VASIO JULIA VOCONTIORUM - VAISON-LA-ROMAINE (Francia)



VILLA DEL PAVONE
Quando Cesare giunse in Gallia, Roma già da un cinquantennio aveva ridotto a provincia la Gallia Narbonese, corrispondente all’odierna Francia del Sud, e i primi interventi del futuro dictator, nel 58 a.c., furono proprio a protezione dei domini romani: solo in un secondo tempo egli si diede alla conquista della restante parte del territorio gallico.

E tanto fu alto, nei secoli, il livello di romanizzazione di quell’area che anche oggi il suo nome lo documenta: la Provence, infatti, è il modello perfetto della provincia romana.

Vasio Julia Vicontiorum, è stata a volte indicata come “La Pompei di Francia” ed è un comune della regione Provenza-Alpi-Costa Azzurra nella Francia sud-orientale, che in effetti ha molte meravigliose rovine romane.

La città di Vaison-La-Romaine è l'antica Vasio Julia Vocontiorum, situata lungo il fiume Ovidio (oggi Ouvèze) nel dipartimento di Vaucluse, in Francia, e deve il suo nome al suo fortunato passato romano, e i due siti archeologici che mostrano la città antica sono quello della Villasse e quello del Puymin.

VILLA DEL BUSTO DARGENTO
Si registra un insediamento di oppidum gallico già nel IV secolo a.c. della tribù dei Vocontii, sconfitti durante le campagne del proconsole in Gallia Marco Fulvio Flacco nel 125 a.c. che per questo ottenne il trionfo, e il proconsole Gaio Sisto Calvino nel 123 a.c.

Alla fine delle campagne nel 118 a.c. il territorio dei Vocontii passò sotto il controllo dei romani ma, come a molte tribù della regione, ai Vocontii fu concessa una certa autonomia, infatti riuscirono a mantenere il loro centro religioso a Luc-en-Diois, anche perchè i romani rispettavano tutte le altrui religioni purchè rispettassero la religione romana.

I Vocontii si ribellarono a Marco Fonteius governatore della Gallia Transalpina negli anni '70 a.c., per la cattiva gestione della provincia di cui venne poi fu accusato, ma dal 60 a.c. si acquietarono e divennero anzi alleati di Roma.

PERISTILIO DELLA VILLA DEL BUSTO D'ARGENTO
I Vocontii sono menzionati solo brevemente da Cesare nelle sue guerre galliche, e sia Pompeo che Cesare conferirono la cittadinanza ad alcuni dei principali cittadini delle tribù, e Pompeo conferì loro lo status di civitas foederata.
Dalla metà alla fine del I secolo a.c., la città prosperò e si ampliò ma con architetture galliche piuttosto semplici e povere. L'archeologia moderna (opera di Christian Goudineau) suggerisce che gli aristocratici vocontiani si spostarono dall'oppidum e fondarono ville lungo il fiume, attorno alle quali la città gallo-romana si sviluppò.

PONTE ROMANO SUL FIUME OUVEZE
Si ebbe invece un grande cambiamento quando salì al potere Cesare Augusto, perchè, obbedendo ai voleri dell'imperatore, la città venne praticamente ricostruita secondo la griglia romana.
Vasio diventò una delle città più ricche della provincia romana Gallia Narbonensis, con molti pavimenti a mosaico geometrico e un piccolo teatro, probabilmente costruito durante il regno di Tiberio, poiché la sua statua fu trovata in un posto di rilievo sul suo sito.

Pomponio Mela menziona Vasio Vocontiorum come una delle città più ricche della Gallia Narbonense.

Alla metà del I secolo d.c.. Vasio Vocontiorum sembra essere stata saccheggiata nelle invasioni della fine del III secolo d.c., ma non fu abbandonata, anzi, al contrario di molte altre città della Gallia Narbonensis, venne ricostruita proprio in seguito agli attacchi alla città, anche perchè divenne la sede dei nuovi occupanti fino almeno al VI secolo d.c.

Successivamente, tuttavia, la maggior parte della popolazione sembra essersi spostata nella posizione della città medievale sulla collina sul lato sud del fiume Ouvèze, sebbene la città romana non sia stata completamente abbandonata. 

CARDO CON LE BOTTEGHE

GLI SCAVI

L'antico sito è noto dal XV secolo grazie a molte scoperte soprattutto fortuite. L'esplorazione archeologica del territorio di Vasio iniziò dal 1821, ma solo nel 1893 iniziarono scavi sistematici. Fu però Prosper Mérimée, allora ispettore dei monumenti storici, a stanziare i fondi per gli scavi durante il XIX secolo per gli scavi del sito.

Si reperì così la statua di Diadumèno (colui che si cinge la fronte, per aver ottenuto la vittoria), replica dell'opera di Policlèto, acquisita tuttavia dal British Museum.

DIADUMENO
Il canonico e archeologo Joseph Sautel, grandissimo appassionato di arte romana, trascorse il suo tempo a scavare nella città dal 1907 fino alla sua morte nel 1955.

Iniziata la sua tesi di dottorato egli iniziò a cercare, a sue spese, Vaison dal 1907, riportando alla luce i resti di una città romana in una città che aveva solo pochissime rovine visibili.

L'entità delle scoperte gli permise di beneficiare di sussidi pubblici dal 1913, mentre il municipio di Vaison acquistava terreni e organizzava la protezione dei resti.

Venne creato un museo e Sautel ne venne nominato curatore nel 1921, uno dei primi musei del sito anche se modesto.

Le ricerche, condotte negli anni '70 da Christian Goudineau, sono descritte in un supplemento alla rivista Gallia.

Nel 2011 le operazioni diagnostiche archeologiche hanno rivelato parti del forum e dell'anfiteatro.

La scoperta di vasti resti romani qui reperiti all'inizio del XX secolo, forse il sito più ampiamente scavato in Francia, dette alla città il soprannome di "La Romain" (la romana).

Degli edifici pubblici sono conosciuti e riportati in luce fino ad oggi:

- un grande teatro, parzialmente ricavato entro una collina; 
- i resti di diversi impianti termali; 
- parti di due vasti porticati rettangolari con cortile interno e vasca; 
- una basilica;
- un ninfeo.

I numerosi frammenti architettonici che sono stati trovati conglobati nelle fondamenta della cattedrale fanno probabilmente tutti parte di un edificio pubblico di maggiori dimensioni non ancora identificato. Dato che di solito si cancellavano i templi pagani costruendovi sopra templi cristiani dedicati a qualche santo che sostituisse la divinità, non è improbabile che si tratti di un tempio pagano.



Durante gli scavi più recenti oltre ai resti di alcune case di piccole dimensioni sono stati riportati in luce i resti di tre case di abitazione signorili, grandi e riccamente arredate, con atrio, peristilio e ambienti termali privati (Ville dei Messii, del busto d'argento e del delfino). 

Il ponte sull'Ovidius, tuttora in uso, era traversato da un ponte in pietra ad una sola luce di m 17,20, che congiungeva la città con la sponda sinistra del fiume. Al di sopra di questo ponte entro tubi di piombo veniva portata alla città anche l'acqua attraverso un acquedotto lungo 9 km proveniente da sorgenti ai piedi del Monte Ventoux.

Sono state reperite inoltre molte iscrizioni circa i culti, l'amministrazione e l'artigianato, a parte numerosi busti di imperatori (Tiberio, Adriano, Sabina), un fregio tardoantico raffigurante le gesta di Ercole, altari, rilievi votivi e funerari, degli oscilla e una quantità di utensili della vita di ogni giorno.

VESTIBOLO DELLA VILLA DEL BUSTO D'ARGENTO
Nella visita al sito si incontra dapprima il grande cardo pavimentato ai cui lati si aprivano le numerose botteghe e in fondo alla strada, a sud, si trova un edificio del I secolo d.c., parzialmente scavato, che originariamente era identificato come una basilica. Ulteriori esplorazioni al di fuori dei confini del parco archeologico hanno rivelato le caratteristiche di un complesso balneare di cui questo edificio è ora identificato come parte.

Negli scavi sono emerse due grandi ville nel quartiere della Villasse, la Villa del busto d'argento e la Villa del delfino. Sono emerse anche anche porzioni più piccole di altre due case, la Villa degli animali selvatici e la Villa dell'Atrio. 

La più grande di queste case, la Villa del busto d'argento, si trova immediatamente a ovest della strada che attraversa il quartiere commerciale e copre circa 5.000 metri quadrati. L'esatta natura della casa non è chiara; originariamente si pensava che fosse una residenza, ma recenti interpretazioni hanno suggerito che potrebbe essere stata una sorta di luogo di incontro per dei "collegia". 

Inoltre, potrebbe essere una combinazione di una casa privata con uno spazio pubblico che venne affittato a gruppi. La parte settentrionale della struttura, che fu costruita nel I secolo d.c. e distrutta da un incendio nel III secolo d.c., sembra avere stanze che potrebbero essere state dedicate alle pratiche di culto imperiale, quindi di uso non domestico. 

LATRINA DELLE TERME
Il significativo complesso balneare a nord del portico giardino/palazzo sembra essere stato anche un complesso termale pubblico costruito intorno al 10-20 d.c., ma poi incorporato nella Villa del busto d'argento verso la fine del I secolo d.c. L'omonimo busto d'argento che dà il nome alla casa è esposto nel museo del sito nel parco Puymin.

A sud della Villa del busto d'argento si trova la piccola sezione di resti della Villa degli animali selvaggi. Sono state scavate solo alcune stanze di questa casa, ma tra queste vi sono alcuni mosaici abbastanza ben conservati che possono essere visitati, oltre a un po' di pittura murale rimasta. Direttamente a ovest di queste poche stanze ci sono altre stanze della Villa dell'atrio, di cui non c'è però nulla di degno di nota.

L'altra grande proprietà nell'area archeologica di Vasio Juilia è la Villa del delfino. E' un po più piccola della Villa del busto d'argento, ma tuttavia molto estesa. Questa casa ha una pianta più tradizionale rispetto all'altra dimora, con il nucleo della casa disposto attorno a un atrio. Vi è un ampio giardino nella parte meridionale della residenza con una fontana che conserva ancora intatto il rivestimento. Nella parte settentrionale della casa si trova una piccola zona termale.

Nel quartiere del Puymin vi sono altre lussuose domus, con pavimenti a mosaici ed eleganti elementi d’arredo (come quella “dell’Apollo laureato” e “del pavone”), ma pure giardini pubblici, un ninfeo, e un teatro, non grande come quello di Orange e pesantemente restaurato, ma pur sempre suggestivo. Così come suggestivo è il ponte d’epoca romana sul fiume Ouvèze, il più grande e meglio conservato della provincia Narbonensis.

Di ottima qualità le statue di imperatori conservate oggi nel locale Museo archeologico, tra le quali Claudio, Domiziano, e un “eroico” Adriano con la moglie Sabina; per non dimenticare la splendida testa di Apollo laureato e il piccolo busto virile d’argento, che danno il nome alle rispettive domus.

Notevoli pure due straordinarie maschere teatrali che fungevano da antefisse di monumenti funerari di lusso, e in generale alcuni oggetti di uso quotidiano legati alla cultura materiale di manifattura assai fine. Non ci stupiamo dunque che questa città potesse vantare il numero di ben 10.000 abitanti e che, come sembrano oggi assicurare gli ultimi studi, potesse essere la città natale di Tacito.

RICOSTRUZIONE DEL TEATRO (https://jeanclaudegolvin.com/en/)

IL TEATRO

L'antico teatro è oggi protetto come monumento storico dal 1862. La sua costruzione risale probabilmente al I secolo d.c., sotto il regno dell'imperatore Claudio; la sua decorazione è stata arricchita all'inizio del secolo successivo.

In conformità alle regole dall'autore latino Vitruvio nel suo trattato di architettura, il teatro fu scavato sul fianco settentrionale della collina Puymin che offriva una massa rocciosa e un pendio adatto a tale installazione.

Restaurato nel III secolo, il teatro fu probabilmente utilizzato fino all'inizio del IV secolo. Gli storici sostengono che fu distrutto all'inizio del secolo successivo, al tempo del decreto di Onorio (nel 407) che ordinò in tutte le province di rovesciare, rompere o seppellire le statue di divinità pagane.

RICOSTRUZIONE DEL TEATRO (https://jeanclaudegolvin.com/en/)
È forse in questo contesto che le effigi degli imperatori e altre divinità che adornavano la parete del palcoscenico venivano gettate nelle parti più profonde del teatro, e fu una fortuna, perchè spesso le antiche statue vennero calcinate per farne della calce.

Purtroppo vennero utilizzate perfino le grandi fondamenta del monumento, come sarcofagi o come materiali da costruzione. L'opera di distruzione e oblio era così completa che all'inizio del Rinascimento erano rimasti solo due archi sul monumento, che furono citati in varie occasioni da studiosi e viaggiatori. Dobbiamo arrivare al diciannovesimo secolo affinchè il monumento susciti un nuovo interesse.

Le sue dimensioni e struttura consentivano di ospitare fino a 7000 spettatori, distribuiti secondo una rigida gerarchia. I 32 gradini erano raggruppati in piani separati da un muro e probabilmente da un corridoio di circolazione ed erano sormontati da un portico.

IL TEATRO OGGI
Erano accessibili dalle scale dall'orchestra e dai vomitoires. Della parte riservata agli attori rimangono visibili i resti del muro del palcoscenico e le dodici cavità per il meccanismo del sipario. Sul retro, dei magazzini ospitavano i macchinari utilizzati per la trasformazione dello scenario e degli effetti scenici attraverso i portelli nel pavimento. 

Le basi del muro del palcoscenico, tagliato nella roccia, danno una leggera idea dell'arredamento monumentale, con tre porte da cui gli artisti entravano sul palco: per convenzione, gli attori che entravano dal cortile laterale (a destra) provenivano dal forum e quelli che entravano dalla sinistra (giardino) proveniva dalla campagna o dall'esterno della città.

Attualmente il teatro è oggetto di una vasta campagna di restauro sia per proteggere i resti antichi sia per adattare il sito ad un uso contemporaneo. .


BIBLIO

J. Sautel - Vaison dans l'Antiquité, Travaux et recherches de 1927 à 1940, 3 vols - 1941 -
J. Sautel - Le théâtre de Vaison et les théâtres romains de la vallée du Rhône - 1951 -
- R. Ginouvès - “Remarques sur l'architecture domestique à Vaison,” - 1949 -
- Recherche d'objets archéologiques découverts à Vaison exposés dans les musées du monde -



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