MARCUS TERENTIUS VARRO |
Nascita: 116 a.c., Rieti
Morte: 27 a.c., Roma
Gens: Terentia
Professione: letterato, grammatico, militare e agronomo.
Marco Terenzio Varrone, ovvero Marcus Terentius Varro (Rieti, 116 a.c. – Roma, 27 o 26 a.c.) è stato un letterato, un grammatico, un militare e un agronomo romano, ma non solo. Egli fu anche un grande enciclopedista che trattò diffusamente nei suoi libri argomenti di igiene. Compose (secondo San Gerolamo) ben 74 opere per un totale di 620 libri, per cui fu ritenuto da Quintiliano "il più istruito dei Romani".
Il suo genio fu ben compreso da Cicerone:
«Tu ci hai fatto luce su ogni epoca della patria, sulle fasi della sua cronologia, sulle norme dei suoi rituali, sulle sue cariche sacerdotali, sugli istituti civili e militari, sulla dislocazione dei suoi quartieri e vari punti, su nomi, generi, su doveri e cause dei nostri affari, sia divini che umani.»
(Marco Tullio Cicerone, Academica Posteriora, I 9 - trad. A. D'Andria)
LA VITA
Fu di nobili origini, con ricche proprietà terriere in Sabina, dove ricevette un'educazione piuttosto severa dai suoi familiari dai familiari, oltre a lussuose ville a Baia e fondi terrieri a Tusculum e Cassino. Fu uomo notevolissimo per l'immensa mole del lavoro compiuto, sia per il sentimento patriottico e per l'elevato spirito morale che l'animavano. Lo stile non fu eccelso ma le opere tantissime e per lo più distrutte.
A Roma arricchì la sua istruzione presso i migliori maestri del tempo: per la grammatica presso Lucio Elio Stilone Preconino (154 a.c. - 74 a.c.), che lo indirizzò anche agli studi etimologici e retorici, e per la linguistica e la filologia presso Lucio Accio (170 a.c. - 84 a.c.), a cui dedicò la sua prima opera grammaticale "De antiquitate litterarum".
LE OPERE
- di FILOLOGIA, di ERUDIZIONE, DI STORIA -
- con le Quaestiones Plautinae, opera non pervenuta, formata da 5 libri, l'opera riguardava i vari problemi di critica sul teatro del commediografo Tito Maccio Plauto.
- di FILOSOFIA -
- col "De antiquitate litterarum" non pervenuta. composta verosimilmente tra il 47 e il 45 a.c. contenente le teorie linguistiche e grammaticali dell'autore.
L'opera era formata da 25 libri, di cui ce ne sono pervenuti solo 6 (V-X) e non integralmente, ed era divisa in sezioniù: dopo il libro I, che fungeva da introduzione, erano presenti quattro esadi (gruppi di sei libri ciascuno): i libri II-VII (prima esade) erano destinati all'etimologia, i libri VIII-XIII (seconda esade) alla declinazione, in particolar modo alla flessione, mentre gli ultimi 12 libri alla composizione delle parole, ossia alla sintassi:
- di LETTERATURA, di POESIA -
- di ANTIQUARIA, o le Antiquitates rerum humanarum et divinarum -
- Nicolaus Ienson Gallicus - Scriptores rei rusticae, Venetiis - (De re rustica di Catone, Varrone, Columella e Rutilio Tauro Palladio) - Ed. Princeps - 1472
Marco Terenzio Varrone, ovvero Marcus Terentius Varro (Rieti, 116 a.c. – Roma, 27 o 26 a.c.) è stato un letterato, un grammatico, un militare e un agronomo romano, ma non solo. Egli fu anche un grande enciclopedista che trattò diffusamente nei suoi libri argomenti di igiene. Compose (secondo San Gerolamo) ben 74 opere per un totale di 620 libri, per cui fu ritenuto da Quintiliano "il più istruito dei Romani".
Il suo genio fu ben compreso da Cicerone:
«Tu ci hai fatto luce su ogni epoca della patria, sulle fasi della sua cronologia, sulle norme dei suoi rituali, sulle sue cariche sacerdotali, sugli istituti civili e militari, sulla dislocazione dei suoi quartieri e vari punti, su nomi, generi, su doveri e cause dei nostri affari, sia divini che umani.»
(Marco Tullio Cicerone, Academica Posteriora, I 9 - trad. A. D'Andria)
LA VITA
Fu di nobili origini, con ricche proprietà terriere in Sabina, dove ricevette un'educazione piuttosto severa dai suoi familiari dai familiari, oltre a lussuose ville a Baia e fondi terrieri a Tusculum e Cassino. Fu uomo notevolissimo per l'immensa mole del lavoro compiuto, sia per il sentimento patriottico e per l'elevato spirito morale che l'animavano. Lo stile non fu eccelso ma le opere tantissime e per lo più distrutte.
A Roma arricchì la sua istruzione presso i migliori maestri del tempo: per la grammatica presso Lucio Elio Stilone Preconino (154 a.c. - 74 a.c.), che lo indirizzò anche agli studi etimologici e retorici, e per la linguistica e la filologia presso Lucio Accio (170 a.c. - 84 a.c.), a cui dedicò la sua prima opera grammaticale "De antiquitate litterarum".
Per perfezionare la sua istruzione, come usava presso i giovani nobili di Roma, fece poi un viaggio in Grecia fra l'84 a.c. e l'82 a.c., dove seguì filosofi accademici famosi come Filone di Larissa (158 a.c. - 83 a.c.) e Antioco di Ascalona (120 a.c. - 67 a.c.), che gli consentirono una posizione filosofica piuttosto eclettica e non rigida.
Per quanto studioso Varrone non si ritirò dalla vita politica ma anzi, vi partecipò dalla parte degli optimates, come gli consentiva la sua estrazione sociale. Divenne infatti triumviro capitale nel 97 a.c., questore lo stesso anno, legato in Illiria nel 78 a.c. e fu molto vicino a Pompeo (106 a.c. - 48 a.c.) da cui ottenne incarichi importanti: fu legato e proquestore in Spagna fra il 76 a.c. e il 72 a.c. e combatté nella guerra contro i pirati difendendo la zona navale tra la Sicilia e Delo.
Allo scoppio della guerra civile nel 49 a.c. fu propretore in Spagna: in una guerra che vedeva i romani contro i romani. Tentò di difendere il suo territorio ma dovette arrendersi a Gaio Giulio Cesare, in un modo che nei "Commentarii de bello civili", questi definì poco glorioso.
Dopo la disfatta dei pompeiani, si presentò comunque a Cesare che, nella sua abituale grandezza, lo apprezzò e valorizzò affidandogli la costituzione di due biblioteche, una di testi latini l'altra di testi greci, ma che, dopo le idi di Marzo, furono ignobilmente sospese.
Dopo la morte del dittatore, anzi, fu inserito nelle liste di proscrizione sia di Antonio che di Ottaviano (forse interessati ai suoi beni), da cui si salvò grazie all'intervento di Fufio Caleno per poi avvicinarsi a Ottaviano a cui dedicò il "De vita populi Romani" volto alla divinizzazione di Giulio Cesare.
Morì quasi novantenne nel 27 a.c. dopo aver scritto una produzione di oltre 620 libri, suddivisi in circa settanta opere.
La vasta produzione di Varrone fu suddivisa da Eufronio Eusebio Girolamo in un catalogo (però con solo la metà degli scritti), con 74 opere, divise in 620 volumi. Resta il fatto però che Varrone stesso, a 77 anni, abbia riferito di aver scritto 490 libri. Varrone è eclettico e geniale, e, come Plinio il Vecchio, si interessa un po' di tutto. Le sue opere pertanto sono dei più svariati argomenti:
- di FILOLOGIA, di ERUDIZIONE, DI STORIA -
- con le Imagines (o Hebdomades) in 15 libri, contenente 700 ritratti di personaggi romani e stranieri, accompagnati ognuno da un elogio in poesia e da un breve riassunto della vita in prosa.
- con il De Pompeio, Annales.
- di DIRITTO -
- di DIRITTO -
- con 15 libri De iure civili.
- di FILOSOFIA -
- con i "Logistorici" (dal greco “discorsi di storia”) un'opera in 76 libri, composta in forma di dialogo in prosa, di argomento morale e antiquario, in cui ogni libro prende il nome di un personaggio storico e un tema di cui il personaggio costituisce un modello, come il "Marius, de fortuna" o il "Catus, de liberis educandis"; dei dialoghi storico-filosofici che furono tra i modelli espositivi del "Laelius de amicitia" e del "Cato Maior de senectute" di Cicerone.
- Ma pure con le Saturae Menippeae, che prendevano come modello i componimenti perduti di Menippo di Gadara (III secolo a.c.), esponente della filosofia cinica e scrittore di satire.
Scritte tra l'80 a.c. e il 46 a.c., si componevano di 150 libri, in prosa e in versi, di cui rimangono circa 600 frammenti e 90 titoli, di argomento soprattutto filosofico, ma anche di critica dei costumi, morale, con rimpianti sui tempi antichi in contrasto con la corruzione del presente.
Ciascuna satira recava un titolo, desunto da proverbi quali: "Cave canem" come attenzione alla mordacità dei filosofi cinici, o dalla mitologia: Eumenides contro la tesi stoico-cinica per cui gli uomini sono folli, o alla politica: Trikàranos, il mostro a tre teste, mordace riferimento al I triumvirato (Cesare, Pompeo e Crasso) ed era caratterizzata da lessico popolaresco, polimetria e, come in Menippo, uno stile tragicomico.
- di AGRICOLTURA -
- col "De re rustica", diviso in tre libri, pervenuto quasi totalmente, che giunge nel bel mezzo di una forte crisi agricola nella Roma post guerra civile, per fornire consigli che migliorino la resa dei terreni, allora coltivati con metodi estensivi e poco fruttuosi. Terenzio elogia l'agricoltura nelle sue varie forme, da un punto di vista economico, per il piacere che ne deriva, e con una celebrazione nostalgica del mos maiorum, i valori dei padri, quando il passato era caratterizzato da benessere e serenità, diversi da quelli moderni convulsi e poco etici.
Poco ci resta dei testi originali tra i quali il famoso "De re rustica libro III" in cui Varrone, da quel genio precursore che è, anticipa alcuni concetti dell'acrobiologia e dell'epidemiologia, quando, ad esempio avverte di stare lontani dalle zone paludose perché queste zone ospitano dei corpuscoli, minuscole creature che non si possono vedere con gli occhi, ma che fluttuano nell'aria e che possono entrare nel corpo attraverso il naso e la bocca e provocare gravi malattie.
Marco Terenzio Varrone ebbe questa intuizione nel 36 a.c. e fu uno dei primi a parlare di germi, descrivendo “minuscole creature invisibili all’occhio umano, che entrano nel corpo attraverso la bocca e il naso e causano malattie serie”. La teoria dei germi non sarebbe stata comunemente accettata per altri 1900 anni. Tale concetto verrà divulgato solo 1900 anni dopo, sia perchè la follia iconoclasta cristiana bruciò tutto il sapere dell'antichità, sia perchè il medioevo che ne seguì badò alla religione oscurando la scienza.
- col "De lingua Latina", (pervenuti solo 6 libri su 25).- col "De antiquitate litterarum" non pervenuta. composta verosimilmente tra il 47 e il 45 a.c. contenente le teorie linguistiche e grammaticali dell'autore.
L'opera era formata da 25 libri, di cui ce ne sono pervenuti solo 6 (V-X) e non integralmente, ed era divisa in sezioniù: dopo il libro I, che fungeva da introduzione, erano presenti quattro esadi (gruppi di sei libri ciascuno): i libri II-VII (prima esade) erano destinati all'etimologia, i libri VIII-XIII (seconda esade) alla declinazione, in particolar modo alla flessione, mentre gli ultimi 12 libri alla composizione delle parole, ossia alla sintassi:
- di LETTERATURA, di POESIA -
- con il De comoediis Plautinis, con 130 fabulae: di cui 21 vengono autentiche, 19 incerte (pseudo-varroniane) e il resto spurie. Tale suddivisione è detta canone varroniano (o Corpus Varronianum).
Varrone si basò non solo su dati stilistici, ma anche su documenti di archivio e sulle didascalie. Le 21 opere che egli definì autentiche sono le commedie di Plauto note oggigiorno, mentre le pseudovarroniane e le spurie sono andate perdute. Appartengono al gruppo di studi storico-letterari e filologici.
Varrone si basò non solo su dati stilistici, ma anche su documenti di archivio e sulle didascalie. Le 21 opere che egli definì autentiche sono le commedie di Plauto note oggigiorno, mentre le pseudovarroniane e le spurie sono andate perdute. Appartengono al gruppo di studi storico-letterari e filologici.
- di ANTIQUARIA, o le Antiquitates rerum humanarum et divinarum -
con 41 libri di "Antiquitates", divisi in 25 di res humanae e 16 di res divinae, che Agostino adottò come fonte nel suo "De civitate Dei". Trattasi di una folta disamina su culti e tradizioni tracui anche l'opera, non pervenuta, "De bibliothecis", presumibilmente legata alle incombenze come bibliotecario affidategli da Cesare.
Nel "De Vita populi Romani" egli riassume il materiale trattato nelle Antiquitas con un criterio cronologico, per esaminare lo sviluppo della civiltà latina nel suo svolgersi con una riflessione d’insieme sulla storia romana dall’età monarchica fino alla guerra civile fra Cesare e Pompeo, appena conclusasi.
I sedici libri, dedicati a Cesare come pontifex maximus, dopo un libro di introduzione generale, si articolavano in cinque triadi:
i libri 2-4 erano dedicati ai sacerdozi (de hominibus),
i libri 5-7 ai luoghi di culto (de locis),
i libri 8-10 al calendario delle feste religiose (de temporibus),
i libri 11-13 ai riti (de sacris)
e i libri 14 -16 agli dei (de dis). Quest'ultima triade si occupava in particolare dell'etimologia dei nomi delle divinità.
BIBLIO
- "Dell'agricoltura", con note, Traduzione di Giangirolamo Pagani, Tomo I-IV, Venezia, dalla tipografia Pepoliana, 1795-97 («Rustici latini volgarizzati»)
- Eralda Noè - I proemi del «De re rustica» di Varrone - Pavia - Tipografia del Libro - 1977 -
- La vita dei campi - Versione di Alfredo Bartoli - Milano - Notari - 1930 («Collezione Romana») -
BIBLIO
- Eralda Noè - I proemi del «De re rustica» di Varrone - Pavia - Tipografia del Libro - 1977 -
- La vita dei campi - Versione di Alfredo Bartoli - Milano - Notari - 1930 («Collezione Romana») -
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