IL DIO
"A Leptis Magna una statua del Dio Silvano appare in un bassorilievo come collocato su un alto piedistallo in tunica e manto. corona di foglie in testa e ramo di pino a sinistra; il braccio destro e sollevato e teso davanti a Caracalla; la mano ha indice e medio tesi, il pollice ripiegato su di essi. le altre dita strette al palmo.
Che si tratti di una rappresentazione del Dio Silvano mi sembra del tutto certo. anche se non compare nella nudità tipica della sua più comune iconografia: già solo gli attributi del ramo di pino e della corona di foglie sono molto indicativi per l'identificazione; ma non ritengo che possa suscitare perplessità neppure il fatto che il Dio indossi una tunica, in quanto il tipo e attestato più volte: basta citare, per rimanere nell'ambito del rilievo a carattere ufficiale, le due rappresentazioni del Dio sull'arco di Traiano a Benevento.
Da respingere dunque e l'ipotesi della Scott Ryberg, secondo cui l'abito, consono solo ad un Genius di una persona viva, indurrebbe all'identificazione della statua con quella di un Genius Augusti Silvanus, giustificabile, sulla base di numerose associazioni di culto di Silvano con il Genius'"
Il Dio Silvano italico derivò dal Dio etrusco Selvans, divinità protettrice della natura e delle attività agresti. I romani adottarono all'inizio molte divinità etrusche, in seguito assimilate a quelle importate dai greci ma pure assimilate a quelle italiche. Come le divinità antiche della natura selvaggia Silvano era considerato temibile e pericoloso per i neonati e le partorienti.
Temuto e venerato dai contadini, era uso placare il Dio prima di dissodare un terreno, con una triplice cerimonia che ne invocava la protezione sui pascoli, sulle dimore e sui terreni stessi. Per proteggere i neonati dalle aggressioni notturne del Dio gli antichi romani invocavano tre dei protettori: Pilunno, Intercidona e Deverra.
"A Leptis Magna una statua del Dio Silvano appare in un bassorilievo come collocato su un alto piedistallo in tunica e manto. corona di foglie in testa e ramo di pino a sinistra; il braccio destro e sollevato e teso davanti a Caracalla; la mano ha indice e medio tesi, il pollice ripiegato su di essi. le altre dita strette al palmo.
Che si tratti di una rappresentazione del Dio Silvano mi sembra del tutto certo. anche se non compare nella nudità tipica della sua più comune iconografia: già solo gli attributi del ramo di pino e della corona di foglie sono molto indicativi per l'identificazione; ma non ritengo che possa suscitare perplessità neppure il fatto che il Dio indossi una tunica, in quanto il tipo e attestato più volte: basta citare, per rimanere nell'ambito del rilievo a carattere ufficiale, le due rappresentazioni del Dio sull'arco di Traiano a Benevento.
Da respingere dunque e l'ipotesi della Scott Ryberg, secondo cui l'abito, consono solo ad un Genius di una persona viva, indurrebbe all'identificazione della statua con quella di un Genius Augusti Silvanus, giustificabile, sulla base di numerose associazioni di culto di Silvano con il Genius'"
IL DIO SILVANO |
Temuto e venerato dai contadini, era uso placare il Dio prima di dissodare un terreno, con una triplice cerimonia che ne invocava la protezione sui pascoli, sulle dimore e sui terreni stessi. Per proteggere i neonati dalle aggressioni notturne del Dio gli antichi romani invocavano tre dei protettori: Pilunno, Intercidona e Deverra.
CATTEDRA COSMATESCA |
- Intercidona era la Dea "dei colpi di scure" scagliati contro le porte per cacciare il demone Silvano quando le donne erano prossime al parto.
- Deverra era la Dea della scopa con cui si spazzava la soglia dopo la nascita di un bambino.
Che santa balbina sia sorta su di un tempio pagano lo testimoniano anche le sue opere cosmatesche ottenute sminuzzando i bellissimi marmi di età imperiale come il porfido rosso e il verde serpentino che i romani usarono per i pavimenti dei templi o degli edifici pubblici.
Che santa balbina sia sorta su di un tempio pagano lo testimoniano anche le sue opere cosmatesche ottenute sminuzzando i bellissimi marmi di età imperiale come il porfido rosso e il verde serpentino che i romani usarono per i pavimenti dei templi o degli edifici pubblici.
Di questi marmi ne erano già esaurite le cave in epoca tardoimperiale per cui non possono essere che ricavate dall'antico pavimento romano che ben si addiceva a un tempio. la cattedra cosmatesca di cui sopra, conservata in santa Balbina, con le sue lastre di porfido imperiale è sicuramente ricavata dal pavimento romano preesistente.
LE ORIGINI
LE ORIGINI
In origine, Silvano era un epiteto del Dio Fauno o di Marte e solo successivamente divenne una divinità autonoma. Veniva spesso identificato con Pan o con Sileno. Il suo culto era vietato alle donne. Il suo aspetto era umano, ma con cosce e gambe di caprone e corna sulla fronte.
Secondo la leggenda, dopo la cacciata da Roma di Tarquinio il Superbo, ammonì l'esercito etrusco, desideroso di riportarlo sul trono, di non attaccare i romani, mettendolo in fuga.
Secondo la leggenda, dopo la cacciata da Roma di Tarquinio il Superbo, ammonì l'esercito etrusco, desideroso di riportarlo sul trono, di non attaccare i romani, mettendolo in fuga.
Silvano era l'aspetto primitivo del territorio, cioè boschi e selve che i contadini avevano in un certo senso devastati con le belve e gli animali che contenevano onde creare terreno coltivabile. Pertanto dissodare un terreno era cambiare il territorio trasformandolo da silvano in territorio umano. Ciò risvegliava la collera del Dio che andava placato.
IL TEMPIO
Sembra che il tempio del Dio Silano fosse molto arcaico, a tre navate, coperto da un tetto in terracotta, con quattro colonne ioniche e una breve scalinata per raggiungerlo.
"Il Tempio di Silvano pare che dovesse essere verso l'antica Chiesa di S. Balbina perchè da questa parte furono trovate le due iscrizioni appartenenti al Collegio di Silvano de Gladiatori, da me non è gran tempo date alla luce, parimente sotto la Chiesa nell'orto riguardante le Terme Antoniane.
Altra iscrizione diretta all'Imperatore Trajano si ritrovò, in cui tra l'altre si legge:
IN TEMPLO SANCTI SILVANI SALVATORIS IN HORTIS AVENTINIS
Questa congettura rimane corroborata dall'Ara votiva eretta allo stesso Silvano ritrovata al lato dell'istessa Chiesa nella Vigna Boccapaduli e altra per avere Lucio Lollio fatto il portico al Tempio per voto."
(Ridolfino)
(Lucio Lollio portò soccorso a Metello contro Sertorio)
LA LEGGENDA
Nel testo del "Mirabilia" c'è una narrazione in proposito:"Nei tempi antichi, avanti la chiesa (di Santa Balbina) sorgeva un prodigioso candelabro asbestos (pietra in genere semipreziosa e semitrasparente come la tormalina), d'una pietra ardente e inestinguibile.
L'intero candelabro fiammava senza rimaner consunto dall'arcano fuoco: l'aria ne alimentava il vigore e lì presso si ergeva una statua di arciere fieramente proteso a scoccare un dardo.
(Ridolfino)
(Lucio Lollio portò soccorso a Metello contro Sertorio)
OPUS RETICULATUM DI EPOCA ROMANA PRESSO SANTA BALBINA |
LA LEGGENDA
Nel testo del "Mirabilia" c'è una narrazione in proposito:"Nei tempi antichi, avanti la chiesa (di Santa Balbina) sorgeva un prodigioso candelabro asbestos (pietra in genere semipreziosa e semitrasparente come la tormalina), d'una pietra ardente e inestinguibile.
L'intero candelabro fiammava senza rimaner consunto dall'arcano fuoco: l'aria ne alimentava il vigore e lì presso si ergeva una statua di arciere fieramente proteso a scoccare un dardo.
Ma una scritta minacciosa in lettere etrusche diceva:
"Se qualcuno mi tocca io ferirò".
Quanti secoli passarono così mentre il candelabro ardeva non si sa ma un giorno un insensato toccò la freccia fatale, la freccia scoccò né più il fuoco si riaccese".
(la leggenda potrebbe alludere alla Dea etrusca Aritimi, cioè Diana, o al Dio Etrusco Apulu, più probabile il secondo come portatore della luce e del fuoco inestinguibile del Sole).
"Se qualcuno mi tocca io ferirò".
Quanti secoli passarono così mentre il candelabro ardeva non si sa ma un giorno un insensato toccò la freccia fatale, la freccia scoccò né più il fuoco si riaccese".
(la leggenda potrebbe alludere alla Dea etrusca Aritimi, cioè Diana, o al Dio Etrusco Apulu, più probabile il secondo come portatore della luce e del fuoco inestinguibile del Sole).
Che Santa Balbina sia edificata su di un tempio romano non meraviglia, la maggior parte dei templi pagani fecero questa fine, sia per cancellare ogni culto del paganesimo, sia per avvalersi dei fregi e delle colonne del tempio già belle e pronte. D'altronde Balbina, leggendaria figlia di un inesistente San Quirino, con la basilica sulla piazza omonima, sembra anch'essa mai esistita. Anche perchè sotto Traiano le denunce non andavano incoraggiate e chiunque faceva delazioni indimostrabili andava severamente punito.
Tanto è vero che perfino il busto qua sopra rappresentato, che conserva la classica pettinatura di Apollo ma che mostra invece il classico diadema a mezzaluna di Diana, con un volto tardoimperiale, è stato adornato da un'aureola per spacciarlo forse come santa Balbina o chi per lei.
BIBLIO
- Carlo Prandi - Mito in Dizionario delle religioni - a cura di Giovanni Filoramo - Torino - Einaudi - 1993 -
- George Dumezil - La religione romana arcaica (La religion romaine archaïque, avec un'appendice sur la religion des Étrusques.- Parigi - Payot - 1964) - Milano - Rizzoli - 1977 -
- Feste romane - Genova - Il Melangolo - 1989 -
- Robert Turcan - The Gods of Ancient Rome - Routledge - 1998, 2001 -
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