ISAURI (Nemici di Roma)


L'Isauria era una terra che si trovava nella penisola anatolica meridionale compresa tra Licaonia, Pisidia, Panfilia e Cilicia. Essa fu anticamente tristemente famosa in quanto abitata da briganti, detti Isauri, dal nome della loro terra. Essi effettuarono scorrerie sia nell'Isauria che nelle regioni confinanti, come la Licia e la Panfilia, per vari secoli.

Si narra che, sotto il regno di Probo (276-282), gli Isauri, condotti dal loro capo Lidio, saccheggiarono la Panfilia e la Licia, prima di essere fermati dall'esercito romano, il quale, strettolo d'assedio presso la città di Crimna, in Licia, riuscirono ad uccidere Lidio e a fermare i saccheggi.

Tuttavia nel IV secolo, i saccheggi degli Isauri tornarono a colpire le terre limitrofe, finchè, intorno al 354, i briganti Isauri giunsero a devastare anche le province dell'Oriente romano.
L'ANTICA PIRATERIA
I motivi della rivolta fu l'uccisione di un loro associato, che fatto prigioniero dalle autorità romane, fu gettato in pasto alle belve durante i giochi all'anfiteatro di Iconio, città della Pisidia, provincia dell'Impero romano a partire dal 297, fatto che fu ritenuto dai briganti Isauri un oltraggio senza precedenti.
Pertanto gli Isauri arrivarono ad attaccare le navi romane costeggiate lungo la costa, uccidendone gli equipaggi e traendone un ricco bottino. Ormai gli equipaggi erano talmente spaventati di essere assaliti e uccisi dai briganti, che non osavano più approdare sulle coste dell'Isauria limitandosi a fare scalo a Cipro, sulla sponda opposta.

Ora i briganti, non essendo rimasto più nulla da saccheggiare in Isauria, passarono poi a devastare la Licaonia, provincia limitrofa all'Isauria, e, bloccando le strade con strette barricate, depredavano i beni dei provinciali e dei viaggiatori.

IL TERRITORIO DEGLI ISAURI EVIDENZIATO NELL'OVALE CHIARO
Le guarnigioni romane non riuscirono ad arrestare i saccheggi dei briganti, perchè questi conoscevano bene il loro territorio montagnoso e impervio e potevano tendere imboscate e insidie alle armate romane. Siccome però in pianura non potevano competere con le armate romane, dopo aver subito diverse sconfitte in Licaonia, che era soprattutto pianeggiante, decisero di ritirarsi in Pamfilia.

Così gli Isauri giunsero sulle rive del Melas, un fiume che forniva riparo alle popolazioni locali dai saccheggi nemici, con l'intenzione di attraversarlo: il fiume era tuttavia molto profondo e inoltre, mentre gli Isauri cercavano ancora imbarcazioni per attraversarlo, intervennero le legioni romane, che li respinsero in direzione di Laranda, dove i briganti riposarono per qualche giorno e si rifornirono di provviste. Da qui attaccarono i villaggi che però erano difesi da alcune coorti di cavalleria romana, che li respinsero su un territorio pianeggiante.

MURA DI SELEUCIA
Gli isauri dovettero fuggire di nuovo, tentando poi di assaltare per tre giorni e per tre notti la fortezza di Palea, nei pressi del mare, ma questa era ben protetta e l'assalto fallì. Passarono allora ad assaltare Seleucia, la metropoli della provincia, che era però difesa da tre legioni sotto il comando del Comes Castricio, il quale, avvertito dagli esploratori delle intenzioni degli Isauri, decise di scontrarsi con questi in campo aperto.
La battaglia iniziò nei pressi del fiume Calicadno che costeggiava le torri delle mura di Seleucia, ma vennero presto richiamate dai loro comandanti, dentro le mura, perchè troppo rischioso. Così sbarrarono tutti gli ingressi, e presero posizione sulle torri e sulle mura per difenderle dall'assedio degli Isauri. 
Questi però avevano catturato alcune imbarcazioni che caricavano grano diretto alla città, mentre gli assediati avevano già esaurito le loro scorte regolari di provviste, e rischiavano di capitolare per fame. Quando si seppe dell'assedio di Seleucia a Costantinopoli, il Cesare Costanzo Gallo inviò Nebridio, Comes Orientis, (un funzionario civile) di soccorrere Seleucia, ma gli isauri alla notizia fuggirono sulle montagne.

Gli Isauri dettero problemi anche sotto l'Imperatore Valente (364-378); e nel 375 colpirono le province della Licia e Panfilia, devastando le campagne quando non riuscivano ad impadronirsi delle città. Le truppe inviate da Valente da Antiochia però non inseguivano gli Isauri con il loro bottino sulle montagne, temendo imboscate.

ANASTASIO I
Gli Isauri colpirono ancora nel 405, sotto il regno di Arcadio, devastando le campagne e le città non ben fortificate. Il generale Arbazacio, inviato dall'Imperatore per porre fine ai saccheggi riuscì ad occupare molte città cadute in mano ai briganti e a risospingerli sulle montagne, uccidendo anche molti di loro, ma poi non portò fino in fondo a termine il suo incarico, preoccupandosi solo di arricchirsi. Richiamato a Costantinopoli, venne assolto grazie alla cessione all'Imperatrice di parte del bottino recuperato agli Isauri.
Alcuni isaurici erano giunti ad alte cariche nell'Impero romano all'epoca di Teodosio II (408-450) e nel regno dell'imperatore Leone I (457-474). Però essi non erano ben visti dal popolo di Costantinopoli, tanto che nel 475 il genero e successore di Leone, Zenone, venne scacciato dal trono in quanto Isaurico.

Nel 491 salì al trono Anastasio I e scoppiò una rivolta anti-isaurica nell'ippodromo di Costantinopoli per cui Anastasio ordinò l'esilio per Longino, fratello di Zenone, per il generale isaurico Longino di Cardala e per altri isaurici.

ZENONE
Nel 492 gli Isaurici diedero inizio ad una rivolta in Isauria, sconfitti però dall'esercito romano. L'anno successivo Giovanni Gibbo ottenne una schiacciante vittoria contro gli Isaurici, dopo aver liberato l'esercito di Diogeniano, parente dell'imperatrice Ariadne, moglie degli imperatori Zenone e Anastasio I, a Claudiopoli. Nel 497, a Tarso, Giovanni Scita uccise gli ultimi comandanti isaurici (Longino di Cardala e Atenodoro) ed inviò le loro teste a Costantinopoli, dove furono esposte su dei pali.

Nel 498 Giovanni Gibbo catturò gli ultimi capi nemici, Longino di Selino e Indes, e li mandò all'imperatore, furono messi in catene e fatti sfilare lungo le strade della città, fino a raggiungere il Circo in occasione delle gare per celebrare la vittoria, e qui fatti inginocchiare ai piedi del palco di Anastasio.

Dopo la guerra Anastasio premiò i propri generali: Giovanni Scita fu console del 498, Giovanni Gibbo nel 499. Anastasio fece poi erigere la La Porta della Chalke, l'accesso monumentale al Gran Palazzo di Costantinopoli per celebrare la vittoria definitiva sugli isaurici. Il poeta Cristodoro scrisse un'opera in sei libri sulla guerra, intitolata Isaurica, purtroppo andata perduta.


BIBLIO

- Ammiano Marcellino - Rerum gestarum libri -
- Carandini con L. Cracco Ruggini, A. Giardina - Storia di Roma - L'età tardoantica - I luoghi e le culture - Einaudi - Torino - 1993 -
- Carmelo Capizzi - L'imperatore Anastasio I (491-518) - Studio sulla sua vita, la sua opera e la sua personalità - Pont. Institutum Orientalium Studiorum - Roma - 1969 -

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