VILLA DI SAN GIOVANNI IN PALCO (Campania)


Taurano, la cui origine etimologica sarebbe da ricercare nel gentilizio Taurius o secondo altri nel cognome Taurus, è un antico oppidum sannita, distrutto da Silla nel corso della guerra sociale nel V secolo a.c.. In epoca romana diviene luogo di villeggiatura, e di questo periodo sono venute alla luce due ville ma solo parzialmente indagate, una in località Torre e l'altra in San Giovanni del Palco.

RICOSTRUZIONE IN CG
Il territorio montano, a nord dell'abitato, rifugio per le popolazioni dell'intera vallata durante le incursioni barbariche, ha restituito casualmente, durante gli scavi per la costruzione di un metanodotto, proprio in montagna, due ville rurali di epoca tardo-romana.

Ad est del Vesuvio e poco a sud di Nola, stretta fra le montagne di Sarno e gli Appennini interni, si estende la valle di Lauro nel cui centro svetta il Comune di Lauro con il Castello Lancellotti, che fu costruito su un tempio romano.

Subito fuori del Comune, a mezza costa di una collina sorge il convento di S. Giovanni del Palco. Sia la chiesa che il convento vennero edificati spoliando i resti di una villa romana, come è infatti illustrato in un affresco di fine ‘800 presente nel Castello Lancellotti.

Nell'immagine infatti si scorgono gli operai che smontano delle colonne probabilmente dal peristilio della villa. La Villa, scoperta casualmente, fu scavata tra il 1981 e il 1985. 
La parte oggi visitabile del complesso si estende per circa 1400 mq e si articola su più terrazze lungo la collina. Ai piedi della chiesa c'è il quartiere termale della villa romana.

VASCA DEL CALIDARIUM
I resti finora portati in luce si datano dal II secolo a.c. fino all’eruzione vesuviana del 472 d.c., quando il complesso venne abbandonato.

La parte più antica della villa risale all'età tardo-repubblicana, mentre venne ampliata in età augustea-tiberiana dotandola di un impianto termale e di un triclinium con uno splendido ninfeo, aperto nel terrazzo più a valle, finemente decorato con preziose tessere in pasta vitrea.

Nella metà del I d.c. l'impianto termale fu ulteriormente ampliato edificandovi un frigidarium,  un tepidarium e due calidaria con corridoi di passaggio. Molti degli ambienti portati alla luce, in particolare quelli del terrazzo mediano, conservano pitture parietali del III e IV stile e pavimentazione in opus signinum.

IL NINFEO
In età tardo-antica la villa fu depredata dei rivestimenti marmorei e degli elementi lapidei,  e parte degli ambienti fu adibita ad aree di lavorazione: il triclinio fu trasformato in frantoio, altre stanze in magazzini e così via. La distruzione definitiva del complesso avvenne nel V-VI sec. d.c. in seguito all'eruzione vulcanica che investì anche i vicini insediamenti di Nola e Avella.

La villa romana, oggi al confine tra il comune di Lauro e di Taurano, esattamente il località San Giovanni del Palco venne costruita soprattutto per uso rurale data la presenza di numerosi vigneti ed oliveti e soprattutto alle vicine sorgenti a monte. Ma l'amenità del luogo, e forse la buona rendita prodotta dalla villa, fece si che col tempo essa divenne anche residenziale.

Data la sua posizione panoramica, il popolamento dei luoghi anche da parte dei ricchi romani che ne fecero case di villeggiatura prima, ma pure case rurali come investimento, magari con una parte, trasformata in "villa urbana".


Del resto non si edificano delle terme se non si abita almeno per molto tempo nella villa, dato il costo elevato per le condutture, encausti, vasche, ninfeo, decorazioni e così via.

Tutto ciò che resta oggi delle terme romane deriva soprattutto dalla ristrutturazione avvenuta in età tiberiana. Ancora oggi nel sito si riconoscono gli ambienti tipici dei complessi termali piuttosto articolati e ricchi: almeno tre ambienti caldi (calidaria), un ambiente destinato ai bagni di vapore (laconicum), uno per il bagno freddo (frigidarium) completo di vasca coperta (natatio) originariamente decorata con lastre marmoree.

Gli ambienti riscaldati all'epoca lasciano scoprire in molti punti il sistema di riscaldamento, come la camera d’aria sotto il pavimento (hypocaustum) ed il sistema di approvvigionamento dell’acqua, dal collegamento con la sorgente (caput aquae) alla cisterna.

Si scende poi nella terrazza inferiore, dove si può ammirare uno splendido ninfeo di età tiberiana, con fontana absidata, fornita di vasca e con due edicole alle estremità, ai cui lati si aprono una serie di nicchie decorate con mosaici parietali a tessere bianche e azzurre.


In molti punti la decorazione a mosaico è andata perduta, forse già prima dell’eruzione del 472, dato che non ne sono state trovate tessere a terra, ma dove è ancora presente essa mostra una fine esecuzione e una delicata fantasia, scene di caccia di amorino con cani, la natura morta col pappagallo e melograno, e vari vasi con elementi vegetali.

Evidentemente la stanza che dava sul ninfeo, come usava all'epoca, venne adoperata per i banchetti estivi, colma di frescura e di piacere per gli occhi. Poi mutate le situazioni, venne trasformata alcuni secoli dopo in un’area per la produzione dell’olio, con due mole ed una pressa, fino a che non giunse l’eruzione del Vesuvio a seppellire l’intero edificio.

Si capì poi che l’intero Vallo di Lauro, con le basse colline e le numerose sorgenti, era costellato di ville romane che sfruttavano l’amenità dei luoghi insieme con i prodotti della terra. Non a caso i romani chiamavano quella terra Campania Felix.

Del resto la maledizione del vulcano che distrusse tante zone stupende come Ercolano e Pompei, è stata tuttavia una benedizione per la terra, arricchita di minerali proprio per la sua composizione eruttiva, trasformandola in terra fertilissima.


Questo fece si che la zona limitrofa al vulcano fu da sempre abitata per le bellezze del territorio ma pure per l'estrema fertilità della terra che produceva e produce tutt'oggi ortaggi, frutta e cereali unici al mondo per la loro bontà.

Purtroppo il lavoro di scavo è stato interrotto nonostante l'emergere dalla terra di interessanti frammenti ceramici e la villa con le terme dal ninfeo azzurro dopo gli interventi di indagine e restauro conservativo effettuati all’inizio degli anni ’80, non è stata oggetto di ulteriori studi. 

L’Apolline Project ha ottenuto il permesso per lo studio dell’intero sito e dei reperti recuperati al tempo dello scavo e sta ora procedendo al rilievo dei muri e sta avviando lo studio dei reperti ceramici.

Coerentemente con le altre iniziative dell’Apolline Project, speriamo che l’indagine di questo sito consentirà di ricostruire il paesaggio e l’economia antica, per ridare vita al passato e permettere gli scavi di nuovi edifici.


BIBLIO

- S. De Caro, A. Greek - Campania - Bari - 1981 -
- O. Baldacci - I termini della regione nel corso della storia, in «Storia e civiltà della Campania. L'Evo antico» - Napoli - 1991 -
- Adriano La Regina - I Sanniti - in Carmine Ampolo (a cura di) - Italia omnium terrarum parens - Milano - Scheiwiller-Credito Italiano - 1989 -



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