POSIZIONE DELLA PORTA LAVERNALIS |
Laverna era la Dea dei ladri e degli impostori e l’epicentro del suo culto era Roma: qui esistevano due luoghi a lei sacri, uno presso la porta Lavernale, uno lungo la via Salaria; la notizia di Festo, secondo cui i ladri erano soliti riunirsi nel lucus della Dea, non può essere riferita al lucus della via Salaria, perché lo stesso Festo prosegue affermando che da tale bosco prende il nome la porta Lavernale, e che si trovava sicuramente sull’Aventino e non sulla Salaria. Esistevano quindi a Roma due diversi siti dedicati alla Dea, uno sull’Aventino e uno lungo la via Salaria.
Secondo Varrone il nome della Porta Lavernale deriverebbe dalla sua vicinanza con un altare o un tempietto dedicato alla Dea Laverna, protettrice dei ladri. La mitologia narra infatti che in quella zona esistesse un fitto boschetto sacro a Laverna, che serviva da ricovero e nascondiglio per i ladri e la loro refurtiva.
"Custodivano l'intera porta: (gli Dei) Forculus le imposte; Limentinus la soglia e l'architrave e Cardea i cardini. Ciò nondimeno le porte venivano infrante dai ladri, che devoti alla Dea Laverna, mettevano in non cale l'ira di sì forti custodi, ed invocavano la loro protettrice facendole offerta di una parte degli oggetti rubati."
"Inferis mani sinistra immolamus pocula
laeva quae vides Lavernae
Palladis sunt dextera"
cioè: "agli inferi sacrifichiamo con la coppa nella mano sinistra, ciò che vedi a sinistra è di Laverna, ciò che vedi a destra è di Minerva."
Infatti, a sinistra sta la divinità oscura e misteriosa, a destra quella operativa e razionale. Laverna era la Dea dell'Averno, del mondo dei morti, e naturalmente dell'occulto. Secondo Orazio alla Dea si rivolgevano non solo i ladri, ma tutti quelli che volevano tener segreti i loro piani.
Sia Prudenzio del IV sec. a.c. che Settimio Sereno, del II sec. la considerano Dea dell'Oltretomba, che si chiamava anche Averno. Le era dedicato un tempio, un'ara, una via e una Porta: Porta Lavernale.
Secondo Varrone il nome della Porta deriverebbe dalla sua vicinanza con un altare o un tempietto dedicato alla Dea Laverna, protettrice dei ladri. La mitologia narra infatti che in quella zona esistesse un fitto boschetto (dedicato anch'esso alla Dea) che serviva da ricovero e nascondiglio per i ladri e la loro refurtiva.
Plauto:
"Tra gli Dei e i demoni dei tempi antichi, possano essere sempre favorevoli a noi! Tra di loro era una femmina più malvagia di tutti. Si chiamava Laverna. Era una ladra, poco conosciuta dalle altre divinità, che erano oneste e dignitose, perché era raramente in cielo.
Stava quasi sempre sulla terra, fra ladri, borseggiatori, e ruffiani, vivendo nell'ombra.
Un giorno si recò da un sacerdote apparendo come una bellissima sacerdotessa e gli disse:
- Hai una tenuta che voglio comprare. Ho intenzione di costruire su di esso un tempio al Dio. Ti giuro sul mio corpo che te lo pagherò entro un anno. -
Il sacerdote le vendette la proprietà, ma presto Laverna aveva venduto tutte le colture, cereali, bestiame, legno e pollame. Non vi lasciò il valore di quattro centesimi. Ma il giorno del pagamento Laverna non c'era, era andata lontano, piantando in asso il suo creditore.
Intanto Laverna andò da un gran signore e comprò il suo palazzo, ben arredato e con ricche terre, ma questa volta giurò sulla sua testa di pagare per intero in sei mesi. E come aveva fatto col sacerdote, agì il signore del palazzo, vendendo ogni bastone, mobili, bestiame, uomini e topi, non lasciò tanto da nutrire a una mosca. Allora il sacerdote e il signore si rivolsero agli Dei, lamentando di essere stati derubati da una Dea.
Si capì che si trattava di Laverna, per cui fu chiamata a giudizio dagli Dei. Quando le chiesero perchè avesse rotto il giuramento sul suo corpo fatto al sacerdote, rispose facendo sparire il suo corpo, lasciando visibile solo la testa, dicendo
- Ho giurato sul mio corpo ma io non ho corpo! -
Tutti gli Dei risero, poi venne il ricco signore imbrogliato al quale aveva giurato sulla sua testa, ed ella fece sparire la testa mostrando solo il bellissimo corpo - Ecco io sono Laverna, accusata di essere ladra perchè ho giurato sulla mia testa di pagare, ma io non ho testa, per cui non ho mai fatto questo giuramento. -
Gli Dei risero, poi le ordinarono di riattaccare il corpo alla testa e di pagare i debiti, cosa che lei fece. Poi Giove parlò:
- Ecco una Dea maliziosa senza un adoratore, mentre a Roma ci sono moltissimi ladri, imbroglioni, truffatori, furfanti, abbindolatori e scrocconi, che vivono con l'inganno. Questa brava gente non ha né un tempio né un Dio, ed è un gran peccato, perché anche i demoni hanno il loro padrone, quindi, io comando che in futuro Laverna sia la Dea di tutti i commercianti disonesti, con tutta la spazzatura e rifiuto della razza umana, che sono stati finora senza un Dio o demone, in quanto sono stati troppo spregevoli per l'uno o l'altro. -
E così Laverna divenne la Dea di tutte le persone disoneste e malandate."
"Tra gli Dei e i demoni dei tempi antichi, possano essere sempre favorevoli a noi! Tra di loro era una femmina più malvagia di tutti. Si chiamava Laverna. Era una ladra, poco conosciuta dalle altre divinità, che erano oneste e dignitose, perché era raramente in cielo.
Stava quasi sempre sulla terra, fra ladri, borseggiatori, e ruffiani, vivendo nell'ombra.
Un giorno si recò da un sacerdote apparendo come una bellissima sacerdotessa e gli disse:
- Hai una tenuta che voglio comprare. Ho intenzione di costruire su di esso un tempio al Dio. Ti giuro sul mio corpo che te lo pagherò entro un anno. -
Il sacerdote le vendette la proprietà, ma presto Laverna aveva venduto tutte le colture, cereali, bestiame, legno e pollame. Non vi lasciò il valore di quattro centesimi. Ma il giorno del pagamento Laverna non c'era, era andata lontano, piantando in asso il suo creditore.
Si capì che si trattava di Laverna, per cui fu chiamata a giudizio dagli Dei. Quando le chiesero perchè avesse rotto il giuramento sul suo corpo fatto al sacerdote, rispose facendo sparire il suo corpo, lasciando visibile solo la testa, dicendo
- Ho giurato sul mio corpo ma io non ho corpo! -
Tutti gli Dei risero, poi venne il ricco signore imbrogliato al quale aveva giurato sulla sua testa, ed ella fece sparire la testa mostrando solo il bellissimo corpo - Ecco io sono Laverna, accusata di essere ladra perchè ho giurato sulla mia testa di pagare, ma io non ho testa, per cui non ho mai fatto questo giuramento. -
Gli Dei risero, poi le ordinarono di riattaccare il corpo alla testa e di pagare i debiti, cosa che lei fece. Poi Giove parlò:
- Ecco una Dea maliziosa senza un adoratore, mentre a Roma ci sono moltissimi ladri, imbroglioni, truffatori, furfanti, abbindolatori e scrocconi, che vivono con l'inganno. Questa brava gente non ha né un tempio né un Dio, ed è un gran peccato, perché anche i demoni hanno il loro padrone, quindi, io comando che in futuro Laverna sia la Dea di tutti i commercianti disonesti, con tutta la spazzatura e rifiuto della razza umana, che sono stati finora senza un Dio o demone, in quanto sono stati troppo spregevoli per l'uno o l'altro. -
E così Laverna divenne la Dea di tutte le persone disoneste e malandate."
Da rilevare che poco più oltre, lungo il Tevere, c'era la porta Trigemina, anche nota come porta Minucia, e Minucio era uno dei nomi con cui era anche chiamato Ercole, scopritore di ladri e briganti che, proprio lì nei pressi, aveva innalzato un'ara per ringraziare gli Dei di avergli fatto ritrovare i suoi buoi, rubati dal ladrone Caco che aveva la sua tana dalle parti della Lavernalis.
In effetti la collocazione della Porta Lavernalis, nell'angolo sud-occidentale della cinta delle mura serviane, non è chiara ed è piuttosto dibattuta, mancando un qualsiasi reperto archeologico che possa fornirne indicazioni.
Sembra che la Porta si aprisse sulla scalae Cassi, una scalinata che permetteva di salire sull'Aventino dalla riva del Tevere, che si trovava nella XIII regione augustea e dove però alcuni studiosi pongono la porta Trigemina. La Scala di Cassio dunque dalle sponde del Tevere saliva sull'Aventino fino alla chiesa di S. Sabina seguendo il percorso dell'attuale vicolo di S. Sabina.
In effetti la collocazione della Porta Lavernalis, nell'angolo sud-occidentale della cinta delle mura serviane, non è chiara ed è piuttosto dibattuta, mancando un qualsiasi reperto archeologico che possa fornirne indicazioni.
Sembra che la Porta si aprisse sulla scalae Cassi, una scalinata che permetteva di salire sull'Aventino dalla riva del Tevere, che si trovava nella XIII regione augustea e dove però alcuni studiosi pongono la porta Trigemina. La Scala di Cassio dunque dalle sponde del Tevere saliva sull'Aventino fino alla chiesa di S. Sabina seguendo il percorso dell'attuale vicolo di S. Sabina.
Sembra più probabile che la porta si trovasse nella piccola valle a sud dell'Aventino, sul fianco orientale del bastione del Sangallo, in corrispondenza dell'attuale via di Porta Lavernale. La via ha tale nome per tradizione e spesso le tradizioni nascondono una realtà.
Ne darebbero conferma gli studi e rilievi effettuati da Antonio da Sangallo il Giovane (1484 - 1546) quando progettò e costruì, per ordine di papa Paolo III Farnese, il bastione ancora oggi visibile nei pressi di via Marmorata. Si trovava comunque in una posizione intermedia tra la porta Raudusculana e la sponda del Tevere e forse dalla porta Lavernale usciva l'antico tratto iniziale della via Laurentina.
BIBLIO
- Mauro Quercioli - Le porte di Roma - Newton & Compton - Roma - 1997 -
- Laura G. Cozzi - Le porte di Roma - F. Spinosi Ed. - Roma - 1968 -
- Nadia Canu - La diffusione del culto di Laverna: dall'area medioitalica ad Uchi Maius, in Uchi Maius 3 - a cura di C. Vismara - Sassari - 2007 -
- Renato Del Ponte - Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica - ECIG - Genova - 1985 -
BIBLIO
- Mauro Quercioli - Le porte di Roma - Newton & Compton - Roma - 1997 -
- Laura G. Cozzi - Le porte di Roma - F. Spinosi Ed. - Roma - 1968 -
- Nadia Canu - La diffusione del culto di Laverna: dall'area medioitalica ad Uchi Maius, in Uchi Maius 3 - a cura di C. Vismara - Sassari - 2007 -
- Renato Del Ponte - Dei e miti italici. Archetipi e forme della sacralità romano-italica - ECIG - Genova - 1985 -
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