PRATA FLAMINIA |
QUARTIERE FLAMINIO - PRATA FLAMINIA
750-616 a.c. - Nell'area ad ovest del Campidoglio ed in quella del successivo Teatro Marcello, si estendeva un letto fluviale tra l'odierna via del Portico d'Ottavia che scendeva giù verso il Tevere e la parte occidentale dell'Isola Tiberina. Oggi quest'area costituisce il quartiere flaminio, ma sembra fosse questo il primo Campus Flaminius o Prata Flaminia.
I Romani chiamavano questa zona Prata Flaminia, dal nome dell'antica strada tutt'oggi presente costruita dal console Gaio Flaminio Nepote tra il 220 e il 219 a.c. Nel 1995, durante gli scavi per la creazione dell'Auditorium Parco della Musica, furono scoperti i resti di una grandiosa villa romana, dapprima piccola fattoria del VI sec. a.c., poi villa rurale del V sec. , tra la metà del III e il II sec. a.c. una imponente dimora rurale. In età Augustea (I sec. d.c.) la villa fu ampliata e delimitata da un poderoso muro in reticolato, mentre dopo il II sec. fu abbandonata e demolita intenzionalmente.
Chiamavasi a Roma Prata Flaminia l’area che si estendeva fuori Porta Flaminia, tra il fiume e le colline degli attuali Parioli, e dove correva rettilinea la via Flaminia. I Prata Flaminia non erano un posto salubre, trattandosi di zona alluvionale caratterizzata da terreni argillosi annualmente inondati dalle acque torbide del fiume che bloccate da Ponte Milvio esondavano e correvano su via Flaminia fino ad arrivare a premere con forza alla Porta Flumentana (Porta del Popolo).
È probabile che questo Apollinare fosse un antichissimo altare dedicato al Dio che poi venne trasformato nel tempio di Apollo Medicus, la cui dedica avvenne ad opera del console del 431 a.c. Cneo Giulio. Nel 179 a.c. venne realizzata la statua del Dio opera dello scultore Timarchides ricordata da Plinio il Vecchio (Naturalis Historia, 36,35): "L'Apollo con la cetra nello stesso tempio [Apollo al Portico di Ottavia] è di Timarchides."
Chiamavasi a Roma Prata Flaminia l’area che si estendeva fuori Porta Flaminia, tra il fiume e le colline degli attuali Parioli, e dove correva rettilinea la via Flaminia. I Prata Flaminia non erano un posto salubre, trattandosi di zona alluvionale caratterizzata da terreni argillosi annualmente inondati dalle acque torbide del fiume che bloccate da Ponte Milvio esondavano e correvano su via Flaminia fino ad arrivare a premere con forza alla Porta Flumentana (Porta del Popolo).
Secondo Plutarco, il letto fluviale Prata Flaminia doveva il suo nome a un membro della famiglia Flaminius che avrebbe donato la sua terra al popolo romano in modo che ci potessero essere corse di cavalli sul posto, ma non tutti concordano su questa spiegazione. Il nome potrebbe derivare dal fatto che i sacerdoti Flamini lo usassero per le loro cerimonie.
TEMPIO DI APOLLO MEDICO
Un Tempio fu votato nel 433 a.c. ad Apollo Medico in occasione di una pestilenza e fu dedicato due anni più tardi dal console Gneo Giulio, antenato di Cesare e quindi ovviamente di Augusto,
all'interno di un 'area denominata Prata Flaminia, dove già preesisteva un'area di culto dedicata al Dio, un Apollinar, e dove si svolgevano i ludi Tauri, istituiti da Tarquinio il Superbo. L'area era forse destinata a corse di cavalli e in qualche caso a culti importati; in seguito, nel 221 a.c., la zona
circostante fu risistemata con la costruzione del Circo Flaminio. Al suo interno si celebravano anche i ludi Plebeii e i preparativi per la processione trionfale che era solita partire da qui.
“Pestilentia eo anno aliarum rerum otium praebuit. Aedis Apollini pro valetudine populi vota est. Multa duumviri ex libris placandae deum irae avertendaeque a populo pestis causa fecere; magna tamen clades in urbe agrisque promisque hominum pecorumque pernicie accepta.”
(Una pestilenza in quell'anno creò un periodo di sospensione della vita pubblica. Si fece voto ad Apollo di un tempio per la salute del popolo; i duumviri, in base ai libri sibillini, fecero tutto il possibile per placare l'ira degli Dei e per far cessare il contagio, ma esso dilagò in città e nelle campagne e fece strage sia di uomini che di bestiame.)
(Livio IV, 25, 3.)
Il tempio di Apollo fu dunque votato nel 433 a.c. durante la grave pestilenza descritta da Livio, e fu dedicato, dopo l’intervento benefico del Dio che fece cessare l’epidemia tra uomini e animali, il 13 luglio, come testimoniano i calendari romani, del 431 a.c. ad Apollo Medicus. (Si riferiscono a queste anche delle statue di Apollo crioforo, portatore del capretto o dell'ariete sulle spalle, che liberava dalla peste).
APOLLO CITAREDO |
Il luogo scelto per la costruzione del tempio fu all'interno dei Prata Flaminia, lì dove poi sorgerà il Circo Flaminio, in un punto dove già era un più antico culto di Apollo, come ricorda Livio (III, 63, 7): “Itaque inde consules, ne criminationi locus esset, in prata Flaminia, ubi nunc aedes Apollinis est - iam tum Apollinarem appellabant avocavere Senatum.” (Perciò i consoli, per non dar motivo ad accuse, trasferirono l'adunanza senatoria nei Prati Flamini ove ora è il tempio di Apollo - già allora il luogo era detto Apollinare.)
È probabile che si tratti della colossale statua di culto del tempio di Apollo, della quale rimangono solo frammenti della mano destra, ma della quale è possibile riconoscerne la forma grazie a delle copie rinvenute, come la statua di Apollo citaredo proveniente da Cirene conservata nel British Museum di Londra.
Il 13 luglio del 212 a.c. vennero istituiti i Ludi Apollinares che prevedevano anche dei ludi scaenici, rappresentazioni teatrali in edifici costruiti nei pressi del tempio, come quello creato nel 179 a.c. dal censore Marco Emilio Lepido (Livio 40, 51, 3) probabilmente sul sito dove poi sorgerà il teatro di Marcello costruito da Augusto. Questo tempio di Apollo fu l’unico a Roma dedicato al Dio fino alla costruzione dell’altro grande tempio sul Palatino in età augustea.
da: GIUSEPPE MARCHETTI LONGHI (1884 – 1979)
"E' opportuno rilevare qual rapporto interceda tra il circo e il Campo, sia nella speciale denominazione, sia nel carattere e nella funzione dei Prata Flaminia, nei quali il monumento sorse. Quale il nesso tra la denominazione dei Prata e l'esistenza in essi dell'omonimo Circo? In base alla duplice testimonianza di Varrone e di Livio si è ritenuta fino ad ora da molti indiscutibile la preesistenza della speciale denominazione dei Prata all'erezione del circo, e si è cercato dare una spiegazione di essa. A noi pare, invece, che quelle testimonianze nulla provino su la preesistenza di un tal nome, ma solo attestino un'antica distinzione tra questa e la rimanente parte del campo.
Il passo di Varrone, infatti, risponde principalmente alla preoccupazione di trovare la ragione etimologica del nome dato al Circo, che avrebbe abbracciato nel suo ambito l'intero Campo Flaminio, mentre noi sappiamo che questa si estendeva anche alle vicinanze immediate del circo, come provano i frequenti riferimenti in circo, "ad circum", proprie di edifici non compresi nella sua area. Livio, menziona in due luoghi i Prata Flaminia: a proposito del Plehiscitum Icilium del 305 d. R. (449 a.c.); e del rifiuto del trionfo, opposto dal Senato ai consoli democratici L. Valerio e M. Orazio, nel medesimo anno.
Fin dal 449 a.c. quella parte del campo si distingueva col nome di Prata Flaminia, attestazione certo di gran valore, qualora si potesse supporre, che quella incertezza, che esiste in tutto ciò che si riferisce all'epoca decemvirale, ed in specie al contenuto della lex Valeria Horatia, non debba, a più forte ragione, riflettersi anche sul ricordo preciso della località in cui, non la legge, ma il plebiscito, che la precedette, era stato tenuto. Che i più antichi annalisti a cui Livio avrà attinto, abbiano avuto agio di tramandare esattamente la memoria di un tal particolare, quando invece confondono l'un con l'altro il contenuto delle leggi Valeria e Publilia, ben più importante a registrarsi ed a rammentarsi, è semplicemente assurdo.
L'annalista, cui attinse la narrazione liviana, ci serbò invece il ricordo di una indicazione in uso ai suoi giorni; e, se anche esso fu Fabio Pittore, ben poteva ai suoi tempi la denominazione del circo Flaminio, da poco esistente, essersi allargata alla zona circostante, ancora disabitata, i Prata, ed averla l'annalista inserita a precisar meglio il luogo, in cui si era tenuto il plebiscitum Icilium, come quello in cui tenevansi ancora le riunioni della plebe, così come poi lo stesso Livio l'adattava all'intelligenza dei suoi contemporanei aggiungendo la spiegazione: "quem nunc Circum Flaminium appellant". (che ora chiamano Circo Flaminio).
Almeno al tempo di Varrone ο di Livio, esisteva una distinzione ben netta tra queste due parti del Campo Marzio: i Prata Flaminia ed il Campus propriamente detto, basti rilevare la peculiarità che la zona dei Prata doveva caratterizzare sia le origini del Circo, sia tutta la sua funzione religiosa e politica e determinare la grande importanza sopra ogni altro monumento dell'Urbe.
E tale peculiarità è il carattere democratico e popolare della zona in perfetto antagonismo con la funzione puramente religiosa, e politica del finitimo Campo Marzio, il Campus per antonomasia, il luogo inaugurato per la celebrazione del lustrum, per le riunioni del popolo nei Comitia centuriaia e consacrato al culto di Marte. È naturale che a questa parte fosse connessa un'idea religiosa e politica in attinenza con la costituzione dello stato romano, nella sua espressione militare ed oligarchica, ma di assoluta demanialità a favore dello Stato.
Nei Prata Flaminia, al contrario, troviamo una spiccata antitesi con le funzioni del campo. Il carattere militare vi entra, ma qui si rivela nelle esercitazioni individuali e collettive a scopo di educazione fisica ο di preparazione bellica e non, come in quello, nella sua espressione di forza politica agente nel pieno esercizio della missione statale.
Anche il carattere religioso vi subisce una trasformazione in quanto il suolo non è vincolato da esso, nella sua totalità, a nessuna divinità, nè il culto v'impera sotto una sola espressione: i culti, invece, man mano vi si moltiplicano, si mischiano infine, a forme nuove ed estranee. Ciò che invece vi domina è il carattere popolare; vi spira unaria di libertà, di collettivismo, che cerca svincolarsi dalla ferrea stratta dei pochi imperanti; la plebe, insomma, qui si sente come in sua casa, libera, padrona di sè, e vigile tutrice dei suoi interessi e delle sue aspirazioni.
Qui il popolo tiene liberamente i suoi plebiscito, sotto la presidenza e la direzione dei tribuni; qui celebra i suoi giochi, i ludi plebei, eguale alla corrispondente dei ludi romani, ma sotto la presidenza dei suoi propri edili; di qui si oppone al patriziato e ad uno, ad uno, ne accomuna i privilegi esclusivi; di qui essa colpisce, secondo la leggenda, la classe nemica in uno dei suoi capi maggiori, Tito Manlio, sottraendolo, anche materialmente, alla protezione di essa, ed alla vista del Campidoglio, testimone perenne delle sue gesta.
E' qui, a breve distanza dal Senato, nel Senaculum dell'Apollinar, entro i limiti tracciati dalla verga dell'augure, che arditamente si oppone alle decisioni di esso e, a suo dispetto, decreta il trionfo ai consoli suoi protettori: Valerio ed Orazio, trionfando essa stessa, secondo il detto di G. Claudio, non dei nemici di Roma, ma del senato patrizio (a. d. R. 305 - a. c. 449).
Secondo Plutarco, un tal Flaminio avrebbe fatto dei suoi campi presso il Tevere al popolo romano, e nella dotazione che, dei redditi di essi, avrebbe costituita per la celebrazione dei giochi da eseguirsi nei medesimi Prata. Nella determinazione di tale posizione giuridica, il pensiero ricorre alla leggenda tramandataci da Aulo Gellio, da Plinio e da Plutarco, relativa ad un munifico dono al popolo fatto da una Vestale, Gaia Taracia, che avrebbe avuto per oggetto il campus Tiberinus sive Martius, onde alla Vestale stessa, in virtù di una lex Horatia, sarebbero stati conferiti privilegi speciali.
La leggenda, che ha il suo contrapposto nell'altra riferita da Dionigi di Alicarnasso e da Livio, per cui l'Ager Tarquiniorum, sequestrato al Tarquinio scacciato, sarebbe stato di nuovo consacrato a Marte, ed avrebbe costituito il Campus Martius vero e proprio, ben potrebbe riferirsi ad una di quelle altre parti della pianura, di proprietà privata e gentilizia, e, forse, dato l'appellativo di Tiberinus, alla zona dei pretta più prossima e finitima al fiume. Dato un tale lascito, od altro consimile, al popolo, ben se ne comprenderebbe l'uso di questo e quindi la completa sua sottrazione alla demanialità dello Stato.
Tutto, quindi, rivela l'intima coscienza di quegli autori di ritenere ammissibile un carattere originariamente privato di quella parte del Campo, costituente i Prata, laddove in Livio e Dionigi si rispecchia un'assoluta inconcepibilità che il vero e proprio Campus Martius potesse essere soggetto a proprietà privata.
Sotto tale aspetto può ben ammettersi, ο che la gens Flaminia possedesse del proprio, analogamente alla Quinctia per gli omonimi Prata, posti su la riva destra del Tevere, una parte più ο meno considerevole della pianura tiberina.
Oppure che nei Prata non sia a riconoscersi che il primitivo Campus Tiberinus, ab antiquo proprietà popolare, della quale possono essere alterato ricordo le relative leggende di donazione e lasciti.
Delle due ipotesi, considerato che l'erezione del circo, trovava ragione ο pretesto in fatti locali d'indole speciale e del tutto alieni da capricciose liberalità di ricchi privati, a me sembra più probabile la seconda.
Ciò apparirà tanto più verosimile se ammettiamo, che la denominazione di Prata Flaminia si riferisca, tutto al più, al tempo del più antico annalista, cui avrà attinto Livio, sia pur questo Fabio Pittore, quando già il Circo era sorto; nè quindi farà più meraviglia di vedere localizzati in quei Prata avvenimenti tanto precedenti, poiché, in realtà, le riunioni plebee, che avvenivano al tempo di quegli annalisti, nel luogo da essi chiamato Prata Flaminia, saranno senza dubbio avvenute nel medesimo, od in altro propinquo, anche quando, sì questo che quello, non avevano che la designazione generica di Campus Tiberinus.
L'uso del popolo non escluse le proprietà private, sia che quello si limitasse alla parte più prossima al fiume, nel Lucus Petelinus, sia che si estendesse anche a quella più prossima e interna, che poi costituì i Prata Flaminia, propriamente detti, cioè immediatamente vicini all'omonimo circo. Forse i due momenti, che ci sono rappresentati dalla tradizione nelle più antiche adunanze plebee, nel lucus, e nelle più recenti, nei Prata, furono dovuti a condizioni locali, quali, sopratutto, un consecutivo risanamento della zona dei Prata cui, come dirò, strettamente si ricollega il locale culto antichissimo di Apollo.
L'erezione del circo non fece che circoscrivere e localizzare maggiormente l'uso del popolo della zona, onde la proprietà privata trovò più libero sviluppo contribuendo all'incremento del primitivo borgo "extra portam Carmentalem", ma, oltre il Circo, rimase sempre libera agli esercizi popolari, fino al I sec. dell'Impero, una larga zona prossima al Tevere, ove ai tempi di Orazio, i giovani si preparavano con gli esercizi ginnastici al servizio militare.
Così l'uso pubblico di una parte della zona, coesistente alla proprietà privata, ο gentilizia, di altre parti della medesima; la denominazione speciale ristretta in origine ad una sola parte della regione, trovano una logica e naturale spiegazione, senza necessità di ricorrere: rispetto al primo, alla supposizione di una totale proprietà privata sottoposta a troppo larga e frequente servitù del popolo; rispetto alla seconda, a quella di una proprietà dei Flamines come, genialmente, ma con nessun fondamento, ha supposto il Gilbert.
Il passaggio graduale da una iniziale proprietà gentilizia, al promiscuo e contemporaneo uso pubblico e privato della zona, fino agli infrangibili limiti religiosi e politici del Campus, propriamente detto, a me pare risponda pienamente alla contemperanza degli elementi leggendari, storici e di fatto, che informano lo sviluppo di questa parte della città. Ma, sia la costruzione del circo, che lo sviluppo della zona dei Prata, sono in stretto rapporto con la presenza e lo sviluppo del culto di Apollo, specialmente se tengasi conto dello speciale carattere assunto in questo luogo da Apollo, come Dio risanatore e benefico.
Questo, infatti, si ricollega strettamente alla natura malsana del suolo, frastagliato da paludi e da rivi, spesso ricoperto dal fiume nelle sue inondazioni; mentre l'origine ellenica del culto introduce un altro fattore di non lieve importanza, anche sotto l'aspetto edilizio, cioè la sempre crescente influenza dello spirito greco, che avrà, nella regione medesima, la più evidente espressione nel carattere dei suoi futuri edifici. Un intimo nesso sembra quindi intercedere tra l'affermarsi definitivo nei Prata del culto di Apollo e l'erezione del circo, il quale, quindi, fu, ο almeno apparve, una necessaria conseguenza di quello."
IL CIRCO FLAMINIO
Festo riferisce che il Circo Flaminio venne edificato in campo Marzio nel 221 a.c. da quel Caio Flaminio Nepote che fu ucciso da Annibale al Trasimeno, e situato nei prati (Prata) che già si chiamavano Flaminii. Il Circo dette il nome alla regione in cui si allocava e sorse sui terreni di proprietà della Famiglia Flaminia detti Prata Flaminia o Campus Flaminius.
Nel Circo Flaminio si celebravano anche i giochi sacri agli Dei dell'oltretomba, che non potevano essere tenuti all'interno delle Mura di Roma. Questi si chiamavo Ludi Tauri che si credeva fossero stati introdotti a Roma da Tarquinio.
Nel 449 a.c. iniziano in Prata Flaminia i Ludi Plebei. I giochi iniziavano con l'Epulum Iovis in cui si offriva da mangiare al Dio in ciotole di legno, vasi di creta e canestri.
Nel 296 a.c., il console Appio Claudio Caecus fece costruire un tempio della Dea Bellona, di fronte al tempio, durante la guerra contro Pirro (280-275 a.c.), fu sollevata la Columna Bellica. Contro di essa all'inizio di ogni guerra una lancia come se la colonna fosse sulla base nemica.
BIBLIO
- Mario Torelli, Mauro Menichetti, Gian Luca Grassigli - Arte e archeologia del mondo romano - Longanesi - 2010 -
Il passo di Varrone, infatti, risponde principalmente alla preoccupazione di trovare la ragione etimologica del nome dato al Circo, che avrebbe abbracciato nel suo ambito l'intero Campo Flaminio, mentre noi sappiamo che questa si estendeva anche alle vicinanze immediate del circo, come provano i frequenti riferimenti in circo, "ad circum", proprie di edifici non compresi nella sua area. Livio, menziona in due luoghi i Prata Flaminia: a proposito del Plehiscitum Icilium del 305 d. R. (449 a.c.); e del rifiuto del trionfo, opposto dal Senato ai consoli democratici L. Valerio e M. Orazio, nel medesimo anno.
Fin dal 449 a.c. quella parte del campo si distingueva col nome di Prata Flaminia, attestazione certo di gran valore, qualora si potesse supporre, che quella incertezza, che esiste in tutto ciò che si riferisce all'epoca decemvirale, ed in specie al contenuto della lex Valeria Horatia, non debba, a più forte ragione, riflettersi anche sul ricordo preciso della località in cui, non la legge, ma il plebiscito, che la precedette, era stato tenuto. Che i più antichi annalisti a cui Livio avrà attinto, abbiano avuto agio di tramandare esattamente la memoria di un tal particolare, quando invece confondono l'un con l'altro il contenuto delle leggi Valeria e Publilia, ben più importante a registrarsi ed a rammentarsi, è semplicemente assurdo.
PRATA FLAMINIA |
Almeno al tempo di Varrone ο di Livio, esisteva una distinzione ben netta tra queste due parti del Campo Marzio: i Prata Flaminia ed il Campus propriamente detto, basti rilevare la peculiarità che la zona dei Prata doveva caratterizzare sia le origini del Circo, sia tutta la sua funzione religiosa e politica e determinare la grande importanza sopra ogni altro monumento dell'Urbe.
E tale peculiarità è il carattere democratico e popolare della zona in perfetto antagonismo con la funzione puramente religiosa, e politica del finitimo Campo Marzio, il Campus per antonomasia, il luogo inaugurato per la celebrazione del lustrum, per le riunioni del popolo nei Comitia centuriaia e consacrato al culto di Marte. È naturale che a questa parte fosse connessa un'idea religiosa e politica in attinenza con la costituzione dello stato romano, nella sua espressione militare ed oligarchica, ma di assoluta demanialità a favore dello Stato.
Nei Prata Flaminia, al contrario, troviamo una spiccata antitesi con le funzioni del campo. Il carattere militare vi entra, ma qui si rivela nelle esercitazioni individuali e collettive a scopo di educazione fisica ο di preparazione bellica e non, come in quello, nella sua espressione di forza politica agente nel pieno esercizio della missione statale.
VASCA ROMANA DEI PRATA FLAMINIA |
Qui il popolo tiene liberamente i suoi plebiscito, sotto la presidenza e la direzione dei tribuni; qui celebra i suoi giochi, i ludi plebei, eguale alla corrispondente dei ludi romani, ma sotto la presidenza dei suoi propri edili; di qui si oppone al patriziato e ad uno, ad uno, ne accomuna i privilegi esclusivi; di qui essa colpisce, secondo la leggenda, la classe nemica in uno dei suoi capi maggiori, Tito Manlio, sottraendolo, anche materialmente, alla protezione di essa, ed alla vista del Campidoglio, testimone perenne delle sue gesta.
E' qui, a breve distanza dal Senato, nel Senaculum dell'Apollinar, entro i limiti tracciati dalla verga dell'augure, che arditamente si oppone alle decisioni di esso e, a suo dispetto, decreta il trionfo ai consoli suoi protettori: Valerio ed Orazio, trionfando essa stessa, secondo il detto di G. Claudio, non dei nemici di Roma, ma del senato patrizio (a. d. R. 305 - a. c. 449).
Secondo Plutarco, un tal Flaminio avrebbe fatto dei suoi campi presso il Tevere al popolo romano, e nella dotazione che, dei redditi di essi, avrebbe costituita per la celebrazione dei giochi da eseguirsi nei medesimi Prata. Nella determinazione di tale posizione giuridica, il pensiero ricorre alla leggenda tramandataci da Aulo Gellio, da Plinio e da Plutarco, relativa ad un munifico dono al popolo fatto da una Vestale, Gaia Taracia, che avrebbe avuto per oggetto il campus Tiberinus sive Martius, onde alla Vestale stessa, in virtù di una lex Horatia, sarebbero stati conferiti privilegi speciali.
LUDI APOLLINARI |
Tutto, quindi, rivela l'intima coscienza di quegli autori di ritenere ammissibile un carattere originariamente privato di quella parte del Campo, costituente i Prata, laddove in Livio e Dionigi si rispecchia un'assoluta inconcepibilità che il vero e proprio Campus Martius potesse essere soggetto a proprietà privata.
Oppure che nei Prata non sia a riconoscersi che il primitivo Campus Tiberinus, ab antiquo proprietà popolare, della quale possono essere alterato ricordo le relative leggende di donazione e lasciti.
Delle due ipotesi, considerato che l'erezione del circo, trovava ragione ο pretesto in fatti locali d'indole speciale e del tutto alieni da capricciose liberalità di ricchi privati, a me sembra più probabile la seconda.
Ciò apparirà tanto più verosimile se ammettiamo, che la denominazione di Prata Flaminia si riferisca, tutto al più, al tempo del più antico annalista, cui avrà attinto Livio, sia pur questo Fabio Pittore, quando già il Circo era sorto; nè quindi farà più meraviglia di vedere localizzati in quei Prata avvenimenti tanto precedenti, poiché, in realtà, le riunioni plebee, che avvenivano al tempo di quegli annalisti, nel luogo da essi chiamato Prata Flaminia, saranno senza dubbio avvenute nel medesimo, od in altro propinquo, anche quando, sì questo che quello, non avevano che la designazione generica di Campus Tiberinus.
LUDI TAURI |
L'erezione del circo non fece che circoscrivere e localizzare maggiormente l'uso del popolo della zona, onde la proprietà privata trovò più libero sviluppo contribuendo all'incremento del primitivo borgo "extra portam Carmentalem", ma, oltre il Circo, rimase sempre libera agli esercizi popolari, fino al I sec. dell'Impero, una larga zona prossima al Tevere, ove ai tempi di Orazio, i giovani si preparavano con gli esercizi ginnastici al servizio militare.
Così l'uso pubblico di una parte della zona, coesistente alla proprietà privata, ο gentilizia, di altre parti della medesima; la denominazione speciale ristretta in origine ad una sola parte della regione, trovano una logica e naturale spiegazione, senza necessità di ricorrere: rispetto al primo, alla supposizione di una totale proprietà privata sottoposta a troppo larga e frequente servitù del popolo; rispetto alla seconda, a quella di una proprietà dei Flamines come, genialmente, ma con nessun fondamento, ha supposto il Gilbert.
Il passaggio graduale da una iniziale proprietà gentilizia, al promiscuo e contemporaneo uso pubblico e privato della zona, fino agli infrangibili limiti religiosi e politici del Campus, propriamente detto, a me pare risponda pienamente alla contemperanza degli elementi leggendari, storici e di fatto, che informano lo sviluppo di questa parte della città. Ma, sia la costruzione del circo, che lo sviluppo della zona dei Prata, sono in stretto rapporto con la presenza e lo sviluppo del culto di Apollo, specialmente se tengasi conto dello speciale carattere assunto in questo luogo da Apollo, come Dio risanatore e benefico.
Questo, infatti, si ricollega strettamente alla natura malsana del suolo, frastagliato da paludi e da rivi, spesso ricoperto dal fiume nelle sue inondazioni; mentre l'origine ellenica del culto introduce un altro fattore di non lieve importanza, anche sotto l'aspetto edilizio, cioè la sempre crescente influenza dello spirito greco, che avrà, nella regione medesima, la più evidente espressione nel carattere dei suoi futuri edifici. Un intimo nesso sembra quindi intercedere tra l'affermarsi definitivo nei Prata del culto di Apollo e l'erezione del circo, il quale, quindi, fu, ο almeno apparve, una necessaria conseguenza di quello."
IL CIRCO FLAMINIO
Festo riferisce che il Circo Flaminio venne edificato in campo Marzio nel 221 a.c. da quel Caio Flaminio Nepote che fu ucciso da Annibale al Trasimeno, e situato nei prati (Prata) che già si chiamavano Flaminii. Il Circo dette il nome alla regione in cui si allocava e sorse sui terreni di proprietà della Famiglia Flaminia detti Prata Flaminia o Campus Flaminius.
Nel 449 a.c. iniziano in Prata Flaminia i Ludi Plebei. I giochi iniziavano con l'Epulum Iovis in cui si offriva da mangiare al Dio in ciotole di legno, vasi di creta e canestri.
Nel 296 a.c., il console Appio Claudio Caecus fece costruire un tempio della Dea Bellona, di fronte al tempio, durante la guerra contro Pirro (280-275 a.c.), fu sollevata la Columna Bellica. Contro di essa all'inizio di ogni guerra una lancia come se la colonna fosse sulla base nemica.
BIBLIO
- Mario Torelli, Mauro Menichetti, Gian Luca Grassigli - Arte e archeologia del mondo romano - Longanesi - 2010 -
- Floro - Epitoma de Tito Livio bellorum omnium annorum DCC - I -
- Samuel Platner - A Topographical Dictionary of Ancient Rome - Oxford University Press - 1929 -
- Filippo Coarelli - Storia dell'arte romana. Le origini di Roma - Milano - ed. Jaca Book -
- Filippo Coarelli - Guida archeologica di Roma - Arnoldo Mondadori Editore -Verona - 1975 -
Molto interessante il rilievo dato all'aspetto sociale e politico della Roma di quegli anni lontani
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