Scigliano è un paesino della provincia di Cosenza, in Calabria, dove il fiume che l'attraversa, il Savuto, è cavalcato dall'antico Ponte di Annibale o Ponte di S. Angelo, esattamente in una proprietà della Famiglia Micciulli. Il Ponte di Annibale non va confuso con una altro ponte dello stesso nome e sempre di epoca romana, che è sito sul corso del Titerno, nel comune di Cerreto Sannita in Campania.
Diverse prove archeologiche dimostrano che il ponte, oggi monumento storico nazionale, fu costruito nel periodo che va dal 131 al 121 a.c., facente parte della Via Popilia, edificata per volontà del console Publio Popilio Lenate, come testimonia il cosiddetto Cippo di Polla. La strada e il ponte collegavano l'attuale Reggio di Calabria a Capua.
Il ponte venne distrutto dagli stessi romani all’epoca della sconfitta di Annibale per arrestare la sua fuga verso le sue navi in mare, ma fu invece ricostruito con lo stesso materiale edilizio e con lo stesso modello architettonico dei genieri del generale cartaginese per il transito della sua armata.
Il ponte è di piperno, ovvero di peperino, una roccia eruttiva effusiva, e se ne ignora l’autore, ma sarebbe strano il contrario perchè in genere i ponti romani li costruivano i legionari, su disegno di un generale o di un "ingenius" o geniere addetto.
PONTE DI ANNIBALE |
L’archeologo Edoardo Galli disse: “….guardando, poi, le fiancate appare evidente l’intenzione dei costruttori di restringere artificialmente, ridurre quanto più possibile la valle, per soverchiarla con un solo, arditissimo, arco. Questo è all’incirca, alto 13 metri e largo il doppio, ma nell’antichità doveva librarsi ad una altezza vertiginosa, poiché è risaputo che tra i fiumi della Calabria il Savuto è uno dei più noti e temuti per piene e devastazioni. Quindi non v’è dubbio che in più di duemila anni il fiume abbia colmato una buona metà dell’ altezza primitiva. Infatti non si vedono i pilastri su cui poggia la volta perché sono sotterrati nella ghiaia e come si può notare oggi, il fiume scorre a livello della corda dell’arco”.
Il ponte faceva parte dell’antica via romana Popilia, edificata dal centro di Reggio Calabria per poi congiungersi con le altre vie che portavano a Roma. Il tracciato antico della strada costeggiava il Mar Tirreno, raggiungeva Vibo Valentia, la Piana di S Eufemia, risaliva la Valle del fiume Savuto, proseguiva sul ponte che lo cavalcava e risaliva ai Campi di Malito.
RAMPA SUPERIORE (A SINISTRA) E RAMPA INFERIORE (A DESTRA) |
I romani erano molto razionali e organizzati e miravano sempre al minor dispendio di tempo e di energie, per cui ogni edificio veniva costruito se possibile con pietra locale.
I blocchi venivano poi tagliati e levigati per il ponte, ma giacchè c'erano, vi crearono pure una fornace per farne la calce e rivenderla.
Le fondazioni del ponte si trovano ad profondità di circa 1,50 m dal greto del fiume, costituite da due ordini di blocchi squadrati e sovrapposti con un'altezza dell'edificato di 1,50 m, ma di 11 m rispetto al piano del fiume, una larghezza di 3,55 m e una lunghezza di 21,50 m, del solo ponte esclusa la rampa di salita. Aggiungendo invece le due rampe di risalita, per raggiungere o abbandonare il ponte, il suolo di calpestio era lungo 48 m.
La volta era costituita da due archi a tutto sesto di blocchi squadrati di tufo secco, posti sfalsati onde evitare solchi di frattura unica in caso di terremoti. Il secondo arco è in tufo e in pietrame e pozzolana all’interno, a copertura del primo arco portante ed è posto direttamente sulla fondazione, senza pile di appoggio, avendo solo funzione di rinforzo e di contrappeso al primo.
LE DUE CAMPATE |
per cui costruirono il ponte a secco, sapendo già che diversi materiali, per la diversa dilatazione dei singoli materiali, avrebbero corroso la malta e fatto crollare il ponte. I blocchi di tufo al contrario dopo oltre duemila anni si sono suturati con il calcare scioltosi dalle stesse pietre, tanto da formare un unico blocco.
Il piano di calpestio venne costruito in muratura con pietrame di fiume e pietra pozzolana e vi si risaliva da un lato poggiando sulla roccia della collina, e dall'altro poggiando su un arco trasversale chiuso da muri dallo spessore di 50 cm.
Accanto al ponte, alle sue estremità, sopravvivono i resti di due garitte, atte a riparare le truppe a protezione del ponte, resti purtroppo mai ripristinati. Vicino al ponte, invece, sulle fondamenta di caseggiati romani giace il rudere di una vecchia casa colonica, in parte sede della chiesetta di S. Angelo.
Secondo un’altra leggenda, il ponte, denominato anche ponte S. Angelo, per la presenza di una chiesa dedicata a questo Santo, si narra che questi abbia sconfitto il diavolo proprio sul ponte e quest’ultimo per rabbia tirando un calcio alla spalla destra del ponte provocò una lesione. Tale lesione non è oggi visibile, poiché risanata durante il restauro avvenuto nel 1961.
Attualmente il ponte è uno tra monumenti recensiti e sotto protezione dell’ Unesco ma, inspiegabilmente, pur essendo tra i ponti più antichi d’Italia, è fuori da ogni circuito turistico sia regionale che nazionale.
SEMPLICEMENTE ECCEZIONALE , E SCUSATEMI SE E' POCO ,,,
RispondiEliminaLeggende calabresi. Non esistono prove storiche.
RispondiEliminaVideo in 4K https://www.youtube.com/watch?v=JAnjfmcpFzY
RispondiEliminaE' un ponte angioino del 1281. Ho trovato e pubblicato i documenti della cancelleria angioina. I Romani non facevano ponti a schiena. Solo piani.Diffondete la verità. Ci sono i documenti.
RispondiEliminaCome recita l'articolo, il ponte è di origine romana, ma è stato successivamente distrutto e ricostruito con parte degli stessi materiali.
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