PONTE SULLA FLAMINIA |
Citato dalle fonti classiche, raffigurato da artisti e viaggiatori, vero capolavoro dell'architettura romana, è da porre in relazione alle grandi ristrutturazioni volute da Augusto nel 27 a.c., lungo il percorso della strada consolare Flaminia.
Dell'imponente struttura originaria restano due piloni voltati ad arco sulla sponda del monte Corviano, una seconda sezione sulla sponda del monte Santa Croce e i ruderi di due piloni dell'arcata centrale, crollata prima del 1055.
IL PONTE GIA' NEL 1864 |
La lunghezza originaria del ponte doveva essere di circa 160 m per un'altezza di 30 m, con una luce mirabile dell'arco centrale di circa 32 m, mentre la larghezza del piano stradale era di 8 m. Il fronte, realizzato in nucleo cementizio e paramenti di blocchi squadrati con bugnature e a corsi alternati, presenta (a due terzi dell'altezza dei pilastri) una cornice aggettante, che si ritrova nella parte interna dell'arcata. I piloni hanno una pianta rettangolare e sono in parte impostati sulla roccia.
Nel corso del tempo, è stato più volte soggetto a crolli e gravi danneggiamenti, come quelli risalenti al 1053-54. Si suppone che il ponte s'innalzasse su quattro arcate, tutte con un'ampiezza diversa che variava dai 19 m della prima, 32 m dell'arcata centrale, circa 17 m della terza e 16 m della quarta, se esisteva.
L'ARCATA SOPRAVVISSUTA |
I RESTI DEL PONTE ASSOLUTAMENTE ABBANDONATI |
Inutile chiedersi come mai una così gloriosa opera d'arte sia stata lasciata crollare nei secoli, visto che con una ordinaria manutenzione, i ponti romani resistono ovunque da 2000 anni. Ci sono diverse ragioni. Una è che i ponti romani nel medioevo venivano chiamati spesso "Ponte del diavolo", ce ne sono a centinaia in tutta Europa, ma soprattutto in Italia.
Essendo il medioevo un evo oscuro in cui, con la chiusura delle scuole e la bruciatura dei libri, si erano perse quasi tutte le cognizioni della scienza, a cominciare dall'architettura, era inevitabile che un'opera di sofisticata architettura come un ponte romano doveva essere opera del diavolo, e sui ponti sorsero varie vicende di santi e diavoli dove però i diavoli sapevano costruire i ponti ma i santi no.
Come dire che i romani, essendo pagani, avevano non solo una religione diabolica, ma pure una scienza diabolica.
L'altra ragione è che poco occupandosi del popolo, come se ne era invece occupato da sempre sia la Repubblica che l'Impero Romano, i Signori del medioevo poco si occuparono di strade, ponti e acquedotti, più pronti a pagare soldati mercenari che non a fare opere di edilizia per il popolo. E l'usanza è proseguita a tutt'oggi. Almeno i resti sulla terra ferma potevano venire rimessi in piedi. Non è da tutti possedere nel proprio territorio i resti di un ponte di 2000 anni fa.
BIBLIO
- Milos Drdacky, Fabio Fratini, Dita Frankeová, Zuzana Slízkova - The Roman mortars used in the construction of the Ponte di Augusto (Narni, Italy) - A comprehensive assessment - In: Construction and Building Materials - 2013 -
- Vittorio Galliazzo - I ponti romani - Catalogo generale - Vol. 2 - Treviso - Edizioni Canova - 1994 -
- Colin O'Connor - Roman Bridges - Cambridge University Press - 1993 -
- Marcel Prade - Les grands ponts du monde: Ponts remarquables d'Europe - Brissaud - Poitiers - France - 1990 -
1 comment:
Oggi sono passato proprio sotto la splendido fornisce rimasto in piedi... È proprio vero poteva essere il nostro pont du Gard in territorio italico. La solita vergogna e mancanza di rispetto per quella che è da considerarsi un'opera d'arte. Cmq. Sono passato anche da Carsulae e mi ha rallegrato constatare la presenza di almeno 30 giovani studenti e archeologi intenti a riportare alla luce la prima domus della gloriosa città romana sulla via Flaminia.
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