LIBERALIA (17 Marzo)



ISPIRATA A LIBER PATER

«I giochi di Cerere vengono celebrati in aprile, dodici giorni prima delle calende di maggio, tre giorni prima dell'anniversario della fondazione di Roma, che è anche la festa dei pastori e degli agnelli appena nati. Indicano il momento in cui tutto si crea.

Cerere non è per eccellenza la Creatrice, in quanto dea del grano che crea in noi la carne e il sangue? Insieme a lei, festeggiamo due divinità che le sono associate, Liber e Libera, talvolta considerate come i figli di Cerere.

Liber e Libera hanno dei giochi, o almeno una loro festa. Sono i Liberalia, nel mese di marzo, diciassette giorni prima delle calende di aprile. Il costume vuole, lo sai, che quel giorno gli adolescenti giunti all'età matura abbandonino la toga dell'infanzia e prendano la toga virile, quella degli uomini, bianca e di un solo pezzo, privata della fascia color porpora che sino ad allora li proteggeva contro i sortilegi del "malocchio".

Essi sono allora considerati come capaci di chiamare alla vita dei bambini (dei liben) che li perpetueranno. Sono diventati uomini. Ma tu stesso hai vissuto questo importante momento della tua vita. Sai che cosa significa.

Il giorno dei Liberalia di certo hai visto nelle strade anziane donne coronate di edera (la pianta sacra di Dionysos- Liber), le quali vendono a tutti i presenti delle gallette che fanno cuocere su un fornello portatile. Hai anche potuto Stupirti del loro daffare. Quando un passante ne acquista una, la vecchia donna ne stacca un pezzo e lo fa bruciare sulla brace del fornello.

È un'offerta agli Dei per «portar bene" al suo cliente. Quella sera, molti Romani cenano all'aria aperta. Ma il tempo non è sempre bello. Sai che a Roma, all'equinozio di primavera si possono temere tempeste e burrasche».

«Lo so bene», dice Marco. «Ma qualsiasi tempo vi faccia, quella sera c'è sempre folla nelle strade, ed è difficile circolare. E poi tutte queste persone fanno molto rumore. Non si può dormire; le canzoni e le grida si prolungano fino a tarda notte».

«Che vuoi», risponde Frontone, «la gioia di vivere chiama le canzoni e le grida. L'inverno è finito, il tempo della vita è ritornato. Non c'è di che rallegrarsi? Non possiamo volerne a quelli che, nella loro semplicità, pensano di vivere davvero solo imponendo agli altri la loro chiassosa presenza e le loro
canzoni. È la stagione in cui nei boschi anche gli uccelli fanno molto rumore. E poi non dimenticare che quella sera si beve molto. È anche la festa del Liber Pater!»

(PIERRE GRIMAL - L'ANIMA ROMANA)

ALTARE DI LIBER PATER E SILVANUS

I Liberalia erano delle celebrazioni romane in onore di Liber Pater e Libera. La festa si teneva il 17 marzo in occasione del sedicesimo anno di età di un ragazzo, quando cioè si deponevano la bulla e la toga praetexta (o libera) e si prendeva la toga virilis. A questo punto il ragazzo passava dallo stato di puer a quello di adulto, con tutti i diritti ed i doveri del cittadino romano. In epoca tardo repubblicana Libero presiedeva ai ragazzi e Libera alle ragazze, per cui in qualche modo venivano festeggiati entrambi, ma in modo diverso.

"Quel Libero che i nostri antenati venerarono con solennità e devozione accanto a Cetere e a Libera la cui importanza cultuale è ravvisabile nelle pratiche misteriche. In base alla considerazione che è nostra consuetudine chiamare " liberi " i figli nati da noi, Libero e Libera furono considerati figli di Cerere; il che vale per Líbera ma non certo per Libero!."
(Cicerone)



LA FESTA

Il festeggiamento prevedeva sia una parte pubblica che una parte privata. La parte privata avveniva a casa, dove il giovane deponeva sull'altare dei Lari la propria bulla, una collana (d'oro per i più ricchi ed in cuoio per i meno abbienti) datagli quando era ancora in fasce, insieme alla barba ottenuta dalla sua prima rasatura. 

In seguito abbandonava la toga pretesta (che era decorata con una sottile striscia di porpora), indossata da ragazzino, e gli veniva consegnata la toga virile; se il giovane era di rango senatorio la toga presentava una striscia di porpora più larga (laticlavia), se era di rango equestre una striscia più stretta (angusticlavia), altrimenti la toga era in tinta unita. 

La mattina la famiglia consumava una abbondante colazione sull'orlo della strada, per mostrare a tutti che avevano un figlio ormai adulto e in grado di servire la patria. Era un orgoglio e una festa, anche perchè esisteva una notevole mortalità di bambini a Roma, sia nel parto che nella prima infanzia. Non ultimo per mostrare  a tutti che avevano un figlio maschio, molto più importante della figlia femmina, anche perchè non poteva andare in guerra.

Poi tutta la famiglia usciva per strada, dove le sacerdotesse di Libero, incoronate di edera, vendevano torte a base di olio e miele, di cui staccavano una parte per porla su di un altare in favore di chi le comprava. Successivamente si formava per le strade la processione davanti a cui era posto un fallo in cima ad una pertica. Solo al termine della cerimonia una matrona considerata la più virtuosa poteva coprire l'attributo con un piccolo covone di grano.

Le Vestali quel giorno si recavano in un luogo in cui c'erano ventiquattro piccoli edifici sacri dal tetto di giunchi chiamati Argei (secondo Varrone erano i principi giunti nella penisola italiana al seguito di Ercole e si erano stabiliti nel villaggio) fondato dal Dio Saturno sul Campidoglio. Invece i sacerdoti Salii compivano dei giochi chiamati Agonalia dedicati a Marte, la cui celebrazione, istituita da Numa Pompilio, consistente nel sacrificio di un ariete nero nella Regia dal re dei sacrifici, che in origine doveva essere lo stesso re di Roma.

ISPIRATA ALLA DEA LIBERA
 Liber, Dio di carattere agreste, era associato alla fecondità e al seme maschile, mentre Libera alla componente umida femminile, e quindi alla terra in cui gettare il seme, dalla cui unione si genera la vita [August. C. D. IV, 11; VI, 9; 16]. Si pensava che la donna non ponesse un proprio seme ma che fosse solo la terra fertile in cui il seme potesse prosperare.

Liber e Libera erano preposti alla pigiatura dell'uva che si trasformava in mosto e poi in vino. Anche nel momento di spostare il mosto dai recipienti di fermentazione a quelli in cui sarebbe diventato vino o mosto dolce, si offriva una libagione a Liber. Considerando che si trattava di un’offerta di primizie, e che generalmente nei riti più antichi si faceva alla Grande madre, è logico pensare che il culto primigenio di Libera divenne il culto della coppia Liber-Libera. Libero venne comunque associato a Bacco che spesso prevalse nel culto.

I festeggiamenti romani riguardavano soprattutto il santuario di Cerere, Libero e Libera, un tempio dell'antica Roma, situato sul colle Aventino, dedicato alla triade di origine dionisiaca di Libero, Libera e Cerere, trasposizione latina di Demetra, Dioniso e Core. Qui i giorni seguenti il 17 marzo si festeggiavano i Liberalia, con feste, banchetti e divertimenti. Il lavoro dei campi era sospeso, in quanto Liber era un Dio agreste, e pertanto celebrato in tutte le campagne, [Tert. Spect. V] solo in seguito il culto venne trasferito anche in città. 

In realtà si trattava di una triade, composta da Cerere, Libero e Libera, che attingevano alla triade greca di Demetra, Persefone e Dioniso, che non hanno un posto di preminenza tra loro ma sono tre in uno, preposti al culto dei Sacri Misteri. In epoca tarda la figlia di Cerere, Persefone, prese per i romani il posto di Libera, e la festa del 17 marzo era una festa propiziatoria nella quale si offrivano al Dio delle focacce di olio e miele.

Nelle Georgiche, Virgilio scrive che nella festa di Bacco-Liber che si svolgeva nelle zone rurali: si rideva e si facevano scherzi grossolani, si indossavano maschere mostruose fatte di cortecce e si appendevano oscilla ai rami degli alberi. Si cantavano antiche canzoni festose in onore del Dio e gli si sacrificavano focacce ed un capro [Verg. Georg. II, 385 – 396]. La festa più importante era comunque a Lavinium (Lavinio), dove si tenevano le processioni destinate al suo culto consacrando a Liber un mese intero con i festeggiamenti per ben 30 giorni.


BIBLIO

- Marco Tullio Cicerone - De natura deorum, II -- Augusto Rostagni - Anonimo - Del sublime - Testo, traduzione e note di Augusto Rostagni - Milano - Istituto editoriale italiano - 1947 -
- Jorg Rupke - Communicating with the Gods - in A Companion to the Roman Republic - Blackwell - 2010 -
- Renato Del Ponte - Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica - ECIG - Genova - 1985 -



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