LUCIO PAPIRIO CURSORE - L. PAPIRIUS CURSOR



Nome: Lucius Papirius Cursor
Nascita: ?
Morte: ?
Gens: Papiria
Consolato: 326 a.c., 320 a.c., 319 a.c., 315 a.c., 313 a.c.
Dittatore: 324 a.c., 309 a.c.
Professione: Politico e Generale


«Papirio Cursore senza dubbio fu un uomo degno di ogni riconoscimento militare, eccellente non solo nel vigore dell'animo, ma anche in quello del fisico. Possedeva una singolare velocità delle gambe, che gli dette anche il soprannome. 

Tramandano che o per il vigore fisico o per il molto esercizio, egli fosse stato vincitore di tutti i suoi coetanei nella corsa, inoltre gran bevitore e mangiatore; che non ci fosse stato servizio militare più duro di quello svolto sotto il suo consolato, essendo egli stesso invincibile alla sofferenza del corpo, per un fante quanto un cavaliere.

Papirio era ugualmente abile nel comandare sia gli alleati che i cittadini. In una battaglia il pretore prenestino, a causa della paura, aveva condotto molto lentamente i suoi al combattimento dalla retroguardia alla prima linea; così un giorno Papirio lo fece chiamare, mentre passeggiava davanti alla sua tenda e alla sua presenza ordinò al littore di preparare le scuri.

Poi disse allo stesso: “ Orsù littore, taglia questa radice che intralcia il cammino “. dette poi all'esanime prenestino, colpito dal timore della pena capitale, una punizione e lo lasciò andare. Senza dubbio in quell'epoca, che non fu più eguagliata in quanto a coraggio e valore militare, non vi era altro uomo al quale lo stato romano si affidasse così ciecamente.
»

(Tito Livio - Ab Urbe condita libri, VIII, 23.)

Lucio Papirio Cursore, ovvero Lucius Papirius Cursor (... – ... a.c.) è stato un politico ma soprattutto un grande generale e stratega romano, cinque volte console e due volte dittatore. Fu considerato il migliore generale romano all'epoca della II guerra sannitica.



IL PICCOLO PAPIRIO E SUA MADRE

«Un tempo i senatori a Roma avevano l'usanza di entrare nella curia con i figli vestiti della toga pretesta. Un giorno, quando nel senato fu messa in discussione una questione piuttosto importante e fu prorogata al giorno seguente, si stabilì che nessuno riferisse quella questione, di cui avevano discusso, prima che fosse stata deliberata. Allora, la madre del giovane Papirio, che era stato nella curia con suo padre, domandò al figlio di che cosa i senatori avessero fatto nel senato. 

Il ragazzo rispose che la cosa doveva esser tenuta segreta e che non era consentito che fosse riferita. Ma la donna era troppo curiosa di sapere; la segretezza della cosa e il silenzio del ragazzo stimolavano il suo animo ad indagare: chiese, dunque, con più insistenza e con più forza. Allora il ragazzo, poiché la madre lo incalzava, escogitò una bugia arguta e divertente. Disse che in senato si era discusso su che cosa fosse più utile per lo stato: se un solo uomo avesse due mogli o se una sola donna fosse sposata con due uomini. 

Quando la madre sentì questo, il suo animo si turbò, uscì di casa tremante e andò a parlare con le altre matrone. Il giorno dopo una folla di madri di famiglia andò in senato: piangendo e supplicando chiesero che una sola donna potesse avere due mariti piuttosto che un solo uomo avesse due mogli. I senatori che entravano nella curia guardavano stupefatti quel comportamento stravagante delle donne.

Allora il giovane Papirio, fattosi avanti nel centro della curia, raccontò per filo e per segno che cosa sua madre avesse chiesto con insistenza di sentire, che cosa lui avesse detto alla madre e tutto il fatto. Il senato lodò l'affidabilità e lo spirito del ragazzo e stabilì che da quel momento in poi i ragazzi non potessero entrare nella curia con i senatori, a eccezione del solo Papirio, a cui successivamente fu dato il soprannome Pretestato per la grande capacità di tacere e di parlare nell'età della toga pretesta

(Catone)

Appartenente all'antica e patrizia gens Papiria, nel 340 a.c. e fu magister equitum del dittatore Lucio Papirio Crasso. Secondo alcuni analisti sarebbe stato console una prima volta nel 333 a.c.



CONSOLE nel 326 a.c.

Fu comunque eletto console nel 326 a.c., con il collega Gaio Petelio Libone Visolo, l'anno in cui iniziò la II guerra sannitica. Secondo Livio ottenne il soprannome di Cursore per la straordinaria velocità della sua corsa:

« Alla fine si passò a un interregno, e dopo continui rinvii delle elezioni ottenuti con sempre nuovi pretesti, finalmente il quattordicesimo interré, Lucio Emilio, nominò consoli Gaio Petilio e Lucio Papirio Mugillano. In altri annali ho trovato per quest'ultimo il soprannome di Cursore. »
(Livio, Ab Urbe condita libri, VIII, 23.)

« Era straordinariamente veloce di gambe, qualità questa che gli valse il soprannome di Cursore, e si dice che ai suoi tempi nessuno riuscisse a superarlo nella corsa, sia per la grande forza fisica, sia per il notevole allenamento. Oltre a questa caratteristica, era un mangiatore e un bevitore formidabile »
(Livio, Ab urbe condita libri IX, 16.)



ABOLI' LA SCHIAVITU' PER DEBITI

Durante il suo consolato fece emanare la Lex Poetelia-Papiria, con cui si aboliva la schiavitù per debiti dei cittadini romani (che spesso si indebitavano per aver dovuto combattere anzichè lavorare la propria terra) e l'anno successivo diresse le operazioni belliche come dittatore. Inoltre concesse alla plebe di adire ad alcune cariche religiose.

Durante il suo comando, si verifico l'episodio del suo aspro contrasto con il suo magister equitum Quinto Fabio Massimo Rulliano, che avrebbe attaccato i Sanniti contravvenendo il suo ordine.



PUNIZIONE DI MASSIMO ROLLIANO

Seppur l'esercito romano fosse risultato vincitore, Lucio Papirio, fu determinato ad ottenere l'ammissione di colpevolezza di Fabio, davanti all'esercito, al Senato, e infine anche davanti al popolo riunito con la procedura della "provocatio".

QUINTO FABIO
Secondo il racconto di Livio (VIII 30), al momento di partire per il Sannio, il pullarius aveva annunciato al dittatore auspici incerti.

Papirio si accinse, di conseguenza a partire per Roma, per rinnovare l'auspicio, ma prima di lasciare I 'esercito ordinò a Quinto Fabio di non attaccare battaglia durante la sua assenza.

Ignorando le disposizioni del dittatore, Quinto Fabio si scontrò con il nemico, ottenendo una brillante vittoria.

Non pago della propria condotta, Fabio inviò la lettera con la notizia del suo successo al senato e non al suo superiore. Da questo nasce una contesa che vede contrapposti Papirio, deciso a condannare a morte Fabio in quanto reo di grave disobbedienza, e il maestro della cavalleria Quinto Fabio, che sembra affidarsi più alla protezione della sua famiglia che alle ragioni del Suo comportamento.

La contesa, alla quale Livio dedica ben sei capitoli, dal 30 al 36, del libro VIII, dopo varie vicissitudini si conclude con la grazia, concessa infine da Papirio soprattutto per I 'intercessione del popolo romano.

Tornato nel Sannio per continuare la campagna militare contro i Sanniti, mal voluto dai soldati per l'episodio di Massimo Rolliano, guidò l'esercito ad una nuova vittoria campale, che tuttavia non fu un completo successo, per il comportamento renitente dei soldati.



IL TRIONFO

Lucio Papirio però riuscì a riconquistare la fiducia dei soldati, e li guidò ad una terza vittoria in battaglia contro i Sanniti, che sconfitti, chiesero la pace al dittatore. Per queste vittorie, tornato a Roma, ottenne il trionfo.

Fu eletto console nel 320 a.c., con il collega Quinto Publilio Filone, l'anno successivo alla vergognosa disfatta delle Forche Caudine con la conseguente umiliazione romana. I due consoli, con l'esercito, tornarono alle Forche Caudine, decisi a riscattare l'ignominiosa sconfitta romana e pure per rigettare la condizioni di pace imposte a Roma, consegnando ai Sanniti anche i due Consoli che le avevano accettate.

LE FORCHE CAUDINE

CONTRO I SANNITI

Mentre Publio si fermò nel Sannio per fronteggiare l'esercito Sannita, Lucio si diresse verso Luceria, dove si era asserragliato Gaio Ponzio, comandante in capo dei Sanniti "stratega di prim'ordine" che teneva presso di sé i cavalieri romani, ostaggio dei Sanniti dopo la battaglia delle Forche Caudine. Gaio Ponzio non accettò il sacrificio dei due consoli (tra l'altro consenzienti), ma di fatto si trattò della ripresa delle ostilità.
Gaio Ponzio rimandò indietro i due prigionieri romani con parole sprezzanti:
«Né io accetterò questa consegna, né i Sanniti la riterranno valida. Perché tu, Spurio Postumio, se credi che gli Dei esistano, non consideri nullo l'intero accordo, oppure non ti attieni ai patti? Al popolo sannita vanno consegnati quelli che sono stati in suo potere, o al posto loro va riconosciuta la pace. 
Ma perché dovrei rivolgermi a te, che ti consegni nelle mani del vincitore, mantenendo, per quel che è in tuo potere, la parola data? È al popolo romano che mi appello: se è pentito della promessa fatta alle Forche Caudine, allora deve riconsegnarci le legioni all'interno della gola dove sono state accerchiate»
(Livio, Ab Urbe condita libri, IX, 11.)

L'esercito romano giunse ad Arpi, o Argos Hippium, una città della antica Apulia nei pressi di Luceria, senza incontrare resistenza dagli abitanti di quei luoghi, da tempo vessati dai Sanniti, dove fu posta la base per l'assedio di Luceria.

Quando alle truppe di Lucio, si ricongiunsero quelle di Publilo, che avevano vinto i Sanniti nella battaglia combattuta nei pressi di Caudia, l'assedio a Luceria divenne più efficace, ed i Sanniti furono costretti ad accettare lo scontro in campo aperto, nonostante un tentativo dei Tarantini di evitare che si svolgesse la battaglia tra i due contendenti. I romani vinsero la battaglia, e solo il pensiero dei 600 cavalieri, ancora ostaggio dei Sanniti a Luceria, li trattenne dal massacrare tutti i nemici sconfitti in battaglia.

Ripreso l'assedio, alla fine i Sanniti, stremati dalla fame e dagli stenti, si arresero ai romani, che oltre al bottino, pretesero che i 7.000 guerrieri Sanniti, compreso il loro comandante Gaio Ponzio, passassero sotto il giogo delle armi romane.

L'ONTA DELLE FORCHE CAUDINE ERA STATA RISCATTATA COL SANGUE! ROMA ERA STATA VENDICATA!

Per questa vittoria, tornato a Roma, Lucio Papirio Cursore ottenne il trionfo.



TITO LIVIO

« Quanto ai soldati, li avrebbe fatti passare sotto il giogo con un solo indumento addosso, più per vendicare l'umiliazione subita che per infliggerne una nuova. Non venne respinta alcuna delle condizioni. 
A passare sotto il giogo furono in 7.000 soldati, mentre a Luceria venne rastrellato un ingente bottino. Tutte le insegne e le armi perdute a Caudio vennero riprese, e - gioia questa superiore a ogni altra - furono recuperati i cavalieri consegnati dai Sanniti affinché venissero custoditi a Luceria come pegno di pace. 

Con quell'improvviso ribaltamento di fatti, nessuna vittoria del popolo romano fu più splendida, e ancor di più se poi è vero quanto ho trovato presso alcuni annalisti, e cioè che Ponzio figlio di Erennio, comandante in capo dei Sanniti, venne fatto passare sotto il giogo insieme agli altri, affinché espiasse l'umiliazione inflitta ai consoli »

(Livio, Ab Urbe condita libri, IX, 15.)

SANNITI

CONSOLE nel 319, 315 e 313 a.c.

Lucio Papirio Cursore fu eletto di nuovo console nel 319 a.c., con il collega Quinto Aulio Cerretano. Guidò i romani alla riconquista delle città di Satricum, che era passata dalla parte dei Sanniti dopo la disfatta della Forche Caudine.

Fu eletto di nuovo console nel 315 a.c. insieme al collega Quinto Publilio Filone. I due consoli rimasero a Roma, mentre la campagna contro i sanniti fu affidata al dittatore Quinto Fabio Massimo Rulliano.

Fu eletto di nuovo console, per la quinta volta, nel 313 a.c. insieme al collega Gaio Giunio Bubulco Bruto. I due consoli elessero Gaio Petelio Libone Visolo dittatore per la conduzione della campagna contro i Sanniti.



DITTATORE nel 309 a.c.

Nel 309 a.c., quando la guerra aveva preso una piega pericolosa, anche per il contemporaneo impegno dei Romani contro gli Etruschi, Roma si affidò ancora una volta a Papirio Cursore, nominandolo dittatore. Mentre Quinto Fabio Massimo Rulliano rimaneva a capo dell'esercito romano che fronteggiava gli Etruschi, Lucio Papirio, diretto alla volta del Sannio, per prendere il comando dell'esercito romano dalle mani del console dell'anno precedente Gaio Marcio Rutilo Censorino, si incontrò con quest'ultimo a Longula.

Preso il comando dell'esercito romano, che fronteggiava i Sanniti, guidò i romani in una battaglia campale, dove essi ebbero la meglio.
« aveva di nuovo levato il grido di battaglia prendendo ad avanzare, i Sanniti cominciarono a fuggire. Le campagne già erano ingombre di cumuli di cadaveri e armi luccicanti. In un primo momento i Sanniti, terrorizzati, si andarono a rifugiare nell'accampamento; poi però non riuscirono a tenere nemmeno questo, che prima del calar della notte venne conquistato, saccheggiato e dato alle fiamme. Su decreto del senato il dittatore ottenne il trionfo, il cui più splendido ornamento furono le armi strappate ai Sanniti. »

(Tito Livio, Ab Urbe condita, IX, 40.)

GUERRIERI ETRUSCHI

BATTAGLIA DEL LAGO VADIMONE - 309 a.c.

Nello stesso anno il dittatore Lucio Papirio Cursore a capo dell'esercito romano sconfisse in battaglia gli Etruschi al lago Vadimone, vicino a Horta, oggi Orte, ("Ex Tuscis frumentum Tiberi venit: eo sustentata est plebs", Livio, Lib. II),, nel territorio della città stato di Volsinii, ed a Perugia.

Gli Etruschi avevano radunato un esercito in forza della Lex Sacrata, un'antica legge che chiunque la violasse si sarebbe esposto alla vendetta degli Dei, sarebbe divenuto sacer (maledetto) e sarebbe stato passibile della pena di morte. Con questo sistema di arruolamento il comandante designò i soldati più valorosi, obbligandoli con giuramento all'adempimento del dovere fino al sacrificio della vita.

Ognuno di tali soldati si scelse un compagno di pari valore, questi un altro e così via fino a che si raggiunge il numero richiesto. Il risultato di questo metodo singolare ed anomalo è la formazione di un corpo scelto di combattenti molto determinati. Lo scontro viene ricordato come la più grande battaglia della storia tra Etruschi e Romani.

«Anche gli Etruschi, arruolato con una legge sacrata un esercito, nel quale ogni uomo si sceglieva un altro uomo, si scontrarono presso il lago di Vadimone, con uno spiegamento di forze e un accanimento mai visti in passato

(Tito Livio, Ab Urbe condita, IX, 39.)

La battaglia fu molto a lungo incerta, poi i Romani, non appena intervennero i cavalieri, ebbero il sopravvento e infliggono ai nemici una cocente disfatta.
«Quel giorno venne spezzata per la prima volta la potenza etrusca, in auge dai tempi antichi. Il fiore delle loro truppe venne massacrato sul campo, e con quello stesso attacco i Romani ne catturarono l'accampamento saccheggiandolo

(Tito Livio, Ab Urbe condita, IX, 39.)

Dopo di questa data di Lucio Papirio Cursore, il grande generale stratega romano non si hanno più citazioni.

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