Morte: 42
Padre: Marco Furio Camillo
Console: 32
Regno: 42
PETO E ARRIA
« Casta suo gladium cum tradet Arriva Peto quem de visceribus strinxerat ipsa suis “si qua fides vulnus quod feci non dolet” iniquità “sed quod tu facies hoc mihi Paete dolet” »
La casta Arria, consegnando al suo Peto il gladio estratto con le proprie mani dalle sue viscere, disse: «Se merito fede, la ferita che mi sono fatta non mi duole, ma quella che tu ti farai, oh Peto, quella sì che mi duole ».
(Marziale, Epigrammi lib I, 13)
In questo epigramma Marziale esalta l’amore incondizionato di una moglie verso il proprio marito, Cecina Peto, quest’ultimo prese parte con Lucio Arrunzio alla rivolta contro l’imperatore Claudio, del 42, in Dalmazia.
La rivolta era capitanata dal governatore Lucio Arrunzio Camillo Scriboniano, fallita la rivolta, il governatore si suicidò, mentre Cecina Peto fu tratto in arresto e condotto a Roma dove fu condannato a morte, Arria Maggiore preferì precederlo nella morte, ritenendo inutile la vita senza l’amore del proprio marito.
Questo episodio fece più scalpore della rivolta capitanata da Lucio Arrunzio per far decadere dal trono l'imperatore Claudio e ripristinare la tanto rimpianta Repubblica Romana, per quanto l'Impero fu molto più espanso, potente e ricco della precedente Repubblica.
L 'USURPATORE |
LUCIO ARRUNZIO
Lucio Arrunzio Camillo Scriboniano (in latino Lucius Arruntius Camillus Scribonianus) è stato un politico romano. Figlio di Marco Furio Camillo, ricevette il nome di Marco Furio Camillo Scribonio. L'amico Lucio Arrunzio lo adottò ed egli ricevette quindi il nome di Lucio Arrunzio Camillo Scriboniano. Fu console nel 32, e cinque anni dopo entrambi i suoi padri morirono.
Nel 42 Scriboniano fu governatore della Dalmazia, quando si ribellò all'imperatore Claudio, proclamandosi imperatore. Fu ingannato dall'aver inizialmente ricevuto il sostegno delle legioni della Dalmazia, l'XI legione e la VII legione, ma a causa di un evento ritenuto non propizio (l'impossibilità di adornare le aquile) queste legioni rimasero fedeli a Claudio, e spensero la rivolta in soli cinque giorni, uccidendo Scriboniano.
Il figlio, Furio Scriboniano, fu esiliato da Claudio perché aveva fatto compiere dagli astrologi delle indagini sulla morte dell'imperatore stesso.
LA VENDETTA DI CLAUDIO
"Così Silano perì a causa di una mera visione. Dopo la sua morte i romani non nutrivano più grandi speranze per Claudio, e Annius Vinicianus con alcuni altri formarono subito un complotto contro di lui. Annius era uno di quelli che erano stati proposti al trono dopo la morte di Gaio, e fu in parte la paura ispirata da questa circostanza che lo spinse a ribellarsi.
Non possedendo però alcuna forza militare, inviò a Furius Camillus Scribonianus, il governatore della Dalmazia, che aveva un gran numero di truppe cittadine e straniere, e gli chiese il suo appoggio; poiché Camillus stava già facendo i suoi piani per una rivolta, soprattutto perché si era parlato di lui come di un imperatore.
Quando Annius era arrivato così lontano, molti senatori e cavalieri si accalcavano a lui; ma non servirono a nulla, per i soldati, quando Camillo tenne loro la speranza di vedere la repubblica restaurata e promise di restituire loro l'antica libertà, sospettando che avrebbero avuto ancora una volta problemi e conflitti, e che quindi non lo avrebbero più ascoltato. A questo punto si spaventò e fuggì da loro, e arrivando all'isola di Issa si tolse la vita.
Claudio era stato per un certo tempo in grande terrore, ed era pronto ad abdicare volontariamente al suo potere in favore di Camillo; ma ora aveva recuperato coraggio. In primo luogo premiò i soldati in vari modi, soprattutto facendo sì che le legioni composte da cittadini (la settima e l'undicesima) venissero nominate dal senato claudiano e leali e patriottiche.
Poi cercò coloro che avevano complottato contro di lui, e con questa accusa mise a morte molti, tra gli altri un pretore, che per primo fu fatto dimettere dalla sua carica. Molti, tra cui Vinicianus, si suicidarono. Per Messalina e Narciso e per tutti i suoi compagni di vita, Messalina e Narciso colsero l'occasione per scatenare la loro più terribile vendetta. Essi impiegarono schiavi e liberati, per esempio, come informatori contro i loro stessi padroni.
Questi padroni e altri di altissimo rango, stranieri e cittadini, e non solo plebei, ma anche alcuni dei cavalieri e senatori, furono sottoposti alla tortura, nonostante Claudio all'inizio del suo regno avesse giurato di non torturare alcun liberto. 1 Molti uomini, quindi, e molte donne, furono giustiziati in quel momento, alcuni di questi ultimi incontrarono il loro destino proprio nella prigione stessa. "
BIBLIO
- Tacito - 89 - Historiae -
- Svetonio - Vita Claudii -
0 comment:
Post a Comment