DANZA DEI SALII |
(Q. Horati Flacci: Epistulae; II, 1, 86)
9 marzo - ante diem septimum Idus Martias -
Si festeggiava la prima festa dei Salii, un collegio sacerdotale antichissimo consacrato al culto di Marte, essi facevano processioni, canti, danze e suoni guerreschi. I Salii intervenivano anche nelle altre festività del Dio Marte. Il termine Salii deriva da salire (saltare, balzare, danzare). Erano divisi in due gruppi di dodici. I Palatini, con sede sul Palatino, e i Collini o Agonensi, con sede sul Quirinale.
Con la cerimonia si apriva ufficialmente il periodo della guerra, che sarebbe stato chiuso con analoghe cerimonie in ottobre (October equus, Armilustrium e Ancilia condere). L'origine degli scudi sacri risale ai tempi di Numa Pompilio. Il re aveva chiesto a Giove un segno della sua protezione su Roma per la pestilenza in atto.
Uno scudo di forma particolare, senza angoli, discese dal cielo. Egeria, la moglie di Numa Pompilio, consigliò di riprodurre lo scudo per evitare che fosse rubato l'originale. Un fabbro di origine osca, Mamurio Veturio, venne incaricato di farne undici copie, talmente simili che neppure Numa seppe più riconoscerli.
ANCILIO |
(M. Servius Honoratus, in Vergilii cammina comentarii ad Aen., VII, 188)
Roma non poteva essere distrutta finchè fossero salve queste reliquie che erano, oltre ai sacri Ancilia dei Salii, l'ago di Cibele, la quadriga di terracotta dei Veienti, le ceneri di Oreste (vendicatore di Priamo), lo scettro di Priamo (re di Troia), il velo di Ilium e il palladio.
I Salii erano presieduti da un Magister, al quale si affiancavano il Praesul, che dirigeva le danze (mostrava i passi e le figure della danza "amptrurare" agli altri sacerdoti che dovevano poi ripeterle "reamptrurare"), ed il Vates, direttore del coro.
"I Sali, sesta parte delle divine istituzioni di Numa, eran così chiamati dal saltar che facevano nell'esercizio del loro ministero; han creduto che questo nome derivasse da un cert'uomo chiamato Salio di Samotracia o di Mantica dal quale furono i Sali ammaestrati a ballare con le armi, ma Plutarco riporta questa opinione la considera totalmente erronea.
La istituzione dei Sali è invece, nel modo che segue, narrata da Plutarco:
CARME SALIARE |
Nell'anno ottavo del Regno di Numa erano l'Italia e Roma malmenate da terribile pestilenza. Uno scudo di rame scese dal Cielo nelle mani di Numa sul quale disse questi cose ammirabili asserendo averle intese da Egeria e dalle Muse ed assicurando che quell'arnese era venuto dal Cielo per la salute della Città ond'era d'uopo custodirlo con tutte le possibili cautele e sicurezze.
Aggiunse esser necessario consagrare il luogo ove ricevuto aveva lo scudo, ed i prati ivi d'intorno presso i quali soleva, Egli colle Muse, intrattenersi, e dichiarar sagra alle Vergini Vestali la fonte che quivi scorreva, perchè attingendone desse le acque, ne spargessero di giorno in giorno e purificassero il penetrale del tempio. La Grotta ove Numa fingeva di aver colloquio con la Dea Egeria o con le Muse come ancora il fonte che quivi scorreva erano, secondo quello che scrive Ovidio, alle falde del Monte Aventino dalla parte del Tevere.
Dallo stesso poeta deducesi ancora che in quel luogo fosse l'ara di Giove Elicio ed il Bosco d'Ilerna. La cessazione della pestilenza testificò la verità delle cose esposte da Numa.
Quindi per evitare il caso di furto dello Scudo anzidetto altri undici ne fece fabbricare dall'Artefice Veturio Mamurio, cotanto eguali che Numa stesso non seppe più distinguere quello caduto dal Cielo.
Mamurio non dimandò altra ricompensa pel suo lavoro se non quella che il suo nome fosse inserito negl'Inni quali cantar solevano i Sacerdoti Sali nelle lor cerimonie, lo che gli venne conceduto.
Dionigi dichiara favoloso questo racconto che tale si dimostra anche da per se stesso. Egli pone la istituzione di questi Sacerdoti al fine di prestare omaggi e celebrare la festa ai Dei che presiedevano alla guerra.
PROCESSIO DEGLI ANCILII |
L'abito di codesti Sacerdoti era di gran proprietà e sommamente apprezzato dai Romani. Questo consisteva secondo Dionigi nella tonaca ricamata, cinta con fasce da spada di bronzo, e nella toga pretesta tramata di rosso carico che si stringeva con fibbie e che appellavasi trabea. Portavano in testa un Cappello rotondo e aguzzo in cima Cingeva ciascuno la spada armava la destra di lancia e teneva nella sinistra uno scudo lungo e più stretto nei lati.
Questi giovani così vestiti e armati nei loro giorni festivi ch'eran molti e cadevano tutti nel Marzo scorrevano ballando per il Foro nel Campidoglio e in molti altri luoghi si pubblici che privati. Intorno al vestiario e modo di danzare dei Salii non sono concordi a Dionigi Tito Livio e Plutarco e neppur questi tra loro.
Quando col tempo i Salii non abbiano variato abito e formalità di cerimonia vè luogo a supporre che siansi confuse le danze curetiche o pirriche con quelle del Salii aventi fra loro poca differenza ed in questo caso di molta probabilità ciascuno Storico avrebbe parlato diversamente dall'altro riferendo l'una piuttosto che l'altra formalità.
Gli Scudi dei Salii eran chiamati Ancilia perchè siccome scrive Varrone avean l'incisione da ambe le parti come quei de Traci. Plutarco assegna a questo nome molte e varie altre derivazioni che noi tralasciamo di riferire stimando di poca importanza la cognizione di una tal etimologia che rimarrebbe sempre nell'incertezza.
I Salii formavano Collegio e quello che vi presiedeva chiamavasi Maestro de Salii. Il Popolo non aveva alcuna parte nella loro elezione quale apparteneva ai Maestri del Collegio; non eleggevansi quei che non avevano i genitori viventi e che non erano liberi."
La festa nasceva al Tempio di Marte dove iniziava la processione in cui sfilavano gli ancilii sacri mentre i sacerdoti Salii iniziavano a ballare saltare attraverso le vie della città senza mai fermarsi, e poichè agitavano pure gli scudi e le lance, dovevano essere molto bene allenati perchè il fermarsi o il cadere era segno di disgrazia per l'esercito romano, e quindi per Roma.
Di solito sfilavano lungo il foro, ma talvolta per onorare un grande condottiero, potevano giungere fino alla sua casa e danzare dinanzi ad essa, l'ispiratore dei generali. Quindi la danza tornava al tempio di Marte dove i Salii riponevano le vesti della cerimonia e gli oggetti sacri. Gli scudi invece tornavano al Sacrarium Martis.
Alla processio seguivano le bancarelle piene di cibo e i banchetti nelle case, dove spesso venivano invitati a mensa i militari, dove si libava all'imperatore e alle legioni, ma soprattutto al Genius dell'imperatore, dei generali e dell'esercito romano, che ispirava la strategia, il coraggio e l'ardimento che fece di Roma la Caput Mundi.
BIBLIO
- George Dumezil - La religione romana arcaica - a cura di Furio Jesi - Rizzoli Editore - Milano - 1977 -
- Dionigi d'Alicarnasso - Antichità Romane II -- Robert Turcan - The Gods of Ancient Rome - Routledge - 1998, 2001 -
- Carlo Prandi - Mito in Dizionario delle religioni - a cura di Giovanni Filoramo - Torino - Einaudi - 1993 -
- Q. Horati Flacci - Epistulae - II -
- Theodor Mommsen - Storia di Roma. L'età imperiale. La difesa dei confini dell'impero da Augusto a Diocleziano - Rusconi libri - 2019 -
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