MEDITRINALIA (11 ottobre)



DA MEDITRINA A GIOVE

Abbiamo poche informazioni sulla Meditrinalia della prima religione romana, in quella più tarda era collegata a Giove come cerimonia importante nella Roma agricola. La Meditrinalia celebrava la fine della vendemmia ed era la festa dedicata alla lavorazione del vino.

Non è mai citata una Dea che si chiami Meditrina. Tuttavia si tratta di una festa già in disuso ai tempi di Varrone e nominata poi di nuovo solo ai tempi della riforma di Augusto.

Un tempo all'antica Dea si sacrificava la focaccia e il vino, ma per "sacrificare" s'intendeva all'epoca rendere sacro attraverso un rito o una preghiera, non significava bruciare la focaccia o versare il vino sull'altare, perchè sprecare il cibo non era ben visto dalla Dea. 

Tanto è vero che i fedeli si riunivano accanto a un fuoco, o a un altare e il sacerdote, in genere una sacerdotessa, distribuiva le focacce e diceva:
"Mangiate le focacce, esse sono il corpo della madre Terra."
Poi versava il vino e diceva:
"Bevete il vino, esso è il sangue della Madre Terra". 

Così tutti mangiavano, bevevano e ringraziavano la Dea Meditrina, cioè la Madre Terra che li nutriva. In effetti la farina era il prodotto della spiga impastato con l'acqua delle sorgenti e il vino era il prodotto dell'uva che era a sua volta il prodotto della terra.

Grazie a questo rito tutti si sentivano figli della Grande Madre che li nutriva, e pertanto fratelli. Poi venne il cattolicesimo che a sua volta impastò la farina con l'acqua facendone ostie, e poi offrì il vino, anzi dopo lo bevve solo il prete perchè costava meno.

Comunque offrirono le ostie dicendo che si trattava del corpo di Cristo e il vino era il sangue di Cristo, ma non ci si capì più niente, per cui dissero che si trattava di un mistero, il "Mistero della Transustanziazione", che significa il Mistero di un cambiamento di sostanze, e rimase ancora più oscuro.




IL SIGNIFICATO DEL NOME

Varrone riporta una formula antica, recitata durante la degustazione del vino nuovo: "Novus-vetus vinum libo; novo-veteri vino morbo medeor"
("Bevo vino nuovo-vecchio, curo con tale vino nuovo-vecchio la malattia").

- Da questa formula e dall'antico concetto del vino come medicina deriverebbe secondo alcuni il nome di Meditrinalia, dal latino mederi , "guarire".  Ma non è così, perchè andrebbe escluso il "trina", parola inequivocabile.
- La festa secondo altri potrebbe essere stata così chiamato dal termine medendum (mischiato), perché i romani iniziavano a bere vino nuovo, che mischiavano con il vecchio e che a loro avviso ritemprava il loro fisico. Ma anche qui si escluderebbe il "trina".
- Secondo altri ancora Meditrina non sarebbe stata una Dea romana ma solo un'invenzione tardo romana per spiegare l'origine di Meditrinalia. Il primo ad associare le Meditrinalia a una Dea fu il grammatico del II secolo Sesto Pompeo Festo, sulla base del quale è ritenuta da fonti moderne Dea romana della salute, della longevità e del vino, con significato di "guaritrice".

Varro [De Lingua Latina, 6.21] dice quanto segue in questo giorno:
"Dies Octobri Meditrinalia dictus est a medendo, quod Flaccus flamen Martialis dicebat hoc die solitum vinum novum et vetus libari et degustari medicamenti causa; quod facere solent etiam nunc multi cum dicunt: 'Novum vetus vinum bibo: novo veteri morbo medeor'."
"Il giorno dei Meditrinalia nel mese di ottobre è stato chiamato da 'mederi' (da guarire), come Flamen Martialis Flaccus soleva dire che in quel giorno era usanza fare una libagione di vino vecchio e nuovo e assaggiarlo in per essere guarito. Molti sono abituati a farlo anche adesso quando dicono: "Vino nuovo e vecchio bevo, di malattia nuovo e vecchio sono guarito" ".

Il vino novello veniva mescolato con il mosto bollito dell'anno precedente (il vin cotto), ed era un modo per preservarlo (Columella 12; Pall. Agric. 11, 14 e 17-19; [1. 916-919]). La miscelazione del vino comunque non solo doveva preservare le sue qualità, ma la libagione di una miscela di vino nuovo con quella dell'anno precedente era vista come un presagio per il futuro.




LA DEA TRINA

    In realtà Meditrina era un aspetto dell'antica Dea e significava colei che sta nel mezzo della divinità Trina. L'antica Dea era infatti Trina, tre Dee in una: la Dea che dà la vita, quella che nutre e quella che dà la morte. Il vino era legato al nutrimento per cui alla Dea centrale della divinità. Pertanto la Festa della antica Dea Tellus era stata trasformata in festa di Giove.

    Qual'era la malattia che veniva curata col vino? Le sofferenze della vita, la sofferenza del vivere. Bevendo il vino si dimenticano gli affanni, questo era il regalo della Dea agli uomini. Bere il vino nuovo insieme al vecchio era unire affanni passati e affanni presenti, curandosi di entrambi.

    La divinità onorata oggi è invece Iuppiter (basata sui Fasti Amiternini), onorata anche nella Vinalia del 23 aprile. La festa prevedeva la degustazione e la libagione del mosto fresco.

    E che c'entrava Giove col cibo e col vino per lenire gli affanni? Nulla ma avendo perduto il ricordo dell'antica Dea preferirono dedicare la festa al nuovo Padre, che sembrava più potente dell'antica Madre.



    LA CERIMONIA

    Mentre l'antica Dea non richiedeva sacrifici di animali, il culto di Giove richiedeva il sacrificio di un toro o di un bue, in genere bianco. All'uccisione rituale seguiva lo smembramento dell'animale, con le interiora che venivano bruciate sull'ara ai piedi del tempio e con il resto della carne fatto a pezzi e diviso tra i presenti, sacerdoti e personalità, ma la parte maggiore veniva distribuita al popolo. Seguiva poi la distribuzione del vino, popolo compreso, a cui seguivano danze e balli per le strade.

    Ma la cerimonia più suggestiva era nelle campagne, dove si ornavano le erme dei campi con ghirlande di fiori e grappoli d'uva, poi veniva fatta una preghiera e si apparecchiava all'aperto con focacce, vino olive e formaggio, e tutti bevevano e facevano brindisi augurali, prima a Giove e agli altri Dei, poi ai padroni e agli invitati.

    La festa, per lo più campagnola, si protraeva fino al tramonto, quando la gente, piuttosto alticcia per il bere e stanca di ballare e cantare. se ne andava a letto tranquilla.


    BIBLIO

    - George Dumezil - La religione romana arcaica - a cura di Furio Jesi - Rizzoli Editore - Milano - 1977 -
    - W. Warde Fowler - The Roman Festivals of the Period of the Republic: An Introduction to the Study of the Religion of the Romans - London - Macmillan and Co. -1899 -
    - H.H. Scullard - Festivals and Ceremonies of the Roman Republic - London - Thames and Hudson - 1981 -
     - Plutarco - Vita di Romolo - 29, 2-11 -

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