La Tomba dell’airone è un sepolcro familiare del periodo imperiale, II sec. d.c., interamente scavato nel tufo, con volta a botte e si trova nella necropoli portuense, tra Monteverde e Pozzo Pantaleo, sfuggito alla distruzione degli speculatori edilizi perché si trova sotto una strada pubblica, l’attuale via Ravizza. Vi si accede dal garage condominiale al civico 12, con una galleria e una porticina in ferro si arriva sotto la strada, nella camera funeraria.
Il sepolcro presenta affreschi di airone, pavone, colomba, anatra e tre cavalli marini, di dimensioni 6,40 m × 4,20, i volatili nel momento in cui stanno per spiccare il volo o lo hanno appena intrapreso,
e rappresentano il volo dell’anima verso l’Aldilà, mentre i tre cavali marini (animali fantastici dal corpo di serpenti e il busto di cavalli) hanno la funzione apotropaica di proteggere la tomba dagli spiriti dell’Ade. Tra le pitture la più suggestiva è quella dell’airone, raffigurato nell’atto di levarsi in volo trasportando un nastro flessuoso, con tonalità che vanno dal bianco al grigio e al rosa.
PROSPETTI |
Tre piccoli affreschi invece riproducono animali fantastici (due nella nicchia del pater familias; un terzo in una nicchia laterale), una specie di cavalli marini, per metà serpenti marini e per metà cavalli, cioè ippocampi. Come decorazioni minori una patera, rose rosse, una cesta con fiori, un candelabro e una maschera.
Il pavimento contiene sia fosse che sarcofagi a cassone per le inumazioni, mentre le sepolture alle pareti sono a colombario con file ordinate di nicchie, con altre in ordine sparso vicine al nicchione (arcosolio) del pater familias.
LA LOCAZIONE
Il sepolcro si trova in una porzione periferica nella vasta area necropolare portuense, probabilmente legata al diverticolo di collegamento tra l’interno (Monteverde) e Pozzo Pantaleo.
Mentre le sepolture alle pareti sono all’interno di un colombario disposto in file ordinate di nicchie, e altre ve ne sono in ordine sparso vicine al nicchione (arcosolio) del pater familias.
I quattro affreschi principali riproducono con vivido realismo altrettanti volatili, di specie diverse. Essi sono tutti rappresentati nel momento in cui stanno per spiccare il volo o lo hanno appena intrapreso,
L’affresco dell’airone (posto alla destra dell’entrata) ha tratti di grande realismo. Il volatile è rappresentato nell’atto di distendere le ali per alzarsi in volo, con colori di tonalità che vanno dal bianco al grigio al rosa.
L’animale afferra con le zampe un nastro flessuoso di color porpora, il quale compone nell’aria, con alcune volute, il monogramma « M ». Il monogramma cela probabilmente il nome della famiglia proprietaria del sepolcro.
Qualcuno ha pensato, ma con un po' di fantasia, che si potesse trattare dei Manlii, l’antica Gens Manlia all’origine del toponimo Magliana. Si trattava comunque di una famiglia benestante e ben in vista se, per evocarla ai contemporanei, era sufficiente citarne solo l’iniziale.
Sopra la nicchia del pater familias si trova il secondo affresco, il quale raffigura un pavone in movimento, a terra, con le ali ancora chiuse e la coda distesa. Sulla parete sinistra è presente una colomba già in volo che si abbevera in un vaso: infine un terzo affresco raffigura un’anatra.
Gli uccelli in volo, secondo alcuni studiosi, rappresenterebbero simbolicamente le anime dei defunti che, staccatesi da terra, si levano in volo verso la dimensione dell’Aldilà. Ma i romani non ponevano l'aldilà nel cielo ma semmai sottoterra.
UCCELLO IN VOLO |
In quanto ai cavalli marini, per metà serpenti marini e per metà cavalli, che alcuni hanno chiamato erroneamente con il nome di ippocampi, non sono cavalli marini e anche se lo fossero non avrebbero significato apotropaico contro gli spiriti malvagi, come sostenuto da alcuni. Le funzioni decorative volevano essere semplicemente decorative, cioè portare fantasia, leggerezza e bellezza nel luogo funebre.
La paura della morte non era sentita dai romani come da noi oggi. La frase famosa che si poneva nelle stele funerarie "Che la terra ti sia lieve" (Sit tibi terra levis), denota una connotazione coraggiosamente laica, con riferimento alla vita e alla morte, ma quest'ultima vissuta come compimento naturale della vita (festina lente velociter labuntur anni - affrettati con lentezza, gli anni scorrono veloci). Il richiamo alla morte è invito a vivere intensamente la vita e non a deprimersi.
Pertanto si cerca di rallegrare il passaggio del defunto con immagini tranquille e insieme liete, che possano non far pesare troppo la terra che lo ricopre al defunto stesso. Uno dei maggiori valori romani era quello dell'affrontare la morte senza paura.
BIBLIO
- Prof. Fabrizio Bisconti - Le pitture delle catacombe romane - Sintesi di Archeologia -
Università degli Studi Roma Tre - Archeologia -
- Leonella De Santis e Giuseppe Biamonte - Le catacombe di Roma - Roma - Newton Compton Editori - 2011 -
BIBLIO
- Prof. Fabrizio Bisconti - Le pitture delle catacombe romane - Sintesi di Archeologia -
Università degli Studi Roma Tre - Archeologia -
- Leonella De Santis e Giuseppe Biamonte - Le catacombe di Roma - Roma - Newton Compton Editori - 2011 -
0 comment:
Post a Comment