SACELLO DEGLI AUGUSTALI (Miseno)


Miseno fu il mitico trombettiere di Enea, qui sepolto (a Miseno appunto che da lui prese il nome) dopo aver sfidato Tritone, il figlio del Dio del mare Poseidone e della nereide Anfitrite, con un corno di conchiglia, il cui suono calmava le tempeste e annunciava l'arrivo del Dio del mare.

Capo Miseno venne citato anche da Plinio il Giovane nell’epistola VI,16 lettera dedicata a Tacito dove narra dello zio Plinio il Vecchio deceduto durante l’eruzione del Vesuvio del 79. La località prende infatti il nome dal personaggio leggendario di Miseno, figlio di Eolo, che avvisò i suoi compagni per sferrare l’attacco decisivo contro le Arpie. 

COME DOVEVA ESSERE IN PIANTA IL TEMPIO

Nel Libro VI il pio Enea, seguendo il consiglio di Eleno (fratello di Ettore e re dell'Epiro), si reca a Cuma per incontrare la Sibilla Cumana, onde ricevere notizie e consigli consigli sul destino che lo attende. 

Giunto sulle coste di Cuma, nel tempio di Apollo Enea trova la Sibilla che, invasata dal Dio, gli predice che nel Lazio egli andrà incontro a guerre e a sangue. Enea prega allora la Sibilla di accompagnarlo ai Campi Elisi, ma lei gli risponde che ciò non è possibile se prima lui non trova il ramoscello d'oro sacro a Proserpina e seppellisce il suo compagno Miseno, morto.

MISENO CON LA SUA TROMBA

IL MITO

Miseno era il trombettiere di Enea, che avendo sfidato Tritone nel suono della tromba, era stato da questi precipitato in mare dove era miseramente annegato. Enea, trovato il suo corpo restituito sulla spiaggia dalle onde del mare, ne brucia il corpo su un rogo per seppellirne poi le ceneri sotto un immenso tumulo (il Capo Miseno), a perenne memoria dell'amato compagno.

Sepolto Miseno, Enea rinviene il ramoscello d'oro che egli porta alla Sibilla; poi sacrifica alle divinità infernali, al lago d'Averno Enea scende con la Sibilla negli Inferi dove incontra il defunto padre Anchise che gli mostra le anime dei suoi gloriosi discendenti, che attendono di reincarnarsi nei gloriosi posteri romani. 

FOTO DEL RITROVAMENTO (1968)


IL RINVENIMENTO

Duemila anni dopo il proprietario di un terreno situato a Miseno, tra Punta Terone e le pendici sud-orientali di Punta Sarparella, nel febbraio del 1968, iniziando i lavori di sbancamento per la realizzazione di due villette private, trovò un incredibile tesoro.
Rinvenne infatti delle strutture appartenenti ad un edificio di età imperiale che dette luogo a successivi scavi archeologici, guidati dall'allora Soprintendente alle Antichità di Napoli e Caserta, il Professor Alfonso de Franciscis, che durarono fino al 1972 quando vennero sospesi per la precaria staticità dell’edificio a causa della falda acquifera che ancor oggi sommerge in parte le strutture.

Infine l'edificio venne identificato nella sede del collegio degli Augustali di Miseno, ovvero il “Templum Augusti quod est Augustalium”, come si legge su un'iscrizione presente un tempo sull’epistilio del complesso, che si colloca tra il teatro a nord ed edifici pubblici a sud. 
IL SACELLO COME APPARVE ALL'INIZIO

Un tempio dedicato alla venerazione di Augusto, voluto dallo stesso Augusto, e in seguito adibito ai riti di culto di tutti gli imperatori futuri curati dai Sacerdotes Augustales (o Sodales Augustales o Augustales), i “sacerdoti di Augusto”
Si tratta di tre ambienti a pianta rettangolare che si aprono su un cortile porticato. Il sacello vero e proprio è costituito dall'ambiente centrale con abside di fondo e con altare esterno a cui si accede da una gradinata in marmo. Il pronao tetrastilo era formato da colonne che reggevano l’epistilio ed un frontone a timpano, oggi ricostruito nel Museo Archeologico dei Campi Flegrei.

Edificato in epoca giulio - claudia, il tempio venne modificato in età antonina (metà del II secolo), da Cassia Victoria in onore del marito L. Laecanius Primitivus, sacerdote Augustale dell’epoca di Marco Aurelio. Fu poi distrutto alla fine del secolo, probabilmente da un terremoto ed i suoi resti sono attualmente in parte sommersi a causa dei fenomeni di bradisismo che tuttora interessano l’area flegrea.



DESCRIZIONE 

Gli ambienti laterali, in parte ricavati nella roccia e in parte realizzati in muratura, Essi, come il sacello, dovevano essere arricchiti da pitture, stucchi (conservati in alcuni punti) e da pavimenti musivi a tessere bianche e nere.

Il santuario è costituito da tre ambienti affiancati, in parte costruiti in muratura e in parte ricavati dalla roccia, nelle pareti laterali e di fondo, e si sviluppano su due piani con copertura a botte. L‘edificio centrale, il vero e proprio sacello, consiste in un tempietto a podio di pianta rettangolare davanti al quale è situato l’altare.
Grazie ad una gradinata di marmo, fiancheggiata da due podi di muratura, in origine sormontati da statue, si accedeva al pronao tetrastilo (parte antistante la cella vera e propria del tempio) sormontato dal frontone decorato con rilievi e con l’iscrizione dedicatoria.
VESPASIANO
Oltre il vestibolo, pavimentato in mosaico con tessere bianche e riquadratura a tessere nere, si entrava all’interno del sacello, edificato in opus reticulatum con ammorsature in tufelli, mentre le sue pareti dovevano essere rivestite da lastre di marmo. 
Sulla parete di fondo vi era un’abside con podio, fiancheggiata da due nicchie rettangolari, intonacata e dipinta di rosso sulla parte superiore della fronte, mentre nel catino mostrava una decorazione in stucco con rilievi a soggetto marino. 
L’ambiente a destra del sacello, in opus reticulatum, era decorato con rivestimenti in stucco ed intonaco dipinto sulle pareti, sulla volta a botte e a crociera. In quello a sinistra invece fu rinvenuta la statua equestre in bronzo di Domiziano - Nerva ora esposta al Museo Archeologico dei Campi Flegrei.
A Capo Miseno alligna copiosamente l'asfodelo che per Omero per Omero (Odissea XI) è la pianta degli Inferi. 
Per gli antichi Greci il Regno dei Morti era suddiviso in tre: il Tartaro per gli empi, i Campi Elisi per i buoni, cioè gli eroi, i filosofi ecc. ed infine i prati di asfodeli per quelli che in vita non erano stati né immeritevoli né riprovevoli. 
Per questo i Greci usavano piantare asfodeli sulle tombe, considerando i prati di asfodeli il soggiorno dei morti. I Romani trassero parecchie credenze dai Greci, seguendone spesso i miti e la religione.


IL MUSEO ARCHEOLOGICO DEI CAMPI FLEGREI

Nel Museo è stata allestita una sala per esporre questa statua, nonchè il frontone del tempio e le altre statue rinvenute al momento della sua scoperta nel 1968, vale a dire: Vespasiano, Nerva, Tito, la Dea dell’Abbondanza, e alcune divinità tra cui, Asclepio, Apollo e Venere, una del tipo della “Piccola Ercolanese” ed un’altra su un delfino. 
Il Museo Archeologico dei Campi Flegrei è stato inaugurato nel 1993 ed è ospitato all'interno di una fortezza di età aragonese restaurata, collocata sul promontorio che chiude a Sud il golfo di Baia. Al suo interno sono esposti reperti archeologici vari provenienti dai Campi Flegrei, come le numerose basi marmoree rinvenute nella zona antistante il sacello e sistemate nel cortile della Torre Tenaglia del castello di Baia. 

BASSORILIEVO DEL TIMPANO

BIBLIO

- Paola Miniero - Il sacello degli Augustali di Miseno - Mondadori Electa - 2000 -
- Mileto S. - I campi flegrei - Roma - Newton & Compton - 1998 -
- Mazzella S. - Sito ed antichità della città di Pozzuolo - 1591 -

No comments:

Post a Comment