DIO VULCANO |
SOPRA IL VOLCANAL COM'ERA, SOTTO I SUOI RESTI |
(Luigi Pompili Olivieri, umilissimo, devotissimo, obbedientissimo servitore - Annali di Roma - 1836)
Le Volcanalia si festeggiavano pure il 23 e il 25 agosto come festa dei fuochi. Al culto del Dio era preposto un Flamen, uno dei flamines minores, chiamato Flamen Volcanalis, il quale officiava pure un sacrificio alla Dea Maia, da eseguirsi ogni anno alle calende di maggio.
La celebrazione avveniva nell'antichissimo Volcanal, che si trovava fuori dal pomerio della Roma antica, a sud-est del Campidoglio, nell'angolo nord-occidentale del Foro Romano dove vi era posto l'altare del Dio.
Il Dio Vulcano era in origine un Dio etrusco conosciuto come Velchans a cui si ricollegavano tutte le manifestazioni connesse al fuoco come vulcani, solfatare e fulmini e che doveva essere onorato dedicandogli templi e sacrifici. Ma la sua origine era anche greca, con il nome di Efesto.
Quando dopo il ratto delle Sabine lo scontro tra Romani e Sabini si concluse con la fusione dei due popoli, il re Tito Tazio volle costruire un’ara da dedicare al dio Vulcano proprio nel luogo dove si era svolta la battaglia.
Presso questo altare fu poi costruito un santuario dove si riuniva il consiglio dei padri curiali e nei pressi si costruì il Comitium dove si svolgevano le assemblee delle tribù dei due popoli.
EFESTO |
Area Volcani
Era un'area all'aperto ai piedi del Campidoglio con un'ara dedicata al Dio e, si dice usufruisse di un fuoco perenne. Naturalmente essendo all'aperto non poteva essere perenne, sia per la pioggia che per il vento, e poi il fuoco perenne a Roma apparteneva solo a Vesta e al suo tempio. Probabilmente
L'area Volcani era circa 5 metri più alta rispetto al Comitium e da essa i re e i magistrati della prima repubblica, prima che fossero costruiti i rostra, si rivolgevano al popolo. Sul Volcanal c'era anche una statua in bronzo di Orazio Coclite, che era stata qui spostata dal Comizio, un locus inferior, dopo essere stata colpita da un fulmine.
Aulo Gellio racconta che furono chiamati alcuni aruspici per espiare il prodigio, ma questi mossi dal malanimo fecero spostare la statua in un luogo più basso, dove non batteva mai il sole. L'inganno fu però scoperto e gli aruspici giustiziati; in seguito si scoprì che la statua doveva essere posta in un luogo più alto e così fu fatto sistemandola nell'area Volcani.
Naturalmente ciò spiega il malanimo dei romani nei confronti degli auruspici etruschi, che spesso, come nel caso della testa ritrovata nel Campidoglio (Fabio Pittore accenna all'omicidio di Aulo Vibenna la cui testa fu trovata sul Campidoglio), non davano i responsi esatti in quanto ostili a Roma. O almeno questo pensavano i romani degli auruspici etruschi, rei di essere etruschi come i re che avevano dominato Roma.
Pare che durante questa festa la gente usasse appendere abiti o stoffe al sole; questa pratica secondo alcuni alluderebbe a un legame tra Vulcano e il Dio Sole. In effetti il Sole era il fuoco della natura, colui che riscalda o brucia. Inoltre Inoltre si doveva iniziare a lavorare alla luce di una candela, anche questa simbolo del fuoco, seppur di un fuoco casalingo e docile.
TEMI ATTENDE LE ARMI DI ACHILLE FORGIATE DA VULCANO |
Secondo la tradizione romana, esso era stato dedicato da Romolo, il quale vi aveva anche posto una quadriga di bronzo dedicata al Dio, preda di guerra dopo la sconfitta dei Fidenati (ma secondo Plutarco la guerra in questione fu quella contro Cameria, sedici anni dopo la fondazione di Roma), e una propria statua con un'iscrizione contenente la lista dei suoi successi redatta in caratteri greci.
Secondo Plutarco Romolo era rappresentato incoronato dalla Vittoria, e il re avrebbe piantato nel santuario un albero di loto sacro, che esisteva ancora ai tempi di Plinio il Vecchio e che si riteneva tanto antico quanto la città stessa.
- 214 a.c. - Poi Vulcano ebbe un tempio nel Campo Marzio dal 214 a.c. il cui anniversario cadeva proprio il 23 agosto, nei pressi del Circo Flaminio, quindi sempre fuori dal pomerio.
Ma che la festività fosse celebrata fuori dal pomerio è da comprendere: Vulcano era il Dio del fuoco distruttivo, al contrario di Vesta che era la Dea del fuoco domestico, e dunque l'uno era il fuoco selvaggio, l'altro era il fuoco che l’uomo aveva saputo “ammaestrare” e far diventare utile e domestico.
Il Dio aveva due aiutanti: Maia e Stata Mater, l'una era un’antica Dea del fuoco e del calore sessuale, l'altra era una Dea compital (divinità domestica dell'incrocio) che proteggeva dagli incendi. L'una divampava l'altra conteneva.
Durante questa festa venivano sacrificati un cinghiale (il potente animale selvaggio, irruente come Maia e il fuoco selvaggio) e un bue dal manto rosso-bruno (come il fuoco domestico della Stata Mater). Ritorna il tema anche qui della doppia valenza del fuoco.
Durante questa festa venivano sacrificati un cinghiale (il potente animale selvaggio, irruente come Maia e il fuoco selvaggio) e un bue dal manto rosso-bruno (come il fuoco domestico della Stata Mater). Ritorna il tema anche qui della doppia valenza del fuoco.
Ma c'era soprattutto un enorme significato nel fuoco di Vulcano, ed era la sua qualità di fabbro con cui forgiava i fulmini di Giove, ma pure gli scudi di Roma (gli ancilia). Era il Dio che ispirava la forgiatura delle armi e delle corazze, era colui che ispirava le armi della guerra, e Roma ebbe come popolo i figli di Marte, un popolo profondamente guerriero.
- 183 -181 a.c. - Il Volcanal è menzionato due volte da Tito Livio in merito al prodigium di una pioggia di sangue avvenuto nel 183 a.c. e nel 181 a.c.
- 153 a.c. - E' stato il giorno di questa festa che il console Q. Fulvio Nobiliore ricevè una severa sconfitta dal Celtiberi, nel 153 a.c.. A conseguenza di ciò divenne un altro giorno di festa per placare il Dio. (Appia, Hisp. 45).
- 20 a.c. - Il Ludi Volcanalici, si tennero una sola volta il 23 agosto del 20 a.c., entro il recinto del tempio di Vulcano, e venne usato da Augusto per celebrare il trattato con la Partia e per il ritorno degli stendardi legionari che erano stati persi durante la battaglia di Carre nel 53 ac.
- 9 a.c. - Nel corso del tempo, il Volcanale sarebbe stato sempre più ristretto dagli edifici circostanti fino ad essere ricoperto del tutto. Il culto era comunque vivo ancora nella prima metà età imperiale, come testimonia il ritrovamento di una dedica di Augusto nell'anno 9 a.c..
- 9 a.c. - Nel corso del tempo, il Volcanale sarebbe stato sempre più ristretto dagli edifici circostanti fino ad essere ricoperto del tutto. Il culto era comunque vivo ancora nella prima metà età imperiale, come testimonia il ritrovamento di una dedica di Augusto nell'anno 9 a.c..
- 64 d.c. - Vulcano è stato tra gli Dei placati dopo il grande incendio di Roma nel 64 dc. In risposta al medesimo incendio, Domiziano (imperatore 81-96) stabilì un nuovo santuario di Vulcano sul Quirinale. Allo stesso tempo, un vitello e un cinghiale rosso vennero aggiunti ai sacrifici fatti sui Vulcanalia, almeno in quella zona della città.
LA FESTA
I Volcanalia si celebravano nell'Urbe ma pure nelle campagne, con canti e danze sfrenate, banchetti e fuochi notturni. I panni scaldati dal sole, in realtà i vestiti della festa, venivano indossati dalla gente come preludio al nuovo avvento del calore del sole e venivano arricchiti di fiori e ghirlande.
Spesso si ponevano sul fuoco delle ciotole di bronzo dove si ponevano pezzi di piombo, il metallo sacro al Dio. Quando il piombo si era sciolto veniva rovesciato in ciotole di acqua fredda dove assumeva varie forme. Era il capofamiglia a decifrare il significato di quella forma da cui si treava il presagio del buon raccolto o della buona fortuna.
Da Svetonio sappiamo che a Pozzuoli vi era una agorà di Hephaistos, il Forum Vulcani, un posto da cui fuoruscivano vapori di zolfo, insomma una solfatara. Plinio il Vecchio raccontò che presso Modena dei fuochi uscirono dal suolo nella zona sacra a Vulcano. Sembra che ai confini di queste zone si celebrassero dei riti a Vulcano, l'Efesto greco.
Non mancava ovviamente la processione con le torce che si avviava al tramonto facendo il giro dei campi o del centro abitato. Di notte si facevano dei falò a bruciare il freddo e i fantasmi del passato, probabilmente in tempi arcaici occasione di accoppiamenti al calore dei fuochi sacri.
BIBLIO
- Georges Dumézil - Feste romane - Genova - Il Melangolo - 1989 -
- John F. Donahue - "Towards a Typology of Roman Public Feasting" in Roman Dining: A Special Issue of American Journal of Philology - University Press - 2005 -
- Renato Del Ponte - Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica - ECIG - Genova - 1985 -
- W. Warde Fowler - The Roman Festivals of the Period of the Republic: An Introduction to the Study of the Religion of the Romans - London - Macmillan and Co. -1899 -
EFESTO PREPARA LE ARMI DI ACHILLE A THEMI |
LA FESTA
I Volcanalia si celebravano nell'Urbe ma pure nelle campagne, con canti e danze sfrenate, banchetti e fuochi notturni. I panni scaldati dal sole, in realtà i vestiti della festa, venivano indossati dalla gente come preludio al nuovo avvento del calore del sole e venivano arricchiti di fiori e ghirlande.
Spesso si ponevano sul fuoco delle ciotole di bronzo dove si ponevano pezzi di piombo, il metallo sacro al Dio. Quando il piombo si era sciolto veniva rovesciato in ciotole di acqua fredda dove assumeva varie forme. Era il capofamiglia a decifrare il significato di quella forma da cui si treava il presagio del buon raccolto o della buona fortuna.
Da Svetonio sappiamo che a Pozzuoli vi era una agorà di Hephaistos, il Forum Vulcani, un posto da cui fuoruscivano vapori di zolfo, insomma una solfatara. Plinio il Vecchio raccontò che presso Modena dei fuochi uscirono dal suolo nella zona sacra a Vulcano. Sembra che ai confini di queste zone si celebrassero dei riti a Vulcano, l'Efesto greco.
Non mancava ovviamente la processione con le torce che si avviava al tramonto facendo il giro dei campi o del centro abitato. Di notte si facevano dei falò a bruciare il freddo e i fantasmi del passato, probabilmente in tempi arcaici occasione di accoppiamenti al calore dei fuochi sacri.
BIBLIO
- Georges Dumézil - Feste romane - Genova - Il Melangolo - 1989 -
- John F. Donahue - "Towards a Typology of Roman Public Feasting" in Roman Dining: A Special Issue of American Journal of Philology - University Press - 2005 -
- Renato Del Ponte - Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica - ECIG - Genova - 1985 -
- W. Warde Fowler - The Roman Festivals of the Period of the Republic: An Introduction to the Study of the Religion of the Romans - London - Macmillan and Co. -1899 -
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