LE DOMUS DI ROMA

LA COSIDDETTA DOMUS DI LIVIA

Le case romane erano costruite molto bene, perchè i romani erano ottimi ingegneri. Tuttavia le insule, cioè i palazzi, erano spesso oggetto di speculazioni edilizie, per cui erano a volte eccessivamente alte e costruite con materiali scadenti. Per questo i crolli non erano così eccezionali. Ma più dei crolli erano frequenti gli incendi, perchè molti tramezzi erano di vimini e i travi di legno.

Calcolando che più o meno Roma imperiale potesse occupare la superficie del centro storico, cioè di quasi 70 kmq, di certo non poteva bastare ad una popolazione 1.200.000 - 1.500.000 abitanti. Un notevole spazio era occupato dalle vie, dalle piazze, dagli edifici pubblici, dai templi, basiliche, teatri, circhi, magazzini, caserme, poi dal Tevere, dai parchi, dai giardini, dalle palestre, dai portici, dai bagni pubblici, dalle scuole e dalle terme. Il rimedio all'insufficienza dello spazio fu lo sviluppo in altezza delle case romane, cioè le insule.

Solo con gli studi pubblicati ai primi del Novecento sugli scavi archeologici di Ostia e sui resti trovati sotto la scala dell'Ara Coeli, nonchè su quelli vicini al Palatino in via dei Cerchi, ci si è accorti che la casa romana non poteva esser presa a modello dalle case di Pompei ed Ercolano dove prevaleva la classica domus indipendente perchè a Roma prevalevano le insulae, insomma più palazzi che ville.

Le insulae avevano appartamenti molto diversi, mentre al piano terra avevano botteghe, al primo piano avevano appartamenti di lusso, in genere dotati di acqua corrente. poi più si saliva e più erano piccoli e poveri. Del resto fino al XX secolo il primo piano era il più bello, detto "piano nobile", visto che non esistevano gli ascensori e che scappare da un incendio era più difficile ai piani superiori.

La maggior parte degli appartamenti non aveva bagni in quanto senza acqua, però ogni condominio aveva al centro una fontana a cui attingerla. Inoltre non c'erano bagni per cui utilizzavano i bagni pubblici, che tuttavia erano usati un po' da tutti i maschi.

Sembra strano ma i bagni pubblici, riservati solo agli uomini, erano un salotto dove tutti si incontravano, parlavano e discutevano, e dove spesso, come fa notare Marziale, si ottenevano inviti a cena o si incontravano gli amici. 

Spesso la gente, anzichè cucinare, si serviva del cibo pronto sulle bancarelle, o del cibo cucinato per strada, o delle locande locali, poiché c'era poco tempo per cucinare. Pertanto i romani vivevano molto per strada e poco in casa.

Le domus invece erano le case delle famiglie ricche, con un giardino e un piano costruito intorno ad un atrio. Le stanze si affacciavano sull’atrio, dove una fontana raccoglieva l’acqua piovana che scendeva dal tetto aperto. Un ulteriore spazio aperto era il peristilio, una zona che comprendeva un giardino e camere che si aprivano su di esso. 
Le decorazioni delle stanze principali avevano pareti in gesso colorato e, spesso pavimenti con mosaici. I mobili più comuni erano sedie e divani reclinabili, sgabelli, tavoli da appoggio, credenze per riporre stoviglie e vasi, bauli e cassaforti. I letti avevano cinghie di cuoio che incrociavano il telaio del letto, con lenzuola, coperte, materassi e pellicce.

Le case dei ricchi possedevano condotte d’acqua, portata attraverso dei tubi di piombo, sui quali era prevista una tassa in base alla grandezza. Spesso, un archeologo è riuscito a stabilire il livello di ricchezza del proprietario di una casa osservando la grandezza dei tubi. Le domus venivano inoltre scaldate con l'ipocausto: forni e intercapedini sotto ai pavimenti, nonchè mediante bracieri vari.

DOMUS ROMANE DEL CELIO

LE DOMUS SCOPERTE A ROMA

La Villa detta "Ad Duas Lauros" posta sulla via Casilina 700, ovvero al IV miglio dell'antica via Labicana, presenta diverse fasi costruttive, dall'età repubblicana fino all'epoca tardo antica (V-VI sec. d.c.). L'impianto successivo subisce nel tempo modifiche ed ampliamenti. La villa, nel suo periodo di massima espansione, occupava un'area di oltre un ettaro ed ha vissuto per più di 1000 anni. 

- Domus Annii Veri -
Casa di Annius Verus, avo di Marco Aurelio, ove questi fu allevato; sorgeva "iuxta aedes Laterani" (Capital. Marc. Ant. 1), e innanzi ad essa si ergeva fine all'anno 1583 la statua equestre di lui, ora sul Campidoglio.

Domus Augustana -
Augusto era nato sul Palatino e lo scelse come residenza fin dall'inizio della sua carriera politica. Acquistò la casa dell'oratore Ortensio, accanto alla cosiddetta "casa di Romolo", nel 31 a.c., la ampliò con l'acquisto di case vicine e vi dimorò senza tuttavia farne un palazzo vero e proprio. La sua costruzione fu il risultato di un raggruppamento di diverse abitazioni tra le quali quella di Caio Lutazio Catulo. La Casa di Augusto fu innalzata nel corso del 36 a.c. poco dopo il giorno in cui l’imperatore riportò a Roma una vittoria conquistata nelle terre sicule insieme a Sesto, il figlio di Pompeo.

- Domus Aurea -
La Domus Aurea, la "Casa Dorata", fu costruita dall'imperatore Nerone dopo il grande incendio che devastò Roma nel 64. Aveva già fatto costruire la Domus Transitoria, che però bruciò interamente. Per la nuova reggia si avvalse degli architetti Celere e Severo, che la edificarono in soli quattro anni, e del celebre pittore Fabullo. Quando Nerone inaugurò la casa disse che finalmente cominciava ad abitare "in una casa degna di un uomo". Aveva un'estensione di 2,5 kmq., circa 80 ettari, con giardini e padiglioni per feste o di soggiorno per gli ospiti. Al centro dei giardini c'era il laghetto su cui sorse più tardi il Colosseo.

All’interno di un edificio moderno di largo Arrigo VII, si conserva parte di una ricca domus tardo repubblicana situata lungo l’antico Clivus Publicius. Gli ambienti si trovano a 12 m di profondità ed erano al piano ipogeo della domus. Della ricca domus romana, situata in parte sotto la costruzione moderna, in parte sotto il relativo giardino ed in piccola parte sotto la strada, si conservano una porzione del piano seminterrato e le tracce di alcuni ambienti del piano superiore.

Il palazzo imperiale di Caligola, situato nell’angolo nord-ovest del Palatino tra Tempio dei Dioscuri, Vicus Tuscus, Horrea Agrippiana e Domus Tiberiana, si innalzava su più piani. Il gusto sobrio di Augusto era ormai un ricordo e la reggia già raddoppiata da Tiberio fu successivamente ampliata da Caligola verso il Foro Romano. Era formato in gran parte dal palazzo che fece già costruire l’Imperatore Tiberio, con una facciata sul Foro ed una sul Velabro, a cui Caligola aggiunse alcune infrastrutture sul lato del Foro, che vennero chiamate ‘Palazzo di Caligola’.
Purtroppo nulla infatti rimane dell’alzato dell’edificio, i cui piani erano forse collegati da gradini in legno oggi scomparsi. Forse il piano terra aveva funzione di servizio e magazzini, mentre al primo piano, nell’Hermaeum, stavano le stanze principali. Il palazzo comprendeva un atrium e una piscina, a cui era associata, si pensa, un triclinium posto a sud o ad est, in cui l’imperatore svolgeva tutte quelle attività legate alla sfera sociale.

L’insieme delle strutture antiche chiamate «domus di via Eleniana» si trova all’interno dell’area della centrale ACEA nella via omonima. I resti sono venuti alla luce per la posa di cavi elettrici nel 1980, e sono costituiti da quattro ambienti di un edificio privato, che si affacciava su una strada antica corrispondente all’odierna via Eleniana. Si pensa fosse prima un edificio adibito alla manutenzione dello stesso acquedotto, trasformato successivamente in domus. Della residenza vera e propria, il Sessorium delle fonti cristiane, restano l’aula adibita a cappella per la conservazione della Croce, la grandiosa sala absidata impropriamente definita “Tempio di Venere e Cupido”, cospicui resti di domus affrescate e mosaicate.

Tra via Amba Aradam e via dei Laterani durante la costruzione della nuova sede dell'INPS sono venuti alla luce, nel 1959, a una decina di metri di profondità, un gruppo di edifici su terrazzamenti digradanti verso sud e verso ovest, di età giulio-claudia, con muri in opera reticolata, e con restauri del II sec. d.c., oltre a un completo rifacimento del IV sec.. Era una vasta villa costeggiata dalle mura aureliane, quindi ai limiti di Roma antica. Aveva naturalmente un grande cortile interno con grandi ali laterali, e vasti giardini ricolmi di piante e statue. Nel corso dei secoli, per ragioni di livellamento edilizio, tutte le strutture superiori furono rase al suolo mentre si conservarono quasi interamente quelle più in basso.

Il complesso occupò tutta la parte centrale del Palatino verso la fine del I sec., sostituendo edifici preesistenti,  le dimore imperiali di Augusto, Nerone e Tiberio, nonchè di alcune ville di epoca repubblicana, di cui restano testimonianze nei livelli stratigrafici inferiori. Sorgeva sulla sella  fra i due rialzi del colle Palatino, posizione un po' problematica per l'edificazione. A ovest e a sud-ovest era limitata da monumenti già esistenti, nonchè dalle differenze di livello del terreno, con la necessità di due facciate opposte asimmetriche, una a nord verso la valle del Foro, e una a sud verso il Circo Massimo.

Domus (villa) Farnesina -
La Casa della Farnesina è una costruzione signorile antica di Roma, collocata in Trastevere, in parte sotto i giardini di villa Farnesina (dalla quale prende il nome). Fu rinvenuta casualmente durante gli scavi per la costruzione degli argini del Tevere, nel 1880. Finora è stato possibile scavare solo una metà posta sotto i giardini, mentre è sconosciuta la parte sotto le costruzioni di via della Lungara. Tra le ipotesi sui proprietari di questa "villa" urbana c'è quella che fosse stata costruita per le nozze tra Giulia maggiore e Agrippa.

DOMUS AUGUSTANA

- Domus Grifi -
La casa dei Grifi è un'antica abitazione romana sul colle Palatino, al di sotto dell'ala settentrionale del palazzo di Domiziano (in particolare del Larario), che la seppellì. Si tratta dell'esempio di casa di epoca repubblicana meglio conservato a Roma. Il nome deriva dalla decorazione a stucco di una lunetta con grifoni.
La casa, che non doveva essere molto grande, venne tagliata dalle massicce fondazioni dei palazzi di Nerone e di Domiziano, ed oggi se ne vede solo una parte.
L'edificio venne costruito in opera incerta, con rifacimenti in opera quasi reticolata, è famoso per le pitture che lo decorano, databili tra la fine del II e l'inizio del I secolo a.c. (mentre la casa è più antica). Le parti migliori di queste decorazioni vennero staccate ed oggi sono conservate nell'Antiquarium del Palatino.
Tra i mosaici, una stanza rettangolare ha il pavimento decorato con al centro una zona quadrata con pietre e marmi policromi che costruiscono un disegno di cubi in prospettiva. Questa tipologia di decorazione si chiamava opus scutulatum, il più antico pervenutoci a Roma, che aveva come modello originario quello del tempio di Giove Capitolino, composto tra il 149 e il 146 a.c.; altri esempi sono stati rinvenuti a Pompei (tempio di Apollo e casa del Fauno) databili attorno al 120 a.c. 
In quel periodo infatti si assiste alla progressiva sostituzione pittorica di elementi strutturali, già usati nella decorazione parietale col più costoso stucco, con un maggior uso di elementi architettonici probabilmente desunti da vere architetture e forse influenzati dai pittori di scenografie. Questo stile dominò la decorazione in ambito romano fino agli ultimi decenni del I secolo a.c.

- Domus Laterani -
i cui avanzi si trovano sotto la chiesa di s. Giovanni in Laterano: "egregiae Lateranorum aedes", come la chiama Giovenale (10, 17). Sotto Nerone apparteneva alla famiglia dei Plautii Laterani, di cui essendo stato allora giustiziato il console designato dello stesso nome, la casa divenne proprietà imperiale (Tac. ann. 15, 49. 60).
Settimio Severo la donò di nuovo a un Lateranus (Aur. Vict. epit. 20). Costantino ne fece la propria residenza, l'adornò e vi costruì una chiesa (Niceph. 7, 49).

- Domus Licinii Surae -
La domus di Lucius Licinio Sura, generale e intimo amico dell’imperatore Traiano, venne edificata alla fine del II sec. d.c. ma sopra ad un’estesa parte del complesso fu costruito un edificio a due navate (forse il titulus paleocristiano) su cui sorge l’attuale chiesa. Che si tratti della casa di Sura sarebbe anche confermato dalla Forma Urbis Severiana, che in quest’area, adiacente al Tempio di Diana, indica la presenza delle Terme Surane. Lucio Licinio Sura, politico e generale molto influente sotto Traiano, di cui era amico, consigliere e forse anche qualcosina di più, considerato che Traiano nonostante la moglie e il suo affetto per lei, era decisamente omosessuale. Per giunta Sura appare di belle fattezze.

- Domus Liviae - Casa di Livia -
La cosiddetta "Casa di Livia" è una delle poche abitazioni repubblicane rimaste sul colle Palatino, nella zona occidentale, la più importante perché conserva le testimonianze più significative della fondazione e della storia dell'Urbe. Nel 1869, per incarico di Napoleone III, l'archeologo Pietro Rosa mise in luce una casa di epoca repubblicana con murature databili tra il 75 e il 50 a.c. che erroneamente, interpretando un passo di Svetonio, venne detta casa di Livia.

L’attribuzione si poggia sulle fonti, che ricordano un grande praedium appartenuto a Livia proprio in quella zona, in una località definita Ad gallinas albas; oltre a un’iscrizione d’età traianea, che menziona tra i centri amministrativi di quella zona un praetorium denominato Gallinarm albarum. La villa venne costruita tra il 30 e il 25 a.c., e fu abitata fino ad età severiana, quando, divenuta proprietà del fisco imperiale, ebbe una generale risistemazione specialmente nel settore delle terme. Bolli laterizi dell’età di Teodorico ne attestano la sopravvivenza fino ad epoche successive.

DOMUS DELLA FARNESINA

- Domus Mamurra -
famiglia originaria di Formiae; un Mamurra, partigiano di Cesare, fu il primo che avrebbe usato le incrostazioni marmoree nelle pareti (Pin. nat. hist. 86, 48 cf. Catul. 42. 4).

Sotto la chiesa di S. Cecilia c'è un importante complesso di edifici romani, parti del primo edificio di culto e un battistero. La domus più antica risale al II secolo a.c., accanto alla via Campana-Portuense, con pareti in opera quadrata e in reticolato. Vi si individua un atrio delimitato da colonne di tufo e altri ambienti con pavimenti a mosaico geometrico e a cocciopesto, ancora in gran parte conservati nei sotterranei della chiesa. Annesso alla casa, ma successivamente costruito, c'è un magazzino con otto grandi vasche cilindriche inserite nel pavimento, con un rivestimento interno a cortina e fondo in opera spicata.

Con la denominazione di Domus Severiana si intende un prolungamento della Domus Augustana, realizzato tra la fine del II e gli inizi del III sec.. Lo splendido edificio si erge sul lato sud del colle Palatino e di esso, purtroppo, oggi restano soltanto costruzioni in laterizio completamente spogliate di qualsiasi ornamento, tipico di questa zona del Palatino. Per molti secoli infatti i papi fecero a gara a spogliare i monumenti romani, in parte per abbellire chiese e palazzi patrizi, in parte per cancellare ogni traccia di un passato pagano che suonava come satanico e blasfemo, da cancellare e dimenticare. La Domus severiana fu l'ultimo ampliamento dei palazzi imperiali sul Palatino, realizzato a sud-est dello Stadio palatino, nella Domus Augustana, da Settimio Severo.

La Domus Tiberiana doveva avere uno sviluppo planimetrico di 150 m di lunghezza e 120 di larghezza, per un'altezza di oltre 20 m, fu la sede preferita degli imperatori Antonimi, con una biblioteca e l'archivio imperiale, che bruciarono durante il regno dell'imperatore Comodo (176-192 d.c). Era uno splendore di giardini con statue, ninfei e fontane all'esterno, con terrazze, balconate contenute da grate scolpite nel marmo, da scalinate, da viali alberati, da aiuole, e all'interno era decorata con affreschi e pavimenti musivi, portali preziosi, colonne e decorazioni. Si ritiene sia stato il primo palazzo imperiale eretto sul colle Palatino e sembra che fosse stato eretto sulla casa natale di Tiberio, inglobando abitazioni vicine del periodo tardo-repubblicano.

La Domus Traiana, costruita probabilmente su un terreno di proprietà familiare, era più raffinata di quella fatta edificare da Caracalla pochi decenni prima, essendo destinata agli illustri personaggi dell'epoca, come dimostrano alcune iscrizioni rinvenute in loco che attestano anche il suo uso almeno fino al V sec. L''ultimo restauro avvenne nel 414, dopo l'incursione gotica. La pianta dell'edificio è conosciuta da un disegno del Palladio, scoperto dal Rodolfo Lanciani nella collezione Devonshire. In essa si nota uno sviluppo simmetrico dei vari ambienti: ninfei, palestre e spogliatoi, ai lati di una grande sala centrale comprendente il frigidarium o il tepidarium. Le sue rovine erano ancora visibili all'epoca del Nolli che le disegnò in una pianta nel 1748.

L'imperatore Nerone, prima di far erigere la Domus Aurea, aveva già fatto costruire la Domus Transitoria, per collegare le tenute imperiali del Palatino con gli Horti Maecenatis sull'Esquilino, che però bruciò interamente nel grande incendio del 68. Ne sono stati rinvenuti dei resti sotto la Domus Flavia sul Palatino. Lo storico Svetonio racconta come già fece scandalo a Roma il grande impegno di soldi e maestranze che Nerone aveva dedicato all'edificazione del suo magnifico palazzo privato: la Domus Transitoria, che permetteva di “transitare" dal Palatino all’Esquilino, seguita, dopo l’incendio del 64 d.c., dalla Domus Aurea. E infatti le pitture, gli stucchi e i marmi che la decorano furono un'anticipazione dello splendore e munificenza che profonderà nella Domus Aurea.

La Casa dei Valerii ( Domus Valeriorum ), grande famiglia di origine Sabina, occupava una grande superficie sul Celio e fiancheggiava l’Acqua Claudia con vasti giardini in pendio. La storia dei Valerii iniziò nel 509 a.c. con Publius Valerius Poplicola che partecipò alla caduta dei Tarquini e diventò il secondo console della Repubblica romana. La ricca domus della Gens Valerii giaceva ai piedi della Velia, la terra che connetteva il Palatino col Colle Oppio ed era l'unica domus di Roma dove le porte si aprivano direttamente sulla strada. Secondo la tradizione, una casa sub Veliis (Asc. in Pison. 52, ubi aedes Victoriae=Vicae Potae), o in Velia (Cic. de Har. resp. 16), fu concessa a Valerius come un onore speciale (cf. Plin. NH xxxvi. 112, ).

Le proprietà degli Annii e di Domizia Lucilla, membro della famiglia di Marco Aurelio e la proprietà dei Quintilii, entrarono a far parte della domus Vectiliana di Commodo. Nel 192 d.c. la cospiratrice Marcia, concubina di Commodo, fece entrare Narcisso nella camera da letto dell'imperatore forse in preda all'ebbrezza o al torpore dovuto a un veleno, ma il vomito sopravvenuto, o un antidoto precedentemente assunto, rischiò di far fallire tutto per cui il sicario Narcisso lo strangolò nella vasca da bagno. L'omicidio avvenne nella domus Vectiliana che l'imperatore possedeva sul Celio, una domus così amata da aver spostato in essa la sua residenza palatina. Poichè non si conosce una familia Victelia o Vectelia, si è supposto che la domus provenisse dall'imperatore Vitellio (Victellius), oppure di suo padre Lucio Vitellio, che era stato console e governatore in Siria sotto Tiberio, ma non ve ne sono prove. Certamente i beni di Vitellio dopo la sua cruenta fine devono essere stati confiscati a beneficio dell'imperatore.

Il complesso archeologico di S. Paolo alla Regola, scavato, restaurato e attualmente visitabile è ubicato nel primo e secondo livello sottosuolo del cinquecentesco Palazzo degli Specchi, occupato al primo piano dalla Biblioteca comunale per i ragazzi e nei piani superiori da abitazioni private. L'insula è prospiciente a via di S. Paolo alla Regola, strada che ricalca quell'antico tracciato stradale che fin dall'età repubblicana collegava il Circo Flaminio con la pianura del Campo Marzio.
Fu un complesso residenziale di epoca imperiale, iniziato dall'imperatore Settimio Severo e terminato dall'imperatore Elagabalo (o Eliogabalo), situato nella zona sudest della Regio V Esquiliae, presso l'Acquedotto Claudio. L'imperatore Settimio Severo, agli inizi del III secolo, costruisce una grande villa con giardino, gli Horti Spei Veteris, uno dei diversi horti costruiti nell'area esquilina a partire dall'epoca e dall'esempio di Mecenate. La residenza viene ampliata da Caracalla e, soprattutto, da Elagabalo (Sesto Vario Avito Bassiano), che fa completare il circo ed erige un piccolo anfiteatro, però dotato di sotterranei, noto come anfiteatro castrense. C'era anche un grande atrio (poi trasformato nella chiesa).
Si trattava di una villa a nuclei monumentali, articolati in un vasto parco e collegati tra loro da un corridoio carrabile, conosciuta anche come Horti Variani.

RICOSTRUZIONE DEGLI INTERNI DELLA DOMUS VALENTINI

Trattasi di due ville romane di epoca imperiale e di grande bellezza. Le due ville, che misurano circa 20.000 piedi, erano locate presso il Foro Traiano, zona anche allora di grande prestigio.
Nella ricostruzione virtuale, si apre una finestra con vista sulla colonna traiana. Non altrimenti doveva essere per la villa, dotata certamente di varie finestre, e non poteva mancare quella su uno dei maggiori capolavori dell'epoca traiana. 

Secondo le antiche fonti, tra cui i testi di Seneca e Filone, sulle pendici settentrionali del colle Gianicolo, nella zona compresa tra il monte di Santo Spirito e la riva destra del fiume Tevere, si trovavano gli Horti di Agrippina Maggiore, sede delle residenze private di Agrippina, nipote di Augusto e madre di Caligola. Il fastoso apparato decorativo della dimora che sorgeva tra i giardini affacciati sul Tevere, i suoi pregiati marmi colorati lavorati a capitelli, lesene, cornici e lastre di rivestimento, le raffinate decorazioni parietali e i vari rinvenimenti, ricostruiscono idealmente il lusso della dimora lungo il percorso espositivo e nella "mise en scène" allestita nel Teatro di Palazzo Altemps. 

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