TESORO DI HILDESHEIM (Germania)

GRAN PARTE DELLA COLLEZIONE

Il Tesoro di Hildesheim è un'importante scoperta archeologica di vari pezzi romani, di stoviglie d'argento e non solo, risalenti all'epoca di Augusto, avvenuta nei pressi della città tedesca di Hildesheim, della Bassa Sassonia. Il tesoro è oggi conservato nell'Altes Museum (Antikensammlung) che è un museo di Berlino, parte della cosiddetta "Isola dei musei." (Staatliche Museen).

Il Tesoro, portato alla luce il 17 ottobre 1868 a Hildesheim, in Germania, è la più grande collezione di di argenti romani trovato fuori dalle frontiere imperiali. La maggior parte di esso è databile al I secolo d.c. Il tesoro è costituito da una settantina di vasi d'argento massiccio squisitamente artigianale.

Il luogo di ritrovamento si trovava allora ai confini dell'Impero, forse frutto di una razzia, visto che le iscrizioni sui pezzi d'argento rimandano a persone diverse. Secondo altri il tesoro era il servizio al tavolo di un comandante romano, forse Publio Quintilio Varo, che era militarmente attiva in Germania. 


LA SPLENDIDA MINERVA SEDUTA

Si tratterebbe del famoso Varo che in epoca augustea avrebbe perduto se stesso e le sue legioni a Teutoburgo, grazie al tradimento di Arminio, quindi una beffa maggiore. Ma questo lo pensano solo i tedeschi e non c'è la benché minima prova di ciò.

Il tesoro è stato sepolto circa 2 metri al di sotto del terreno sulla collina del Galgenberg, ed è stato trovato dai soldati prussiani. La maggior parte degli studiosi ora accettano che l'intera Tesoro di Hildesheim sia stato prodotto nelle officine frontiera nord-ovest delle province romane.
Un compendio di quattro piatti da parata ovvero piatti decorativi, con piede e senza, che miravano a stupire i commensali per il pregio della lavorazione ancor più del metallo prezioso.

Questi piatti lavorati da maestri avevano al centro medaglioni con altorilievi più antichi, riutilizzati in genere per il vasellame. La preziosa tazza di Atena seduta è un originale del II secolo a.c., di stile tardoellenistico, con la figura dorata a sbalzo di Atena che siede su una roccia, appoggiata a un timone.

PIATTO DI ERCOLE BAMBINO COI SERPENTI

La tazza fu rimontata in epoca augustea, ornata da dorature battute sull'argento e con manici laterali lavorati a cesello. La Dea indossa il copricapo battaglia e fluente veste, più lontano dalla mano destra di Minerva è il suo simbolo, il gufo. La ciotola è dotata di due maniglie, ciascuna di 3,4 cm di lunghezza. La ciotola stessa pesa 2.388 kg, con 25 cm di diametro e 7,1 cm di profondità. Il cratere è stato perso (ovvero trafugato) durante il 1945 e ora mostrato in copia in gesso.

Vi sono poi piatti di Attys, Ercole bambino coi serpenti e Cibele, che erano probabilmente decorazioni di armature da parata o medaglie militari, rielaborati anch'essi come piatti da parata. Ci sono anche tre ciotole a calice con cerchi pesanti ai bordi, una ciotola treppiede con un ornamento a foglia eseguita in niello, un cratere e un kantharos, così come tazze a due manici ornati a sbalzo e oggetti dedicati a Bacco.

Infatti molti pezzi hanno decorazioni di tipo religioso dionisiaco, con tralci e grappoli di vite (set di coppe potorie, brocche) e soprattutto il cratere decorato a sbalzo e rifinito a cesello, con delicati motivi decorativi che si dipanano armoniosamente su tutta la superficie.

COPPA POTORIA DIONISIACA

Nel prezioso cratere dei grifi sono retrospicienti (che guardano indietro) in posizione araldica, da cui si diparte un complesso stelo con racemi filiformi a girali simmetriche, tra cui si muovono graziosi eroti indaffarati nella pesca di gamberi e di pesci. 

Si tratta di una decorazione frequente nell'arte dell'epoca, confrontabile con la pittura e gli stucchi (come quelli della casa della Farnesina), ma oggi apprezzabile solo dalle fotografie d'epoca o la ricostruzione moderna nel museo, dato che il pezzo venne trafugato nel 1945 e mai più rinvenuto. Probabilmente, come tanti pezzi dell'epoca, è stato acquistato clandestinamente finendo in una collezione privata.

CRATERE A VOLUTE DELICATE

Qui in alto vi è il cratere di cui sopra dove spiccano i due grifi delicati e perfetti da cui si evolve l'ornamento del vaso. Tutti i pezzi in questione vanno dal I secolo a.c. al I secolo d.c.

Ci sono poi:
- altri due grandi crateri lisci, a campana e a volute, 
- un grande calderone e un mestolo,
- piatti, 
- vassoi per servire il cibo, 
- un contenitore baccellato per le uova, 
- un vassoio costolonato (pezzo unico, per quanto frammentario), 
una piccola casseruola con manico, 
- una situla, 
- un treppiede pieghevole dotato di vassoio, 
- un candelabro 
- due maniglie di specchi.
- delle saliere
- un piedistallo a tre gambe.

PARTE DEL SERVIZIO

LO SCANDALO

"Dal I secolo alla fine dell'antichità, da Petronio a Giovanni Crisostomo e più tardi ancora. sono numerose le denunce dell'inutile che spinge i più ricchi a possedere letti, tavoli e vasellame in argento quando il legno o la terracotta sarebbero sufficienti.

Dal vestibolo della casa di Trimalcione (Petron., 28). gli ospiti scorgono il portiere che sgrana dei piselli dentro un bacino d'argento, un fenomeno stupefacente quanto la gabbia d'oro che, nello stesso luogo, racchiude una gazza loquace: per lo stupore, Ascilto il parassita cade all'indietro.

I differenti materiali che costituiscono il quotidiano nel mondo romano sono a prima vista molto belli e sembrano in effetti portare a varie constatazioni: 


- persistenza, da un lato, di forme e decorazioni simili tra gli oggetti d'argenteria e quelli di ceramica. evidenti quando si confrontano gli oggetti conservati.
- dall'altro di una gerarchia piuttosto rigida dei materiali, e quindi degli oggetti che ne vengono realizzati.
- si osserva anzitutto che gli oggetti della vita quotidiana suscitavano stupore, perfino riprovazione quando erano in metallo prezioso. Lo scandalo tanto più grande quanto più la loro funzione era umile.

I nobili romani non si scandalizzavano delle ricchezze, frutto in genere dei ricchi bottini guadagnati con le vittorie in terreno nemico, ed erano lieti di mostrare le loro stoviglie e suppellettili di squisita fattura, di provenienza greco-romana. Viceversa si scandalizzavano per il vasellame che ostentava il metallo prezioso più della raffinatezza dell'esecuzione.

Lo sciorinamento degli argenti di bassa fattura erano considerati di pessimo gusto dai nobili romani, come segno di ignoranza dei nuovi arricchiti, in genere liberti dediti al commercio. Tutto ciò invece che era bello nell'esecuzione diventava un piacere per gli occhi di chiunque, e pertanto, e giustamente, sempre di buon gusto.

COPPA A SBALZO E CESELLO

Alcuni secoli più tardi, i Padri della Chiesa si scandalizzano per lo sperpero di un orinale d'oro (Jo. Chris.. Ad Colas. 7.4): un tema che ritorna ancora con il vescovo Nilo di Ancyra (Peristeria 9, 7) del VII secolo.

Era il senso del "Di questo passo dove andremo a finire", dimenticando che la chiesa stessa ci ha ormai preso gusto al possesso di beni preziosi e che molti prelati considerano inammissibile (tanto più che ormai la chiesa è diventata ricchissima) che gli oggetti di chiesa non siano di metallo prezioso.

Lo stesso Teodoro di Sicea invia un arcidiacono Costantinopoli a comprare vasi d'argento per il servizio divino: quelli del monastero in Galazia erano solo di vile marmo ( Vila, S 42).
Vi è dunque un lusso legittimo quando è indirizzato a Dio, allorchè è il solo degno della sua grandezza e della sua santità, riprovevole quando contribuisce alla vita confortevole dei ricchi, sgradevole, ostentata nella vita quotidiana. In questo contesto l'invito di Cristo alla povertà resta completamente ignorato.

Col tempo da parte delle produzioni più modeste per uso materiali vi è un intento di avvicinarsi a quelle più ricercate per forma, stile e decorazione; esse attirano cosi una clientela ansiosa di emulare i più fortunati, ma anche una clientela più raffinata, che apprezza più l'arte che non il lusso. Questa imitazione si traduce dapprima nelle forme.

I VASSOI

Essa non è scontata, perchè le tecniche di lavorazione, come quelle di decorazione, non sono sempre identiche; si evolvono pertanto la tecnica della martellatura e quella della lavorazione a sbalzo impossibili nella ceramica, ma preponderanti nell'oreficeria. 

Questa differenza tecnica, tuttavia, non ha impedito che la ceramica aretina, per esempio. si avvicinasse incredibilmente alle forme metalliche contemporanee e tutto ciò che univa gli oggetti del tesoro di Boscoreale alle produzioni italiane, mentre quelli del tesoro di Hildesheim erano al contrario in rapporto con le forme della ceramica microasiatica.

Per concludere, la visione di tali capolavori fa comprendere come mai bastò la sola vista dei capolavori romani di statuaria, pittura, oreficeria e ceramica per rinverdire tale arte nel Rinascimento, soprattutto italiano.

Michelangelo si inquietò quando i signori del '500 si sbalordirono alla vista dei capolavori romani, lui non si considerava al disotto di tali lavori e per dimostrarlo eseguì la statuetta di un satiro spezzandogli poi un braccio che trattenne presso di sè. Rinvenuto il satiro tutti ne decantarono l'ineguagliabile arte romana e Michelangelo allora mostrò il braccio che aveva conservato dimostrando che quel capolavoro era opera sua. Ma di Michelangelo ce ne fu solo uno, e per il resto l'arte romana rimase ineguagliata. .


BIBLIO

- Paul Zanker - Arte romana - Bari - Economica Laterza - 2008 -
- Ranuccio Bianchi Bandinelli e Mario Torelli - L'arte dell'antichità classica - Etruria-Roma - Utet - Torino - 1976 -- G. Bejor, M.T. Grassi, S. Maggi, F. Slavazzi - Arte e archeologia delle Province romane - Milano 2011 -

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