PONTE CALDARO |
PONTE CALDARO
Ponte Caldaro, posto a nord di Narni Scalo, era uno dei tanti ponti che i romani avevano costruito nel territorio comunale per sviluppare la Via Flaminia, che dall’Urbe doveva arrivare sino al Mare Adriatico. Esso doveva scavalcare il fosso del fiumiciattolo omonimo, verso Carsulae, sulla Flaminia Fu costruito dai Romani senza badare a spese, senza nulla da invidiare al ponte di Augusto quanto a maestosità.
Fu eretto nel 27 a.c. insieme a tutti i grandi lavori voluti da Augusto in quell'anno per abbellire e organizzare i traffici dell'Impero. Il ponte era dunque dislocato lungo la via Flaminia per superare il torrente Caldaro ed era formato da 5 arcate di misura crescente verso quella centrale. Era rivestito in conci di travertino a tutto sesto, senza chiave di volta centrale.
Del Ponte Caldaro (Cardaro o Cardano) in origine a ben cinque fornici di bei conci di pietra bugnata con anathyrosis integralmente conservati (era uno dei più belli e lunghi dell’intera Flaminia), restano le coppie di archi delle testate.
La tecnica dell'anatirosi consisteva in un trattamento differenziato nella lavorazione della superficie: la parte più centrale si lavorava con martellina e punteruolo in modo da renderla in leggero sottosquadro, evitando così il contatto tra i blocchi. Invece la fascia periferica, prossima agli spigoli, veniva perfettamente levigata, per ottenere la perfetta aderenza tra superfici.
Fu eretto nel 27 a.c. insieme a tutti i grandi lavori voluti da Augusto in quell'anno per abbellire e organizzare i traffici dell'Impero. Il ponte era dunque dislocato lungo la via Flaminia per superare il torrente Caldaro ed era formato da 5 arcate di misura crescente verso quella centrale. Era rivestito in conci di travertino a tutto sesto, senza chiave di volta centrale.
Del Ponte Caldaro (Cardaro o Cardano) in origine a ben cinque fornici di bei conci di pietra bugnata con anathyrosis integralmente conservati (era uno dei più belli e lunghi dell’intera Flaminia), restano le coppie di archi delle testate.
La tecnica dell'anatirosi consisteva in un trattamento differenziato nella lavorazione della superficie: la parte più centrale si lavorava con martellina e punteruolo in modo da renderla in leggero sottosquadro, evitando così il contatto tra i blocchi. Invece la fascia periferica, prossima agli spigoli, veniva perfettamente levigata, per ottenere la perfetta aderenza tra superfici.
Così si assicurava il perfetto contatto tra due blocchi adiacenti e, data la giunzione riservata solo alla fascia perimetrale, si evitava un aggravio di lavoro con costi elevati. Il fornice centrale con buona parte dei piloni relativi dovette essere ricostruito in mattoni.
Esso vantava una lunghezza è di 74.32 metri e una larghezza di 7.90, quindi consentiva il passaggio contemporaneo di due carri, con una luce centrale di 9 metri mentre quelle laterali sono di 5.50. Le luci degli archi piccoli posti alle estremità erano di 3.50 metri, ce ne dà notizia la Guida Archeologica Laterza. Un ponte che era durato per duemila anni, quando della Flaminia si era persa ormai ogni traccia.
Un salto nel tempo: Ponte Caldaro così come progettato dagli ingegneri romani era stato “inglobato” nella strada dell’Asse, di quel nastro di asfalto che collegava le due grandi capitali, Roma e Berlino. Ci fu un rimaneggiamento che cancellò ogni aspetto antico per quella mancanza di rispetto che spesso i potenti hanno verso le antiche civiltà. E' il frutto della presunzione mista all'ignoranza.
Poi quella stessa presunzione e ignoranza venne la guerra, poi la ritirata dei tedeschi, e le mine sotto le arcate: ponte Caldaro saltò in aria: una arcata venne perduta per sempre. Sembrava così quando solo qualche anno fa dopo alcuni scavi sono venute alla luce le pietre saltate in aria dopo lo scoppio della mina.
Accantonate, aspettano ora di essere rimesse al loro posto. Intanto, Ponte Caldaro continua ad essere trascurato anche se è bellissimo. Sempre per la presunzione e l'ignoranza dei piccoli o grandi poteri. I tempi cambiano ma la civiltà romana fatica a tornare.
BIBLIO
- Augusto Ancillotti, Romolo Cerri - La civiltà degli Umbri - Edizioni Jama - Perugia - 1996 -
- Filippo Coarelli - (curatore) Dictionnaire méthodique de l'architecture grecque et romaine (1985).
- Procopius - De Aedificiis - 5.3.8-11 -
Accantonate, aspettano ora di essere rimesse al loro posto. Intanto, Ponte Caldaro continua ad essere trascurato anche se è bellissimo. Sempre per la presunzione e l'ignoranza dei piccoli o grandi poteri. I tempi cambiano ma la civiltà romana fatica a tornare.
BIBLIO
- Augusto Ancillotti, Romolo Cerri - La civiltà degli Umbri - Edizioni Jama - Perugia - 1996 -
- Filippo Coarelli - (curatore) Dictionnaire méthodique de l'architecture grecque et romaine (1985).
- Procopius - De Aedificiis - 5.3.8-11 -
- Vittorio Galliazzo - I ponti romani, Catalogo generale - Treviso - Edizioni Canova - 1994 -
- L. Quilici, S. Quilici Gigli - Architettura e pianificazione urbana nell'Italia antica - L'Erma di Bretschneider - 1997 -
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