CARTHAGO - CARTAGINE (Tunisia)

CARTAGINE SOTTO DOMINAZIONE CARTAGINESE

"Come sostiene Catone in un discorso tenuto in senato, la città di cui parliamo (cioè Cartagine) fu costruita, al tempo in cui regnava in Libia, il re Iapon, da una donna di nome Elissa, di provenienza fenicia, e fu chiamata Cartada, che in lingua fenicia appunto significa “Città nuova”. Poi, con traduzione dal fenicio al punico, la donna fu chiamata Elisa e la città ebbe nome Cartagine» 

(Opere di Marco Porcio Catone Censore)

Cartagine è oggi un elegante quartiere residenziale di Tunisi, ma risale al IX secolo a.c., e fu per molto tempo la regina del Mediterraneo. Possiede numerosi siti archeologici, per la maggior parte romani, ma anche punici. Il 27 luglio 1979 è stata classificata come patrimonio dell'umanità dell'UNESCO.

Conosciuta come potenza marittima, commerciale e militare Cartagine si era spinta fino alle isole italiche. Per conflitti commerciali, Cartagine è giunta alla guerra con i romani.

IL PORTO DI CARTAGINE SOTTO DOMINAZIONE CARTAGINESE

Tra il 218 e il 217 a.c. Annibale, giovane generale cartaginese, attraversa le Alpi alla guida di un esercito composto da 38.000 soldati, 8.000 cavalieri e una quarantina di elefanti. Il suo piano è di portare l’attacco al cuore del nemico, fino a conquistare Roma e ottenere il dominio del Mediterraneo.

Vince di seguito le prime battaglie, sul Trebbia, sul lago Trasimeno, a Canne,  ma una volta arrivato alle porte di Roma temporeggia, il suo esercito è stanco e il nemico riesce a riorganizzarsi, fino a riportare lo scontro in Africa.

RICOSTRUZIONE
Tenace propugnatore della distruzione di Cartagine fu il senatore Catone il Censore; il suo principale alleato, o strumento di persuasione, fu un frutto di fico. Un giorno, Catone si presentò al Senato con una cesta piena di fichi.

Già molte volte il vecchio Senatore aveva cercato di convincere l’organo supremo della Repubbica a muovere nuovamente guerra contro Cartagine, la potente città di origine fenicia posta sull’altra sponda del Mediterraneo. Ma i suoi colleghi erano restii a scendere in guerra nuovamente, e per la terza volta, contro i Punici.

Catone fece distribuire i fichi ai senatori, che apprezzarono e ringraziarono. Poi Catone prese la parola, e domandò se i fichi erano sembrati abbastanza freschi. Tutti ne convennero, e allora Catone tirò fuori l’asso dalla manica: i fichi erano stati raccolti a Cartagine, ed erano, fuor di dubbio, freschi. Con ciò il Senatore aveva dimostrato la pericolosa vicinanza della città nemica.

Catone ripetè ancora con veemenza il suo “Delenda Carthago!”, ma questa volta il Senato non potè che essere d’accordo con lui.

ANNIBALE
L’assedio di Cartagine ad opera di Scipione Emiliano durò dal 149 al 146 a.c. e fu durissimo perché i cartaginesi, rifiutata l’offerta di evacuare la città, opposero una resistenza disperata.

Dopo tre guerre puniche, Cartagine venne sconfitta definitivamente dai Romani che la distrussero completamente nel 146 a.c.  Nel corso del lungo assedio la città punica soffrì la fame e la pestilenza, infine Cartagine fu rasa al suolo, bruciata, le mura abbattute, il porto distrutto e 50 mila uomini e donne furono catturati e ridotti in schiavitù. Secondo la tradizione, sulle rovine di Cartagine venne sparso il sale: un atto simbolico per rendere sterili i resti e sancire l’impossibilità di ricostruzione.

In seguito però gli stessi Romani la ricostruiscono nel 29 d.c. per volontà di Ottaviano Augusto. Gradualmente Cartagine tornò ad essere lo splendore che era un tempo e i Romani la nominarono Capitale della Provincia Romana d'Africa.

IL PORTO CARTAGINESE OGGI

CARTAGINE PUNICA

Ma la storia di Cartagine risale ad almeno sei secoli prima, ufficialmente all’814 a.c. La leggenda vuole che sia stata fondata da Didone, fuggita da Tiro dopo che Pigmalione, suo fratello, le aveva ucciso il marito per salire al trono.

Il nome di Cartagine deriva dal punico Qart Hadasht = città nuova. Birsa significa "luogo fortificato", ma anche, secondo un'antica interpretazione, "pelle", intendendo la pelle di un bue, di un toro.

La leggenda narra che la città sorse come colonia fenicia, fondata dalla principessa Melissa (Didone), figlia del re di Tiro (Muttone), tradita dal fratello Pigmalione che le aveva ucciso per interesse il ricchissimo sposo Sicherba (Sicheo). Fuggita in Africa e giunta sulle sponde tunisine, aveva ammirato la posizione strategica di questo territorio elevato di fronte al mare. Chiese dunque ai locali il permesso di fermarsi, occupando alcune terre.

Ma il principe indigeno Iarba le accordò solo "lo spazio occupato dalla pelle di un toro". Melissa però non si perse d'animo e fece tagliare la pelle di un bue in modo da ottenere una sottilissima e lunga striscia che fu stesa sulla collina a segnare i confini della nuova proprietà.

ROVINE DI CARTAGINE
Qui dunque sorsero le prime abitazioni di Cartagine di cui Melissa fu regina, e la collina conserva tuttora il nome di Birsa. Ricorda il rito etrusco e pure romano di tracciare il solco della proprietà con l'aratro. Il perimetro veniva stabilito dal solco dell'aratro effettuato dal sorgere al calar del sole.

La regina fuggiasca e il suo gruppo di esuli,  costruirono dunque un nuovo insediamento sulle coste dell’attuale Tunisia, portando la loro cultura e la loro civiltà. I vari livelli dell'epoca punica
si trovano nella parte inferiore della collina, sul suo versante più meridionale con una necropoli di tombe risalenti al secolo VII, rimpiazzate da officine metallurgiche datate IV-III secolo a.c.

RESTI DI CARTAGINE PUNICA CON COLONNE ROMANE
Si tratta di un quartiere d'abitazioni concepito secondo un piano generale che ben si adattava al pendio naturale del terreno, con belle vie larghe da sei a sette metri, e l'acqua sporca era raccolta in pozzetti scavati al centro delle stesse vie.

Ampie sono le tracce della tecnica edilizia dell'opus punicus, la stratificazione delle macerie delle epoche diverse, resti di case romane con l'impluvio e il peristilio, e poi mosaici di epoca bizantina, tracciati di basiliche e battisteri, tronconi di colonne emergenti dal terreno in una zona ombrosa dove la vegetazione s'insinua nella vita millenaria trascorsa, ma non perduta.

Cartagine divenne colonia romana nel 44 a.c., sotto Giulio Cesare, ma solo sotto l'imperatore Augusto, ne sarà il vero fondatore ordinandone la ricostruzione, fra Byrsa ed il mare. 

Cartagine è fin dall'inizio la capitale della nuova provincia romana d'Africa e, tra le città dell'impero, la seconda dopo Roma, centro di civiltà anche durante le invasioni dei Vandali iniziate nel secolo V e perdurate circa cento anni.

La conquista bizantina avvenne nel VII secolo (nel 695), ma poi la città dovrà arrendersi al generale arabo Hassan lbn Noaman che distrusse irrimediabilmente la città politeista. Della Cartagine punica, distrutta prima dai romani e poi definitivamente dagli arabi intorno al 700 d.c., non restano che poche rovine.
Le vestigia più interessanti si trovano sulla collina di Birsa, dove sorgeva l’acropoli, all’epoca circondata da una cinta di mura. Vi sono state trovate alcune sepolture, ma nessuno degli edifici pubblici e delle abitazioni è sopravvissuto alle conquiste.

La Cartagine punica era comunque molto evoluta, nelle case esistevano i servizi igienici con le tubature e perfino le vasche da bagno. Ovunque sorgevano templi e splendidi edifici, e nelle case regnava ovunque il simbolo della Dea Tanit, la Grande Dea Madre dei cartaginesi.

TOPHET

IL TOPHET

Poche tracce indicano il santuario di Tophet, il luogo destinato alle sepolture infantili, nei cui pressi sorgeva un tempio dedicato agli Dei fenici Tanit e Baal, individuato nel 1921, per i quali di dice venissero immolati i figli dei nobili cartaginesi. In realtà non c'è un solo documento che riporti questa barbara usanza e se così fosse stato le fonti romane ne avrebbero sicuramente e diffusamente parlato.

Questa credenza venne messa in circolazione dalla nuova religione cristiana che tendeva a demonizzare tutte le altre religioni. Il fatto che esistessero dei cimiteri riservati ai bambini defunti non significa che venissero sacrificati. Gli etruschi per esempio ponevano le tombe dei piccoli al di fuori delle grandi tombe a tumulo, ma non per questo sacrificavano il loro figli.

PAVIMENTO PUNICO DI BIRSA
Il tofet (o tophet) è un santuario fenicio-punico a cielo aperto, consistente in un'area consacrata dove venivano deposti e sepolti ritualmente i resti combusti dei sacrifici e dalle sepolture infantili.
Una zona ristretta dell'area era in genere occupata dalle installazioni per il culto (sacelli e altari). Molti cinerari erano accompagnati da stele con iscrizioni.

Si trova di solito in un'area periferica della città, nei pressi della necropoli. Tofet sono stati rinvenuti a Cartagine, a Hadrumetum ed in altre città puniche dell'Africa settentrionale. In Italia sono presenti a Mozia e Solunto in Sicilia, e a Tharros, a Sulki (Sant'Antioco), sul Monte Sirai (a Carbonia), a Nora e a Bithia, in Sardegna, ma anche qui non vi fu traccia di sacrifici umani.

Se ce ne fossero stati Catone anzichè portare i fichi cartaginesi a Roma, avrebbe parlato dei barbari infanticidi dei cartaginesi, un'ottima scusa per invadere Cartagine.

Viene citato nella Bibbia nel 2 libro dei Re 23,10 e in Geremia 7,31, come luogo dove i fanciulli erano «passati per il fuoco» in onore del dio Moloch o Melqart. Ma anche gli ebrei demonizzavano tutte le altre religioni, le religioni monoteiste odiano e diffamano ogni altra religione, venendo meno a quella splendida tolleranza che fu il vanto della civiltà romana. Anche la greca Demetra passò per il fuoco il figlio del re, ma era un rito per farlo diventare immortale.

NAISKOS - TEMPIETTO PUNICO
Recentemente tuttavia alcuni studiosi tendono a considerare che si trattasse piuttosto di aree di sepoltura separate (spesso infatti sono in prossimità delle necropoli), destinate alle tombe infantili.

Anche in altre culture le sepolture dei bambini tendono ad essere separate da quelle degli adulti. Inoltre Tanit e Baal sembrano avere caratteristiche di divinità benevole.

Le analisi dei resti ossei sembrerebbero confermare questa interpretazione.

« Perché i figli di Giuda hanno commesso ciò che è male ai miei occhi, oracolo del Signore. Hanno posto i loro abomini nel tempio che prende il nome da me, per contaminarlo.

Hanno costruito l'altare di Tofet, nella valle di Ben-Hinnòn, per bruciare nel fuoco i figli e le figlie, cosa che io non ho mai comandato e che non mi è mai venuta in mente. 

Perciò verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali non si chiamerà più Tofet né valle di Ben-Hinnòn, ma valle della Strage. Allora si seppellirà in Tofet, perché non ci sarà altro luogo. I cadaveri di questo popolo saranno pasto agli uccelli dell'aria e alle bestie selvatiche e nessuno li scaccerà. » (Gr 7,30-33)

« Allora io diedi loro perfino statuti non buoni e leggi per le quali non potevano vivere. Feci sì che si contaminassero nelle loro offerte facendo passare per il fuoco ogni loro primogenito, per atterrirli, perché riconoscessero che io sono il Signore. » (Ezechiele 20,25-26)
Ecco che in questo passo il Dio ebraico si confessa autore degli efferati crimini che egli stesso condanna pur essendone la causa.

Del resto nel medioevo, nei posti e nei periodi in cui l'antisemitismo era più forte, gli ebrei furono spesso accusati di rapire bambini cristiani per bruciarli vivi in rituali in qualche modo legati alla venerazione di Moloch. Gli stessi cristiani vennero imputati di sacrificare i bambini.

RESTI DELLA CARTAGINE ROMANA

CARTAGINE ROMANA

Alla fine del I secolo a.c., durante imponenti lavori di rinnovo della città, la collina di Byrsa fu abbassata, rimodellata e trasformata in un ampio terrapieno. Su questa nuova acropoli i Romani eressero verso il II secolo i monumenti pubblici più importanti: templi, basiliche, portici, biblioteche ecc. che ci confermano in questo luogo la posizione del foro romano della colonia Cartagine, mentre all'estremità occidentale si elevava il campidoglio, celato per sempre sotto la cattedrale di San Luigi, ora sconsacrata ed adibita a centro culturale.

Uno stagno in riva al mare, poco più a nord, è invece quel che resta dei due grandi porti, quello mercantile e quello militare, che avevano fatto la grandezza di Cartagine.

RESTI DI CASA PUNICA

TERME ANTONINE

Le Terme di Antonino sono l'edificio più danneggiato dall'iconoclastia religiosa, ancora più che dal tempo, a mano di un violentissimo terremoto, e la zona non è sismica, le colonne, soprattutto di quella portata, non crollano da sole.

A Roma il Pantheon venne trasformato in chiesa perchè era praticamente impossibile abbattere le sue colonne, e altrettanto per le colonne, sempre a Roma, del tempio di Antonino e Faustina, dove si vede chiaramente il segno lasciato dalle funi di metallo usate per tirare giù le colonne per distruggere il tempio. Del resto se fossero cadute se ne troverebbero gli imponenti massi a terra, come si trovano nei templi dorici nella piana di Agrigento in Sicilia.

RICOSTRUZIONE DEL CIRCO ROMANO DI CARTAGINE
(INGRANDIBILE)
Pertanto  è stato realizzato un modello dove i turisti possono apprezzare la bellezza dell'edifico all'epoca romana. Con le loro grandi dimensioni, questi bagni sono stati probabilmente tra i più importanti dell'Impero Romano.

Delle imponenti terme di Antonino, costruite tra il 146 e il 162 d.c. oggi è visibile soltanto il basamento, dove sorgevano le stanze degli inservienti con i magazzini e i forni in cui si scaldava l’acqua (poi inviata alle sale termali, situate al piano superiore), sorretto da colonne gigantesche. Una di queste, è stata ricostruita negli ultimi anni: è alta 15 metri e sormontata da un capitello corinzio.

Le colonne monolitiche di sostegno delle sale delle terme di Antonino, del diametro di quasi 2 metri, dovevano pesare 70 tonnellate. Uno dei capitelli, rinvenuto di recente, è alto un metro per un peso di 4 tonnellate. La volta dell'imponente frigidarium, in fase di ristrutturazione, dovrebbe superare i 20 metri.

Poco distante si trova la basilica di Domus el Karita, il cui nome è probabilmente una storpiatura del latino “Domus Charitatis”, dove Sant’Agostino predicò tra il 399 e il 413.

L'ANFITEATRO

L'ANFITEATRO 

Celebrato come uno dei più maestosi del mondo romano, l’anfiteatro di Cartagine venne costruito fin dalla fondazione della colonia romana, con varie trasformazioni nel corso del II e IV secolo dell'impero. Era famoso fino ai confini dell’impero per le corse dei cavalli e i combattimenti di belve e gladiatori, prima, si tramanda, di divenire luogo di martirio per migliaia di cristiani.

Anche qui la tradizione inganna e la stessa cosa fu detto del Colosseo, ma le fonti hanno smentito la tradizione di stampo cristiano. I grandi anfiteatri, come il Colosseo e l'anfiteatro di Cartagine, non vennero mai usati per il martirio dei cristiani.

Questo perchè le esecuzioni non solo dei cristiani ma dei malfattori, non costituivano grande spettacolo, la gente amava scommettere e pertanto amava le corse e i combattimenti, i gladiatori soprattutto e le belve. Le esecuzioni capitali semmai si usavano nei piccoli anfiteatri dove il lanista poteva investire molto poco per gli spettacoli, data la poca capienza e quindi affluenza degli spettatori. Invece L'anfiteatro di Cartagine poteva contenere circa 36.000 spettatori

PIAZZALE DELL'ACROPOLI ROMANA
L'anfiteatro venne proibito e chiuso, non tanto per la effettiva crudeltà dei suoi spettacoli, quanto per la peccaminosità del divertimento, Agostino dichiara che fu la lussuria a spingere l'edificazione dei luoghi di spettacolo, tanto è vero che prima degli anfiteatri vennero chiusi i teatri, considerati luoghi demoniaci per le donne un po' discinte che vi si esibivano.

Ma oggi vi si riconoscono appena l'arena di forma ovale, la posizione delle gradinate ed i muri di recinzione ristrutturati.

Nel centro dell'arena, fu innalzata una cappella dai Padri Bianchi con una colonna (in realtà bizantina) in memoria delle martiri Perpetua e Felicita gettate in pasto alle belve in quest'anfiteatro per essersi rifiutate di rinunciare alla fede cristiana.

Tuttavia Perpetua, giovane cristiana cartaginese che sognò di combattere il Diavolo, che era sotto forma di un etiope (quindi simile a un cartaginese), fu uccisa insieme a Felicita, Saturo, Revocato, Secondino e Saturnino. Infatti, nell’anfiteatro di Cartagine, li avrebbero fatti aggredire da un ghepardo, un orso e una vacca.
 
Infine furono legati e infilzati da un corpulento gladiatore. Ora le vacche non aggrediscono gli umani, tanto più che sono erbivore, (non aggrediscono nemmeno i tori, per questo li tormentano con le banderillas) e i gladiatori, anzitutto non erano corpulenti ma avevano fisici da paura che facevano impazzire le matrone, e poi combattevano, non facevano i boia.

Sant' Agostino, piuttosto credulo, non cessò mai di gridare contro tali mostruosità per tutta la sua vita, anche se ai suoi tempi gli anfiteatri erano chiusi da un pezzo e cadevano in rovina: in Sermo a Dionisio 24, 13 scrive: "Videte amphitheatra ista, quae modo cadunt. Luxuria illa aedificavit."

L'anfiteatro, già in rovina, venne citato nell'XI secolo dal geografo arabo el-Bekri come il più interessante monumento di Cartagine. Le vestigia attualmente visibili appartengono, nelle parti non ricostruite, a un anfiteatro del I sec., la cui cavea fu ingrandita nel II secolo; si riconoscono ancora i tratti di muro, posti a raggiera, che facevano parte delle sostruzioni della cavea. Un centinaio di m più a sud, rilievi aerei hanno permesso di individuare tracce di mura appartenenti forse allo stadio nominato da Tertulliano.

Una volta abbandonato l'anfiteatro venne via via spogliato per costruire chiese e palazzi, e oggi ne restano poche rovine, che occhieggiano tra il verde dei pini. A nord-est dell’anfiteatro si trova una serie di gigantesche cisterne che costituivano la principale fonte idrica della città in epoca romana.

TEATRO DI CARTAGINE

IL TEATRO

Sono presenti cospicui resti del teatro fatto costruire da Adriano, di dimensioni imponenti e maestoso nell'aspetto, uno dei più grandi in terra d'Africa. Le ampie gradinate sfruttano il declivio naturale del terreno alle pendici di una collina. Vi potevano sedere migliaia di spettatori che potevano godere anche di uno straordinario panorama.

Il teatro occupa una piccola conca ai piedi della collina dell'odeon. Eretto agli inizi del II secolo d.c., fu restaurato in varie riprese prima di essere distrutto dai Vandali nel 439. Completamente ricostruito per gli spettacoli moderni, ospita, fra luglio e agosto, le rappresentazioni allestite nell'ambito del festival culturale internazionale di Cartagine di musica, canto e danza.

L'insieme, di dimensioni notevoli, comprendeva tre gallerie concentriche (ambulacri) e, in alto, un portico colonnato. Gli scavi hanno portato alla luce anche numerose statue, tra cui una, colossale, di Apollo, oggi al Museo del Bardo.

RESTI DELL'ODEON ROMANO

L'ODEON

Sulla sommità dell'omonima collina si trova l'odeon, costruito secondo Tertulliano negli anni 205-210 per celebrare i giochi Pitici. Distrutto in parte dai Vandali assieme all'adiacente teatro, i suoi materiali furono utilizzati per la costruzione delle fortificazioni bizantine.

Sebbene il complesso versi oggi in grave stato di abbandono, è possibile riconoscere abbastanza facilmente l'orchestra, che conserva in parte la piastrellatura a marmi policromi, e il basso muro (pulpitum) sul quale poggiava la scena e dove una serie di nicchie ospitava statue a grandezza naturale. Le fondazioni della parete esterna della scena, assai imponenti, ne suggeriscono l'altezza totale, mentre la notevole quantità di statue rinvenute nel corso degli scavi indica che il complesso presentava una sontuosa decorazione.

CIRCO IN UN MOSAICO CARTAGINESE DEL VI SECOLO

IL CIRCO

Dopo aver abbandonato l'anfiteatro, procedendo ancora più a sud la strada che va da la Marsa a la Goulette taglia l'area sulla quale sorgeva un circo romano o ippodromo, le cui dimensioni ricordano quelle del grande circo di Roma.

I romani a Cartagine si dotarono dunque oltre che del teatro, dell'odeon e dell'anfiteatro, anche del circo, con grande disapprovazione dei religiosi cristiani che vedevano in tutto ciò che divertiva, l'opera del diavolo, mentre erano graditi a Dio l'espiazione, l'astinenza, i digiuni e perfino l'autoflagellazione, in poche parole la mortificazione della carne.

Dell'edificio, in grado di accogliere oltre 200000 persone, sono stati portati alla luce i resti della spina, che divideva in due l'arena e attorno alla quale giravano i carri. Le corse dei carri furono l'ultimo spettacolo a scomparire, tollerato in quanto non licenzioso.

VILLA ROMANA

PARCO DELLE VILLE ROMANE

La collina della Byrsa, il centro antico della città punica, offre una splendida vista del porto punico e i resti di quelle che all'epoca dovevano essere splendide ville romane decorate con meravigliosi mosaici. Di particolare interesse per ammirare la struttura delle abitazioni, è inoltre il Parco delle Ville Romane, che si estende fino al mare. Qui gli scavi hanno individuato un gran numero di dimore patrizie, i cui mosaici sono conservati al Museo del Bardo, a Tunisi.

VILLA DELLA VOLIERA
In età romana sorsero numerose ville aristocratiche. La struttura di queste ville riprendeva la icnografia di quella romane, con tutti i comodi e gli agi che i proprietari si riservavano durante l'età imperiale. Elemento centrale della villa era il peristilio con gli ampi colonnati che si affacciavano sul giardino interno permettendo di collegare fra loro le camere della villa.

L'edificio principale è una casa romana del III secolo parzialmente ricostruita nel 1960 per essere utilizzata come antiquarium e detta casa della Voliera per il mosaico che vi fu scoperto. 

La terrazza, dalla quale si ha una bella vista su Cartagine è ornata con colonne a peristilio, iscrizioni, frammenti di sculture, statue (fra cui un bel busto di efebo) e pavimenti a mosaico.

Il quartiere delle ville romane a Cartagine si stendeva sul fianco orientale della collina dell'Odeon e si sovrappose ad una necropoli punica del III e II secolo a.c. Al di sotto e più a nord si stende un intero quartiere di case, scavate all'inizio del secolo e attualmente poco leggibili; vi si riconoscono muri portanti e cisterne di notevoli dimensioni.

VILLA DELLA VOLIERA

Villa della Voliera

La più importante è la Villa della Voliera realizzata nel III sec. chiamata in questo modo grazie al soggetto di un mosaico. Questo peristilio ha una splendida vista su Cartagine e Sidi Bou Said.

Il nome della Voliera deriva da un mosaico raffigurante numerosi uccelli, e conserva uno splendido peristilio. La terrazza della Casa della Voliera è ricoperta da una vasta pavimentazione, proveniente da un’altra residenza, che alterna pannelli quadrati a mosaico, raffiguranti cavalli e cavalieri, ad altri di marmo. Dei 98 elementi originari, se ne sono conservati 62.



IL MUSEO

In stile arabeggiante, il Museo di Cartagine ( qui sullo sfondo di alcuni reperti di epoca romana), ospita collezioni appartenenti a tre grandi periodi: fenicio-punico, afro-romano e arabo, conservando statue e frammenti di mosaici ritrovati negli scavi. 

Il museo occupa i locali del Seminario dei Padri Bianchi accanto alla cattedrale di San Luigi, costruita dai francesi nel 1890. Qui si trovano vasi, sculture, iscrizioni e ceramiche scoperti durante gli scavi, ultime testimonianze della Cartagine punica, romana e araba: vestigia di un impero scomparso.

MURA DI CARTAGINE

SERVANDA CARTHAGO

Mentre la Tunisia si risolleva lentamente dai travagli rivoluzionari, il neoministro dei Beni culturali e della Salvaguardia del Patrimonio, Azedine Beschaouch, sta letteralmente travolgendo le cattive abitudini radicate negli anni passati, quando il suo ministero era essenzialmente uno strumento di propaganda politica per il regime di Ben Ali. Archeologo di fama internazionale, insieme al primo ministro Beji Caïd Essebsi è forse il personaggio più popolare dell’attuale governo transitorio.
Per preservare le vestigia è stata lanciata fin dal 1973 la campagna di scavi di salvataggio "Servanda Carthago"

IMPERATRICE ROMANA
Questo mosaico raffigurante un cavaliere sullo sfondo di un sontuoso palazzo con vegetazione tropicale è stato rinvenuto sulla collina di Borj-Jedid, sui versanti di quest’altura vengono ancora oggi portato alla luce resti appartenenti a diversi periodi, tra i quali alcune sepolture di epoca punica.

Uno dei punti più scottanti è l’oltraggio a Cartagine e il declassamento dei suoi terreni, iscritti fin dal 1979 nella lista del Patrimonio mondiale dell’Unesco.

«L’occupazione dei terreni di questo sito unico al mondo è avvenuta in maniera pressoché pubblica, ma in un silenzio di piombo. Sono state declassate alcune zone archeologiche di Cartagine e di Sidi Bou Said, con una serie di decreti del capo dello Stato (quattordici per la precisione, dal 1992 al 2008), proprio attraverso l’espressione giuridica più alta e sacra della nazione: l’atto presidenziale. 

E ciò per favorire i traffici e le speculazioni immobiliari della cricca al potere! Con il consenso e la complicità degli organi amministrativi, il sito è stato sottratto alla proprietà pubblica per essere consegnato a personaggi di regime, familiari del presidente e uomini d’affari corrotti. 

Gli accoliti dell’ex dittatore e di sua moglie, attraverso semplici procedure amministrative, si sono visti attribuire - a cifre simboliche - terreni di grande valore, che hanno poi rivenduto a caro prezzo ad altre persone: promotori immobiliari o cittadini danarosi, interessati a costruirsi una villa a Cartagine, il “must del must”. Questa città ha rappresentato naturalmente il mio primo pensiero fin da quando sono arrivato al ministero. Ho subito proposto un decreto legge per l’abolizione di tutti i decreti di declassamento promulgati sotto il regno di Ben Ali».

Cartagine è davvero la sua creatura: fu proprio lui a organizzare e a coordinare nel 1973 la campagna di scavi di salvataggio, denominata «Servanda Carthago», che proiettò il sito, all’epoca ancora semi-ignorato, sulla scena internazionale. Un’operazione mediatica coronata con l’inserimento nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco.

«È vero, negli Anni 70 l’ho salvata una prima volta. E ne sono fiero. Dal 1973 al 1983, nella veste di direttore dell’Istituto nazionale di archeologia, avevo intrapreso e coordinato questa campagna di scavi di salvaguardia, sotto l’egida dell’Unesco, per attirare l’attenzione internazionale su Cartagine che già allora rischiava di scomparire sotto le ruspe degli imprenditori immobiliari. Italiani, francesi, inglesi, tedeschi, americani, tutti aderirono con entusiasmo a un’iniziativa che condusse a grandi scoperte: prima fra tutte la constatazione che, malgrado la distruzione della città da parte dei Romani, restava intatto un intero quartiere punico (quello che oggi si trova nei pressi del museo), con case dell’epoca di Annibale.

Ma ora purtroppo ci risiamo. Abbiamo evitato per il rotto della cuffia la vergogna internazionale: quest’anno, a causa dei massacri e della cattiva amministrazione, il Comitato del patrimonio mondiale dell’Unesco aveva deciso di dichiarare Cartagine zona sinistrata, in pericolo. Ecco dunque un valido motivo per rilanciare la parola d’ordine “Servanda Carthago”, opponendoci una volta per tutte alla "Carthago delenda est" decretata da Catone più di duemila anni fa».


BIBLIO


- Maria Giulia Amadasi Guzzo - Carthage - Parigi - PUF - 2007 -
- Azedine Beschaouch - La légende de Carthage - in Découvertes Gallimard - Parigi - Gallimard - 1993 -
- Friedrich Rakob - L’habitat ancien et le système urbanistique - in Pour sauver Carthage. Exploration et conservation de la cité punique, romaine et byzantine - Parigi/Tunisi - Unesco/INAA - 1992 -
- Colette Picard - Carthage - Parigi - Les Belles Lettres -1951 -
- Madeleine Hours-Miédan - Carthage - Parigi - PUF - 1982 -
- Carthage: Uncovering the Mysteries and Splendors of Ancient Tunisia - David Soren, Aicha Ben Abed Ben Kader, Heidi Slim - New York - Simon and Schuster - 1990 -



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