BANTIA - BANZI (Basilicata)



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L’antico abitato di Banzi fu Bantia secondo le fonti letterarie antiche, che si sviluppa su un pianoro dominante il torrente Banzullo, affluente di sinistra del fiume Bradano, presso il confine tra le due regioni antiche Apulia e Lucania. 

Oggi Banzi, località Montelupino, a 571 m s.l.m., è posta a duecento metri dal luogo da dove sono venuti alla luce i nove cippi del "Templum auguraculum in terris", distanti neanche cinquecento metri dalla piazza del paese, unica testimonianza del mondo latino attestante l'esistenza di questo particolare tempio dedicato alle divinazioni. 

I nove cippi infissi in terra del templum, con la scritta dei nomi delle divinità sulla sommità sporgente, erano collocati riportando sul terreno la traiettoria del sole con il cippo di Giove che indicava il suo sorgere, quello del sole indicante lo zenith, mentre ad indicare il tramonto e la notte c’era il cippo di Flus, dea delle profondità e dell’oscurità.

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Gli scavi più recenti hanno permesso di saggiare l’estensione e la regolarità dell’impianto urbano, in uso almeno fino al IV secolo d.c..  L’insediamento va infatti dal VII fino a tutto il IV sec. a.c., ed era formato da nuclei sparsi sia come abitazioni, sia come sepolture, spesso riutilizzate dalla stessa famiglia gentilizia. La ceramica è di matrice daunia, e risente del contatto con la vicina Peucezia.

Le prime abitazioni del sito risalgono ai primi decenni del VII secolo a.c. e riguardano una grande capanna absidata, con portico antistante in corrispondenza dell’ingresso. Il fondo è scavato in parte nel banco di arenaria ed il pavimento è costituito da un compatto battuto di argilla pressata. Alcune fosse scavate all’interno dell’abitazione dovevano in origine ospitare dei contenitori per le derrate alimentari del gruppo familiare.

Le case a pianta regolare con fondazioni di pietre a secco risalgono al V secolo a.c. e si riferiscono in particolare ad una piccola casa di 25 mq. a pianta quadrata. Nel corso del IV secolo a.c. si diffondono abitazioni più complesse come, ad esempio un’abitazione a tre vani, con annessi un deposito e un cortile; i tetti sono in tegole decorati da antefisse a motivi vegetali o a testa di gorgone.

A cinquecento metri dalla piazza del paese vi sono invece 1000 mq di mura e strade della Bantia romana riportati alla luce (I sec. a.c.- IV sec. d.c.) dagli scavi della Soprintendenza all'Archeologia di Basilicata verso gli anni '70.

Nel sito c'è anche il "pluvium" (raccolta di acque piovane) e il classico passaggio romano "pedonale" realizzato con pietre sovrapposte interrotte in due punti per far passare le ruote dei carri. Il terreno è in pianura, basta scavare intorno affinché altre antiche strade e case si aggiungano alle poche già dissotterrate.

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LE TESTIMONIANZE

- Nel 208 a.c., come narra Livio, si ritrovarono a combattersi l'esercito di Annibale e quello romano. Al sopraggiungere della notte il combattimento cessò, ma all’alba i romani non trovarono più traccia dell'esercito nemico. Marcello allora lo raggiunse tra Venosa e Banzi, ma nella battaglia venne colpito a morte e il figlio chiese ad Annibale il corpo del padre e ne tumulò la salma con tutti gli onori militari e politici che gli erano dovuti.

- Con la fondazione della vicina colonia latina di Venusia, nel 291 a.c., l’abitato, entrato nell’orbita romana, declinò vistosamente, con ogni probabilità a seguito del sorgere delle grandi fattorie italiote. Una di esse, esplorata integralmente, indica una frequentazione durata fino all’epoca della guerra sociale.

- Tito Livio riporta anche un altro episodio del territorio limitrofo all’antica Bantia: la morte (271 a.c. circa) di un altro console romano, Marco Valerio Corvo, uno dei comandanti che combattè contro i lucani nel periodo delle guerre sannitiche. Morì mentre da Venosa stava raggiungendo Ferentum. Fu sepolto dai suoi soldati nel letto di un fiume le cui acque furono deviate per depositarvi il corpo.

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- Marco Claudio Marcello era stato più volte insignito dal titolo di pro-console e console e della sua morte avvenuta ad opera di Annibale nella battaglia citata, ne parlerà anche Plutarco (46 d.c. – 127 d.c.)

- Plinio il Vecchio.Plinio il Vecchio (23 d.c. – 79 d.c.), indica il popolo bantino fra gli undici popoli che costituivano l’antica Lucania. Il popolo bantino, prettamente osco-lucano, costituì, insieme ai potentini, grumentini, atinati ect. l'antica Gens lucana. 

- II sec. d.c.: ad Atena lucana un'epigrafe riporta il nome del magistrato che ha in cura la repubblica degli Atinati e dei Bantini.

- Le vicende di Bantia nel corso di questo periodo, che passa da civitas libera a municipale, sono documentate da molte testimonianze tra cui:
- un breve testo in alfabeto latino e in lingua osca che cita il tribunato della plebe;
- il templum augurale, che attesta la forte pressione sia delle pratiche cultuali che della lingua latina;
- la nota Tabula Bantina, che nella faccia in alfabeto e lingua osca, di certo redatta dopo quella in latino, fa riferimento al nuovo ordinamento municipale, peraltro documentato anche da un’ulteriore e più recente iscrizione latina.
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I RESTI

Ci sono poi dei resti che provano che questo sito avesse una certa importanza anche in epoca romana. Il "templum auguraculum in terris", tempio unico del suo genere, ne è un esempio.  I nove cippi infissi in terra del templum, con la scritta dei nomi delle divinità sulla sommità sporgente, erano collocati riportando sul terreno la traiettoria del sole con il cippo di Giove che indicava il suo sorgere, quello del sole indicante lo zenith, mentre ad indicare il tramonto e la notte c’era il cippo di Flus, dea delle profondità e dell’oscurità.

Di fronte al sito del Templum Auguraculum In Terris, risalente al periodo della Roma repubblicana, nei primi anni del Duemila è stata portata alla luce una grande e ricca domus con terme balneari appartenuta al sacerdote Romanius. 

Questi volle tramandare il suo nome ai posteri con una pregiata epigrafe mosaicizzata recante scritto: “Romanius fm cam sacerdos balnea ex sua pecunia faciunda curavit” (Il sacerdote Romano figlio di Marco della tribù Camilia curò la costruzione delle terme con il suo denaro).

E' una domus romana con il classico pluvium e impluvium nonchè le annesse terme balneari, i cui tesori interni costituiti da monete, pregiata ceramica e addobbi ornamentali in ambra o in oro ormai sparsi in vari musei italiani. La ceramica rinvenuta evidenzia la matrice daunia del sito, influenzata dal contatto con la vicina Peucezia.

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Vi sono stati poi altri ritrovamenti sempre risalenti all'epoca romana o, in alcuni casi, anche alla osco-sannitica, consistenti in armi e armature, epigrafi onorarie, funebri e politiche; resti di ville e aggregati urbani con strade, fossati e mura.

Le strade sono munite di passaggio romano "pedonale", in pratica marciapiedi, realizzato con pietre sovrapposte interrotte in due punti per far passare le ruote dei carri. Il terreno è in pianura. E' sufficiente continuare a scavare intorno affinché altre antiche strade e case si aggiungano alle poche già dissotterrate. Eppure son decenni che non se ne fa niente.

Dal pieno VII fino a tutto il IV sec. a.c., in zona si succedettero molti insediamenti e molte tombe, spesso riutilizzate a gloria delle familiae.

Concomitante alla fondazione della vicina colonia latina di Venusia, nel 291 a.c., l’abitato, entrato nell’orbita romana, si contrasse notevolmente, anche per il sorgere di pochi ma grandi complessi di fattorie italiote. Una di queste, esplorata in toto, indica una frequentazione durata fino all’epoca della guerra sociale.

TABULA BANTINA


TABULA BANTINA

La Tabula Bantina Osca è il più importante reperto mai rinvenuto sulla lingua degli Osci, popolazione indo-europea dell'Italia antica, stanziata in Campania e in parte della Basilicata verso l' VIII secolo a.c. Scoperta nel XVIII sec. in territorio di Oppido, fu indicata per molto tempo come appartenente alla storia di questa città e solo dopo la si attribuì al municipium romano di Banzi, è un testo epigrafico su lastra di bronzo, il più lungo e il più complesso dei testi rinvenuti in lingua osca con caratteri latini.

La Tabula fu trovata nel 1790 sul monte Montrone, nel territorio di Oppido Lucano (Comune lucano in Provincia di Potenza), tra i resti di un'antichissima tomba, ed è costituita da una lastra di bronzo divisa in tre pezzi ed in alcuni frammenti. 

Datata forse tra il 150 a.c. e il 100 a.c., ha incisioni grafiche su ambedue le facciate. Da una parte vi è lo statuto bantino, una legge municipale dell'antica città di Bantia (oggi Banzi prov. Potenza), del cui municipio faceva parte anche Oppido. È scritto in lingua osca ma con caratteri latini. 

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Sull'altra facciata è inciso un plebiscito, una legge di Roma, in lingua latina. Alcuni frammenti sono conservati nei musei archeologici di Napoli e Venosa. L'archeologo rumeno Dinu Adameșteanu riteneva che il testo osco, almeno per il frammento conservato in Lucania, fosse in realtà una traduzione di un testo originale in lingua latina, redatta da qualcuno che non conosceva bene la lingua osca, cosa non da escludere, soprattutto per la profonda preparazione di Adamesteanu.

Del I sec. a.c., la Tavola riporta lo statuto del municipium bantino e le norme del diritto romano. E' una tavola opistografica, scritta su entrambi i lati. Il frammento più grande si trova al Museo nazionale di Napoli, un frammento più piccolo a Venosa.

Infatti sono state rinvenute, su ambedue i lati di una grande tavola di bronzo frammentata, la legge Lex Acilia repetundarum (123 a.c) e la ex Agraria (111 a.c), le leggi locali del paese di Bantia (su terre di confine della Lucania e Puglia, nel sud Italia), sono iscritte su una tavoletta di bronzo frammentaria trovata nel 1790 (ora a Napoli).

Nello statuto municipale di Bantia, riportato nel testo osco della Tabula Bantina, tra le cariche della magistratura locale troviamo, infatti, i tribuni della plebe sono i rappresentanti delle tribù. Il titolo e la funzione hanno origine romana. Bantia doveva, quindi, essere all’epoca sia abbastanza popolosa che progredita a livello socio-economico se era a capo di una federazione.

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IL TESTO

"...se... il questore avrà irrogato la multa... giurerà di averlo fatto col consenso della maggioranza del senato, purché non meno di quaranta siano i presenti quando la questione sarà discussa. Se qualcuno vorrà intercedere, prima giurerà in comizio, scientemente senza frode, che egli impedisce quei comizi per il bene pubblico e non per il favore o l’odio contro qualcuno, e che egli fa ciò col consenso della maggioranza del senato. Non potrà tenere comizi nello stesso giorno colui al quale qualcuno impedisca i comizi in tal modo.

Chiunque, dopo questa legge, voglia tenere comizi su questioni capitali o pecuniarie, farà in modo che il popolo emetta la sentenza dopo aver giurato che il suo giudizio riguardo a quelle cose corrisponde a quello che egli ritiene il bene pubblico e impedirà che qualcuno giuri in malafede. Se qualcuno avrà tenuto i comizio avrà agito contrariamente a queste norme, sarà la multa di tale entità: 2000 sesterzi. Se qualche magistrato volesse multarlo gli sia consentito multare purché in misura inferiore.

Se qualcuno 'pro magisterio' avrà fissato ad un altro giorno per questioni capitali o pecuniarie, questi non potrà tenere i comizi se non quando avrà parlato presso il popolo per quattro volte e il popolo non avrà appreso il giorno stabilito. Quattro volte nè più di cinque egli discuterà con l’imputato prima di emettere la sentenza e quando infine avrà discusso con l’imputato da quel giorno per trenta giorni non potrà tenere comizi. Se qualcuno avrà agito contrariamente a queste norme, se qualche magistrato volesse multarlo gli sia consentito, purché in misura inferiore, gli sia consentito.

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Quando i censori di Bantia faranno il censimento del popolo, chiunque sia cittadino bantino sia censito, egli e la sua proprietà secondo quella legge con la quale i censori avranno stabilito di censire. Ma se qualcuno non si presenterà al censimento per malafede e verrà convinto di questo, 'pro magisterionel comizio sia venduto alla presenza del popolo senza frode e in base a offerta.

L’intera famiglia e il suo patrimonio tutto quanto sarà in suo possesso che non sarà stato censito sarà pubblico.

Il pretore o il prefetto che, dopo questa legge, saranno a Bantia, se qualcuno vorrà alla loro presenza agire legalmente con un altro 'pro iudicato manum asserere' intorno a quelle cose che sono scritte in queste leggi, non glielo impedirà entro i primi dieci giorni. Se qualcuno contrariamente a queste norme farà impedimento, sarà la multa di tale entità: 1000 sesterzi e se qualche magistrato volesse multarlo gli sia consentito in misura inferiore, gli sia consentito.

Nè pretore o censore a Bantia se non sarà stato questore, nè sarà censore se non sarà stato pretore. E se qualcuno sarà stato pretore e se questore costui in seguito non sarà tribuno della plebe. Se mai qualcuno diventerà magistrato a) Bantia. Lo sarà diventato iniquamente...".

VILLA DI ORAZIO

FONS BANDUSIAE da: http://web.tiscali.it/lucaniaonline/Banzi.htm

A pochi km dall'attuale confine con la Puglia, fra Palazzo San Gervasio e Genzano di Lucania, nei pressi di Venosa, sorge dunque Banzi, la città della Tabula osco latina, dall'alto medioevo importante insediamento monastico e infine francescano.

Il poeta Quinto Orazio Flacco (65 a.c. – 8 d.c.)  nato a Venosa,  dedicherà a Banzi una poesia, "Fons Bandusiae", tradotta magistralemente da Giovanni Pascoli:

O fonte di Bandusia, limpida come il cristallo
avrai una libagione di vino, una ghirlanda di fiori,
il sangue di un capretto di un anno. Tu all'ombra
scorri gelida e offri il rezzo ai bovi e ai greggi.
Diventerai delle fonti nobili anche tu, poiché io
canto le querce che conservano la freschezza alle
tue acque che scendono giù con un mormorio che
sembra di parole.

(Giovanni Pascoli, Livorno 1895) 

 E Domenico Pannelli, autore delle Memorie del monastero Bantino, così descriveva il sito nella metà del Settecento:
"Sul piano di non aspra montagna, nelle sue falde vestita di viti ed alberi fruttiferi, e avente d'intorno campi fertili e atti al coltivamento, ed in qualche distanza selve vastissime, vedesi il monastero bantino, o come ora si chiama, la Badia di Banzi".

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Fu il Pannelli il primo a riconoscere l'esistenza di una toponomastica medievale che parlava di un "fonte bandusino", di fama oraziana, e pubblicò i seguenti documenti:

1. - Un atto di restituzione al monastero di Banzi di beni ingiustamente sottrattigli è rogato nel 1063 alla presenza di Roberto il Guiscardo "in ecclesia S. Gervasii iuxta fluenta fontis Bandusie".

2. - Ruggieri e Boemondo nel 1090 concedono esenzioni fiscali al "Bantinum monasterium", mossi da "divino amore et rogatu Ursonis Bandusiensis abbatis". Nell'istanza ai due fratelli che precede questo atto, Ursonis si era definito "Bantinus abbas".

3. - Un privilegio del papa Pasquale II firmato il 21 maggio del 1102 o 1103 conferma all'abate di Banzi il possesso del monastero con tutte le sue pertinenze, fra le quali "ecclesiam Sancti Salvatoris cum aliis ecclesiis de castello Bandusii" ed "ecclesiam Sanctorum martyrum Gervasii et Protasii in Bandusino fonte apud Venusiam".

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4. - Pasquale II nel 1106 o 1107 conferma all'abate Pietro la protezione della sede apostolica al "beate Marie monasterium in loco Bandusie situm". Nell'intitolazione della lettera l'istituzione è definita "monasterium Sancte Marie, quod apud Banciam situm est".

5. - L'abate di Banzi Ruggieri nel 1154 cede possessi al monastero della Cava. Fra i testimoni che firmano l'atto si notano, accanto a persone che si definiscono Bancie testis, o monaco Bantine ecclesie, anche un Giovanni Saraceno, "monachus et sacerdos ecclesie Bandusine", e persino un "Cinnamus, monachus et sacerdos ecclesie Bantine, dico Bandusine".

Se per indicare Banzi si usa il toponimo "fons Bandinus" è perchè per i monaci di S. Maria di Banzi, tra metà del sec. XI e metà del XII, Bantia e Bandusia si equivalevano. E il fons Bandusiae oraziano per loro era un fons ubicato in un punto forse non identificato del territorio di Banzi.

Il fons Bandusiae dei monaci di Banzi, situato dunque non presso Venosa o Palazzo San Gervasio, bensì presso Banzi, più che una fonte dei tempi di Orazio sarebbe una reinvenzione o riscoperta risultante da un'operazione filologio-archeologica.

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Però un recentissimo saggio di uno dei massimi studiosi italiani di letteratura latina, il prof. Francesco Feo dell'Università di Firenze, ha recentemente attribuito all'antico sito di Banzi e non a Tivoli, dove il poeta abitualmente viveva, la collocazione della sorgente, dopo aver analizzato diversi aspetti mitologici e storici legati all'originaria civiltà greca.

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IL SEGUITO

Il sito della Tabula Bantina Osca, del Templum agurale in terris, del "Fons Bandusiae", della necropoli protostorica dell'VIII sec. a.c., della villa ellenica del IV sec.a.c. e dell'impianto urbano romano datato dal I sec.a.c. al IV sec.d.c. è in totale abbandono.

Agli inizi del 1930 gli scavi per l'edificazione dell'edificio elementare portano alla luce tombe preziose di arredi. Il tutto finisce al museo di Reggio Calabria. All'epoca non esisteva una indipendente Soprintendenza regionale solo lucana.

Passano 30 anni, siamo negli anni '60, si scava nell'ex campo sportivo per la costruzione di un asilo infantile e si scoprono 9 cippi costituenti l'unico templum augurale "in terris" di epoca romana e di cui c'erano tracce nella letteratura latino-romana ma di cui non s'era mai scoperto nulla. L'occupazione romana di Bantia risale al III secolo a.c.

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Al II sec. a.c. si dovrebbe ascrivere l’esistenza di un probabile templum dedicato a Giove e "custodito" dai tribuni della plebe, stando al reperto che ad esso rimanda. Si è rinvenuto un tipico cippo d’epoca romana in pietra calcarea, forse funerario o forse terminale riguardante un’area sacra pubblica o privata, terminante a semi-luna, dall’altezza approssimativa di mt. 1,30, largo una sessantina di cm e dallo spessore di una trentina, col testo scritto su quattro linee senz’altro riportanti il nome dell’interessato, del dedicante e dei suoi titoli. 

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Tutto ciò che riguarda il templum scoperto a Banzi viene portato al museo di Venosa. Tra la fine degli anni '60 e gli inizi dei '70 alcuni archeologi scavano anche a Montelupino disseminato di strade e case romane dappertutto ma non ultimano gli scavi. Si limitano a scoprirne un pezzettino e a lasciare il resto sottoterra.

Intanto avevano tanto altro da cercare e verificare: dalla villa ellenistica da riportare alla luce e studiare all'ara sacra di fontana dei monaci. Fine anni '80, inizi anni '90: il paese cresce, si è attrezzato urbanisticamente di un piano di sviluppo edile con individuazione di zone per l'artigianato e l'edilizia popolare. Qui i privati scavano, è zona vicina al paese, ed emergono vecchie tombe, circa settecento. La zona è Piano Carbone, la necropoli è protostorica.

Passano altri 20 anni. Alla vigilia del 2000 durante la ristrutturazione del protocenobio lucano dei benedettini (prima documentazione 798 d.c.) di S.Maria di Banzi, emergono tracciati viari romani all'altezza delle fondamenta del periodo longobardo. naturalmente l'abbazia è ricca di pietre pre-romane e romane riutilizzate nella costruzione medioevale. Si rintracciano avanzi di colonne, lapide epigrafiche.

Più di settecento tombe del periodo preistorico tra l'VIII e il VI sec. a.c. scavate e riportate alla luce dalla Sovrintendenza in località Piano Carbone, oggi zona residenziale. Tombe più ricche ed are religiose si riscontrano dal IV sec. a.c. in avanti. Il sito è ora quello su cui sorgerà l'abbazia benedettina nell'VIII sec. d.c., e zone immediatamente limitrofe. Gli scavi più recenti hanno permesso di saggiare l’estensione e la regolarità dell’impianto urbano, in uso almeno fino al IV sec. d.c.

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OGGI

Le nuove campagne di scavo potranno partire a breve nelle aree di «Orto dei Monaci» e di «Supportico Abbadia», dove potrebbero esserci tracce di antiche strutture, forse riferibili alla fase romana. D'altra parte Banzi fu uno dei capisaldi della conquista romana della Lucania dove, in epoche precedenti, nel si insediarono le popolazioni daunie.

Nel tardo Impero, poi il comune ritorna a splendere grazie anche ai benedettini che da Montecassino si spostano a Banzi per fondare la più antica abbazia dell'Ordine in Basilicata, e il complesso medievale della Badia di Santa Maria potrebbe essere stato edificato proprio sulle rovine della antica «Bantia» (da un blocco di grandi proporzioni con un'iscrizione romana utilizzato come cantonale dell'edificio).

Prossima la rimozione della pavimentazione esistente nella zona Supportico Abbadia, situata nel centro storico di Banzi. Per poi, provvedere alla demolizione delle strutture sportive della Zona Orto dei Monaci.

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BIBLIO

- Banzi (Potenza). La scoperta di tre sepolture "marginali" a Piano Carbone - Bollettino di Archeologia, 2018 - Sabrina Mutino (https://urly.it/3mghs)
- Helga Di Giuseppe - Un Romanius sacerdos evergete a Bantia - Contributi epigrafici e archeologici alla storia della città - 2009 -- M.Tagliente - in "Banzi" - Atti del convegno Basilicata, l’espansionismo romano nel sud-est d’Italia– Venosa 1987 - Ediz.Osanna - 1990 -
- A.Bottini - Osservazioni sulla topografia di Bantia preromana - A.I.O.N. - II - 1980 -
- M.Torelli - Un templum augurale d’età repubblicana a Bantia - RAL - XXI - 1966 -
- M.L.Porzio Gernia - Contributo all’interpretazione del nuovo frammento della Tavola Bantina scoperto dall’ Adamesteanu - in Rendic.Lincei, XXIV - 1970 -
- H.Galsterer - Die lex osc Tabulae Bantinae - Chiron, I - 1971 -

 


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