CASA DI ADONE FERITO (Pompei)

ADONE FERITO
Viene chiamata la Domus di M. Asellini o la Casa di Adone ferito, che in realtà è una villa pompeiana recentemente restaurata.  La villa che ebbe il primo scavo nel 1830 è situata nel lato ovest di Via di Mercurio. L'immagine sottostante è quella della Via di Mercurio, che guarda a nord verso il Vesuvio, con l'ingresso della casa al centro della fotografia.

La Domus, era nota un tempo anche come casa della Toeletta di Ermafrodito dall’affresco posto in uno dei cubicola (stanze da letto). 

Nel 1835 vi si rinvenne un sigillo su cui era scritto "M. Asellini" e sotto "Onomasti", per cui la villa doveva essere abitata da Marcus Asellinus e dal suo servo Onomastus.

Tuttavia la domus venne messa in luce tra il 1838 e il 1839.

Poco rimane del tablino che si affacciava sul peristilio a ovest. Il peristilio, al quale si accedeva attraverso un corridoio a nord del tablino, è porticato sui lati est e sud e presenta un piccolo giardino centrale con una fontana rivestita di marmo.

Le tre sale che si aprono sul lato sud del peristilio si trovano in diversi stati di conservazione. 

LA DOMUS DI MARCUS ASELLINUS
Oecus, con affreschi piuttosto sbiaditi, è decorato nel quarto stile con pannelli bianchi contenenti vignette centrali separate da motivi architettonici sopra un fregio decorativo inferiore.

La sala centrale, oecus, i cui affreschi conservano molto del loro colore e della loro vivacità, è decorata nel quarto stile con pannelli rossi e gialli contenenti scene mitologiche separate da motivi architettonici sopra un fregio inferiore blu.

Nella parete sud dell'oecus/cubiculum Remains of central painting on south wall of oecus/cubiculum posto a sud del peristilio vi è una pittura piuttosto sbiadita. In accordo con Bragantini, trtattasi della pittura di un satiro accompagnato da una figura femminile.
(Vedi Bragantini, de Vos, Badoni, 1983. Pitture e Pavimenti di Pompei, Parte 2. Rome: ICCD. p.150)



La parete orientale, raffigurata in basso con la riproduzione di parte dell'affresco di C.I. Gustaf (1884) raffigurato a destra, contiene una scena centrale della Toilette di Ermafrodito (in basso a destra).

La terza sala, il triclinio, è in pessimo stato di conservazione, con solo la parete meridionale che conserva alcuni dettagli decorativi e resti di intonaco.

Ad ovest del triclinio c'è uno stretto passaggio che un tempo conduceva alla piccola proprietà immediatamente a sud (Reg VI, Ins 7, 1-2), ma l'accesso era stato bloccato prima dell'eruzione.


Sul lato nord del peristilio si trova un grande affresco che occupa quasi tutta la parete del giardino. L'affresco è composto da tre sezioni separate da colonne dipinte di rosso.

La scena centrale, da cui il nome della casa, raffigura Adone con Venere e Cupidi. I due pannelli laterali sono più sbiaditi, ma la scena orientale sembra essere essere di Eros circondato da uccelli.
Fortunatamente abbiamo a testimonianza dei magnifici acquarelli di Antonio Ala che ha copiato diverse immagini prima che il tempo e l'incuria li disfacessero.

ACQUARELLO DI ANTONIO ALA
L'immagine mostra sulla parete sud dell'oecus/cubiculum, una pittura centrale di un Satiro che attira a sé una Menade con ghirlanda floreale sui capelli, poggiante le ginocchia su una roccia, ornata da un bracciale e da una cavigliera, che con sguardo attonito lascia cadere un tamburello.

All'estremità occidentale della parete sud dell'oecus/cubiculum posto a sud del peristilio si può ammirare invece l'affresco (a destra della pittura centrale), con oggetti del mito di Ercole e Omphale, e cioè la clava e il kantharos, in cui la clava è portata, anzi trascinata, da un erote alato, mentre un altro erote, alato anch'esso, guarda il Kantharos che si erge su un piedistallo.

Accanto all'erote, sul pavimento un rettangolo di legno verde azzurro, su cui il putto sta per mettere il piede è poggiato su un muretto, e l'altro erote sembra guardare il vaso mentre tiene in mano un'asticella molto sottile di legno o metallo.

ACQUARELLO DI ANTONIO ALA
La scena non è chiara ma certamente allude ad Ercole che diventa schiavo della regina Omphale che
indossa la sua pelle del leone nemeo. che gli toglie la clava e lo fa lavorare col fuso.

«… lavorò con la leggera conocchia, torcendo con la sua mano tremenda l'umido stame. Egli, appunto, depose dalle spalle la spoglia della fiera nemea, la mitra strinse la sua chioma, e si ridusse a far lo schiavo, con gl'irti capelli bagnati di mirra Sabea»

(Seneca, Ercole sul Monte Oeta)

ACQUARELLO DI ANTONIO ALA
Sempre sulla parete sud ma all'estremità orientale, sul lato sinistro della parte centrale, un altro acquarello di Antonio Ala ci mostra la scena di altri due amorini, anche questi ambedue alati, che giocano con una capra a cui hanno posto sul dorso una specie di sella guarnita di fiori, e mentre un erote tiene a bada l'animale con una bacchetta, l'altro sembra porle un nastro per adornarle le corna.

Il tono è favolistico e giocoso come in genere tutta l'ambientazione dell'epoca che rispetta un po' la mitologia ma che si esplica in scene allegre e teneramente birichine per la presenza degli scanzonati putti romani che, seguaci del corteo di Venere e Cupido, ma non solo, rappresentavano il lato ludico e geniale (da Genius) della natura che circondava lietamente gli umani.

ACQUARELLO DI ANTONIO ALA
Sullo zoccolo della parete sud dell'oecus/cubiculum si notano due figure, ambedue femminili, di cui una porta un vassoio e un'anforetta di vetro, e si trova nel lato est dello zoccolo.

L'altra figura, che si trova sul lato ovest dello zoccolo della parete sud dell'oecus/cubicolum, appare col capo ornato di rametti verdeggianti.
Tutti gli acquarelli di Antonio Ala sono dell'800 e sono conservati presso il Museo Nazionale Archeologico di Napoli.

ACQUARELLO DI ANTONIO ALA

IL RECUPERO

Il recupero dell'affresco di cui sopra è stato reso possibile grazie ai contributi del ricavato delle vendite del libro di Alberto Angela “I tre giorni di Pompei”, edito da Rizzoli e messi generosamente a disposizione dall’autore e dalla casa editrice. Una sponsorizzazione privata, un gesto di altruismo e cultura che contribuisce alle salvaguardia dei beni preziosi dell'archeologia italiana.
 
Il restauro, durato 3 mesi, è costato circa 20mila euro e ha riguardato tutta la parete dipinta collocata nel piccolo giardino delimitato da un porticato a due bracci. L’ affresco, per quanto dotato di apposita copertura, presentava distacchi dal muro su cui era collocato, con il sollevamento della pellicola pittorica e presenza di sali che la corrodevano.

Il giornalista nelle ultime ore ha reso pubblico sulla sua pagina Facebook tutto il suo entusiasmo per aver salvato la suddetta opera portata alla luce nel lontano 1838: 

Come descrivervi l’emozione che ho provato quando mi sono trovato di fronte a questo capolavoro salvato? Mi sono sentito attraversato da mille emozioni: gioia, commozione, sollievo voglia di esultare ma anche rabbia e tristezza per la sua vulnerabilità”.

RICOSTRUZIONE (INGRANDIBILE)
L'intervento di consolidamento generale della splendida megalografia di IV stile, raro esempio rinvenuto a Pompei, raffigura l’Adone morente tra le braccia di Afrodite, al centro dei due gruppi statuari di Chirone e Achille, dove si fondono i drammatici concetti di Amore e Morte.

"Al momento dell’eruzione questo affresco decorava il giardino interno di una delle case del quartiere più elegante di Pompei : la Regio 6. Di fronte, da quel basamento che si intravvede, zampillava dell’acqua tra siepi e alberelli ornamentali."

"Era un’oasi di pace con alberi decorativi, piante profumate. Sulla destra l’affresco prosegue con un giardino ideale dipinto. Uccelli e piante rapivano lo sguardo degli ospiti”.


Adone viene ferito fatalmente da un cinghiale scatenatogli contro da Ares geloso della sua amante Afrodite, che esuberante come sempre e aldilà di qualsiasi schema moralistico, si è perdutamente innamorata del  giovane cacciatore.

Questo volto enigmatico con il copricapo frigio dovrebbe rappresentare il fiume e quindi l’area orientale di origine di Adone. Potrebbe però avere anche i tratti di una persona reale : la nobildonna romana che ha commissionato l’affresco. È un’ipotesi”. Commenta ancora Alberto Angela.



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