AMMIANO MARCELLINO |
Nome: Ammianus Marcellinus
Nascita: 330-332 circa ad Antiochia di Siria
Morte: 397-400 circa, a Roma
Professione: Storico romano
«Queste vicende, da ex militare e da greco, ho esposto secondo la misura delle mie forze, a partire dal principato dell'imperatore Nerva, fino alla morte di Valente; mai - credo - scientemente ho osato corrompere con silenzi o menzogne la mia opera, che fa professione di verità. Il resto lo scriva chi di me è più bravo, nel fiore dell'età e della cultura.»
(Ammiano Marcellino, Rerum gestarum libri, XXXI, 16, 9)
Di Ammiano Marcellino, ovvero Ammianus Marcellinus, non si conosce con precisione né la sua data di nascita né quella di morte. Il suo luogo di nascita emerge da una lettera inviatagli nel 392 dal suo concittadino Libanio, un filosofo siro, di lingua greca e di fede pagana, lettera che tuttavia non era diretta ad Ammiano Marcellino ma altro destinatario.
Nacque tra il 325 e il 332, nell'Oriente di lingua greca, probabilmente ad Antiochia di Siria sull'Oronte. Come data della sua morte, avvenuta a Roma si suppone il 397, la data non è certa ma sicuramente è avvenuta prima del 400.
Con Ursicino si recò due volte in Oriente. In un'occasione fu separato da Ursicino e si rifugiò ad Amida (Diyarbakır in Turchia) durante l'assedio della città, che fu poi attaccata dal re sassanide Shapur II; riuscì a malapena a fuggire salvando la vita. Quando Ursicino perse la sua carica e il favore di Costanzo, Ammiano sembra aver condiviso la sua caduta in disgrazia, abbandonando l'esercito, ma sotto Giuliano (331-363), successore di Costanzo, riacquistò la sua posizione.
Per quanto siriano Ammiano era convintissimo della missione civilizzatrice di Roma e del suo impero. «...Si forgiò un'anima tutta romana, costituendosi, in qualche modo, difensore di una civiltà che appariva tanto più preziosa quanto più si trovava minacciata...».
Fu un militare ma soprattutto uno storico romano di età tardo imperiale, certamente il più importante del IV secolo, anche perchè, contrariamente alle tante opere distrutte dalla superstizione e dall'ignoranza, la sua opera rimase almeno in parte conservata.
Scrisse un grande racconto storico dell'antichità, proseguendo l'opera del grande storico Tacito, compilando così il penultimo libro storico dell'era antica, dato che l'ultimo sarà scritto da Procopio di Cesarea (490 - 560).
Per quanto discendente di una famiglia di lingua greca, scrisse l'intera sua opera in latino, una cronaca della storia di Roma che andava dal 96 al 378, ma i libri superstiti della sua storia, i "Res Gestae" o i "Rerum gestarum libri XXXI", coprono solo gli anni dal 353 al 378.
LA VITA
Ammiano esordì come giovanissimo soldato nell'esercito di Costanzo II (317-361) imperatore d'Oriente e fu inviato a servire sotto Ursicino, governatore di Nisibis in Mesopotamia, e magister militum. Tornò in Italia con Ursicino, quando fu richiamato da Costanzo, e lo accompagnò nella spedizione contro Claudio Silvano, che era stato costretto dalle presunte ingiuste accuse dei suoi nemici a proclamarsi imperatore in Gallia.
Ammiano esordì come giovanissimo soldato nell'esercito di Costanzo II (317-361) imperatore d'Oriente e fu inviato a servire sotto Ursicino, governatore di Nisibis in Mesopotamia, e magister militum. Tornò in Italia con Ursicino, quando fu richiamato da Costanzo, e lo accompagnò nella spedizione contro Claudio Silvano, che era stato costretto dalle presunte ingiuste accuse dei suoi nemici a proclamarsi imperatore in Gallia.
Accompagnò quindi Giuliano, che gli ridette gradi e posizione, per il quale esprime un'entusiastica ammirazione, nelle sue campagne contro gli Alamanni e i Sassanidi. Ammiano ebbe molta più tolleranza e flessibilità degli altri storici che lo avevano preceduto, per cui ammirò Giuliano per la stessa comprensione e tolleranza.
Dopo la morte di Giuliano, partecipò al ritiro di Gioviano fino ad Antiochia. Risiedeva ad Antiochia nel 372 quando si pensava che un Teodoro fosse stato identificato dalla divinazione come un nuovo imperatore, il successore di Valens.
IL COMPLOTTO DI TEODORO (371- 372)
Un certo Procopio, aveva denunciato Anatolio e Spudasio (funzionari di palazzo, che si intendevano di pratiche magiche ed oroscopi) come rei di voler tramare contro il comes Fortunaziano. Questi fece interrogare due complici degli accusati, e Palladio, sotto tortura, rivelò che personaggi illustri erano venuti a conoscenza, tramite la divinazione, del nome del successore di Valente.
Arrestati, i sospetti ammisero che la magia aveva predetto l’avvento di un ottimo principe, Teodoro, segretario di stato di secondo grado, a cui avevano già raccontato della predizione. Valente divenne furioso, mandò a prendere Teodoro e lo fece incarcerare. Voler sapere tramite magia il nome di un futuro imperatore era reato, così si iniziò a indagare negli ambienti pagani e molte persone furono arrestate e coinvolte nel processo.
IL REGIME DEL TERRORE
Vennero uccisi non solo quelli che avevano fatto la predizione o erano a conoscenza dei fatti, come Teodoro, ma anche molti filosofi pagani tra cui Pasifilo, Simonide e Massimo di Efeso, e l’ex governatore di Bitinia Diogene, processato perché era ricco; l’ex vicario di Britannia Alipio, che perse il patrimonio ma si salvò; suo figlio Ierocle che fu bruciato vivo, sebbene innocente. Durante l’inchiesta furono trovati molti libri compromettenti che furono pure bruciati (Marcellino sostiene però che erano trattati di cultura e scienza o politici, bruciati per dimostrare la fondatezza delle accuse).
L’anno 372 si aprì con altri processi: Palladio, sfuggito alla morte purché dicesse tutto quello che sapeva della congiura di Teodoro, imperversava inventando false accuse che travolsero molte persone ricche e illustri in tutto l’Oriente (conseguenza fu che nelle province orientali i padroni bruciavano tutte le loro librerie); ma anche persone comuni: “alle terme fu visto un giovane avvicinare le dita delle due mani al marmo di una statua e al petto in modo alterno e contare le sette vocali (pensava fosse un rimedio al suo mal di stomaco); trascinato in giudizio, fu sottoposto a torture, poi gli fu tagliata la testa.
L’anno 372 si aprì con altri processi: Palladio, sfuggito alla morte purché dicesse tutto quello che sapeva della congiura di Teodoro, imperversava inventando false accuse che travolsero molte persone ricche e illustri in tutto l’Oriente (conseguenza fu che nelle province orientali i padroni bruciavano tutte le loro librerie); ma anche persone comuni: “alle terme fu visto un giovane avvicinare le dita delle due mani al marmo di una statua e al petto in modo alterno e contare le sette vocali (pensava fosse un rimedio al suo mal di stomaco); trascinato in giudizio, fu sottoposto a torture, poi gli fu tagliata la testa.
Così, chiarendo che egli parla come testimone oculare, Ammiano narra come Teodoro e molti altri furono fatti confessare il loro inganno attraverso la tortura, e crudelmente puniti.
LA CARRIERA
Si definì egli stesso "un ex soldato e un greco" (miles quondam et graecus), e si era arruolato nell'elite dei protectores domestici, un titolo e un grado del tardo esercito romano, creato dagli imperatori Valeriano e Gallieno attorno al 253 e conferita agli ufficiali, esclusi quelli di rango senatoriale, dal grado di centurione in su, che fossero inseriti nell'esercito mobile a disposizione diretta dell'imperatore.
Ciò fa presupporre che Ammiano fosse di nobili origini, altrimenti tale carica non gli sarebbe stata concessa. I protectores provenivano da unità militari differenti e seguivano carriere differenti, dunque questo titolo, più che garantire l'appartenenza ad un determinato corpo, garantiva un rapporto privilegiato con lo stato maggiore dell'imperatore.
Pertanto i protectores appartenevano al collegio dei collaboratori militari di Gallieno, tanto è vero che è documentato almeno un princeps Protectorum. Tra i protectores più famosi di questa epoca vi sono Lucio Petronio Tauro Volusiano e Traiano Muciano.
LA RELIGIONE
Gli autori moderni lo descrivono generalmente come un pagano tollerante del cristianesimo. Marcellino scrive del cristianesimo come di una religione pura e semplice che esige solo ciò che è giusto e mite, e quando condanna le azioni dei cristiani, non lo fa sulla base del loro cristianesimo in quanto tale.
La sua vita fu segnata dalle lotte settarie e dogmatiche della nuova fede sostenuta dallo Stato, spesso con conseguenze violente (soprattutto la controversia ariana) e questi conflitti gli apparivano a volte indegni, anche se non poteva rischiare troppe critiche, a causa delle crescenti connessioni politiche tra Chiesa e potere imperiale.
Non era cieco di fronte alle colpe dei cristiani e dei pagani; osservava nella sua Res Gestae che "nessuna bestia selvaggia è così mortale per gli uomini come la maggior parte dei cristiani lo è per gli altri" ma criticava il suo eroe Giuliano per l'eccessivo attaccamento al sacrificio (pagano) e per il suo editto che vietava di fatto ai cristiani di insegnare la filosofia pagana.
Non era cieco di fronte alle colpe dei cristiani e dei pagani; osservava nella sua Res Gestae che "nessuna bestia selvaggia è così mortale per gli uomini come la maggior parte dei cristiani lo è per gli altri" ma criticava il suo eroe Giuliano per l'eccessivo attaccamento al sacrificio (pagano) e per il suo editto che vietava di fatto ai cristiani di insegnare la filosofia pagana.
LA MORTE
Attorno al 380 si stabilì a Roma, dove trascorse il resto della sua vita, scrivendo le sue Res Gestae, e forse diffondendone i contenuti mediante letture pubbliche L'anno preciso della sua morte è sconosciuto, ma il consenso degli studiosi lo colloca tra il 392 e, al più tardi, il 400, anno in cui, verosimilmente, terminò di scrivere le Res Gestae.A Roma scrisse in latino una storia dell'impero romano dall'adesione di Nerva (96) alla morte di Valente nella battaglia di Adrianopoli (378), scrivendo in effetti una continuazione della storia di Tacito.
Probabilmente completò l'opera prima del 391, poiché elogia il Serapeo in Egitto come gloria dell'impero; ma in quell'anno Nerva concesse il terreno del tempio al vescovo cristiano, il che provocò i pagani a barricarsi nel tempio, saccheggiandone il contenuto e torturando i cristiani, portando alla distruzione del tempio nella conseguente violenza della folla.
La Res Gestae (Rerum gestarum Libri XXXI) era originariamente in trentuno libri, ma i primi tredici sono andati perduti (lo storico moderno T.D. Barnes sostiene che l'originale era in realtà di trentasei libri, il che significa che diciotto libri sono andati perduti). I diciotto libri sopravvissuti coprono il periodo da 353 a 378.
Nel complesso è stato considerato estremamente prezioso, essendo un resoconto chiaro, completo e in generale imparziale degli eventi da parte di un contemporaneo. Come molti storici antichi, Ammiano contrapponeva Costanzo II a Giuliano, a costante svantaggio del primo; come tutti gli scrittori antichi era abile nella retorica, e questo si vede nella sua opera.
LA STAMPA
I suoi primi tredici libri sono andati perduti, i restanti diciotto sono corrotti e lacunosi. L'unico manoscritto superstite da cui deriva quasi ogni altro è un testo carolingio del IX secolo, Vaticano lat. 1873, prodotto in Fulda da un esemplare insulare. L'unica fonte testuale indipendente per Ammiano si trova nella Fragmenta Marbugensia, un altro codice franco del IX secolo, che fu smontato per fornire le copertine dei libri contabili durante il XV secolo.
Solo sei fogli di Marcellino sopravvivono; ma prima che il manoscritto venisse smantellato, l'abate di Hersfeld lo prestò a Sigismund Gelenius, che lo utilizzò per preparare il testo della seconda edizione di Froben. Le date e la relazione di Vaticano e Marcellino vennero contestate fino al 1936, quando R. P. Robinson dimostrò che il primo era stato copiato dal secondo.
Venne stampata a Roma nel 1474 da Georg Sachsel e Bartholomaeus Golsch, da "il peggiore dei therecentiores", che si fermò alla fine del Libro 26. L'edizione successiva (Bologna, 1517) soffrì per le "congetture mostruosamente cattive del suo editore" sul povero testo dell'edizione del 1474; l'edizione del 1474 fu pirata per la prima edizione di Froben (Basilea, 1518).
Solo nel 1533 gli ultimi cinque libri della storia di Ammiano furono stampati da Silvano Otmar e curati da Mariangelus Accursius. La prima edizione moderna fu prodotta dalla C.U. Clark (Berlino, 1910-1913). Le prime traduzioni in inglese furono di Philemon Holland nel 1609, e successivamente di C.D. Yonge nel 1862.
I CONTENUTI
L'opera fu scritta a Roma agli inizi degli anni ottanta del IV secolo e divulgata tramite letture pubbliche nel decennio successivo e I diciotto libri sopravvissuti riguardano il periodo compreso dal 353 al 378. Essa inizia dall'ascesa di Nerva, nel 96, alla morte di Valente nella Battaglia di Adrianopoli del 378, per continuare, a detta dell'autore, la storia di tre secoli prima scritta da Tacito.
Ammiano nutre ancora speranze ma nota già i segni del disfacimento: l'eccessiva pressione fiscale, la decadenza economica e finanziaria delle classi medie e, soprattutto, il declino progressivo dello spirito militare e patriottico di un esercito costituito in gran parte da barbari.
La società ha ormai costumi barbarici, dove dominano ferocia, violenza, tradimenti, torture, delazione, adulazioni e giochi di potere tra i potenti cortigiani, oltre alle denunce degli "agentes in rebus" (il servizio di spionaggio). In Ammiano gli uomini sono dominati dall'irrazionale, del magico, del demoniaco, della magia, dell'astrologia.
Dopo le persecuzioni dei cristiani, nel 311 Galerio emanò l'Editto di Serdica che concedeva ai cristiani il perdono, poi confermata dall'imperatore Giuliano (r 361-363) e da Costantino I, che accordò al cristianesimo lo status di "religio licita" nell'"Editto di Milano" del 313. Gli ultimi strascichi delle persecuzioni si sovrapposero alle prime persecuzioni degli eretici, a cui fecero seguito, pochi decenni più tardi, le persecuzioni dei pagani.
LA CRITICA
Si è spesso pensato che l'opera di Ammiano fosse destinata alla recitazione pubblica per le molte "accentual clausulae", utili per la lettura; e l'epistola 1063 di Libanio a un Marcello di Roma si riferisce alle recitazioni pubbliche. Tuttavia tali clausule erano piuttosto diffuse e probabilmente Libanio si rivolgeva a un uomo più giovane di Ammiano, ma la cosa non è certa.
Stupisce che Ammiano, un soldato professionista, si intenda di problemi sociali ed economici, e con atteggiamento verso i popoli non romani dell'impero molto più aperto di Livio e Tacito; particolarmente interessanti le sue divagazioni sui paesi visitati. I suoi racconti di battaglie sottolineano l'esperienza dei soldati, ma non il quadro generale, per cui non si capisce il perchè del risultato che hanno avuto.
Ammiano descrisse dettagliatamente lo tsunami che il 21 luglio 365 ha devastato la metropoli e le coste del Mediterraneo orientale. Il suo rapporto descrive accuratamente la caratteristica sequenza di terremoto, ritiro del mare e improvvisa onda gigante.
Ammiano descrisse dettagliatamente lo tsunami che il 21 luglio 365 ha devastato la metropoli e le coste del Mediterraneo orientale. Il suo rapporto descrive accuratamente la caratteristica sequenza di terremoto, ritiro del mare e improvvisa onda gigante.
Edward Gibbon, storico del XVIII secolo su Ammiano:
«una guida esatta e degna di fede, che ha composto la storia del suo tempo senza indulgere nei pregiudizi e nelle passioni che affliggono solitamente la mente di un contemporaneo»
(Edward Gibbon, The History of the Decline and Fall of the Roman Empire)
«una guida esatta e degna di fede, che ha composto la storia del suo tempo senza indulgere nei pregiudizi e nelle passioni che affliggono solitamente la mente di un contemporaneo»
(Edward Gibbon, The History of the Decline and Fall of the Roman Empire)
Benché pagano, Ammiano non prova animosità verso i cristiani e con questo animo riferisce della persecuzione sui difensori di Nicea da parte dell'imperatore Costanzo, cristiano ma di confessione ariana.
E rispetto a Gesù Cristo:
"A riguardo di quelli che dicono che c'era un tempo quando Egli non c'era, e prima di essere generato non c'era, e che affermano che è stato fatto dal nulla o da un'altra sostanza o essenza,o che il Figlio di Dio è una creatura, o alterabile o mutevole, la santa cattolica e apostolica Chiesa li anatematizza".
Così il Concilio di Nicea del 325 anatematizza le tipiche affermazioni degli Ariani, colpendo gli ariani di anatema (la scomunica solennemente lanciata contro eretici e scismatici.)."
E rispetto a Gesù Cristo:
"A riguardo di quelli che dicono che c'era un tempo quando Egli non c'era, e prima di essere generato non c'era, e che affermano che è stato fatto dal nulla o da un'altra sostanza o essenza,o che il Figlio di Dio è una creatura, o alterabile o mutevole, la santa cattolica e apostolica Chiesa li anatematizza".
Così il Concilio di Nicea del 325 anatematizza le tipiche affermazioni degli Ariani, colpendo gli ariani di anatema (la scomunica solennemente lanciata contro eretici e scismatici.)."
E' un'opera di eccezionale valore storico e documentario e un resoconto libero, completo e imparziale degli eventi, scritti con onestà intellettuale, preparazione militare, giudizio indipendente e ampie letture, e con una notevole forza retorica della sua narrazione.
Di grande interesse risultano le sue digressioni sui vari paesi che aveva visitato sia come militare, sia come privato cittadino, dopo aver lasciato, all'età di circa quarant'anni, il servizio attivo nell'esercito.BIBLIO
- Ammiano Marcellino - Rerum gestarum libri - XXXI -
- Pierre-Marie Camus - Ammien Marcellin - Parigi - Les Belles Lettres - 1967 -
- Ronald Syme - Ammianus and the Historia Augusta, Oxford at The Clarendon, Oxford University Press - 1968 -
- Ronald Syme - Ammianus and the Historia Augusta - 1968 -
- De ratione quae intercedat inter Zosimi et Amm. de bello a Juliano imp. cum Persis gesto relationes - Bonn - 1870 -
- J. Gimazane - A. Marcellin, sa vie et son oeuvre - Bordeaux - 1889 -- Theodor Mommsen - Codex Theodosianus - editore critico con Paul Meyer, 1905 [postumo]) -
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