto archeologico che fossero utilizzati come cani da guardia.
EliminaInteressantissimo, grazie di cuore.
RispondiEliminaChe cagnoloni!
RispondiEliminaPer Unknown : nel mio libro sui cani in guerra (guarda la biblio) si trattano appunto anche i lupoidi.
RispondiEliminaCrazie per l'articolo ,esaudiente e molto interessante,non ne ero a conoscenza
RispondiEliminaInteressante. Ho due cani corso che vegliano sulla casa e su di noi
RispondiEliminaErano malati, non conoscevano gli abusi sugli animali che fanno persone così IGNORANTI..... Che peccato...
RispondiEliminaTrès fier d avoir un cane corso très intelligent et très attentif au ordre merci pour les informations
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