HORREA PIPERATICA O PIPERATARIA



LA VIA SACRA DOVE SORGEVA L'HORREA PIPERATICA
L'horreum (plurale: horrea) era un magazzino pubblico utilizzato  per conservare molti tipi di derrate; le enormi Horrea Galbae a Roma conservavano non solo il grano ma anche olio d'oliva, vino, prodotti alimentari, abbigliamento e persino marmo. Nel periodo imperiale, Roma aveva quasi 300 horrea, alcuni dei quali mastodontici.

Gli Horrea Galbae contenevano 140 stanze già al piano terra, coprendo un'area di circa 21.000 m². Quando morì l'imperatore Settimio Severo, nel 211 d.c., aveva lasciato l'horrea della città rifornito di cibo sufficiente alla popolazione per sette anni. Gli horrea più piccoli ma simili erano sparsi in tutto l'impero.

I primi horrea vennero costruiti a Roma verso la fine del II secolo a.c. con la costruzione del primo horreum pubblico conosciuto da parte dello sfortunato tribuno Gaius Gracchus nel 123 a.c. e riguardava qualsiasi luogo designato per la conservazione dei beni, e le rovine del grande granaio (horrea populi Romani) da lui costruito furono viste fino al XVI secolo tra l'Aventino e il Monte Testaceo. (Appiano, de Bell. Civ. I.21; Plut. C. Gracch. 5; Liv. Epit. 60; Vell. Pat. II.6; Cic. pro Sext. 24.)

RESTI DELL'HORREA
Questi locali venivano spesso riferiti alle cantine (horrea sotterranea), ma anche ad un luogo dove erano conservate le opere d'arte o addirittura ad una biblioteca, ma pure soldi, titoli e altri oggetti di valore (Cod. 4 tit. 24 s9), per i quali i cittadini non avevano un posto sicuro nelle proprie case.
Spesso gli Horrea prendevano nome da chi li aveva fatti costruire: horrea Aniceti, Vargunteii, Seiani, Augusti, Domitiani,

Alcuni horrea pubblici funzionavano in qualche modo come banche, dove gli oggetti di valore potevano essere conservati, ma la classe di horrea più importante era quella in cui i prodotti alimentari come il grano e l'olio d'oliva erano conservati e distribuiti dallo stato. Il colle artificiale del Monte Testaccio a Roma, dietro il sito dell'Horrea Galbae, si stima che contenga i resti di almeno 53 milioni di anfore di olio d'oliva in cui sono stati importati circa 6 miliardi di litri (1,58 miliardi di galloni) di olio.

Gli horrea indicavano i prodotti che conservavano e vendevano, come la cera (candelaria), la carta (chartaria) e il pepe (piperataria). In realtà gli Horrea Piperitaria vendevano molti generi d'importazione provenienti dall'Arabia e dall'Egitto ed erano merci estremamente costose: soprattutto pepe insieme a molte altre spezie.

PLANIMETRIA DELL'HORREA PIPERATICA
Gli Horrea piperiana o Horrea piperatica ("magazzini del pepe") erano un edificio posto nei pressi del Foro Romano, al di sotto dell'attuale basilica di Massenzio, come parte di un complesso di edifici utilitari dell'epoca flavia, ricordato nella pianta della Forma Urbis severiana. L'attribuzione di questo edificio, in parte saggiato da scavi, venne confermata dalle fonti. Si trattava dei magazzini del pepe e delle spezie.

Sull'altro lato della Via Sacra si trovava un altro complesso analogo, ancora visibile fino a quando gli scavi del XIX secolo lo demolirono in quanto scambiato per costruzione medievale. L'area è oggi oggetto di scavi, che hanno consentito una più approfondita comprensione delle strutture degli horrea seppelliti per la costruzione della basilica di Massenzio. Tutto sommato non doveva essere molto dissimile dagli Horrea di Ostia che riproduciamo in queste due foto.

Gli Horrea Piperataria in particolare vennero realizzati in età flavia, come attesta il Cronografo del 354 d.c., lungo il tratto più orientale della Sacra via, nei pressi del Foro Romano, per ospitare ogni genere di spezie, ampiamente usate da tutti i romani.

PLANIMETRIA DEGLI ATTUALI SCAVI DELL'HORREA
Rodolfo Lanciani (Lanciani 1900, pp. 8-13) li identificò con le strutture collocate lungo la Via Sacra, identificate poi come un magazzino a corridoio della tarda età repubblicana (magazzino preneroniano della Velia). Gli studi di E. Van Deman, permisero di distinguere le fasi urbanistiche pre e post incendium del 64 d.c.  dimostrando che non potessero essere i magazzini flavi essendo collocate sotto le strutture neroniane del Vestibolo della Domus Aurea.

Gli studi di A. Minoprio (Minoprio 1932, pp. 23-24) e poi di M. Barosso (Barosso 1940, pp. 58-62) dimostrarono invece che gli Horrea Piperataria corrispondevano ad una serie di murature residue collocate al di sopra delle fondazioni neroniane e al di sotto del pavimento della Basilica di Massenzio, esattamente come riportato nel Cronografo. 

Roma oggi si strabilia di nuovo, mostrandoci ancora i tesori nascosti nel suo suolo: gli studi strutturali e planimetrici effettuati non lasciano più dubbi, si tratta di un edificio di stoccaggio, costruito con mirabili abilità e accortezze, anche nell'adeguamento alle precedenti strutture neroniane, abilmente sfruttate nell'elevazione dell'edificio.

Trattasi di un grande magazzino di ben 3000 mq, suddiviso in due parti, ognuna dotata di cortile interno. L'impianto è organizzato su gradoni discendenti verso ovest assecondando il dislivello naturale.
Fu illuminante soprattutto un antico manoscritto ritrovato in un convento della Grecia, le memorie sconosciute di Galeno, gli indizi lasciati dal famoso medico sul suo leggendario laboratorio scientifico aperto a Roma, hanno spinto ad avviare uno scavo in profondità, al di sotto del piano di calpestio della basilica di Massenzio, a quasi tre metri di profondità dalla via Sacra.

L'HORREA PIPERATICA
Qui il medico degli imperatori Galeno studiava, creava i suoi preparati farmaceutici, conservava i propri libri, ed esercitava il suo mestiere. Qui l’équipe della Sapienza diretta da Domenico Palombi ha condotto un vasto scavo nel complesso degli horrea piperatica, i monumentali magazzini domizianei. La supervisione dei lavori è stata affidata al parco archeologico del Colosseo che su impulso del direttore Alfonsina Russo sarà al centro di un piano di valorizzazione.

«Lo scavo ci ha consentito di fare chiarezza sulla storia dei magazzini delle spezie presso cui Galeno aprì la propria bottega nella metà del II secolo d.c.»  dice Russo «Strutture, queste, che vennero obliterate ma non distrutte per la costruzione della basilica di Massenzio, e che hanno rivelato diverse fasi costruttive che vanno indietro nel tempo, a ritroso da Settimio Severo a Adriano, arrivando persino a Nerone e alla fase Giulio-Claudia».

«Le spezie rappresentavano una ricchezza cui l’imperatore teneva in particolar modo, non a caso i magazzini li fa erigere vicino al palazzo» spiega Palombi «Alcune province dell’impero pagavano le tasse con beni di prestigio: le spezie e i papiro ne erano un esempio. La prima scelta spettava all’imperatore: per la corte e per l’esercito, il resto veniva commercializzato con prezzi stabiliti dall’imperatore».

Galeno è stato un po’ il nume tutelare dell’indagine che è andata anche oltre. Le fonti “decantavano” già gli horrea piperataria sotto la basilica di Massenzio. Del resto questo era il luogo ideale per il prestigioso medico, accanto aveva tutte le erbe e spezie che potevano servirgli per le sue ricerche e per le sue preparazioni dei medicinali, nonchè le sue apparecchiature e i suoi innumerevoli libri.

Intorno aveva tanti altri magazzini dove reperire ciò che gli occorreva ma soprattutto aveva il suo studio, dove potevano venire a trovarlo i suoi pazienti a cui vendeva i suoi preparati, ma dove soprattutto potevano reperirlo gli schiavi inviati dai loro ricchi padroni per chiamarlo a visitare il padrone ammalato. Non tutti comunque potevano permettersi il suo accorrere al suo capezzale, che doveva di certo costare parecchio, considerata pure la sua fama di medico degli imperatori.

ESEMPIO DELL'ORREA DI OSTIA ANTICA
Ma come si presentava l'Horrea Piperitaria? Anche questo può sorprenderci, perchè non doveva essere dissimile da un grande mercato chiuso di oggi, é vero che i romani non conoscevano la plastica (beati loro!) ma conoscevano la carta e la carta paglia, e i vimini, cioè i rami giovani, decorticati e flessibili di talune specie di salici, con cui costruivano canestri e contenitori vari, (ma pure mobili e tramezzi di appartamento).

Ci dovevano essere innumerevoli banchi in legno, come oggi, che esponevano molteplici sacchetti, non di plastica ma di cartapaglia variamente colorata, frammista con rami di lauro, di quercia o di mortella (i rami che decoravano e che si mantenevano di più), misti anche a sacchetti di vimini intrecciati dove si conservavano le spezie in grosse bacche o rametti o radici. 

I romani non conoscevano il peperoncino ma conoscevano, e le ricette di Apicio lo dimostrano: la senape, il coriandolo, il ligustico, il cumino, l'aneto, il timo, la ruta, l'apio, l'aglio, la cipolla, i bulbi, il finocchio, lo zafferano, il macerone, il cardamomo, ma soprattutto il pepe che rappresenta il 75 per cento delle spezie impiegate. Ma c'è pure il laser (la rarissima resina del silphium, una pianta già estinta ai tempi di Apicio), il folio (foglie di lauro indiano), lo zenzero, e il nardo (pianta delle Valerianaceae, utilizzata però soprattutto per la produzione di profumi).

Per la documentazione delle spezie (aròmata) nella cucina romana dobbiamo attendere il ricettario del IV sec. d.c. e intitolato "De arte coquinaria", attribuito a Marco Gavio Apicio (25 a.c. - 37 d.c.), un ricco epulone romano che avrebbe iniziato a comporlo con le ricette dei piatti a lui più graditi, continuato da altri e concluso nel corso nel IV secolo da un autore anonimo.

Pertanto l'Horreum non era molto dissimile da un mercato coperto odierno, come quello mostrato nella foto in alto. Il Mercato Nomentano di Roma, perchè di questo si tratta, si presenta come il primo spazio polifunzionale con biblioteca e area wi-fi che deriva dalla riqualificazione del vecchio mercato rionale, un po' come nella Roma antica presso i mercati si trovavano biblioteche, sarti, fiorai, "cibo da strada", maestri elementari e tanto altro.


BIBLIO

- Laura Larcan - Roma, sotto la Basilica di Massenzio riaffiora il laboratorio di Galeno dove "creava" la medicina - in Il Messaggero - 7 novembre 2019 -
- Laura Larcan - "Roma, le scoperte mai raccontate" - ed. CartaCanta - 2016 - Collana: Scripta manent -
- Maria Stella Busana, Oderzo - Forma urbis, Roma, l'Erma di Bretschneider, 1995 -
Alessandro Capannari - Pianta di Roma ricavata dalle misure di Leon Battista Alberti - ed. WorldCat - 1885 -





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