VIA LABICANA

L'ANTICA VIA LABICANA

Labicum, da cui il nome alla via Labicana che da Roma si congiungeva a questa, era una città del Latium vetus ubicata nella Valle del Sacco (attuale ciociaria) tra Roma, Tusculum e Praeneste. Oggi è una delle città romane scomparse.



LA STORIA

Labicum al pari delle altre città latine si era opposta a Roma al principio del V secolo a.c., alleandosi a Equi e Volsci. Quinto Servilio Prisco, magister equitum nel 494 a.c., la rase al suolo e il suo territorio (Ager Labicanus) entrò a far parte dell'Ager Romano.

L'anno seguente, nel 493 a.c., Labicum firmò il Foedus Cassianum, un trattato di pace stipulato tra Romani e Latini. Successivamente, nel 489 a.c., fu una delle città conquistate dai Volsci condotti da Gneo Marcio Coriolano, e i suoi abitanti divennero schiavi dai Volsci.

Successivamente, Labicum fu espugnata dal dittatore Quinto Servilio Prisco che nel 418 a.c. la rase al suolo e il suo territorio (Ager Labicanus) entrò a far parte di nuovo del territorio romano. Qui per la prima volta le fonti citano la via Labicana che congiungeva Roma a Labicum.

Gli abitanti di Labicum in parte furono deportati a Roma, in parte furono trasferiti in un'altra località a valle, chiamata ad Quintanas dove, secondo Livio, era stata fondata una colonia romana di tipo militare, donando a 1500 veterani un terreno di due iugeri a testa. Ad Quintanas divenne poi municipio con il nome di Labicum Quintanense.

Non sappiamo dove sorgessero né l'antica Labicum, la città distrutta nel 418 a.c., né la Labicum ad Quintanas. Secondo Strabone, l'antica località distava da Roma 120 stadi, poco più di 22 km. Negli itinerari antichi (Itinerario antonino, Tabula Peutingeriana) Labicum Quintanense era la prima stazione di posta (mansio) sulla via Labicana. Sulle indicazioni di Strabone, l'antica Labicum è stata collocata sul Monte Salomone, tra Monte Compatri e Colonna; oppure a Monte Compatri, e Labicum Quintanense nei pressi di Colonna.

La via Labicana nasce come un percorso alternativo all'antica via Latina. Infatti le due strade si congiungevano nel punto Ad Bivium a ovest del passo del mons Algidus (oggi monte Artemisio). Ma mentre la distanza da Roma restava uguale, la via Labicana si manteneva su un percorso più a valle dove di rado nevicava facilitando i trasporti. Troviamo ancora citata la via Labicana quando l'imperatore romano Didio Giuliano fu sepolto al V miglio di questa via dopo essere stato giustiziato nell'anno 193.

IL MAUSOLEO DI S. ELENA

IL PERCORSO

La via iniziava dal Foro romano, nella suburra si separava dalla via Salaria e saliva con via in Selci sull'Esquilino, per scendere verso porta Esquilina. La moderna strada urbana via Labicana passa invece a sud dell'Esquilino.

La via Labicana usciva dunque dalle mura Serviane dalla porta Esquilina. Con l'avvento delle mura Aureliane la via Labicana ne usciva tramite la porta Praenestina-Labicana (oggi porta Maggiore). Nel primo tratto fuori le mura seguiva la via Prenestina e poi l'attuale via del Pigneto, congiungendosi al percorso dell'attuale via Casilina presso piazza della Marranella. 

Proseguiva poi attraverso la campagna romana verso sud est seguendo l'attuale via Casilina fino al VII miglio (oggi Torrenova), passando probabilmente vicino l'antica Tusculum (Frascati). Al XV miglio incontrava l'osteria di Labico Quintanense, finendo poi a Labicum sulle pendici settentrionali dei Colli Albani, congiungendosi infine con la via Latina.

Congiungendosi verso sud con la via Latina, la via Latina/Labicana attraverso la valle del Tolerus (territorio di Frosinone), giungeva fino a Casilinum (oggi Capua), per cui nel Medioevo il suo nome antico si sostituì con quello di via Casilina.

ARCO DI GALLIENO

I REPERTI

"- Visitando i disterri che si eseguono dalla società delle Mediterranee fra le vie Labicana e Tusculana, per l'impianto di una nuova stazione ho trovato, fra i materiali provenienti dalla demolizione del casino, già dei pp. di s. Marcello, un piccolo sarcofago marmoreo, liscio, di elegante fattura. È lungo m. 1,10, largo m. 0,45, alto m. 0,34.

- Nel taglio dell'acquedotto Felice, dove sono tornati in luce i cunicoli cemeteriali descritti nelle Nollie 1889 p. 839, sarebbe stato scoperto il seguente frammento di lapide, lungo m. 0,55 largo m. 0,29.

- Nel taglio attraverso il vicolo del Mandrione è stato rinvenuto un bollo di mattone, rotondo, con rilievo rappresentante il noto gruppo di Bacco che, appoggiato con la sinistra al tirso, porge da bere con la destra ad una pantera. Il gruppo è contornato da tralci di vite con grossi grappoli.

- Nella trincea aperta dalla Società delle Mediterranee, attraverso il terreno del sig. Marolda Petilli, per costruire una linea di congiungimento tra le varie ferrovie suburbane, alla distanza di circa 3 km fuori della Porta Maggiore, è stata scoperta una bella colonna di portasanta mancante del solo imoscapo. La colonna sta confitta nella scarpata sinistra della trincea, e sporge nel vuoto per circa m. 1,50. È lunga in complesso m. 2,95 e larga nel diametro m. 0,45. Il terreno, nel quale è avvenuta la scoperta, presenta tracce di costruzioni reticolate: ma è probabile che il monolite sia stato trasportato in questo luogo in epoca assai tarda, trovandosi a giacere all'ltezza di m. 3,75 sopra i piani delle fabbriche antiche circostanti.

- A metà circa del suddetto vicolo del Mandrione, è stato scoperto il fondamento di un pilone della Claudia costruito a scaglia di selce. Misura m. 4 di lunghezza m. 3 di larghezza e m. 2 di altezza."

- Demolita piccola parte di un muro, che cingeva un'antica vigna, presso la via Labicana, fra i materiali di costruzione si è rinvenuto un frammento di blocco marmoreo, grosso m. 0,14. Nella superficie, di m. 0,10 x m. 0,08, rimane un piccolo avanzo di icnografia spettante ad antiche fabbriche private, coi nomi dei rispettivi proprietarii. L'incisione è assai accurata, ed il tipo delle lettere superstiti rivela i tempi augustei."

La via Labicana incontrava sull'Esquilino la chiesa di Santa Lucia in Selci, e usciva dalle mura Serviane dalla Porta Esquilina dove venne edificato l'arco di Gallieno. 

Al III miglio vi era l'antica necropoli Ad duas lauros con la basilica interrata di Elena e il suo mausoleo detto Tor Pignatta da cui deriva il nome della borgata romana di Torpignattara, e le Catacombe dei Santi Marcellino e Pietro.

La zona viene citata per la prima volta nel Liber Pontificalis, riferendosi alla grande proprietà imperiale che partiva dal III miglio della via Labicana dove sorgeva una grande villa, nota come l'abitazione dei Flavi Cristiani e residenza dell'imperatrice Elena.

RICOSTRUZIONE DEL MAUSOLEO DI S. ELENA

MAUSOLEO DI S. ELENA

(RODOLFO LANCIANI)

"Mausoleo di Elena a Torre Pignattara (così chiamata dalle pignatte, o vasi di terra costruite nel caveau per alleggerire il peso) è di forma rotonda, e contiene sette nicchie o rientranze per sarcofagi. Uno di questi sarcofagi, famoso nella storia dell'arte, è stato rimosso dalla sua posizione già alla metà del XII secolo da Papa Anastasio IV, che ha scelto per il suo luogo di riposo. 

E' stato preso alla basilica del Laterano, dove sembra essere stato molto danneggiato dalle mani di pellegrini indiscreti. Nel 1600 venne traslata dal vestibolo alla tribuna, e quindi al chiostro. Quando Pio VI. aggiunse alle meraviglie del Museo Vaticano, è stato sottoposto ad un accurato processo di restauro che impiegò venticinque scalpellini per un periodo di nove anni.

IL MAUSOLEO DI S. ELENA
I rilievi su di esso vengono eseguite abbastanza bene, ma mancano di invenzione e di novità. Essi sono in parte presi in prestito da un lavoro più vecchio, in parte combinato da varie fonti in modo straordinario; cavalieri librarsi in aria, e sotto di loro, i prigionieri e cadaveri sparsi. Essi sono destinati a rappresentare una processione trionfale, o forse un decursio militari, che è stato fatto in precedenza.

Quando l'amore per lo splendore, che era caratteristica dei Romani della decadenza, li indusse a prendere possesso dell'enorme blocco di pietra, di cui è stato fatto questo secondo sarcofago, l'arte della scultura era già degenerata; tutto ciò che potrebbe realizzare doveva impartire a questa massa di roccia più di una architettura di una forma plastica. 

Le rappresentazioni con cui il sarcofago è ornata o figurata, a seconda dei casi può, se trovata altrove, difficilmente attirare la nostra attenzione. Sui lati sono festoni che racchiudono gruppi di ragazzi alati in grado di raccogliere l'uva; alle estremità sono figure simili che percorrono le uve. Questo sarcofago fu rimosso per la Sala della Croce greca dallo stesso illuminato papa Pio VI. 

Può sembrare indiscreto e anche offensivo da parte di Anastasio IV di aver rimosso i resti di una imperatrice canonizzata da questo nobile sarcofago in modo da avere il proprio posto in esso; ma dobbiamo tenere a mente che, sebbene la Torre Pignattara ha tutta l'apparenza di un mausoleo reale, e anche se il terreno su cui sorge è noto per aver fatto parte della corona, Eusebio e Socrate negarono che Elena fosse stata sepolta a Roma. 
La loro affermazione è contraddetta dal "Liber Pontificalis" e da Beda, e, soprattutto, dalla somiglianza tra questa bara di porfido e quella scoperta nel secondo mausoleo di cui ho parlato, cioè di S. Costanza, sulla via Nomentana."



SEPOLCRO A TEMPIETTO

La struttura, visibile sul lato nord della villa è un sepolcro "a tempietto", costruito agli inizi del III sec. d.c., probabilmente riferito a una derivazione stradale, adiacente ma in posizione marginale rispetto alla villa, destinato sicuramente al proprietario della villa, del quale ignoriamo il nome; era costituito da una camera sepolcrale al piano seminterrato, e da un piano rialzato, cui si accedeva mediante una scalinata dal lato opposto.

RESTI DEL SEPOLCRO
L'edificio laterizio aveva una pavimentazione in opus sectile, una zoccolatura di rivestimento a crustae marmoree e un intonaco bianco contornato a fasce in pittura rossa sulle pareti alte e sulla volta.
Il piano superiore era coperto da un tetto a spiovente in tegole e coppi marmorei. Il sepolcro era circondato da un imponente sistema di drenaggio a canalette e tombini.
Il sepolcro viene circondato, in epoca costantiniana, da un recinto monumentale in opera listata con ampi nicchioni su tre lati e due nicchie maggiori assiali all'edificio centrale.

Pesanti interventi di spoliazioni e danneggiamenti, dovuti sia all'attività di recupero di materiali edilizi successiva all'abbandono, sia alle trincee degli scavi pregressi, non presentano interventi o frequentazioni successive.

Sono state individuate in tutto 22 sepolture, collocate tra le nicchie del recinto, lungo i muri perimetrali all'esterno del grande monumento funerario o all'interno di esso. Le tombe disposte lungo il perimetro del recinto sono state costruite in muratura, adattando le nicchie con l'aggiunta di pilastrini; quelle dell'area centrale sono invece tombe a fossa, generalmente con copertura di tegole e coppi o lastre di riutilizzo.

SARCOFAGO RAFFIGURANTE DIONISO E ARIANNA - III SEC. D.C.
Tutte le sepolture ricavate tra i pilastri hanno subito una massiccia spoliazione. Eccone alcune:
- Della tomba 1, sul lato ovest del cortile, rimane la parte inferiore di una costruzione in muratura, con al centro un vano rettangolare per la sepoltura.
- La nicchia più a settentrione del lato ovest del recinto è stata occupata dalle tombe 2-4.
- All'interno della tomba 5-7 c'è un loculo inferiore coperto da tegole alla cappuccina, con sopra uno spesso piano di malta che costituiva il fondo della deposizione superiore. 
- Nell'area sud della zona centrale c'è una sepoltura in anfora (tomba 9) con un contenitore cilindrico del V sec. d.c.. 
- Poco più tardi è stata deposta un'altra sepoltura in anfora (tomba 10), la cui fossa ha intaccato l'enkitrismos e la fossa della tomba a cappuccina. 
- Sempre sul lato nord la parte inferiore del nucleo cementizio di una tomba, (tomba 17) con qualche traccia del paramento in opera listata. 
- Lungo il lato S sono state rinvenute 4 tombe a fossa (tombe 20-23) in sequenza con una lunga cappuccina, realizzata con materiali eterogenei. 
- A nord del sepolcro una sola sepoltura (tomba 24), con l'orientamento est ovest del muro perimetrale del "tempietto". 
Tutte le fosse sono state violate.

CATACOMBE DEI SS. MARCELLINO E PIETRO

CATACOMBA DEI SS. MARCELLINO E PIETRO

Situate in Via Casilina, 641, le catacombe si sviluppano nell’ambito della proprietà imperiale Ad duas lauros, sulla Via Labicana. Sono tra le catacombe più grandi a Roma.

La rete cimiteriale è un intreccio di cunicoli lungo i quali si aprono cubicoli decorati da splendide pitture dei secoli III-IV.

Terze per estensione fra le 35 di Roma, caratterizzate da centinaia di pitture murali che le rendono una vera pinacoteca della pittura del IV secolo d.c.

Oltre ai citati resti di età tardo-antica, nello stesso territorio ancor prima vi erano sepolcreti, colombari e strutture varie facenti parte di vari aggregati residenziali, nonchè la necropoli degli Equites Singulares, la Guardia Imperiale a cavallo, soppressa da Costantino per l'appoggio che questa diede al suo avversario Massenzio nella battaglia di Xaxa Rubra.

AUGUSTO

STATUA DI AUGUSTO

Una statua di Augusto (63 a.c. - 14 d.c.) pontefice massimo fu trovata nella villa di Livia lungo la via Labicana. Oggi questa statua si trova al Museo Nazionale Romano, indicata generalmente come Augusto di via Labicana.

Il ritratto dell'Imperatore è a figura intera, a tutto tondo, in marmo, alta 207 cm. Deve il suo nome alla zona dove venne scavata alle pendici del colle Oppio, in via Labicana. L'imperatore è ritratto a capo coperto nelle vesti di pontefice massimo.

La statua è una copia di età tiberiana di un ritratto dell'imperatore eseguito alla fine del I secolo a.c. o all'inizio del I d.c. I tratti somatici piuttosto emaciati infatti suggerirebbero la realizzazione negli ultimi anni di vita, con i segni già visibili della malattia e della stanchezza. Si tratta del più importante ritratto augusteo di questo periodo "finale", tra i pochi trovati a Roma.

Il capite velato è dovuto al suo ruolo di pontifex maximus, il braccio destro, spezzato, aveva probabilmente in mano una patera, piatto rituale per lo spargimento di vino durante un sacrificio. La testa venne scolpita a parte, da uno specialista.

L'ANTICA LABICANA

SCOPERTI A ROMA 13 METRI DELLA VIA LABICANA

Grazie agli archeologi incaricati dei lavori per la stazione di Centocelle delle Ferrovie Laziali, è stata scoperta l’antica via Labicana. In totale, tredici metri di basolato del V secolo a.c. In quel momento, la via portava dalla porta Esquilina, l’arco di Gallieno delle vecchie Mura Serviane, fino alla città di Labicum, tra Colonna e Montecompatri.

È stato grazie ad un finanziamento della Regione che i resti della Roma antica sono stati riportati alla luce a soli cinquecento metri dalla stazione della metro c. Da una parte, sono riapparsi i ciottoli della strada, larga tre metri e mezzo, chiamati crepidine. Dall’altra, quel che rimane del “marciapiede” dell’epoca, largo un metro e mezzo. Ma non solo. Ci sono anche edifici funerari, tra cui un sepolcro ed un mausoleo a pianta circolare.

Una cosa è certa – ha dichiarato Stefano Musco, l’archeologo responsabile di tutto il settore Est della città – non dobbiamo permettere che tutto torni sotto la terra”.


BIBLIO

- Carlo Villa - Le strade consolari di Roma: storia, itinerari, vicende secolari degli indistruttibili monumenti della potenza di Roma - Roma - Newton & Compton - 1995 -
- Romolo A. Staccioli - Strade romane - L'Erma di Bretschneider -
- Mario Luni (a cura di) - Le strade dell'Italia romana - DEA Store - Milano - 2004 -

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