CISTERNONE DI CASTELLONE |
"Resti, di edificio di età imperiale scoperti presso la via Tullia.
Eseguendosi alcuni scavi dai sigg. fratelli Paone por le fondamenta di una nuova casa nel giardino di loro proprietà presso la via Tullia, sono avvenute le seguenti scoperte.
A circa m. 3 di profondità, cominciarono a rinvenirsi, tra rottami di vecchia fabbrica, tratti di antiche mura, archi e pilastri in mattoni : e seguitando a scavarsi, a m. 6 si scoprì un pavimento parte a mosaico e parte a lastre marmoree. Tra i rottami si rinvenne:
- Vari pezzi di colonne di cipollino liscie, di varie lunghezze ma tutti di m. 0,50 di diametro.
- Quattro assi di colonne di marmo bianco, finamente lavorate; due sono di ordine corintio.
- Un capitello corinzio.
- Testa muliebre di pietra calcare, con ricca capigliatura scendente sul collo.
- Busto di statua virile mutilato, di finissimo marmo statuario e di buon lavoro.
- Frammento epigrafico su lastra di marmo, ove si legge : VERO COSIl
- Piccolo capitello corinzio, semplice.
- Vari tubi di piombo, del diam. di m. 0,05 circa."
(Atti della R. Accademia dei Lincei - 1890)
Formia si trova sul Mar Tirreno, adagiata nel Golfo di Gaeta, non lontano dall'attuale confine fra Lazio e Campania, e il passaggio nel suo territorio è tra i monti Aurunci e la costa, fra percorsi pedemontani e costieri che si uniscono in corrispondenza di Formia.
Formia risale, narrano le leggende, alla guerra di Troia e al peregrinare di Ulisse sulla via del ritorno, che qui incontra i temibili Lestrigoni, popoli di giganti cannibali, a cui soccombono tutte le navi di Ulisse tranne la sua, unica superstite con i suoi marinai. Formia è aurunca, come dimostra la cinta di mura poligonali, in buona parte conservata lungo la costa e nel quartiere di Castellone.
VILLA DI MAMURRA |
Passaggio molto importante, tanto che per la città viene fatta passare la via Appia nel 312 a.c., voluta da voluta dal console Appio Claudio Cieco, per ragioni di trasporti anzitutto militari e poi commerciali, tanto più che a Formia si apriva il porto sul mare.
I restauri dell’antica via Appia, fino all’anno 216 d.c. pavimentata con una pietra calcarea bianca tipica della zona, e solo in seguito in basalto, sono rilevabili dalle iscrizioni miliari che ne segnano il tragitto anche fuori dell’antico percorso. Ad oggi, se ne possono vedere i resti presso il miglio 88, in località San Remigio.
Durante le campagne di Roma in Italia, in qualità di alleati, i formiani dovettero contribuire alle gravose leve militari, necessarie per le guerre ininterrotte. Dopo la vittoria di Roma contro Cartagine, Formia, Fondi e Arpino passarono alla piena cittadinanza. Così Formia entrò, nel 188 a.c, a far parte a pieno diritto della comunità romano-italica. Verso la fine dell’età repubblicana Formia ebbe una notevole espansione urbanistica per l'edificazione del porto, di una curia e di un forte.
In età imperiale, l’economia e soprattutto il porto di Formia ebbero intense attività non solo per la pesca locale e per i commerci, ma anche per scopi militari. Sotto Adriano, Formia acquistò il rango di colonia, con il nome di Colonia Aelia Hadriana Augusta Formiae, un riconoscimento molto ambito. Qui nacque il grande architetto-scrittore Vitruvio. Dalla zona di Formia, Itri e Fondi provenivano i famosi vini Cecubo e Falerno, carissimi e tanto apprezzati dai Romani.
CISTERNONE DI CASTELLONE |
IL CISTERNONE
L’alto tasso di urbanizzazione si comprende dalle dimensioni del Cisternone Romano di Castellone, una straordinaria opera di ingegneria idraulica posta a monte dell’Arce che permetteva di avere acqua corrente nelle numerose abitazioni locali, ma pure nelle numerose piscine per l’itticoltura ed infine nelle sontuose ville di importanti personaggi quali Cicerone e Mamurra.
Il Cisternone è una grande cisterna di epoca imperiale romana, da poco risanata e aperta al pubblico, che sta nel cuore del borgo. È una monumentale opera idraulica interrata nell'Arce, con murature talmente robuste e imponenti da sorreggere case e vicoli soprastanti. E' la seconda più grande d'Italia, visitabile dopo 22 secoli in cui era diventata un ammasso di detriti.
Il Cisternone, esteso per 1200 mq e alto 6 m, con pilastri e volte a crociera, risale al I secolo a.c. ed è una struttura a pianta irregolare divisa in quattro navate con una capacità di 7000 mq3 di acqua, con cui poteva sopperire ai bisogni delle abitazioni e dei lussuosi giardini. Non ha nulla da invidiare alla c.d. Piscina Mirabile al Capo Miseno ed alla Cisterna di Giustiniano a Costantinopoli (la Yerbatan Saray).
Formia fu una località turistica molto apprezzata in epoca romana, ricca di ville aristocratiche tra le quali celebri quelle di Mamurra, di Mecenate e di Cicerone, che trovò la morte proprio a Formia dai sicari di Antonio nel dicembre 43 a.c. fuggiva alle proscrizioni.
LA COSIDDETTA TOMBA DI CICERONE |
Sulla collina vicina, un sepolcro più piccolo è, dalla tradizione, ritenuto la tomba della figlia Tulliola, come Cicerone chiamava l'amata figlia. Però, mentre si sa con certezza che le spoglie di Cicerone non giacciono a Formia, bensì a Roma, è noto che le spoglie della figlia si trovano effettivamente nel mausoleo a lei dedicato, nella zona di Acervara, derivante dal termine acerbam che indica l'età molto giovane della ragazza e ara per indicare l'altare della sepoltura.
All'interno della cosiddetta tomba di Cicerone, rivestita in laterizio si notano zone intonacate che dovevano presentare affreschi, purtroppo oggi totalmente cancellati per l'incuria del monumento mai ripristinato prima. Il mausoleo che conserva i resti della figlia Tulliola non è distante da questo.
IL TEATRO ROMANO
- Sulle rovine del Teatro romano di età augustea del I secolo a.c., dove nel seicento fu edificata una casa e dove oggi vi sono abitazioni private. Secondo alcuni vi fu martirizzato S. Erasmo, ma secondo i più venne martirizzato nell'anfiteatro.
L'ANFITEATRO ROMANO
Nell'Anfiteatro di Formia, nell'anno 303, sarebbe stato martirizzato S. Erasmo, il patrono della città. La Passio che narra la sua vita risale però al VI secolo, due secoli dopo, per cui si tratta di una storia popolare dove Erasmo, vescovo di Antiochia, per evitare le persecuzioni in quanto cristiano, si rifugiò per sette anni in una caverna poi, scoperto, venne carcerato per non aver sacrificato agli idoli pagani.
Fu arrestato e condotto al tribunale dell'imperatore che, alternando lusinghe a tormenti, cercò di persuaderlo a rinunciare alla sua fede. Errore, a parte che un imperatore aveva ben altro a cui pensare, ma i romani non chiedevano ai cristiani di abiurare alla loro fede ma solo di compiere il rito all'imperatore divinizzato, dopodiché gli veniva scritto su un libricino ed era salvo.
Dopo le tortura venne liberato per ben due volte da un angelo per farlo torturare di nuovo. Infatti a Formia gli furono strappati gli intestini legati ad un argano, (doveva avere un corpo e visceri d'acciaio per ricorrere a una argano!) e finì la storia.
Secondo un'altra storia dopo aver convertito ben 400000 persone (nemmeno Formia con i centri più vicini ne conteneva tante) e dopo aver compiuto altri miracoli e subito altre persecuzioni, venne condotto in volo dall'arcangelo Michele, non si sa perchè, proprio a Formia, dove morì. Comunque non risulta tra i vescovi di Antiochia (nel 303 morì ad Antiochia il vescovo Cirillo persecutore di pagani.).
ACQUEDOTTO ROMANO DI SAN GIOVANNI
- Come si vede l'acquedotto, mai restaurato per secoli, è ora ancora in fase di restauro. Speriamo bene, perchè larga parte dell'acquedotto è ancora interrato o seminterrato, come si osserva dall'immagine qua sotto.
" Il piccolo tratto che si trova nell’area di Mola a ridosso della chiesa di San Giovanni – sono ormai abbandonati e sopraffatti da altri interessi.
Basti considerare che proprio accanto è stato realizzato un distributore di benzina in pieno centro urbano.
Oltre a ciò erbacce e rifiuti ne corredano il contesto, oggi, come già in passato. Insomma un sito di pregevole fattura storica e archeologia abbandonato a se stesso e anche piuttosto precario.
A sollecitare una sua immediata riqualificazione e valorizzazione, e prima ancora una semplice pulizia che gli restituisca dignità, è il noto marciatore formiano Michele Maddalena che in una lettera inviata al sindaco fa cenno anche alla vicende del passato che lo hanno visto come al solito sottomesso agli interessi privatistici dell’apertura del pastificio Aprea, a causa del quale furono abbattute alcune arcate."
FONTANA ROMANA SULLA VIA APPIA
- Oggi si chiama Fontana di San Remigio, forse dovrebbe avere un nome romano anzichè cattolico, anche perchè ovunque le vestigia romane appaiono distrutte, camuffate e rinominate. Magari chiamandola solo "Fontana romana" tanto per ricordarsi che è romana.
Nel territorio comunale Formia è presente anche un’altra e importantissima piscina romana. Si tratta di quella posta sul promontorio di Gianola sulla quale fu ricalcato nel 1930 da parte del marchese Carlo Afan De Rivera il suo porticciolo privato. Sotto i due moli foranei l’argine antico sporge con una larghezza totale di 3,50 m e una lunghezza interna di 41 m.
La banchina orientale, lunga 52 metri si sovrappone a quella antica realizzata in opus incertum più piccolo di quello moderno, nel quale è stato reimpiegato un elemento lapideo di una chiusa simile ad altri che si trovano sulla banchina e fuori l’argine antico. Nella parte occidentale rimasta incompiuta i muri a pelo d’acqua seguono delle tracce evidenziate anche in un tratto intagliato nella roccia dalla quale esce acqua sorgiva.
I resti più evidenti della ripartizione della piscina sono sul fondale prossimo all’argine, dove parallelamente vi è un muro spesso 1,20 metri con setti ortogonali e una soglia di chiusa a doppio incasso, che restituiscono il disegno della loculatio a vasche rettangolari anteposte certamente ad una centrale. Inoltre l’alimentazione dell’impianto dal mare aperto era assicurata da un canale naturale ricurvo verso occidente che si espandeva davanti all’argine, oggi individuabile nell’insenatura completamente aperta all’azione delle correnti.
La piscina di Gianola fa parte di un complesso residenziale di età tardo repubblicana che, conosciuto fin dai primi anni del XVIII secolo a causa dell’edificio a pianta ottagonale posto sulla sommità della collina, fu dal Pratilli denominato “Tempio di Giano”, mentre nel secolo successivo, cioè nel 1847, fu classificato dallo studioso Pasquale Mattei come bagno appartenente ad una villa romana.
Dice infatti:
”Un’ampia sala di forma ottagonale coperta da volta, nel giusto centro sorretta da solido pilastro della stessa figura, costituisce di tutto l’edificio la parte principale. In esso niuno benché minimo spiraglio si mostra …
Lavorata a musaico è industriosamente la volta a fondo bianco in cui son simmetricamente condotte un gran numero di stelle delle quali la preziosa o fragile materia si staccava lasciando però visibili gli incastonamenti. Adornava il pavimento un altro ma più pregevole musaico distrutto assolutamente dal tempo …
Nello spazio del pavimento che fra l’ingresso intercede ed il pilastro del centro esiste una vasca quadrilunga ch’esser dovea lastricata e fregiata di finissimi marmi; e scavate parimenti nel suolo, ma nel destro e manco lato, son due pile di figura circolare, di cui quella a destra comunica con la vasca grande per un piccolo canale, che prima era dal pavimento stesso ricoperto; attualmente ingombri di pietre e di terreno i descritti recipienti d’acqua(che per tali uopo è che si riconoscano a fior d’ingegno), a noi non permisero di scovrire se con sotterranei meati avesser potuto aver relazione con l’esterne fabbriche …
La stessa ottagonale figura è serbata generalmente nel resto dell’edificio che la suddetta sala circonda … e vien formato questo da un porticato di otto stanze che si seguitano e comunican fra loro per via di porte laterali regolarmente negli otto angoli distribuite. Ciascuna di queste stanze altra nell’estremità ne racchiude … e chiusa in quel lato, che immette nel portico da muro condotto a semicircolo”.
Di questa struttura oggi restano solo poche rovine in quanto essa fu distrutta nel 1943.
Ma l’edificio a pianta ottagonale è solo una parte dell’area archeologica dato che questa si estende per 700 metri di lunghezza e 90 metri di larghezza. L’esame delle strutture emergenti mostra che si tratta chiaramente di un edificio costituito essenzialmente da due corpi di fabbrica rettangolari molto allungati, ubicati specularmente rispetto ad una struttura centrale a forma di U molto aperta.
L’edificio veniva ad essere così diviso in due quartieri est e ovest: in ciascuno di essi si ripetevano le varie stanze munite tutte di eleganti terrazze da utilizzare a seconda della stagione. Inoltre tutte le stanze erano rese indipendenti da ambulacri, utilizzati come passeggiate coperte e costituiti da viali, sedili e fontane, dove si sostava nelle ore migliori della giornata, mentre durante i giorni freddi e di pioggia i portici con prospetto sul mare erano un luogo di sosta e di passeggio.
Per accedere all’area archeologica si passa per la peschiera già descritta. Proseguendo verso ovest, si notano cospicui resti di murature( delle quali alcune sono in opus reticolatum) di poco sopraelevate dal terreno, disposte a formare un lungo corridoio con andamento parallelo al mare, su cui si innestano ortogonalmente numerosi ambienti, affiancati e allineati tra loro, di dimensioni variabili. L’allineamento parallelo alla costa venne suggerito dalla possibilità di poter godere al massimo di un panorama tra i più meravigliosi d’Italia.
Tutto ciò fa capire che si è in presenza della parte abitata della villa. In questa zona sono stati infatti ritrovati in passato notevoli frammenti di pavimento in mosaico decorati con motivi geometrici a tessere verde scuro su fondo bianco, mentre ancor oggi si possono ammirare nei resti delle murature tracce di intonaco colorato, caratterizzato in qualche punto dalla presenza di motivi vegetali e animali su fondo bruno, circondati da cornici in porfido.
Lungo la prosecuzione di questo corridoio si incontra ad ovest un’area pianeggiante prospiciente il mare, artificialmente regolarizzata, dove sono conservati i resti di un ambiente a pianta rettangolare definito a monte da un abside semicircolare.
La presenza di mattoni per suspensurae, resti di lastre marmoree che ne rivestono le pareti e gli avanzi dei gradini di una scalinata messa a vincere il dislivello tra i due corpi di fabbrica dell’edificio, fanno ipotizzare che si debba trattare dell’impianto termale della villa. Immediatamente a est della parte conservata, si nota, al di sotto delle strutture verso il pendio, un condotto a volta ogivale, nel quale è da identificare il corridoio di servizio per lo scarico e la pulizia delle vasche soprastanti.
VILLA DI MAMURRALa banchina orientale, lunga 52 metri si sovrappone a quella antica realizzata in opus incertum più piccolo di quello moderno, nel quale è stato reimpiegato un elemento lapideo di una chiusa simile ad altri che si trovano sulla banchina e fuori l’argine antico. Nella parte occidentale rimasta incompiuta i muri a pelo d’acqua seguono delle tracce evidenziate anche in un tratto intagliato nella roccia dalla quale esce acqua sorgiva.
I resti più evidenti della ripartizione della piscina sono sul fondale prossimo all’argine, dove parallelamente vi è un muro spesso 1,20 metri con setti ortogonali e una soglia di chiusa a doppio incasso, che restituiscono il disegno della loculatio a vasche rettangolari anteposte certamente ad una centrale. Inoltre l’alimentazione dell’impianto dal mare aperto era assicurata da un canale naturale ricurvo verso occidente che si espandeva davanti all’argine, oggi individuabile nell’insenatura completamente aperta all’azione delle correnti.
La piscina di Gianola fa parte di un complesso residenziale di età tardo repubblicana che, conosciuto fin dai primi anni del XVIII secolo a causa dell’edificio a pianta ottagonale posto sulla sommità della collina, fu dal Pratilli denominato “Tempio di Giano”, mentre nel secolo successivo, cioè nel 1847, fu classificato dallo studioso Pasquale Mattei come bagno appartenente ad una villa romana.
Dice infatti:
”Un’ampia sala di forma ottagonale coperta da volta, nel giusto centro sorretta da solido pilastro della stessa figura, costituisce di tutto l’edificio la parte principale. In esso niuno benché minimo spiraglio si mostra …
Lavorata a musaico è industriosamente la volta a fondo bianco in cui son simmetricamente condotte un gran numero di stelle delle quali la preziosa o fragile materia si staccava lasciando però visibili gli incastonamenti. Adornava il pavimento un altro ma più pregevole musaico distrutto assolutamente dal tempo …
Nello spazio del pavimento che fra l’ingresso intercede ed il pilastro del centro esiste una vasca quadrilunga ch’esser dovea lastricata e fregiata di finissimi marmi; e scavate parimenti nel suolo, ma nel destro e manco lato, son due pile di figura circolare, di cui quella a destra comunica con la vasca grande per un piccolo canale, che prima era dal pavimento stesso ricoperto; attualmente ingombri di pietre e di terreno i descritti recipienti d’acqua(che per tali uopo è che si riconoscano a fior d’ingegno), a noi non permisero di scovrire se con sotterranei meati avesser potuto aver relazione con l’esterne fabbriche …
La stessa ottagonale figura è serbata generalmente nel resto dell’edificio che la suddetta sala circonda … e vien formato questo da un porticato di otto stanze che si seguitano e comunican fra loro per via di porte laterali regolarmente negli otto angoli distribuite. Ciascuna di queste stanze altra nell’estremità ne racchiude … e chiusa in quel lato, che immette nel portico da muro condotto a semicircolo”.
Di questa struttura oggi restano solo poche rovine in quanto essa fu distrutta nel 1943.
Ma l’edificio a pianta ottagonale è solo una parte dell’area archeologica dato che questa si estende per 700 metri di lunghezza e 90 metri di larghezza. L’esame delle strutture emergenti mostra che si tratta chiaramente di un edificio costituito essenzialmente da due corpi di fabbrica rettangolari molto allungati, ubicati specularmente rispetto ad una struttura centrale a forma di U molto aperta.
L’edificio veniva ad essere così diviso in due quartieri est e ovest: in ciascuno di essi si ripetevano le varie stanze munite tutte di eleganti terrazze da utilizzare a seconda della stagione. Inoltre tutte le stanze erano rese indipendenti da ambulacri, utilizzati come passeggiate coperte e costituiti da viali, sedili e fontane, dove si sostava nelle ore migliori della giornata, mentre durante i giorni freddi e di pioggia i portici con prospetto sul mare erano un luogo di sosta e di passeggio.
Per accedere all’area archeologica si passa per la peschiera già descritta. Proseguendo verso ovest, si notano cospicui resti di murature( delle quali alcune sono in opus reticolatum) di poco sopraelevate dal terreno, disposte a formare un lungo corridoio con andamento parallelo al mare, su cui si innestano ortogonalmente numerosi ambienti, affiancati e allineati tra loro, di dimensioni variabili. L’allineamento parallelo alla costa venne suggerito dalla possibilità di poter godere al massimo di un panorama tra i più meravigliosi d’Italia.
Tutto ciò fa capire che si è in presenza della parte abitata della villa. In questa zona sono stati infatti ritrovati in passato notevoli frammenti di pavimento in mosaico decorati con motivi geometrici a tessere verde scuro su fondo bianco, mentre ancor oggi si possono ammirare nei resti delle murature tracce di intonaco colorato, caratterizzato in qualche punto dalla presenza di motivi vegetali e animali su fondo bruno, circondati da cornici in porfido.
Lungo la prosecuzione di questo corridoio si incontra ad ovest un’area pianeggiante prospiciente il mare, artificialmente regolarizzata, dove sono conservati i resti di un ambiente a pianta rettangolare definito a monte da un abside semicircolare.
La presenza di mattoni per suspensurae, resti di lastre marmoree che ne rivestono le pareti e gli avanzi dei gradini di una scalinata messa a vincere il dislivello tra i due corpi di fabbrica dell’edificio, fanno ipotizzare che si debba trattare dell’impianto termale della villa. Immediatamente a est della parte conservata, si nota, al di sotto delle strutture verso il pendio, un condotto a volta ogivale, nel quale è da identificare il corridoio di servizio per lo scarico e la pulizia delle vasche soprastanti.
La Villa di Mamurra è locata nel Parco della Riviera di Ulisse, e prende il nome dal suo proprietario, Lucio Mamurra, cavaliere romano originario di Formia. Questi seguì Gaio Giulio Cesare in Gallia, rivestendo il ruolo di praefectus fabrum (prefetto degli ingegneri) ed arricchendosi immensamente, si che molti pensarono, e probabilmente non a torto, fosse l'amante del bisessuale Cesare.
Sorprendente e inquietante è la cosiddetta Villa di Cicerone, di cui qui sopra riproduciamo il ninfeo. Non si sa se sia pubblica o privata, si sa solo che oggi è ridotta a discarica.
- Non è stato ancora identificato: alcuni dicono sia la Villa i cui resti sono sulla penisola di Gianola, ma i più lo identificano con i ruderi sul litorale di Vindicio, in corrispondenza con il mausoleo detto appunto Tomba di Cicerone (Marziale ne fa cenno compiacendosi con Silio Italico per il possesso di una villa a Formia includente il sepolcro dell’oratore).
Lungo la Via Litoranea, sotto l’area dell’attuale Villa Rubino (ex Villa Reale borbonica di Caposele) si trovano i grandiosi resti di una caratteristica “villa formiana”, con ambienti decorati, ampi terrazzamenti, ninfei, porticciolo e peschiera (alcuni attribuiscono anche questa a Cicerone).
Lungo la Via Litoranea, sotto l’area dell’attuale Villa Rubino (ex Villa Reale borbonica di Caposele) si trovano i grandiosi resti di una caratteristica “villa formiana”, con ambienti decorati, ampi terrazzamenti, ninfei, porticciolo e peschiera (alcuni attribuiscono anche questa a Cicerone).
- L'ALBERGO RISTORANTE MIRAMARE, ex villa reale dei Savoia costruita sui ruderi di una villa romana, sulla via Appia nei pressi della zona di San Pietro.
- CRIPTOPORTICI E VILLA ROMANA del I secolo a.c. sotto la villa comunale, utilizzati come magazzini connessi con l'antistante peschiera, (visibile durante la bassa marea del pomeriggio) che fungeva da vivaio ittico. Oggi utilizzati per mostre ed esposizioni.
- ALTRI CRIPTOPORTICI E VILLA ROMANA del I secolo a.c. sotto Piazza della Vittoria con resti di decorazioni pittoriche sulle pareti.
- RESTI ROMANI al civico 360 di Via Vitruvio a poca distanza da Piazza Mattej, ex foro romano, dove sono stati trovati molti dei reperti esposti oggi nel museo.
LE MURA ROMANE
ROVINE ROMANE SULLA LITORANEA |
Per questo la cinta muraria poligonale megalitica di Formia già esistente venne ampliata dai Romani sul lato est con un portentoso muro chiamato oggi Muro di Nerva.
Nelle mura si aprivano sei porte:
1 – Porta nord di Castellone
2 – Porta est su Appia
3 – Porta a mare Sarinola
4 – Porta a mare Marina di Castellone
5 – Porta a mare Foce Rio Alto
6 – Porta ovest su Appia Ponte di Rialto.
delle mura ci avverte anche Orazio ( IV 4,3 ) che narra di ” fulmini sulle mura di Formia “.Tito Livio scrive che nel 268 a.c., nel consolato di Quinto Fabio Massimo Pittore e di Lucio Quinzio Gulone, "le mura di Formia, percosse da molti fulmini, furono incendiate e rovinarono" .Anche Tito Livio attesta l’esistenza di mura a Formia nel 192 a.c. e ricorda il prodigio, scrivendo: "Formis Portam murumque de caelo tacta nuntitum est ." ( Liv. 35 , 21,4).
Ancora Tito Livio nel Liber XL : "…et a Formiis aedem Apollinis ac Caietae de caelo tactam… ". (e il Tempio di Apollo a Formia, come anche in Caieta, era stato percosso da fulmine... Per codesti prodigi furono sacrificate a Formia venti vittime maggiori, e si fecero pubbliche preci per un giorno".
Molto nascosto e difficilissimo da raggiungere trattandosi di un fossato con vegetazione spontanea di ogni tipo. All’ingresso lato nord, sulla destra una parete in ” opus incertum ” e mattoni, forse un sepolcro romano avendo rinvenuto delle grandi modanature in travertino lavorato utilizzate in epoca successiva a quella romana e visibili nei commenti.
Anche questo ponte si aggiunge, quindi, al nostro patrimonio archeologico e chissà quanti altri ancora da scoprire. In pratica quando fu costruita l’Appia Antica, ogni corso d’acqua proveniente dalle colline e montagne Formiane richiese la costruzione di un adeguato ponte.
LE PESCHIERE
Sono molto importanti i resti delle prospicienti peschiere delle ville romane. Riguardo ad esse è utile sottolineare che i Romani le costruirono per allevare le varietà dei pesci di mare davanti alle loro ville marittime con grande impegno tecnologico e finanziario quando cominciarono a raffinarsi i loro gusti gastronomici.
Sulle peschiere abbiamo anche delle fonti, di cui le principali sono il terzo libro del De re rustica del reatino Marco Terenzio Varrone (vissuto tra il 116 e il 27 a.c. e che mostrò una certa diffidenza verso queste costruzioni mostrandosi più propenso ad un allevamento in acqua dolce) e il Res rustica (libri VIII e IX) di Giunio Moderato Columella di Cadice, il quale nel primo secolo dell’Impero dettò i criteri generali delle piscinae delle villae.
Le strutture delle piscinae descritte da Columella potevano essere in petra excisae, meno frequenti, e in litore constructae con moles d’argine. In relazione alla posizione sulla costa, ai fondali e alla relativa possibilità di alimentazione dal mare di acque fresche, Columella prescriveva per le vasche un’altezza di 7 piedi (2,07 m) con canali di fondo alti 2 piedi (0,596 m), oppure di 9 piedi (2,66 m) con canali di superficie di uguale altezza. I canali erano chiusi da cataractae e da cancelli o clatri costituiti da lastre di bronzo aventi piccoli fori scorrevoli verticalmente in scanalature lapidee.
L’intento era quello di assicurare un efficace ricambio idrico attraverso le griglie utilizzando i riflussi di marea con le paratoie, comunque chiuse in caso di mare agitato. Columella individuava poi nella stessa diversità delle coste i tipi di allevamento: rocciosa per pesci come spigole e murene e molluschi come i polpi; fangosa per le sogliole e i rombi e molluschi conchiliferi; e sabbiosa per i dentici e le orate. Nelle vasche inoltre gli ambienti venivano ricostruiti con la creazione di apposite tane.
Ancora Tito Livio nel Liber XL : "…et a Formiis aedem Apollinis ac Caietae de caelo tactam… ". (e il Tempio di Apollo a Formia, come anche in Caieta, era stato percosso da fulmine... Per codesti prodigi furono sacrificate a Formia venti vittime maggiori, e si fecero pubbliche preci per un giorno".
PONTE ROMANO DI ACQUATRAVERSA - FORMIA |
Anche questo ponte si aggiunge, quindi, al nostro patrimonio archeologico e chissà quanti altri ancora da scoprire. In pratica quando fu costruita l’Appia Antica, ogni corso d’acqua proveniente dalle colline e montagne Formiane richiese la costruzione di un adeguato ponte.
LE PESCHIERE
Sono molto importanti i resti delle prospicienti peschiere delle ville romane. Riguardo ad esse è utile sottolineare che i Romani le costruirono per allevare le varietà dei pesci di mare davanti alle loro ville marittime con grande impegno tecnologico e finanziario quando cominciarono a raffinarsi i loro gusti gastronomici.
Sulle peschiere abbiamo anche delle fonti, di cui le principali sono il terzo libro del De re rustica del reatino Marco Terenzio Varrone (vissuto tra il 116 e il 27 a.c. e che mostrò una certa diffidenza verso queste costruzioni mostrandosi più propenso ad un allevamento in acqua dolce) e il Res rustica (libri VIII e IX) di Giunio Moderato Columella di Cadice, il quale nel primo secolo dell’Impero dettò i criteri generali delle piscinae delle villae.
Le strutture delle piscinae descritte da Columella potevano essere in petra excisae, meno frequenti, e in litore constructae con moles d’argine. In relazione alla posizione sulla costa, ai fondali e alla relativa possibilità di alimentazione dal mare di acque fresche, Columella prescriveva per le vasche un’altezza di 7 piedi (2,07 m) con canali di fondo alti 2 piedi (0,596 m), oppure di 9 piedi (2,66 m) con canali di superficie di uguale altezza. I canali erano chiusi da cataractae e da cancelli o clatri costituiti da lastre di bronzo aventi piccoli fori scorrevoli verticalmente in scanalature lapidee.
L’intento era quello di assicurare un efficace ricambio idrico attraverso le griglie utilizzando i riflussi di marea con le paratoie, comunque chiuse in caso di mare agitato. Columella individuava poi nella stessa diversità delle coste i tipi di allevamento: rocciosa per pesci come spigole e murene e molluschi come i polpi; fangosa per le sogliole e i rombi e molluschi conchiliferi; e sabbiosa per i dentici e le orate. Nelle vasche inoltre gli ambienti venivano ricostruiti con la creazione di apposite tane.
IL MIRACOLO DEI SOLI
Ma Formia era anche una città molto religiosa e piena di prodigi, anzi di miracoli. Non a caso vi sono state rilevate le basi di diversi templi. Tito Livio ci dice che nel Formiano esistevano due Templi dedicati al Dio Apollo, uno di essi era situato in un angolo della proprietà di Cicerone sulla spiaggia di Vindicio, di fronte all’attuale Ufficio Postale, in un podio oggi occupato da un ristorante-bar.
Ma Formia era anche una città molto religiosa e piena di prodigi, anzi di miracoli. Non a caso vi sono state rilevate le basi di diversi templi. Tito Livio ci dice che nel Formiano esistevano due Templi dedicati al Dio Apollo, uno di essi era situato in un angolo della proprietà di Cicerone sulla spiaggia di Vindicio, di fronte all’attuale Ufficio Postale, in un podio oggi occupato da un ristorante-bar.
Nel libro di Giulio Ossequente è annotato che a Formia avvenne nel 163 a.c. che furono visti, durante il giorno, con grande stupore e commozione la visione miracolosa di due soli. " Formiis duo soles interdiu visi "
(Giulio Ossequente)
Anche Velleio Patercolo ( 19 a.c. – 31 d.c ) parla dei ” due soli a Formia ” .
Per questo episodio gli scienziati oggi si riferiscono ad un fenomeno di ” Parelio ” (come quello del miracolo della Madonna di Fatima). Un fenomeno provocato dalla rifrazione dei raggi attraverso nubi formate da cristalli di ghiaccio, per cui attorno al sole compaiono dischi meno luminosi. Oppure il sole trema e cambia di colore e sembra muoversi nel cielo.
LA FINE
Con la caduta dell'impero romano d'Occidente Formia fu depredata e i suoi abitanti dopo la calata dei barbari e la guerra greco-gotica, fuggirono sulle vicine colline, spopolando la cittadina.
BIBLIO
- Plinio il Vecchio - Naturalis Historia - III, 59 -
- Strabone - Geografia - V, 3, 6 -
la fotografia che dovrebbe ritrarre l'anfiteatro di Formia in questo articolo interessante, sembra in realtà una fotografia dei resti dell'anfiteatro romano di Milano, in via De Amicis e via Arena
RispondiEliminaNo, Sig. Claudio S., la foto riguarda proprio l'anfiteatro romano di Formia al di sotto della stazione ferroviaria.
RispondiEliminaNon c'è alcun errore nel post di Romano Impero. Raffaele Capolino