BELLUM AFRICUM (46 a.c.)

GAIO GIULIO CESARE

CAMPAGNE DI CESARE IN AFRICA SETTENTRIONALE NELLA GUERRA CIVILE

L’inizio della guerra e le operazioni nell’inverno del 45-46 a.c.

- Morto Pompeo e ottenuto l’appoggio dell’Egitto, Cesare torna a Roma nell’ottobre del 47 a.c., per sanare i contrasti scoppiati con Antonio e a sedare il malcontento delle legioni, che pretendevano la celebrazione del trionfo, e le conseguenti retribuzioni per i soldati.

Le forze repubblicane si stanno riorganizzando in Africa, in mani pompeiane fin dallo scoppio della guerra, ed importante per le strategie delle fazioni in lotta. La provincia era, infatti, uno dei granai dell’impero ed era abbastanza vicina all’Italia, ed ancor più alla Sicilia, altro fondamentale produttore di derrate alimentari, per servire da base per attacchi al cuore del sistema romano.

Cesare, conscio del pericolo,  placa le legioni e organizza il contrattacco:

- nel dicembre del 47 a.c. concentra a Lilibeo, punta estrema della Sicilia occidentale e imbarco naturale verso l’Africa, 17 legioni e 2600 cavalieri.

- Il 25 dicembre, in piena cattiva stagione e con il vento contrario Cesare dà l’ordine di salpare sfidando le cattive condizioni del mare in modo da prendere di sorpresa i nemici.

Sapendo che il grosso delle forze repubblicane è accampato ad Utica (nella baia di Tunisi) Cesare fa rotta verso sud, puntando verso Hadrumentum (Sousse), la flotta cesariana però è sorpresa da una tempesta al largo di Cap Bon e dispersa. Cesare sbarca ad Hadrumentum con circa 5000 uomini e si trincera fuori le mura delle città, aspettando rinforzi mentre distaccamenti di soldati occupano pacificamente Ruspina (Monastir) dove Cesare pone il quartier generale e Leptis Minus (Lampta).

La guerra lampo si è trasformata in una guerra di posizione, con il trinceramento delle posizioni in attesa dei rinforzi. Le forze repubblicane schierate nella provincia sono un avversario temibile per Cesare, già alle prese con i re fanciulli di Alessandria.
AFRICA - DENARIO DI GIULIO CESARE
L’Africa è un enorme campo trincerato forte di dieci legioni e 14000 cavalieri, anche se l’esperienza e l’addestramento dei soldati lascia  molto a desiderare, cui si aggiungevano le forze inviate da re di Numidia Giuba, quattro legioni, 60 elefanti ed un’agguerrita fanteria leggera.

Al comando delle forze repubblicane c'è Quinto Metello Scipione, suocero di Pompeo, generale di limitate capacità personali ma affiancato da ottimi comandanti: Catone, Gneo Pompeo iunior, Labieno, Afranio, Varo, Petreio; inoltre il nome di Scipione fa molto effetto trattandosi di una guerra africana.

- All’alba del 3 gennaio 46 a.c. le navi disperse della flotta cesariana compaiono al largo della penisola di Monastir, a quel punto Cesare riorganizza la difesa dei campi trincerati e passa al contrattacco.

- Il giorno successivo Cesare sostiene la prima battaglia; durante una requisizione di vettovaglie un distaccamento con a capo lo stesso Cesare venne attaccato e circondato da 10000 cavalieri galli e numidi comandati da Labieno e soltanto la tenacia e l’intuito permettono a Cesare di evitare l’accerchiamento.

La strategia cesariana rimane attendista, manda a chiamare nuovi rinforzi in Italia e cerca appoggi fra le forze repubblicane, soprattutto fra gli ausiliari numidi e getuli rimasti fedeli al ricordo di Mario che disertano in massa passando dalla parte del nipote dell’antico benefattore.

- Il 22 gennaio Caio Crispo Sallustio, il futuro storico, sbarca a Ruspina con due legioni, 800 cavalieri e 1000 arcieri. Cesare può prendere finalmente in mano l’iniziativa.

- Anzitutto va in soccorso di Leptis Minus ed Acholla (Botria) assediate dalle forze repubblicane, mentre Tysdrus (El Jem), centro nevralgico per gli approvvigionamenti di Scipione, si schiera con Cesare ed i mauri invadono la Numidia, imponendo a Giuba di ritirare parte delle forze schierate con i repubblicani.

GAIO GIULIO CESARE
L’offensiva cesariana e le operazioni tra febbraio e marzo del 46 a.c. 

 Il 27 gennaio Cesare riunisce le proprie forze e marcia verso Uzitta, difesa dalle legioni di Scipione, e comincia l’assedio della città.
Il giorno successivo fa avanzare l’esercito a mille passi dalle mura giungendo presso le legioni repubblicane, i due eserciti si schierano uno di fronte all’altro aspettando la mossa del nemico, alla fine Scipione rinuncia allo scontro e si ritira, situazione che ripeterà numerose volte durante la campagna.

- Le settimane seguenti vedono numerose schermaglie fra i due eserciti, con Cesare messo spesso in difficoltà dagli attacchi congiunti della cavalleria e della fanteria leggera africana, contro i quali le legioni appaiono impotenti.

- I due eserciti fortificano i campi intorno ad Uzitta, l’iniziativa di Cesare viene rallentata dal maltempo che colpisce pesantemente le truppe cesariane prive di equipaggiamento invernale. Cesare deve riaddestrare le truppe per contenere la fanteria leggera numida. Dopo alcune difficoltà per un’offensiva dei repubblicani nel porto di Leptis Minus, la flotta cesariana riprende il controllo del mare infliggendo una pesante sconfitta alla marineria repubblicana guidata da Varo.

I due eserciti sono entrambi in difficoltà, le truppe di Cesare soffrono per la scarsità dei rifornimenti e sono impegnate quasi esclusivamente in rastrellamenti di vettovaglie mentre le diserzioni fioccano nell’esercito repubblicano. Allora Cesare rinunciando a prendere Uzitta, lascia un presidio ad assediare la città e punta verso le città di Aggar, Zeta e Sarsura, dove sono concentrati i rifornimenti di Scipione.

Il primo obbiettivo è Aggar, presso cui viene posto un accampamento che serve da base per la ricerca di vettovaglie, Cesare venne informato della consuetudine africana di scavare buche per deporvi il frumento, il che gli permette di recuperare buone quantità di orzo, olio, vino e frutta.

A quel punto muove verso Zeta, e nei pressi della città venne assalito dalle truppe leggere di Scipione che vengono respinte. Occupata senza combattere la città Cesare viene rallentato da continue scaramucce dalla fanteria leggera numida, contro la quale le legioni sono inutili e tutto pesa solo sulla cavalleria ausiliaria gallica.

I CESARIANI ASSALTANO LA CITTA' DI SURSURA
- Nel frattempo la città di Vaga, il cui territorio confina con Zeta, invia ambasciatori a Cesare offrendo alleanza in cambio di un presidio. Inviato un manipolo di uomini a presidiare Vaga, il 22 marzo Cesare muove verso Sarsura, il principale obbiettivo di questa fase. La città ospita gran parte dei rifornimenti delle forze repubblicane, e la sua conquista ribalterebbe gli equilibri di forze, con Cesare in possesso di abbondanti risorse e i repubblicani privati delle riserve alimentari.

La città era difesa da un presidio comandato da P. Cornelio, vecchio compagno d’armi di Scipione richiamato in servizio allo scoppio della guerra civile, rinforzato dalla mobilissima cavalleria ausiliaria di Labieno, che segue le colonne cesariane in marcia tormentandole con continui assalti. 

Labieno, resosi conto dell’obbiettivo di Cesare, comincia ad attaccare la retroguardia di Cesare con cavalieri ed armati alla leggera, riuscendo ad intercettare e ad imprigionare i vivandieri con i loro bagagli. Rincuorato dai successi tenta un ulteriore attacco, cadendo nella trappola di Cesare, la cavalleria numida si avvicina troppo alle legioni convinto che la fanteria pesante cesariana, gravata dal peso degli zaini da marcia, non possa reagire.

Ma Cesare, che ha previsto tutto, aveva ordinato che trecento soldati di ogni legione marciassero senza carico, così quando la cavalleria repubblicana attacca questi contrattaccarono mandando in rotta le forze di Labieno che subiscono pesanti perdite. Da quel momento la cavalleria repubblicana continua a seguire le forze di Cesare, ma a distanza di sicurezza.

A quel punto le legioni si lanciano all’assalto della città, il presidio difensivo comandato da Cornelio si batte con valore, ma circondato dalla moltitudine delle forze cesariane venne sterminato sotto gli occhi della cavalleria alleata, che ancor scossa dagli scontri precedenti non porta nessun aiuto ai compagni. Cesare si impossessa così dei rifornimenti alimentari che daranno una svolta decisiva alla guerra.
BATTAGLIA DI TAPSO

La fine della guerra africana e la guerra di Spagna 

- Cesare rinuncia a rioccupare Tysdrus, riconquistata dai repubblicani e difesa da un forte presidio e da una coorte di gladiatori sotto la guida di Considio, e punta verso nord per ricongiungersi con le truppe rimaste ad Aggar. Scipione prova a sbarrargli la strada presso la città Tegea, ma la cavalleria di Labieno viene respinta da quella cesariana, rafforzata da arcieri e frombolieri, mentre Scipione evita nuovamente lo scontro ritirandosi con le legioni.

- Il 4 aprile lasciato il campo di Aggar Cesare muove verso Tapso fortificandosi in un angusto campo di saline fra la città e il mare. Il giorno dopo Scipione schiera il suo esercito di fronte al campo di Cesare, che esce alla testa delle sue truppe in assetto da guerra.

Stavolta, bloccato fra le mura cittadine e le trincee del campo di Cesare, Scipione deve attaccare battaglia, sentendosi sicuro per la posizione favorevole, ma Cesare lo anticipa attaccando sul tempo e annienta le legioni di Scipione, lasciando sul campo circa 10000 uomini.

Per i repubblicani la guerra era persa, le popolazioni locali si ribellarono in massa passando dalla parte di Cesare e le spietate repressioni messe in atto dai generali di Scipione accelerarono il fenomeno. Ad Utica, ultimo caposaldo della resistenza, la popolazione assedia Catone, in gran parte favorevole a Cesare nonostante le espulsioni di massa di mauri e numidi, sospettati per l’antica fedeltà a Mario. La successiva strage dei capi repubblicani sancisce la vittoria decisiva di Cesare.

Scipione tentando di fuggire dall’Africa con alcune navi viene sorpreso dalla flotta cesariana al largo di Ippona e muore annegato durante la battaglia navale. Giuba, cacciato dal suo regno dai numidi in rivolta, e Petreio si uccidono reciprocamente in duello rendendosi conto di non aver più scampo, Catone si suicida prima di veder Utica occupata dal nemico. Cesare può ritornare finalmente in Italia dove il 25 luglio del 46 a.c. celebra ben quattro trionfi (sul Ponto, sulla Gallia, sull’Egitto e sulla Numidia).

Nel frattempo Gneo Pompeo Iunior riorganizza in Spagna le ultime forze repubblicane. Cesare è allora costretto a ripartire per la Spagna e il 17 marzo del 45 a.c. e a Munda si combatte lo scontro decisivo. E' la battaglia più dura sostenuta da Cesare in tutte le sue campagne, tanto che a metà giornata le forze pompeiane sembravano inarrestabili e Cesare valutava di darsi la morte; solo una disperata azione lo salvò dalla disfatta permettendogli di ottenere la vittoria finale.

La guerra civile era finita ma il costo era terribile, sul campo erano rimasti circa 32000 pompeiani e 1000 soldati di Cesare, una cifra spaventosa, per fare un raffronto, a Tapso Cesare perse non più di un centinaio di uomini. Cesare era il solo padrone dell’impero e lo sarebbe stato per 1 anno, fino alle idi di marzo del 44 a.c., quando venne assassinato all’entrata del Senato.

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