Storie di genti, di culti antichi e di magnificenza vengono evocate alla vista di quel che resta dell’antico Santuario ellenistico romano del comune di Monte Rinaldo, oggi un comune italiano di soli 359 abitanti della provincia di Fermo nelle Marche.
Stiamo parlando del santuario ellenistico-romano, collocato in località La Cuma, di Monte Rinaldo, immerso nel verde della campagna, adagiato sul fianco di un colle e aperto su uno splendido panorama.
Il santuario si trova sul versante settentrionale della Val d'Aso e prende il nome dalla località in cui è situata.
I monumenti principali presenti all'interno dell'aerea sono un santuario risalente all'età tardo repubblicana (II-I secolo a.c.) e l'annesso portico a due navate.
Le strutture sono paragonabili a quelle presenti ad Ancona e Palestrina.
Le decorazioni architettoniche appartenenti al santuario sono conservate al Museo civico archeologico di Monte Rinaldo che ha sede dal 2008 nella ex chiesa del SS. Crocefisso di Monte Rinaldo, che è parte della Rete Museale dei Monti Sibillini. Tra questi reperti risultano di fondamentale importanza le antefisse raffiguranti Ercole e la Potnia Theròn.
Ercole (in latino: Hercules) è una figura della mitologia romana, una forma italica del culto dell'eroe e semidio greco Eracle, introdotto probabilmente presso i popoli Sanniti dai coloni greci, in particolare proprio dalla colonia di Cuma, e presso i Latini e i Sabini dal culto etrusco ad Heracle.
Fanno parte delle collezioni i rivestimenti in terracotta del santuario, pezzi che svolgevano un fondamentale ruolo estetico e decorativo degli edifici, testimoniato dalle tracce di colori vivaci ancora presenti sui reperti che li denotano come documentazioni di fondamentale importanza.
Infatti le lastre decorate con motivi vegetali a bassorilievo sono datate al II secolo a.c. e sono confrontabili con esemplari diffusi nei santuari di area adriatica, quelle invece decorate ad altorilievo o bassorilievo con decorazioni floreali sono paragonabili a quelle provenienti dall'area centro-italica e sono datate al I secolo a.c.
Tra queste ultime spicca la lastra decorata con fiori a campana su cui si posa una colomba, evidente esempio di esecuzione a mano rispetto alle altre, realizzate con uno stampo.
Le antefisse (elementi fittili architettonici della copertura dei tetti) rappresentano figure di Ercole e Potnia Theròn.
Ercole è riconoscibile dalla leontè (la pelle del leone di Nemea) che gli copre il capo e le spalle, attributo tipico dell'eroe che rappresenta la sua forza.
Molte sono le testimonianze relative al luogo di culto espresse nelle offerte dedicate agli Dei (ex voto) per richiedere una guarigione o una protezione per la propria salute.
Degne di nota sono alcune ceramiche di differenti epoche come piatti, contenitori e coppe, tra cui una recante un'iscrizione dedicata a Giove che alcuni studiosi pensano sia in connessione con la divinità a cui era dedicato il tempio. Però Giove non è stato mai una divinità che concedeva le guarigioni.
La salus era appannaggio soprattutto delle divinità femminili, soprattutto se collegate alle aque, con l'eccezione di Asclepio - Esculapio, divinità più tarda.
Il culto praticato all'interno del santuario non è dunque ancora noto, anche se i ritrovamenti sarebbero abbastanza riconducibili ad un culto salutistico.
Nell'ultima parte del percorso museale sono presenti:
FORSE IL VOLTO DELLA DEA |
I monumenti principali presenti all'interno dell'aerea sono un santuario risalente all'età tardo repubblicana (II-I secolo a.c.) e l'annesso portico a due navate.
Le strutture sono paragonabili a quelle presenti ad Ancona e Palestrina.
Questo territorio, nel primo millennio a.c., venne colonizzato dai Piceni, emigrati dalla Sabina.
In seguito a varie alleanze con i Romani e alla Terza guerra Sannitica, nel III secolo a.c. il territorio passa a poco a poco sotto il controllo di Roma, come testimoniano i resti archeologici del santuario ellenistico - romano, situato oggi nella zona La Cuma e datato al II secolo a.c.
In seguito a varie alleanze con i Romani e alla Terza guerra Sannitica, nel III secolo a.c. il territorio passa a poco a poco sotto il controllo di Roma, come testimoniano i resti archeologici del santuario ellenistico - romano, situato oggi nella zona La Cuma e datato al II secolo a.c.
L'area archeologica La Cuma, che si trova nell'omonima località del comune di Monte Rinaldo, nelle Marche, è costituita appunto da un santuario di età ellenistico - romana, ma pure da numerosi resti di età romana.
Il sito occupa il versante occidentale della collina ed è costituito da un portico, da un tempio e da una terza struttura interposta tra le due.
Il sito occupa il versante occidentale della collina ed è costituito da un portico, da un tempio e da una terza struttura interposta tra le due.
Quello che rimane oggi agli occhi del visitatore non è di poco conto: i resti di un grande tempio con numerose colonne e di un edificio rettangolare di incerta destinazione, miracolosamente sfuggiti ai furti e alle calcinare.
Il complesso era costituito originariamente da un porticato lungo ben oltre 60 metri, con un doppia fila di colonne di arenaria ioniche e doriche (le prime altre 6.80 m, le seconde 4.70 m, tutt’ora ben visibili) e al cui centro presentava un tempio ad alae di cui rimangono solo le sostruzioni.
Il complesso era costituito originariamente da un porticato lungo ben oltre 60 metri, con un doppia fila di colonne di arenaria ioniche e doriche (le prime altre 6.80 m, le seconde 4.70 m, tutt’ora ben visibili) e al cui centro presentava un tempio ad alae di cui rimangono solo le sostruzioni.
LE DECORAZIONI DEL TEMPIO
Potnia Theron è un termine usato per la prima volta da Omero (Iliade, libro XXI, v. 470), come attributo di Artemide e in seguito utilizzato per descrivere tutte le divinità femminili Signore della Natura e degli animali, sia selvatici che domestici, su cui era in grado di esercitare il potere.
PLASTICO DEL SANTUARIO |
Le lastre, destinate a proteggere gli architravi, gli spioventi e le testate delle travi, indicano il susseguirsi di differenti fasi di vita della struttura. Come si vede il tempio non è stato del tutto ristrutturato, molti reperti giacciono ancora al suolo, in attesa di essere ricollocati, speriamo, magari su parti rifatte che denotino la loro modernità ma che diano continuità alle forme dei monumenti in questione.
LE DECORAZIONI DEL TEMPIO |
Le antefisse (elementi fittili architettonici della copertura dei tetti) rappresentano figure di Ercole e Potnia Theròn.
Ercole è riconoscibile dalla leontè (la pelle del leone di Nemea) che gli copre il capo e le spalle, attributo tipico dell'eroe che rappresenta la sua forza.
La Potnia Theròn è chiamata anche Signora degli animali, o Signora delle belve, ed è una divinità femminile molto arcaica ritratta con grandi ali e una lunga veste mentre tiene due pantere per le zampe. Tale iconografia è diffusa nel Lazio e in Abruzzo dal III al II secolo a.c.
Un ruolo centrale hanno anche i reperti relativi alle sculture a tutto tondo che decoravano il frontone del tempio. Tra queste sono presenti diverse teste sia maschili che femminili, frammenti di panneggi e di membra di notevole qualità artistica, datati al II secolo a.c. e confrontate con i rilievi dell'altare di Pergamo, uno delle massime espressioni dell'arte ellenistica ora conservati al Pergamon museum di Berlino.
I modelli sono stati evidentemente introdotti in Italia centrale tramite la scuola etrusca che li ha adeguati al gusto della popolazione locale, con una maggiore scioltezza e movimentazione.
I modelli sono stati evidentemente introdotti in Italia centrale tramite la scuola etrusca che li ha adeguati al gusto della popolazione locale, con una maggiore scioltezza e movimentazione.
TANAGRINA DI CENTURIPE |
Degne di nota sono alcune ceramiche di differenti epoche come piatti, contenitori e coppe, tra cui una recante un'iscrizione dedicata a Giove che alcuni studiosi pensano sia in connessione con la divinità a cui era dedicato il tempio. Però Giove non è stato mai una divinità che concedeva le guarigioni.
La salus era appannaggio soprattutto delle divinità femminili, soprattutto se collegate alle aque, con l'eccezione di Asclepio - Esculapio, divinità più tarda.
Nell'ultima parte del percorso museale sono presenti:
- monete romane di cui una di Cornelius Scipio Asiagenus, eletto console nell'83 a.c.,
- una lucerna definita di tipo Esquilino per l'assenza della vernice e la forma cilindrica,
- fibule in bronzo,
- tegole con lo stampo di fabbrica sul retro,
- statuette femminili tipo tanagrina, chiamate così perché riconducibili a modelli prodotti a Tanagra, in Beozia, per i suoi reperti ceramici funerari tra i quali le famose statuette fittili, di particolare espressività.
Vennero poi dette "tanagrine" anche le statuette fittili di tipo similare ritrovate anche in altre località come a Centuripe e in altre aree della Magna Grecia.
Vennero poi dette "tanagrine" anche le statuette fittili di tipo similare ritrovate anche in altre località come a Centuripe e in altre aree della Magna Grecia.
Durante le prime campagne di scavo è stato attribuito a questo luogo una stretta relazione con Novana, l'unica città del Piceno citata da Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia non ancora ritrovata. I ritrovamenti archeologici però non hanno confermato le ipotesi.
Il centro storico è medievale, circoscritto all'interno delle mura che corrono intorno alla piazza dove sono situati Palazzo Giustiniani e la Torre Civica. Poco lontano dal centro storico si trova l'area archeologica "La Cuma".
Le prime evidenze archeologiche furono segnalate nel 1953, ma grossi blocchi di tufo e le colonne affiorarono solo nel 1957 in seguito ad alcuni lavori agricoli. Al 1957 risalgono infatti i primi scavi mentre successivi scavi sono stati effettuati tra il 1958 e il 1962.
Il portico è posto all'estremità nord della terrazza e si conserva per due lati. È costituito da un muro di fondo in tufo locale che ha uno spessore considerevole tanto da poter essere considerato un muro di contenimento adattato a portico successivamente.
Sono ancora molti i dubbi sul culto praticato all'interno della struttura poiché non ci sono testimonianze materiali, nemmeno sulle iscrizioni degli ex-voto. L’unico significativo indizio è un pezzo ceramico dove è presente il nome di Giove ma, trattandosi di un marchio e non di un’iscrizione votiva, potrebbe essere un oggetto destinato ad essere portato via dai pellegrini.
Alcuni studiosi hanno supposto che si trattasse di una Dea femminile paragonabile alla Dea Cupra, particolarmente venerata dai Piceni. Potrebbe quindi trattarsi di un culto preromano ma non ce ne sono prove sufficienti.
Poiché Monte Rinaldo è ricco di falde acquifere, è probabile che il culto fosse associato alle acque curative come è ricorrente in Italia centrale in età ellenistica, ma in genere le acque salutari sono dedicate alle Dee o alle Ninfe.
Il centro storico è medievale, circoscritto all'interno delle mura che corrono intorno alla piazza dove sono situati Palazzo Giustiniani e la Torre Civica. Poco lontano dal centro storico si trova l'area archeologica "La Cuma".
Passeggiare all’interno dell’area archeologica fa venire in mente lo stupore dei ricercatori che si trovarono davanti blocchi di imponenti colonne ioniche ma anche frammenti di statuine votive e mura che facevano pensare ad un fantastico luogo di culto.
GLI SCAVI
Le prime evidenze archeologiche furono segnalate nel 1953, ma grossi blocchi di tufo e le colonne affiorarono solo nel 1957 in seguito ad alcuni lavori agricoli. Al 1957 risalgono infatti i primi scavi mentre successivi scavi sono stati effettuati tra il 1958 e il 1962.
Le campagne portarono alla luce il santuario di epoca tardo ellenistica, le strutture di età imperiale avanzata e una villa rustica installata su quello che precedentemente era un luogo di culto. Tra il 1958 e il 1960 l'area fu assoggettata finalmente a vincolo archeologico. Vi si riconobbero, come già detto, un santuario, un tempio e un portico.
IL SANTUARIO
Il complesso monumentale del santuario ha una struttura a terrazze artificiali e si presenta con un grande effetto scenografico. Lo compone anzitutto un grande portico che incorniciava il tempio, una struttura posta tra le due, della quale non si conosce la destinazione, e un pozzo che attualmente non è più visibile. Questa composizione può essere ricollegato ad un antico modello frequente nell'Italia centrale.
Il santuario sorge in un’area non urbanizzata, come spesso accade si santuari più famosi, ed è stato monumentalizzato probabilmente con le ricchezze provenienti dall’Oriente, in seguito all’istituzione della Provincia dell’Asia Proconsolare.
La fase di costruzione visibile oggi, infatti, è datata al II secolo a.c., in piena dominazione romana dell’area. È incerta, invece, la presenza dell’area di culto in età picena, anche se la religione italica prevedeva culti da svolgere in luoghi simili.
Il complesso monumentale del santuario ha una struttura a terrazze artificiali e si presenta con un grande effetto scenografico. Lo compone anzitutto un grande portico che incorniciava il tempio, una struttura posta tra le due, della quale non si conosce la destinazione, e un pozzo che attualmente non è più visibile. Questa composizione può essere ricollegato ad un antico modello frequente nell'Italia centrale.
Il santuario sorge in un’area non urbanizzata, come spesso accade si santuari più famosi, ed è stato monumentalizzato probabilmente con le ricchezze provenienti dall’Oriente, in seguito all’istituzione della Provincia dell’Asia Proconsolare.
La fase di costruzione visibile oggi, infatti, è datata al II secolo a.c., in piena dominazione romana dell’area. È incerta, invece, la presenza dell’area di culto in età picena, anche se la religione italica prevedeva culti da svolgere in luoghi simili.
IL TEMPIO
È la costruzione meno nota perchè è conservata solo ai livelli di fondazione. All'interno è presente un podio, anch'esso solo in fondazione, che presenta una suddivisione in tre sezioni, identificate da alcuni come celle.
I rapporti tra le misure possono essere ricollegate a quelle che indica Vitruvio nel "De Architettura" per il tempio cosiddetto Tuscanico, cioè quello utilizzato in area etrusco-italica, come ad esempio il Tempio A di Pyrgi.
La datazione, data in base alle terrecotte architettoniche, oggi presenti al Museo civico archeologico, si aggira tra il III e il II secolo a.c., anche ma non tutte le decorazioni possono essere datate allo stesso periodo, ed alcune sembrerebbero anche più arcaiche, cioè del IV secolo a.c..
Il portico è posto all'estremità nord della terrazza e si conserva per due lati. È costituito da un muro di fondo in tufo locale che ha uno spessore considerevole tanto da poter essere considerato un muro di contenimento adattato a portico successivamente.
Antistanti al muro sono poste due file di colonne, quella interna in ordine ionico, l’altra in ordine dorico.
All'estremità ovest del portico è stato ricavato un piccolo ambiente. Probabilmente una specie di magazzino del tempio, per riporre statue lignee delle divinità da portare in processione, o arredi sacri, o strumenti per le funzioni.
È probabile che il portico si estendesse anche a est e che per simmetria ci fosse un altro ambiente. Il portico è datato tra il II e il I secolo a.c.
Ad Ovest dell’edificio templare, sorge una seconda struttura suddivisa al suo interno in cinque vani, uno dei quali sembrerebbe una vasca. La presenza della vasca e del pozzo, sembrano suggerire un probabile collegamento con i riti ed i culti praticati nel santuario.
All'estremità ovest del portico è stato ricavato un piccolo ambiente. Probabilmente una specie di magazzino del tempio, per riporre statue lignee delle divinità da portare in processione, o arredi sacri, o strumenti per le funzioni.
È probabile che il portico si estendesse anche a est e che per simmetria ci fosse un altro ambiente. Il portico è datato tra il II e il I secolo a.c.
Ad Ovest dell’edificio templare, sorge una seconda struttura suddivisa al suo interno in cinque vani, uno dei quali sembrerebbe una vasca. La presenza della vasca e del pozzo, sembrano suggerire un probabile collegamento con i riti ed i culti praticati nel santuario.
IL CULTO
Sono ancora molti i dubbi sul culto praticato all'interno della struttura poiché non ci sono testimonianze materiali, nemmeno sulle iscrizioni degli ex-voto. L’unico significativo indizio è un pezzo ceramico dove è presente il nome di Giove ma, trattandosi di un marchio e non di un’iscrizione votiva, potrebbe essere un oggetto destinato ad essere portato via dai pellegrini.
Alcuni studiosi hanno supposto che si trattasse di una Dea femminile paragonabile alla Dea Cupra, particolarmente venerata dai Piceni. Potrebbe quindi trattarsi di un culto preromano ma non ce ne sono prove sufficienti.
Poiché Monte Rinaldo è ricco di falde acquifere, è probabile che il culto fosse associato alle acque curative come è ricorrente in Italia centrale in età ellenistica, ma in genere le acque salutari sono dedicate alle Dee o alle Ninfe.
IL TERRITORIO
Gli insediamenti Piceni avrebbero dovuto ammirare la magnificenza del santuario dalla Valle poiché, essendo costruito su terrazze, doveva avere un effetto scenografico che si coglieva da lontano, come il Tempio della Fortuna Primigenia a Palestrina.
Gli insediamenti Piceni avrebbero dovuto ammirare la magnificenza del santuario dalla Valle poiché, essendo costruito su terrazze, doveva avere un effetto scenografico che si coglieva da lontano, come il Tempio della Fortuna Primigenia a Palestrina.
Non sono stati individuati, almeno al momento, testimonianze di un abitato direttamente collegato al santuario, ma è probabile che fosse il centro dei numerosi insediamenti che sorgevano sulle colline circostanti.
La viabilità in età romana è un problema molto discusso, anche per i collegamenti con le città di Asculum, Faleria e Firmum.
Di solito i grandi santuari erano muniti di strade e certamente alcune di esse, magari secondarie avrebbero dovuto collegare i centri con la valle dove sorge il santuario, forse ricalcando anche percorsi preesistenti.
In seguito agli eventi sismici, le frane e i dissesti geologici susseguitesi nel tempo hanno aumentato le difficoltà durante i periodi di scavi. Ciò che oggi è maggiormente visibile è il porticato a duplice fila di colonne, sia quelle interne in stile ionico-italico che quelle esterne di ordine dorico.
LA POTNIA THERON ALATA |
Di solito i grandi santuari erano muniti di strade e certamente alcune di esse, magari secondarie avrebbero dovuto collegare i centri con la valle dove sorge il santuario, forse ricalcando anche percorsi preesistenti.
In seguito agli eventi sismici, le frane e i dissesti geologici susseguitesi nel tempo hanno aumentato le difficoltà durante i periodi di scavi. Ciò che oggi è maggiormente visibile è il porticato a duplice fila di colonne, sia quelle interne in stile ionico-italico che quelle esterne di ordine dorico.
Il tempio che si trova a sud del porticato sembra fosse a tre celle ed è fatto risalire tra il II e I secolo. Ciò che sicuramente era presente tra il porticato ed il tempo è un pozzo e proprio grazie alla sua presenza che si può pensare che il santuario fosse legato al culto dell’acqua.
Ritrovamenti di statuette votive fanno pensare proprio ai riti della "sanatio". Parte del frontone e altri oggetti rinvenuti si trovano oggi nel Museo Archeologico del Santuario Ellenistico di Cuma, sito presso la Chiesa del Crocifisso, adibita a museo dal 2008.
Ora non è difficile desumere che il culto di Ercole è sicuramente posteriore a quello della Potnia Theron. Ercole è il figlio di Giove, il nuovo Dio Olimpico che ha sostituito in Grecia gli Dei Titanici e in suolo italico una miriade di divinità. Ercole è l'uomo eroico che tutto può, che soffre, che sbaglia ma che fa tutto con le sue forze, insomma l'uomo che si sente in grado di badare alla natura e ai suoi pericoli.
La Potnia Theron è la Natura Selvaggia, colei che domina la Terra, al cui cenno obbediscono uomini, animali e piante. Contro di lei non si può nulla, se non chiedere la sua generosità. Nelle immagini del tempio la Dea tiene le due pantere, immagine che sarà poi ripresa nel dionisiaco, anch'esso amante della natura selvaggia.
Tutto è riferito alla Dea, soprattutto quando è rappresentata, come qui, dalle belve che si affrontano a lei, perchè successivamente le belve guarderanno nelle immagini a destra e sinistra di lei, più rivolte all'esterno che alla Dea, segno che la mente dell'epoca stava rivolgendosi più all'esterno che alle proprie sensazioni interne, insomma che l'uomo comincia a mentalizzarsi. .
BIBLIO
- Filippo Coarelli - Guida archeologica di Roma - Arnoldo Mondadori Editore -Verona - 1975 -
- Procopius - De Aedificiis - 5.3.8-11 -
- Filippo Coarelli - (curatore) Dictionnaire méthodique de l'architecture grecque et romaine -1985 -
- Alfonso De Franciscis - Note sull'arte dell'Italia antica - Libreria scientifica editrice - 1969 -
- L. Quilici, S. Quilici Gigli - Architettura e pianificazione urbana nell'Italia antica - L'Erma di Bretschneider - 1997 -
- Filippo Coarelli - I templi dell'Italia antica, Milano, 1980 -
Il complesso è databile tra il II e I sec a.c., ma di più non si sa, visto che la Soprintendenza Archeologica di Ancona sta tutt’oggi effettuando i propri studi. Questo è l'ingresso al museo del santuario che conserva qualche manufatto o decorazione reperito nell'area del tempio.
LE DUE POTNIA THERON |
La Potnia Theron è la Natura Selvaggia, colei che domina la Terra, al cui cenno obbediscono uomini, animali e piante. Contro di lei non si può nulla, se non chiedere la sua generosità. Nelle immagini del tempio la Dea tiene le due pantere, immagine che sarà poi ripresa nel dionisiaco, anch'esso amante della natura selvaggia.
Tutto è riferito alla Dea, soprattutto quando è rappresentata, come qui, dalle belve che si affrontano a lei, perchè successivamente le belve guarderanno nelle immagini a destra e sinistra di lei, più rivolte all'esterno che alla Dea, segno che la mente dell'epoca stava rivolgendosi più all'esterno che alle proprie sensazioni interne, insomma che l'uomo comincia a mentalizzarsi. .
BIBLIO
- Filippo Coarelli - Guida archeologica di Roma - Arnoldo Mondadori Editore -Verona - 1975 -
- Procopius - De Aedificiis - 5.3.8-11 -
- Filippo Coarelli - (curatore) Dictionnaire méthodique de l'architecture grecque et romaine -1985 -
- Alfonso De Franciscis - Note sull'arte dell'Italia antica - Libreria scientifica editrice - 1969 -
- L. Quilici, S. Quilici Gigli - Architettura e pianificazione urbana nell'Italia antica - L'Erma di Bretschneider - 1997 -
- Filippo Coarelli - I templi dell'Italia antica, Milano, 1980 -
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