BANCHETTO ROMANO |
Analogamente Cicerone (I secolo a.c.) sosteneva che “il piacere del banchetto non si deve misurare dalla squisitezza delle vivande, bensì dalla compagnia degli amici e dal loro dissertare”.
Se però venne presentata e fatta votare da Augusto la "Lex Iùlia sumptuaria" all’inizio del suo principato (18-17 a.c.), una ragione c'era. Augusto era per la moderazione e la frugalità in tutto, nel mangiare, nel vestite e nell'ostentare ricchezza. La legge conteneva una serie di disposizioni intese a reprimere il lusso sfrenato a Roma, nei banchetti e negli abiti femminili. In realtà faceva parte di una più complessa riforma legislativa, promossa da Augusto per restaurare l’ordine pubblico.
Per contro c'era chi non si teneva:
- Intanto
mentre lui preso dal gioco sciorina tutto il gergo dei carrettieri,
mentre noi ci gustavamo ancora l’antipasto, fu portato un vassoio con
sopra una cesta contenente una gallina di legno ad ali spalancate in
cerchio, nella posizione consueta di quando covano le uova. Lo abbrancano
subito due schiavi e, mentre scoppia una salva musicale, si danno a
frugare tra la paglia, ed estratti un uovo di pavone dopo l’altro, ne
fanno omaggio ai convitati.
Trimalchione volge il capo a questo colpo di scena e spiega: “Amici, ho fatto mettere uova di pavone sotto la gallina. Ma, miseriaccia, ho paura che ci sia già dentro il pulcino! In ogni modo proviamo a vedere se sono ancora succhiabili. Si, si possono succhiare”.
Trimalchione volge il capo a questo colpo di scena e spiega: “Amici, ho fatto mettere uova di pavone sotto la gallina. Ma, miseriaccia, ho paura che ci sia già dentro il pulcino! In ogni modo proviamo a vedere se sono ancora succhiabili. Si, si possono succhiare”.
Ci vengono distribuiti dei cucchiaini di non meno di mezza
libra e rompiamo quelle uova rivestite di pasta frolla. Io quasi buttai
via la mia parte, che mi pareva già essersi formato dentro il pulcino.
Ma poi, come sentii un convitato abituale: “Qui deve esserci qualcosa di
buono”, ho fatto una prova con la mano ed ho trovato un beccafico
ben grasso dentro un tuorlo pepato. -
(Petronio arbiter - Satiricon)
(Petronio arbiter - Satiricon)
BANCHETTO GRECO |
Cenerai bene, o mio Fabullo, a casa mia, tra pochi giorni,
se gli dei ti saranno favorevoli, a patto che tu ti porti una cena
buona e abbondante e non scordarti una fanciulla candida
e vino e sale e tutto ciò che rende gradevole la cena;
se avrai portato tutte queste cose, io dico, o mio caro amico,
mangerai bene; infatti il portafoglio del tuo Catullo è pieno di ragnatele.
In cambio riceverai gli amori più puri, ossia quanto c'è
di più soave ed elegante. Infatti ti darò una pomata che alla mia fanciulla
donarono le Veneri e i Cupidi, che quando l'annuserai
chiederai agli dei, o Fabullo, di farti tutto naso.
Secondo l'usanza i convitati non usavano scarpe sui triclinii, e nemmeno babbucce o pantofole. L'invitato lasciava sempre le scarpe nell'androne di casa, per non portare all'interno la sporcizia delle strade, un'ottima ed igienica abitudine che purtroppo non abbiamo conservato, ma lasciava le pantofole ai piedi del triclinio, onde non sporcare il lettino.
Ma non basta, perchè una consuetudine obbligatoria prima di iniziare la cena, oltre al lavarsi le mani, era che gli schiavi lavassero i piedi ai commensali, perché avrebbero dovuto mangiare distesi sui triclini coi piedi di fuori. I romani furono grandi igienisti.
Questa accuratezza nella pulizia era in genere seguita dalla frugalità del pasto, almeno come valore morale. Seneca infatti (Cons. ad Helviam) esalta il tempo in cui i cittadini romani erano parsimoniosi anche nel cibo, nutrendosi di polenta di farro con legumi, pesciolini salati e frutta: « Di polta e non di pane vissero per lungo tempo i Romani », rammenta ricordando i tempi andati.
Il medico Galeno raccomanda però di non usare l'orzo nell'alimentazione, come usavano i Greci, ottimo solo per i cavalli, ma di preferire il farro che era molto più nutriente. L'orzo fu utilizzato solo nei momenti di carestia.
Il farro fu per circa tre secoli il cereale preferito dai Romani. Con il farro si preparava il puls, cioè la polenta. Plauto narra infatti che i Greci chiamavano i Romani "polentoni" puliphagonides. In seguito fu sostituito dal grano, ancora più nutriente del farro.
Quintiliano scrive orgogliosamente: "Non vivo per mangiare, ma mangio per vivere." Del resto l'alimentazione romana un tempo era fatta soprattutto di vegetali, com'era nell'uso dei vicini etruschi da cui nei periodi di carestia si importavano a Roma lungo il Tevere i rifornimenti di grano («ex Tuscis frumentum Tiberi uenit») che permisero dal II sec. a.c. la produzione del pane.
Ma come facevano gli amministratori a sapere che tipo di banchetti fornissero i romani? Nessuno andava a controllare nelle domus anche perchè di solito vi abitavano i patrizi o persone di grande prestigio. Il sistema di controllo fu drastico: la legge li obbligava ad apparecchiare nell'atrio o nel vestibolo con la porta aperta, dimodochè qualsiasi controllore potesse verificare senza entrare, o qualsiasi delatore potesse "delare" impunemente.
BANCHETTO MILOTICO DI PALESTRINA |
Molta colpa la ebbero i lettini portati da Cartagine dal generale Scipione l'Africano, i cosiddetti "punicani", insomma i triclini, che invitavano a restare a lungo accanto alle mense, così mollemente riposati sulle morbide coltri. Anche perchè i Cartaginesi usavano riempire delle rozze pelli di capra cucite e imbottite di paglia, mentre i Romani le riempivano di lane e piume, usando come copertura stoffe morbide e raffinate. Naturalmente in inverno i triclini, e quindi i commensali, si ricoprivano di coperte di morbida lana.
Cosa c'era di più accogliente di un letto e una mensa insieme? Ma non basta, perchè il pasto era allietato da cantori, da suonatori e da poeti. Spesso i poeti venivano invitati perchè si esibissero durante il banchetto. Ma Augusto per esempio era un uomo frugale e invitava alla frugalità. Spesso, specie in viaggio, soleva nutrirsi di pane ed uva e nei banchetti che faceva approntare per gli ospiti imponeva altrettanta frugalità.
Insomma molti potevano essere smodati ma si trattava di un comportamento disapprovato. Nella civilissima Roma uno dei principi più apprezzati, e seguiti, dai virtuosi, era quello della continenza. Si poteva godere di tutto ma nella continenza. Ciò, e non solo, distingueva un romano da un barbaro.
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