THAMUSIDA (Marocco)



THAMUSIDA (by Jean-Claude-Golvin)
Thamusida fu un'antica città romana della provincia della Mauretania Tingitana, sorta intorno ad un castrum romano a sua volta sorto su un antico villaggio berbero del Regno di Mauretania, nel Nordafrica, fondato nel II secolo a.c. accanto a un guado sul fiume navigabile di Sebou.

Il regno di Mauretania si estendeva ad ovest del regno di Numidia, che si estendeva in corrispondenza dell'attuale Marocco e dell'Algeria occidentale, tra il IV secolo a.c. e il I secolo. I suoi resti archeologici si trovano presso la località di Sidi Ali ben Ahmed, a circa 10 km dall'attuale città di Kenitra in Marocco, in un sito archeologico di 15 ettari di estensione.

L'insediamento romano copriva circa 15 ettari di un pianoro a 12 m slm sulla riva sinistra del fiume Sububus (oggi Sebou), tra le antiche città di Sala Colonia (oggi Chella), a sud, e di Iulia Valentia Banasa, a nord, sul percorso di una via tra Tingis (Tangeri) e Sala Colonia. 

PIANTA DEL SITO ARCHEOLOGICO

LA STORIA

Il re Bocco I svolse un importante ruolo durante la guerra giugurtina, che vedeva il re Giugurta di Numidia nemico di Roma: fu lui infatti a consegnare Giugurta ai Romani nel 105 a.c., e da allora fu alleato di Roma. 

Gli successe il figlio, Soso, o Mastanesoso, e in seguito il regno fu suddiviso tra i suoi due figli, la metà orientale retta da Bocco II e la metà occidentale, retta da Bogud. 

BOCCO I
Durante la guerra civile tra Ottaviano e Marco Antonio, Bogud venne cacciato da una rivolta a Tingis (Tangeri) e il suo regno fu incorporato da Bocco II. 

Alla sua morte, nel 33 a.c. Bocco II lasciò il regno in eredità al popolo romano e Ottaviano vi fondò una serie di colonie di veterani.

Nel 25 a.c. il regno venne assegnato a Giuba II, della famiglia reale numida e restò indipendente fino al 40 d.c., quando Caligola fece assassinare l'ultimo re, Tolomeo, figlio di Giuba II. 

Dopo aver debellato una rivolta di tribù dell'interno, l'imperatore Claudio istituì due province nel territorio dell'antico regno: la Mauretania Tingitana e la Mauretania Cesariense.

Nell'avanzata romana del 40 d.c. la resistenza locale provocò la distruzione del villaggio berbero. Poco dopo, in epoca flavia (II metà del I secolo d.c.) sul pianoro venne costruito un castrum per una vessillazione dell'esercito, intorno a cui si sviluppò una piccola città, con templi, case e taberne.

Nella seconda metà del II secolo il castrum venne ampliato e la città venne cinta da mura. Il campo fu abbandonato alla fine del III secolo, ma la città continuò ad essere abitata finchè venne abbandonata con la conquista araba, nel VII-VIII secolo. 

A Thamusida si conservano solamente i crolli dei paramenti in pietra delle mura delle caserme, di alcuni tratti delle mura urbane e del Temple carré. Erano forse in pietra anche i principia del campo militare e le terme ma la maggior parte degli edifici era realizzata con basamenti in pietra ed elevati in terra.

I materiali della città furono riadoperati nel XVII secolo per la costruzione alla foce del fiume della rocca di Mehdya da parte degli spagnoli e le rovine furono definitivamente distrutte da un terremoto nel secolo seguente.

I resti furono identificati con la città citata dalle fonti antiche nel 1874 dal diplomatico e archeologo Charles-Joseph Tissot. I primi scavi furono condotti da studiosi francesi negli anni 1932-1935, 1952-1955 e 1959-1962.

Il primo progetto italiano in Marocco è iniziato nel 1999 a Thamusida (Sidi Ali ben Ahmed, Kenitra). Alcune missioni francesi avevano scavato le più antiche stratificazioni del villaggio mauro e i principali monumenti romani. Le ricerche italo-marocchine ebbero lo scopo di ricostruire la storia del sito dai primi insediamenti umani, dai Fenici ai Punici, agli Iberici, all'Impero Romano, e agli Arabi.



LA PROVINCIA ROMANA

Nel 40 d.c. Roma creò la provincia della Mauretania Tingitana nel territorio del Marocco settentrionale; l'antico villaggio fu distrutto nel corso delle operazioni militari per il controllo della regione. Nella seconda metà del I secolo fu istallato un campo militare per le truppe, intorno al quale nacque un nuovo centro. 

La piccola città fu organizzata secondo i bisogni degli abitanti: case e baracche, terme e templi, taverne e botteghe, officine per la fabbricazione delle armi, granai, fabbriche per la produzione di salse di pesce, forni per produrre anfore, mattoni e ceramiche. 

Nella seconda metà del II secolo la città fu circondata da mura per proteggerla contro le tribù berbere del Gharb. Alla fine del III secolo l'esercito romano si ritirò ma la città continuò a essere abitata. Gli immigrati arabi, arrivati con la conquista del VII-VIII secolo scelsero di abitare sulla collina vicino alla città, utilizzando la collina del marabut per allestire un granaio collettivo. 

Per la costruzione della casbah di Mehdya, portoghesi e spagnoli utilizzarono purtroppo le pietre del vecchio centro costruito dai Romani, che fu definitivamente distrutto da un terremoto alla metà del XVIII secolo.

LE MURA E LE PORTE SUL FIUME SEBOU

LE ABITAZIONI

A Thamusida pochi edifici erano interamente in pietra, mentre la terra era un materiale di facile reperimento nella pianura alluvionale dove abbondano argille, marne e terreni limosi. La maggior parte degli edifici era realizzata con basamenti in pietra ed elevati in terra. Come abitazioni se ne trovano tre diversi tipi:

- Quella della domus urbana, con pianta simile a quelle rinvenute a Volubilis:
La Domus au Dallage si trova nel quartiere orientale ed è addossata alla cinta muraria. Sul fronte si apre un vestibolo che da accesso a cinque ambienti: solo quello centrale è il vestibolo dell'abitazione mentre le altre porte appartengono a botteghe. 
L'accesso conduce a un peristilio porticato con colonne di laterizi e una fontana collocata nella metà orientale del cortile. Attorno al peristilio si aprono varie stanze, con gli alloggi e gli ambienti di servizio; sul fondo della casa, in asse con l'ambiente di accesso, si trova un tablinum. Accanto a questo, su entrambi i lati si articolano  gli appartamenti dei proprietari.

- Le abitazioni a corridoio centrale:
L'insula aux Tambours, caratterizzata da un corridoio centrale in genere pavimentato con piccole pietre, frammenti di cocciopesto o in opus spicatum con piccoli laterizi disposti a taglio. Su ciascun lato del corridoio si aprono normalmente tre stanze. 
In alcuni casi, come nell'Insula aux Tambours, alcune di queste stanze presentano dimensioni maggiori, forse perché avevano una funzione di rappresentanza; dal corridoio centrale si accede ad un secondo ambiente di disimpegno, più piccolo, su cui si aprono altre stanze: probabilmente gli alloggi privati.

- Le capanne:
Le case più semplici si trovano fuori dalle mura della città e ne costituiscono i sobborghi. Queste capanne hanno una o due stanze in tutto, con basamenti di pietra su cui si elevavano muri in terra; i pavimenti erano in terra battuta. Davanti ad alcune di queste c'era un'aia con pavimentazione a piccole pietre o cocci e di fronte alla casa dei piccoli ambienti, forse relativi alle attività di vita quotidiana degli abitanti (mangiatoie, magazzini e laboratori).

I TEMPLI

I TEMPLI

Gli scavi condotti a Thamusida nel secolo scorso hanno portato alla luce i resti di quattro strutture templari.

L'aedes principiorum
Un sacello che dominava il lato occidentale dei principia del Campo Militare, custodendo le insegne della guarnigione. Esso sorgeva su di un podio di circa 7 per 10 metri, alto 1,20, cui si accedeva attraverso una scalinata, inquadrata da due basi che sorgevano con ogni probabilità due statue equestri. 
L'edicola era decorata da un fronte pseudotetrastilo con due semicolonne che inquadravano l'ingresso e due lesene a decorare gli spigoli Nord-Est e Sud-Est. Essa risale all'età flavia e fu rimaneggiata durante il regno di Marco Aurelio.

Il ‘Tempio quadrato’
Di tipo punico, mal conservato e posto presso il quartiere Sud-Est della città. Di pianta pressoché quadrata, sorse probabilmente su un santuario precedente, di età punica originariamente collocato all'esterno della città. Sembra vi fosse venerata la Venus Caelestis, erede della Tanit punica, accanto al suo paredro Saturno, erede di Baal Hammon. 
La cella, poggiata su un basso podio circondato da un porticato, era dotata di due basi che sostenevano le statue di culto e di un piccolo altare. Tra quest'ultimo e la struttura principale vi era una gradinata di accesso e, ai piedi di questa, una coppia di colonne ornamentali in stile punico.

Il ‘Rivestimento a bugnato
L'identificazione come santuario non è certa, si tratta di alcune strutture di età flavia, rinvenute al di sotto della cd. "Insula Bassa" a Ovest delle Terme. Tuttavia la planimetria tripartita e l'utilizzo del bugnato per i conci del fronte del podio lo hanno fatto presupporre un Capitolium.

Il Tempio a tre celle
Questo tempio, anch'esso situato lungo il fiume ma ad Est delle Terme, è un tipico santuario africano-romano, dotato di tre celle prospicienti un'ampia corte porticata. Esso viene tradizionalmente datato alla metà del II secolo d.c., molto dopo del "Tempio a bugnato". In realtà anch'esso ha una fase precedente, forse di fine I secolo d.c., a cella unica.




LE TERME

Le Thermes du Fleuve, ("Terme del fiume"),  così chiamate per la loro posizione nei pressi del fiume Sebou, ebbero numerose fasi costruttive (età flavia, età severiana, I metà del III secolo e II metà del III secolo), fino a raggiungere un'estensione di circa 3.000 mq, il più grande impianto termale della provincia. Consistendo in due complessi giustapposti, si suppone fossero adibiti ai due sessi divisi.

Le terme sono anche fortemente indagate da dalla missione francese tra il 1932 e il 1953, portando alla luce quasi l'intero edificio. L'impianto termale avrebbe attraversato otto fasi costruttive dall'età giulio-claudia fino all'abbandono della città nel 280 d.c. circa. 

Con la documentazione nel 2002, la prima fase di costruzione sarebbe databile all'età flavia; le altre importanti fasi di sviluppo del complesso termale sono attribuibili alla fine del II - inizi del III secolo, alla prima metà del III secolo e infine alla seconda metà del III secolo.



LE FORNACI

Gli scavi delle missioni francesi condotti a Thamusida negli anni '50 individuarono alcune fornaci nella zona nord-ovest del sito, con cinque forni, tre dei quali oggetto delle recenti campagne di scavo. Le fornaci furono attive tra la fine del I secolo a.c. e la prima metà del I secolo d.c., riutilizzate poi come calcare in seguito all'arrivo dei Romani, nonchè per la produzione di anfore di tipo romano per il trasporto di spezie e salse come il garum.

Si tratta di forni scavati nel terreno e di dimensioni notevoli (le due più grandi, i forni A e C, hanno un diametro di circa cinque metri e dovevano raggiungere un'altezza complessiva di circa sette metri) costruite in argilla e mattoni crudi. In nessuno dei forni scavati è stato rinvenuto il piano di cottura che doveva essere sorretto, probabilmente, da un pilastro centrale.

Probabilmente questa mancanza è dovuta al fatto che le fornaci furono oggetto di riutilizzi successivi durante i quali vennero impiegate spesso come discariche, mentre il forno B fu impiegato come calcara.



I GRANAI

Il granaio civile

La città era dotata di un imponente granaio di ben 980 mq, locato a est nel quartiere del fiume, in una depressione naturale al centro di due alture. L'indagine archeologica, avviata a partire dal 1999 e conclusasi nel 2002, ha chiarito la funzione del cosiddetto ‘bâtiment rectangulaire’ come grande horreum, vale a dire magazzino. 

Questo fu realizzato nella seconda metà del II sec. d.c. per immagazzinare il grano del Gharb da destinare al consumo romano. L'edificio ha una pianta leggermente trapezoidale di metri 40,90 (il lato ovest è di 39,30) per 23,15 metri, orientato in senso nord-sud con una sola entrata sul lato corto nord verso il fiume Sebou. 

L'interno era diviso in tre lunghe navate separate da pilastri quadrangolari con arcate, dove le due navate laterali insieme al settore sud del corridoio erano destinate ad accogliere il grano addossato alle pareti perimetrali secondo il sistema a mucchi sciolti ancora in uso. 

Il piano pavimentale dell'intero granaio era costituito da un tavolato di legno di quercia che poggiava sulle fondamenta dei muri perimetrali e sulle fondazioni interne. Come si sa la quercia resiste molto bene alle tarme, ma a parte questo l'ingegno romano aveva usato altre precauzioni.

Sotto l'assito in legno, l'intercapedine risultante, oltre ad isolare l'umidità, allontanava l'azione dei punteruoli o di altri animali nocivi. Uno strato di intonaco isolante sulle fondazioni e sulle pareti interne impediva inoltre agli insetti di annidarsi negli interstizi e nelle fessure. 

Insomma l'accuratezza nell'allestimento interno rendono l'intero edificio ben adeguato alla conservazione del frumento e poteva stivare fino a circa 1.000 tonnellate di grano. Il granaio di Thamusida con gli horrea di Cuicul (Djemila, in Algeria), erano i soli horrea provinciali di tipo civile aventi pavimenti rialzati.

Il granaio militare

All'interno dei castra vi era poi un edificio di forma rettangolare di 10 per 45 metri, vale a dire il granaio destinato all'approvvigionamento delle truppe di stanza a Thamusida. Collocato nella porzione nord-ovest delle caserme si trovava nella retentura, un'area generalmente destinata ad ospitare l'infermeria, le officine, le rimesse e i magazzini. 

Il granaio, orientato a nord, presentava un ingresso a sud in corrispondenza della porta ovest dell'accampamento e muri spessi 70 centimetri privi di contrafforti esterni con aperture verticali per mantenere una continua aerazione sotto il piano pavimentale e, nello stesso tempo, ostacolare l'entrata di animali e insetti nocivi al grano. 

Piccole aperture di forma quadrangolare accoglievano le mensole poste a sostegno dell'assito in legno, al di sotto uno strato di cocciopesto, senza alcuna funzione pavimentale. Anche la ripavimentazione del granaio, avvenuta nella prima metà del II secolo d.c., ridusse di circa 40 centimetri l'intercapedine isolante dimezzando l'altezza degli areatori. I calcoli di capacità e il sistema di immagazzinamento (a mucchi sciolti) ipotizzati farebbero pensare ad una portata di circa 360 tonnellate di grano stivato.



IL CASTRUM


Il castrum sorse intorno alla metà del I secolo d.c. sul pendio della collina sopra il pianoro e fu rimaneggiato all'epoca di Marco Aurelio (165,85 m x 138.78 m): il campo militare più grande della Mauretania. 

Era circondato da un muro con 14 torri interne a pianta quadrata e con quattro porte, fiancheggiate ciascuna da due torri quadrate sporgenti all'esterno. Gli edifici sono allineati su due strade che si incrociano ad angolo retto e al centro si trovavano i principia (quartier generale), consistente in un cortile porticato con ambienti su tre lati.

L'ambiente al centro del lato ovest, con un podio (alto 1.2 m e di 10 m x 7 m) accessibile da una serie di gradini, doveva essere il sacrario delle insegne e doveva apparire come un'edicola con due semicolonne e due lesene. Il sacrario fu costruito in epoca flavia e rimaneggiato all'epoca di Marco Aurelio.

Il lato nord dei principia fu trasformato in epoca Severiana, con la costruzione di un ambiente a pianta basilicale che occupò parte del cortile: era una basilica exercitatoria, per lo svolgimento delle esercitazioni militari al coperto per riparare dal caldo torrido o dalle piogge.

Gli edifici per l'alloggiamento delle truppe erano una dozzina: con un passaggio centrale scoperto sul quale si aprivano le stanze da letto, precedute da una tettoia poggiata su pilastri. Nella parte ovest c'erano stalle e ambienti di servizio, tra cui un forno per la cottura del pane, e un granaio (10 m x 45 m) con pavimento in legno sopraelevato e intercapedine aerata per mezzo di aperture. Costruito in età flavia, la pavimentazione venne rifatta nella prima metà del II secolo, abbassando l'intercapedine.

LE MURA DI THAMUSIDA

LE MURA

La città romana fu cinta da mura nel II secolo (epoca di Commodo 161-192), nello stesso periodo in cui anche altri centri della provincia costruirono cinte difensive, per la situazione poco tranquilla sulla frontiera dell'impero in quest'epoca. Le mura hanno una pianta a trapezio irregolare e sono dotate di torri semicircolari esterne. Sono orientate secondo i punti cardinali, con il lato nord lungo il fiume, mentre gli altri lati inglobano i castra di epoca Flavia e i quartieri della città. 

La cortina, con torri che si sopraelevavano di un piano ulteriore, aveva uno spessore variabile tra 0,90 m e 1,05, alta circa 4,50-4,80 m, e i tratti lineari erano intervallati da torri semicircolari, distanti l'una dall'altra tra i 30 e i 40 m. Lungo il circuito si aprivano tre porte principali, sui fronti est, sud e ovest. La cortina raggiungeva un'altezza di circa 6-6,30 m. Un camminamento interno di legno si snodava lungo la cresta, testimoniato dall'inizio di una rampa in muratura.

La porta est era la più monumentale con un ingresso articolato in due fornici, uno grande l'altro solo per i pedoni, sul fronte esterno, e un grande arco interno che chiudeva il cavaedium formato dagli avancorpi delle torri fiancheggianti la porta; sia pur con caratteristiche meno "monumentali" anche le porte ovest e sud rispecchiano la tipologia a cavaedium. 

Sui tre lati sud, est ed ovest si aprono tre porte principali e ci sono due postierle, a est, all'angolo nord-ovest, a sud in corrispondenza di una strada e pure un accesso verso il porto, forse in corrispondenza del granaio.

La porta est, la più monumentale, aveva due fornici, uno più grande per i carri e l'esercito e uno più piccolo per i pedoni. All'interno un grande arco chiudeva lo spazio tra le torri formando un cavedio (piccolo cortile interno per arieggiare e illuminare un fabbricato). Nel suburbio fuori dalle mura sorgevano abitazioni sparse e strutture produttive o commerciali. Nella zona est doveva sorgere la necropoli della città.

L'accampamento non era lontano nè dal villaggio primitivo nè dal fiume, dislocato sul pendio della collina, una delle caserme più grandi di tutta la Mauretania, estesa per quasi due ettari e mezzo.
Aveva una pianta rettangolare con mura alte circa 5 metri, dotate di 22 torri e 4 porte, con un sistema di vie che si incrociavano ad angolo retto. 

Al centro si trovano i principia, il quartier generale dei castra, con il sacello delle insegne collocato sopra un podio, oltre alla cassaforte che conteneva il soldo per la truppa e forse l'armeria. Successivamente la parte nord venne trasformata in una basilica exercitatoria, per le esercitazioni militari al coperto. Ai lati si dovevano disporre le abitazioni degli ufficiali e forse le terme, di cui restano poche strutture.

Davanti, nella zona chiamata praetentura, si trovavano una dozzina di baracche con i dormitori delle truppe, con un passaggio centrale su cui si aprivano le stanze da letto dietro una tettoia sorretta da pilastri. La parte a ovest, la retentura, mostra quattro edifici di forma allungata (stalle per i cavalli o alloggi per i graduati) oltre a un'area destinata all'infermeria, le officine, le rimesse e i magazzini, il granaio militare e un forno per la cottura del pane, delle focacce ecc. 



LE RICERCHE

Presso i dormitori sono stati rinvenuti: 
- guarnizioni di foderi di pugnali, 
- borchie, 
- cinturoni, 
- appliques che raffigurano militari, 
- diplomi iscritti su coppie di tavolette di bronzo tenute insieme da fili: si tratta di copie, conformi a originali che erano affissi pubblicamente a Roma, dei decreti di concessione da parte dell'imperatore, al momento del congedo, della cittadinanza romana (civitas) e del diritto di contrarre matrimonio (conubium).

Sono stati inoltre individuati alcuni dei tracciati viari principali, come le strade che uscivano dalle porte sud e ovest della città in direzione dei principali centri della provincia. Nella zona posta a est del sito è stata invece individuata la necropoli romana, mentre nell'area posta in prossimità del fiume si doveva trovare un quartiere artigianale con fornaci e impianti produttivi.

A Thamusida sono stati studiati 67 mattoni e piastrelle trovati in diversi contesti archeologici durante gli scavi archeologici. 40 tra mattoni e piastrelle risalgono all'occupazione romana del sito (I-III secolo d.c.). I risultati hanno permesso di ricostruire due produzioni locali di uno o più tipi di materiali da costruzione. 

Il rapporto tra produzioni locali e importazioni è cambiato nella seconda metà del II secolo d.c. La prima fase dell'insediamento ha utilizzato materiali da costruzione sia locali che importati, mentre le produzioni locali sembrano essere cessate e completamente sostituite nella fase tardiva.



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