FALERE AUTENTICHE SU CORAZZA RICOSTITUITA |
In popoli più primitivi le falere, ovvero gli umboni, si indossavano attraverso lacci in corrispondenza dell'impugnatura, e servivano a proteggere la mano da frecce e colpi, ma anche per rimandare i colpi, in seguito fu usato anche per colpire gli avversari soprattutto per stordirli.
Furono pertanto usati come piccoli scudi primitivi. A volte erano in legno e quindi piatti con applicazioni ricurve in bronzo, poi divennero interamente in bronzo e in argento, e pure in oro, ma anche, e più raramente, di ottone e rame.
Queste decorazioni al valor militare riguardarono varie epoche e diverse popolazioni celtiche, etrusche e romane, ma divennero importantissime presso questi ultimi. La falera era in genere costituita da un disco con un rialzo centrale semisferico detto umbone.
FALERA BRONZO I SEC. A.C. |
Venne poi l'uso di applicare le falere sulla corazza, sia che fosse di cuoio. o di lino, o di metallo. Le falere sulle corazze ebbero più di un fine od effetto:
- di poter mostrare ai nemici il proprio valore e quindi intimidirli in battaglia;
- di poter sfilare nelle parate con le falere raccogliendo l'ammirazione del popolo che l'avrebbe ripagato non solo con la stima ma a volte con regali o riguardi particolari;
- di potersi presentare ad una candidatura politica con questa favorevole presentazione, perchè i romani apprezzavano negli uomini soprattutto le qualità militari;
- di avere più possibilità in combattimento e da parte dei propri capi, di ricevere incarichi particolari nella battaglia, con operazioni che potessero metterli ancora di più in luce e magari fargli acquistare più meriti;
- oppure di ricevere direttamente una nomina a un grado superiore nell'esercito, grazie ai meriti di valore conquistati e riconosciuti;
- e per ultimo, ma non ultimo come importanza, di essere accolto dalla sua familia e soprattutto dalla sua gens, come un membro che a saputo dare lustro ad ambedue, con relativi riconoscimento, affetti e riconoscenza.
FALERA DI OTTONE - II - III SEC. CON MINERVA, AQUILA IMPERIALE, 2 SERPENTI E 4 TESTE DI PROFILO |
Parecchie falere si ritrovano nel periodo augusteo, per le generose donazioni dell'imperatore alle sue truppe dopo gli sconvolgimenti della guerra civile. Ottaviano doveva farsi amare dai suoi soldati come aveva saputo fare il suo padre adottivo, era indispensabile affinchè non disertassero per combattere nelle fila di marco Antonio il generale di Cesare anch'esso molto amato dai soldati.
Fare i mediatori con i popoli barbari non era cosa da poco e meritava i giusti riconoscimenti, ma soprattutto l'ambasciatore con molte falere veniva apprezzato anche se non rappresentava un grado alto nell'esercito.
Ciò aveva anche un certo vantaggio, visto che nessun ambasciatore era sicurissimo sulla sua incolumità, specie se portava cattive notizie, come ad esempio di intimare la resa a condizioni disastrose per quel popolo.
Ciò aveva anche un certo vantaggio, visto che nessun ambasciatore era sicurissimo sulla sua incolumità, specie se portava cattive notizie, come ad esempio di intimare la resa a condizioni disastrose per quel popolo.
Ora se l'ambasciatore era di alto grado nell'esercito, come ad esempio un generale, la tentazione di sopprimerlo era certamente più alta, mentre un milite di basso grado incentivava meno. ma per contro non si aveva l'impressione, da parte del nemico contattato, di aver ricevuto un milite di scarso valore, il che avrebbe costituito un ulteriore oltraggio.
Le falere venivano utilizzate anche dagli Etruschi che le introdussero a Roma attraverso quinto monarca, Tarquinio Prisco, che poteva concederle a chiunque ma pure i suoi generali in capo se ne vedevano l'opportunità.
FALERE IN ARGENTO - BERLINO |
Le falere venivano concesse anche collettivamente sia alle ali che alle coorti. Vale a dire che tutta un'ala o una coorte riceveva una falera per combattente e ognuno di loro poteva dirsi pertanto "falerato" (faleratum). Il che faceva di quel corpo una truppa gloriosa.
FALERA COL VOLTO DI AUGUSTO |
Anzi spesso le corazze imperiali, specie da cerimonia, erano lavorate a sbalzo e a cesello mostrando delle falere come un tutt'uno con la corazza. Le Falere d'oro in particolare non venivano solitamente sfoggiate sulle armature in combattimento, dato che si rischiava di perderle o di venire inseguiti solo per appropriarsi di tali preziosità.
Sui monumenti romani le falere appaiono di solito nel numero di nove, per l'ancestralità delle forme geometriche, vale a dire tre triangoli, il triangolo è la forma più semplice e più arcaica delle figure piane. Dunque indosso ai soldati le falere venivano disposte su tre linee, legate con corregge ortogonali in modo da formare un pettorale.
FALERA CON GIOVE |
Tale pettorale veniva poi indossato poi sulla corazza, in modo da poter essere agganciate, in genere con delle catenelle. Il sistema faceva si che con un solo aggancio si indossavano tutte le falere. Le falere potevano essere anche esibite sulle insegne (vexilla e signa) a onore e gloria dei reparti militari.
Le falere potevano avere svariate immagini:
- le più antiche, in genere barbare, riportavano spesso motivi geometrici, o animali o due animali che si affrontano con un palo o una Dea al centro.
FALERA DI DRUSO PADRE CON FIGLI |
- a volte l'immagine della moglie o del figlio, o dei figli dell'imperatore, o di altri suoi parenti.
- l'immagine di un animale, in genere l'emblema della legione, come il toro, o il leone, o un animale emblematico, come il grifone, o il capricorno o l'aquila ecc., oppure l'immagine di un cavallo, o di un uccello.
- Molto spesso vi erano rappresentate immagini di divinità, sia maschili che femminili, con prevalenza Minerva, Ercole, Marte o Giove, o una Grande Madre tipo Cibele, oppure Mitra, o il Sole Invitto, molto venerati dai soldati.
- Spesso vi erano impressi volti di eroti, o di fanciullini sorridenti come Ercole bambino, o di fauni, o di ninfe, o di maschere, o di cavalieri a cavallo.
FALERE DI MANERBIO
Fu una scoperta casuale quella delle falere, come spesso accade in archeologia, a 50 cm. sotto il manto stradale, gli oggetti rinvenuti nel 1928 da contadini per ampliare la buca del letame presso la Cascina Remondina, poco distante da Manerbio.
I dischi d’argento sono decorati a sbalzo dal rovescio come si usa ancora oggi, con una parte centrale a rilievo, l’umbone, circondata da una cordonatura, dove è raffigurata una triskele (come il simbolo della trinacria). Gli altri dischi, più piccoli hanno invece un bordo liscio. Lungo il registro esterno tutti i dischi presentano una serie continua di teste umane frontali e stilizzate, con l’acconciatura dei capelli tipica dei Celti.
BIBLIO
- A. Liberati, E. Silverio - Organizzazione militare: esercito - Museo della civiltà romana - Roma - 1988 -
- Floro - Epitoma de Tito Livio bellorum omnium annorum DCC -
- Eutropio - Storia di Roma - Introduzione di Fabio Gasti - Traduzione e note di Fabrizio Bordone -Santarcangelo di Romagna - Rusconi Libri - 2014 -
- Peter Connolly - Tiberius Claudius Maximus: The Legionary - Oxford University Press - 1988 -
Si pensa che siano ornamenti per i finimenti di due cavalli le quattordici falere conservate nella sezione della protostoria del bresciano del Museo di Santa Giulia. Quattordici dischi d’argento decorati a sbalzo, due più grandi (diametro medio 19 cm) e dodici piccoli (10 cm), rinvenuti insieme ai frammenti di quattro elementi longitudinali ricurvi e tre catenelle, sempre in argento.
Fu una scoperta casuale quella delle falere, come spesso accade in archeologia, a 50 cm. sotto il manto stradale, gli oggetti rinvenuti nel 1928 da contadini per ampliare la buca del letame presso la Cascina Remondina, poco distante da Manerbio.
Il tesoretto passò prima ai carabinieri e l’anno dopo le Civiche Raccolte d’Arte di Brescia (oggi Musei civici d’Arte, Storia e Scienze) dove ancora oggi li troviamo. Sono di arte celtica e risalgono alla prima metà del I secolo a.c. probabilmente prodotti da artigiani boi o taurisci.
I dischi d’argento sono decorati a sbalzo dal rovescio come si usa ancora oggi, con una parte centrale a rilievo, l’umbone, circondata da una cordonatura, dove è raffigurata una triskele (come il simbolo della trinacria). Gli altri dischi, più piccoli hanno invece un bordo liscio. Lungo il registro esterno tutti i dischi presentano una serie continua di teste umane frontali e stilizzate, con l’acconciatura dei capelli tipica dei Celti.
BIBLIO
- A. Liberati, E. Silverio - Organizzazione militare: esercito - Museo della civiltà romana - Roma - 1988 -
- Floro - Epitoma de Tito Livio bellorum omnium annorum DCC -
- Eutropio - Storia di Roma - Introduzione di Fabio Gasti - Traduzione e note di Fabrizio Bordone -Santarcangelo di Romagna - Rusconi Libri - 2014 -
- Peter Connolly - Tiberius Claudius Maximus: The Legionary - Oxford University Press - 1988 -
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