AREA SACRA DEL TARENTUM



AREA DEL TARENTUM CON I TEMPLI DI DITE E PROSERPINA

OCEANIDI: Chi è allora il timoniere della Necessità?
PROMETEO: Le MOERAE triformi (Moire) e le consapevoli ERINYES (Furie).
OCEANIDI: Può essere che Zeus abbia meno potere di loro?
PROMETEO: Sì, in quanto nemmeno lui può sfuggire a ciò che è predetto.

(Eschilo, Prometeo incatenato 515).

Passando sotto la porta Triomphalis, poi l'Arco di Arcadio, Teodosio ed Onorio (eretto dal Senato dopo la vittoria di Flavio Stilicho a Pollentia, oggi Pollenza, contro Alarico nel 405 d.c.), arriviamo nella parte chiamata Tarentum dove si erigevano due grandi templi costruiti su un terrazzo.
A sinistra c'era il tempio di Dis Pater (equivalente del Dio Plutone) ed a destra il tempio di Prosperina. Prosperina è il nome dato dai Romani a Persefone che la equiparavano alla vecchia Dea italica Libera. La consideravano sopratutto come la Dea del mondo infernale, la sposa di Plutone.

Il suo culto venne introdotto a Roma nel 249, per consiglio o meglio per ordine dei Libri Sibillini. Prosperina spartiva con lo sposo Plutone un altare comune, l'Ara Ditis et Prosperinæ che si può notare ai piedi dei gradini, di fronte ai due templi. In questo posto venivano celebrati i Giocchi Tarentini. Questi due templi imponenti dovevano fare una grande impressione.

ARA VOTIVA A DIS PATER ET PROSERPINA
Il Tarentum (detto anche Terentum) occupava la parte occidentale del Campo Marzio, prospiciente al fiume Tevere. I suoi limiti erano costituiti dall'altare di Dite e Proserpina (rinvenuto presso la Chiesa Nuova nel 1888) e il corso del fiume.

Per la presenza di fonti calde fu considerato un luogo collegato agli Inferi e fu legato al culto di Dite e di Proserpina. Dite e Proserpina sono gli Dei dei morti, e come tali le ultime divinità con cui gli uomini hanno a che fare.

La chiesa della Natività della Madonna, a cui venne poi modificato il nome in Chiesa Nuova, sorge sull'area di una leggera depressione naturale nella pianura del Campo Marzio, considerata dai Romani uno degli ingressi degli Inferi e luogo di culto delle divinità infernali, con il nome di Tarentum, dove, in occasione dei Ludi saeculares, vi venivano offerti sacrifici a Dite. Non un cartello indica il prezioso reperimento.

"I fili che le Fates girano sono così indiscutibili, che, anche se decretassero a qualcuno un regno che al momento appartenga a un altro, e anche se quell'altro avesse ucciso l'uomo del destino, per salvarsi dall'essere mai privato da lui del suo trono, tuttavia, il morto tornerebbe in vita per adempiere il decreto dei destini ... 
Colui che è destinato a diventare un falegname, diventerà quello anche se le sue mani sono state tagliate: e chi è stato destinato a vincere il premio per la corsa ai giochi olimpici, non mancherà di vincere anche se si fosse rotto una gamba: e un uomo per il quale i destini hanno decretato che sarà un arciere illustre, non mancherà il bersaglio, anche se perse la vista."

Fra le odierne Piazza dell’Oro e la Chiesa di S.Giovanni dei Fiorentini, all’interno della grande ansa del Tevere che delimita il Campo Marzio, vi era dunque nei tempi antichi un avvallamento, che ancora oggi ritroviamo nel nome della Chiesa di S.Maria in Vallicella (meglio conosciuta come Chiesa Nuova). L’area era malsana, con pozze d’acqua sulfurea e sembra vi fosse anche una cavità dalla quale uscivano vapori, segni di una residua attività vulcanica che persisteva nella zona.

La cavità era ritenuta infatti uno degli accessi agli inferi e pertanto proprio qui si officiavano i ludi Tarentini in onore di Dis e Proserpina: le fonti riportano infatti che questi si svolgevano in extremo Campo Martio, già dalla tarda età regia, probabilmente rappresentata su monete di Domiziano relative ai ludi Saeculares dell'88 d.c..

ATROPUS
A Dis e Proserpina vennero innalzati nella zona numerosi altari, uno dei quali fu ritrovato nel 1888 fra la Chiesa Nuova e Piazza Cesarini Sforza, ma diversi altri ne sono testimoniati, segno che la zona fosse effettivamente ritenuta l'ingresso dell'Ade. 

Con il termine Tarentum si identifica quindi quest’area sacra, nella quale alcune fonti riportano esistesse un santuario sotterraneo, anche se la cosa desta perplessità in quanto nella zona sembra non esistano strati rocciosi e, data la vicinanza al Tevere, un ambiente sotterraneo sarebbe stato allagato dalle frequenti esondazioni del fiume.

Tuttavia questo non sarebbe stato un problema per un'ara di pietra, anzi più suggestiva se ricoperta di fango, visto che si diceva venisse ricoperta di terra. Forse non erano gli uomini a farlo ma le piene del Tevere.

I Giochi Tarentini, detti poi Giochi Secolari, del 249 a.c. furono infatti dedicati agli inferi divinità Dis Pater e Proserpina, il cui altare sotterraneo era nel Tarentum. Il seme sotto terra, che riposa per risorgere verdeggiante in primavera, riporta sempre agli Dei inferi.

L'Ara Ditis Patris et Proserpinae, situata nel Tarentum, in "Campo Martio extremo", nell'attuale Piazza Pasquale Paoli, di fronte a Ponte Vittorio Emanuele II, sarebbe stata dedicata da Valesius, sabino di Eretum (città sabina del Latium vetus), oppure dal console  Publius Valerius Publicola (560 circa – 503 a.c.) all'inizio della Repubblica. 

LACHESIS
Nel 17 a.c. i Giochi vennero rieditati dal primo imperatore di Roma, Augusto (63 a.c. - 14 d.c.). La data fu suggerita dall'oracolo dei Libri Sibillini, che imponeva che i Giochi venissero celebrati ogni 110 anni, e da una nuova ricostruzione della storia repubblicana dei Giochi che ne colloca la prima celebrazione nel 456 a.c.. 

Prima dei Giochi, gli araldi andarono in giro per la città ad invitare il popolo ad "uno spettacolo a cui non avevano mai assistito e mai avrebbero rivisto in futuro". 

I quindecimviri si riunirono sul Campidoglio e nel tempio di Apollo Palatino, e distribuirono gratuitamente ai cittadini torce, zolfo ed asfalto, da bruciare come mezzo di purificazione (già usati nei Parilia, le feste per l'anniversario della fondazione di Roma). 

Vennero fatte anche offerte di grano, orzo e fagioli e il Senato decretò un'iscrizione dei Giochi posta nel Tarentum per i posteri. 

I sacrifici notturni non venivano fatti alle divinità infere Dite e Proserpina, ma alle Parche, o Moire, o Fatae, ad Iliziae (la dea o le dee del parto) e a Tellus (la Madre Terra). 

Queste erano "divinità più benefiche, che ciononostante condividevano con Dite e Proserpina la duplice caratteristica di essere greche nella classificazione linguistica e senza culto nello stato romano". 

CLOTO
Questi sacrifici notturni alle divinità greche del Campo Marzio si avvicendavano con i sacrifici diurni alle divinità romane sui colli Campidoglio e Palatino.

Le MOERAE, o Moire, sono le tre sorelle che decidono del destino umano: Clotho, Lachesis e Atropus. 

Cantano all'unisono con la musica delle SIRENE, da quanto ci è stato tramandato. Questa vicinanza col canto delle sirene fa pensare alle illusioni della vita con cui gli uomini ingannano se stessi, rincorrendo a volte sogni inattuabili che determinano la loro insanabile infelicità.

Lachesi canta delle cose che erano, Clotho di quelle che sono e Atropus delle cose che saranno. 

Sono le più onorate tra gli Dei perché si distribuiscono giustamente e hanno un culto in ogni casa. 

Danno alla loro nascita la loro parte del male e del bene e puniscono le trasgressioni sia degli uomini che degli Dei. 

Si dice che Atropus sia la maggiore, la migliore e la più breve delle sorelle (la nascita); Clotho è la filatrice (la vita) e Lachesis è la distributrice di molti (la morte). 

PLUTONE
Per alcuni Tyche (Fortune) era una delle MOERAE e la più potente delle sorelle perché bellezza, virtù e buona fama sono in suo possesso, e anche perché trova piacere nel lanciare speranze anche assurde.

In fondo il culto greco era quello di origine dei coloni greci che avevano fondato la Magna Grecia, e costituivano uno dei maggiori culti dei progenitori romani, quindi rappresentavano il passato nella notte dei tempi e quindi si eseguivano di notte, mentre quello romano era il presente e si eseguiva di giorno.

«La totalità della sostanza terrestre considerata nella pienezza delle sue funzioni fu invece affidata a Dis Pater che è lo stesso che dire Dives (il ricco), il Ploutos dei Greci; denominazione giustificata dal fatto che ogni cosa ritorna alla terra e da essa trae origine. 
A Dis Pater si ricollega Proserpina (il nome è di origine greca, trattandosi di quella dea che i Greci chiamano Persefone) che simboleggerebbe il seme del frumento e che la madre avrebbe cercata dopo la sua scomparsa...»
(Marco Tullio Cicerone, De natura deorum II, 66)

Ridurre un mito così misterico e profondo alla semina e alla crescita del seme appare piuttosto riduttivo, e Cicerone, abilissimo oratore, sulle cose dell'anima un poco lo era.

I romani, in effetti, pur temendo fortemente i morti che non dovevano invadere il mondo dei vivi, ritenevano di dover onorare e i morti e gli Dei dell'Oltretomba, che in definitiva ritenevano positivi, un po' come i Manes, anche perchè essere romani significava essere cari agli Dei che amavano e proteggevano Roma. 



IL CALENDARIO DELLE FESTE

31 maggio - di notte - in Campo Marzio - alle Parche - con offerta di 9 agnelli femmine e 9 capre femmine.
1 giugno - di giorno - in Campidoglio - a Giove - 2 tori.
1 giugno - di notte - in Campo Marzio - alle Ilizie - 27 liba (9 pezzi per ognuno dei 3 tipi) le Ilizie (nel plurale utilizzato da Omero) erano le Dee che provocavano i dolori del parto. (il Libum era una tipica focaccia romana, realizzata impastando del formaggio di pecora con della farina ed un uovo. Una volta formato il pane, esso veniva cotto posizionato su delle foglie di alloro. La ricetta ci viene fornita da Catone nel "De agri cultura")
2 giugno - di giorno - in Campo Marzio - a Tellus - 2 giovenche
2 giugno - di notte - in Campo Marzio - a Tellus - una scrofa gravida
3 giugno - di giorno - sul Palatino - ad Apollo e a Diana - 27 liba (9 pezzi per ognuno dei 3 tipi)



AUGUSTO

I ruoli chiave vennero svolti da Augusto e dal suo genero Marco Vipsanio Agrippa (63 a.c. - 12 a.c.), in qualità di membri dei quindecimviri; Augusto partecipava da solo ai sacrifici notturni ma era accompagnato dal genero in quelli diurni. 

PROSERPINA
Dopo i sacrifici del 3 giugno, i cori di ventisette ragazzi e ventisette ragazze cantavano il Carmen Saeculare, composto per l'occasione dal poeta Quinto Orazio Flacco (65 a.c. - 8 a.c.). 

«O Sole fonte di vita, che con il carro splendente mostri e nascondi il giorno, e che sempre vecchio e nuovo risorgi, che tu non possa mai vedere nulla di più grande della città di Roma
(Carmen Saeculare)

Questo inno veniva cantato sia sul Palatino che poi sul Campidoglio, ma le sue parole si concentravano sulle divinità palatine Apollo e Diana, che erano accomunate più strettamente con Augusto. 

L'inno aggiunge un ulteriore livello di complessità all'alternanza dei sacrifici tra divinità greche e romane, rivolgendosi alle divinità greche mediante nomi latini.

Ogni sacrificio era seguito da spettacoli teatrali. Una volta che i sacrifici di maggior rilievo erano terminati, i giorni tra il 5 e l'11 giugno erano dedicati alle commedie greche e latine, mentre il 12 giugno si svolgevano le corse dei carri e l'esposizione dei trofei di caccia.

Sotto Augusto, i Giochi (ludi) sono stati dedicati ad altre sette divinità, invocate come Moerae (Moire), Iuppiter (Giove), Ilithyia (Ilizia), Giunone, Terra Mater (Mater Matuta), Apollo e Diana.

Durante i Giochi secolari tenuti da Augusto nel 17 a.c., la Terra Mater fu tra le divinità onorate nel Tarentum del Campo Marzio, con cerimonie condotte secondo il  "rito greco" ( Ritus Graecus ), (la distinzione dalla Tellus romana il cui tempio era all'interno del pomerio) e ci fu l'olocausto di una scrofa incinta.  

I Giochi continuarono ad essere celebrati sotto i successivi imperatori, ma vennero usati due diversi sistemi di calcolo per determinarne le date. Claudio (10 a.c. - 54 d.c.) li tenne nell'anno 47, per celebrare l'ottocentesimo anno dalla fondazione di Roma. Secondo Svetonio (70 - 122), l'annuncio degli araldi di un spettacolo "che nessuno mai aveva visto prima o mai avrebbe visto in futuro" rallegrò gli uditori, alcuni dei quali avevano però già presenziato ai Giochi tenutisi sotto Augusto.

RETRO ASSE DI DOMIZIANO

DOMIZIANO

Sotto gli imperatori successivi, i Giochi vennero celebrati sia col sistema di Augusto che col sistema di Claudio. Domiziano (51 - 96) tenne i suoi nell'anno 88, presumibilmente 110 anni dopo una celebrazione augustea prevista nel 22 a.c., e ad esso seguirono quelli di Settimio Severo (146 - 211) nel 204, 220 anni dopo l'effettiva celebrazione Augustea. In entrambe le occasioni la procedura del 17 a.c. fu seguita fedelmente e un'iscrizione dei Giochi fu realizzata come quella di Augusto.

IMP CAESAR DOMIT AUG GERM P M TR P VIII IMP XVIII (?), testa laureata a destra. Sul retro: Domiziano in piedi a sinistra, tiene in mano una patera e sacrifica sopra un altare; a sinistra un suonatore di arpa ed uno di flauto, di fronte all'imperatore, un tempio sullo sfondo; SC (Senatus consultum) in esergo.



ANTONINO PIO

Antonino Pio (86 - 161) nel 148 e Filippo l'Arabo (204 - 249) nel 248 seguirono Claudio nel celebrare gli anniversari dei 100 anni dalla fondazione di Roma. Ciò comportò dei rituali svolti al Tempio di Venere e Roma invece che al Tarentum, e la data fu probabilmente cambiata al 21 aprile, i Parilia.



COSTANTINO

Nel 314, 110 anni dopo i Giochi di Settimio Severo, Costantino divenne imperatore, e non si tennero più i Ludi Saeculares, sconsigliato dai cristiani in quanto pagano. Lo storico pagano Zosimo (fl. 498-518), che scrisse il resoconto esistente più particolareggiato dei Giochi, diede la colpa della decadenza dell'Impero romano all'abbandono di questo rituale tradizionale. Comunque sia con Costantino morì uno dei riti più belli, misteriosi e suggestivi della Roma antica.



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