Dopo soli tre giorni, il 28 ottobre del 306 Massenzio, figlio dell'Augusto emerito Massimiano, depredato di qualsiasi potere, si fece acclamare imperatore a Roma con l'appoggio dei pretoriani, dell'aristocrazia senatoria e della plebe urbana, contestato però da Costantino in quanto in contrasto con il sistema tetrarchico, sistema però che lui stesso aveva violato.
Pertanto Costantino, personaggio discutibile (uccise suo figlio e sua moglie) ma valentissimo generale, invase l'Italia nella primavera del 312, vincendo Massenzio prima nella battaglia di Torino e poi nella battaglia di Verona. Quindi prese la via Flaminia verso Roma e si accampò a Malborghetto vicino a Prima Porta, sulla riva destra del Tevere a poca distanza dal ponte Milvio, che si trovava alle spalle delle truppe di Massenzio.
Sul luogo dell'accampamento fu edificato successivamente un imponente monumento in ricordo degli eventi, un arco quadrifronte, l'Arco di Malborghetto del quale tuttavia nei secoli era stato perduto il ricordo
FORZE IN CAMPO
Secondo Zosimo, Costantino aveva riunito un grande esercito perchè nutriva sospetti nei confronti di Massenzio, però fu Costantino che si spostò per andare a combattere Massenzio e non viceversa. Il suo esercito era formato anche da barbari catturati in guerra, oltre a Germani, Celti e Britanni, con cui mosse alla volta dell'Italia attraverso le Alpi, nel passo del Moncenisio.
Costantino poteva contare su 90.000 fanti e 8.000 cavalieri, Massenzio su ben 170.000 fanti e 18.000 cavalieri tra i quali 80.000 tra Romani, Italici, Tirreni e Siculi, ottimi combattenti, e 40.000 Africani, combattenti meno validi.
Secondo i Panegyrici latini Costantino disponeva invece di 40.000 armati e Massenzio di 100.000.
Massenzio, che secondo alcuni non brillava come generale, aveva erroneamente posizionato i propri armati con alle spalle il fiume.
Costantino, dopo aver condotto un lungo combattimento contro le ali dell'esercito di Massenzio, che furono travolte scoprendo i fianchi della fanteria, la caricò facendola ritirare, mentre i pretoriani, essendo in posizione sul fiume, avevano deciso di resistere fino all'ultimo.
Sul luogo dell'accampamento fu edificato successivamente un imponente monumento in ricordo degli eventi, un arco quadrifronte, l'Arco di Malborghetto del quale tuttavia nei secoli era stato perduto il ricordo
Secondo Zosimo, Costantino aveva riunito un grande esercito perchè nutriva sospetti nei confronti di Massenzio, però fu Costantino che si spostò per andare a combattere Massenzio e non viceversa. Il suo esercito era formato anche da barbari catturati in guerra, oltre a Germani, Celti e Britanni, con cui mosse alla volta dell'Italia attraverso le Alpi, nel passo del Moncenisio.
Costantino poteva contare su 90.000 fanti e 8.000 cavalieri, Massenzio su ben 170.000 fanti e 18.000 cavalieri tra i quali 80.000 tra Romani, Italici, Tirreni e Siculi, ottimi combattenti, e 40.000 Africani, combattenti meno validi.
Secondo i Panegyrici latini Costantino disponeva invece di 40.000 armati e Massenzio di 100.000.
Massenzio, che secondo alcuni non brillava come generale, aveva erroneamente posizionato i propri armati con alle spalle il fiume.
Costantino, dopo aver condotto un lungo combattimento contro le ali dell'esercito di Massenzio, che furono travolte scoprendo i fianchi della fanteria, la caricò facendola ritirare, mentre i pretoriani, essendo in posizione sul fiume, avevano deciso di resistere fino all'ultimo.
Dopo un lungo e sanguinoso combattimento, che si sarebbe svolto a Saxa Rubra (Roccia rossa), le truppe di Massenzio vennero sbaragliate mentre l'imperatore, fuggendo attraverso il Tevere, finì per annegarvi per il crollo del ponte che i suoi ingegneri militari avevano costruito a fianco di Ponte Milvio. Il corpo di Massenzio venne ripescato e la sua testa su una picca fu portata in parata dalle truppe vittoriose di Costantino.
Costantino fu accolto trionfalmente a Roma e proclamato imperatore unico d'Occidente. Dedicò la sua vittoria al Dio dei cristiani, di cui fece cessare le persecuzioni come aveva fatto in Gallia e in Bretagna. Così il cristianesimo si sviluppò e il clero ottenne dei privilegi che i sacerdoti pagani non si sognarono mai di avere sia nel numero che nei costi economici. Con l'editto del 313 Costantino mise fine alla persecuzione dei cristiani. I suoi successori inizieranno poi la persecuzione sui pagani.
Costantino fu accolto trionfalmente a Roma e proclamato imperatore unico d'Occidente. Dedicò la sua vittoria al Dio dei cristiani, di cui fece cessare le persecuzioni come aveva fatto in Gallia e in Bretagna. Così il cristianesimo si sviluppò e il clero ottenne dei privilegi che i sacerdoti pagani non si sognarono mai di avere sia nel numero che nei costi economici. Con l'editto del 313 Costantino mise fine alla persecuzione dei cristiani. I suoi successori inizieranno poi la persecuzione sui pagani.
«Noi, dunque Costantino Augusto e Licinio Augusto, essendoci incontrati proficuamente a Milano e avendo discusso tutti gli argomenti relativi alla pubblica utilità e sicurezza, fra le disposizioni che vedevamo utili a molte persone o da mettere in atto fra le prime, abbiamo posto queste relative al culto della divinità affinché sia consentito ai Cristiani e a tutti gli altri la libertà di seguire la religione che ciascuno crede, affinché la divinità che sta in cielo, qualunque essa sia, a noi e a tutti i nostri sudditi dia pace e prosperità.»
HOC SIGNO VINCI
Costantino sostenne di avere avuto, la sera del 27 ottobre, mentre le truppe si preparavano alla battaglia, una visione, i cui dettagli differiscono però tra le fonti, tutte agiografiche.
Lattanzio afferma che la visione ordinò a Costantino di apporre un segno sugli scudi dei propri soldati, un segno "riferito a Cristo", uno staurogramma, cioè una croce latina con la parte superiore cerchiata come una P.
Non risulta che Costantino abbia mai usato questo segno al posto del più conosciuto 'Chi-Rho' descritto da Eusebio che a sua volta porta un'altra versione, anzi due.
La prima, contenuta nella Storia ecclesiastica, afferma che il Dio cristiano aiutò Costantino, ma senza alcuna visione. Nella Vita di Costantino, Eusebio descrive una visione, narratagli dallo stesso imperatore.
Dunque Costantino mentre marciava col suo esercito scorse verso il sole, una croce di luce e sotto di essa la frase greca "Εν Τουτω Νικα" (Con questo vinci), reso in latino come In hoc signo vinces, "Con questo segno vincerai".
Costantino, incerto sul significato della visione sognò quella notte che Cristo gli avesse detto di usare il segno della croce contro i suoi nemici.
Dunque la comparsa in cielo di questa scritta accanto a una croce sarebbe uno dei segni prodigiosi che avrebbero preceduto la battaglia di Ponte Milvio. Infatti, sull'iscrizione sull'Arco di Costantino, si narra la vittoria fu ottenuta "instinctu divinitatis mentis magnitudine", cioè "per ispirazione divina (e) grandezza intellettuale (di Costantino)". Sull'arco, però, non compare il nome della divinità in causa e non c'è alcuna rappresentazione del chi-rho.
L'episodio è raccontato soltanto nella Vita di Costantino, un'opera del vescovo Eusebio di Cesarea, stretto collaboratore di Costantino dal 325, asserendo che l'imperatore stesso glielo aveva riferito sotto giuramento. Ora che Costantino il Grande, uomo di scrupolo quasi nullo, che per farsi credere da un suo sottoposto, effettui un sacro giuramento lascia un po' perplessi.
Dunque la comparsa in cielo di questa scritta accanto a una croce sarebbe uno dei segni prodigiosi che avrebbero preceduto la battaglia di Ponte Milvio. Infatti, sull'iscrizione sull'Arco di Costantino, si narra la vittoria fu ottenuta "instinctu divinitatis mentis magnitudine", cioè "per ispirazione divina (e) grandezza intellettuale (di Costantino)". Sull'arco, però, non compare il nome della divinità in causa e non c'è alcuna rappresentazione del chi-rho.
L'episodio è raccontato soltanto nella Vita di Costantino, un'opera del vescovo Eusebio di Cesarea, stretto collaboratore di Costantino dal 325, asserendo che l'imperatore stesso glielo aveva riferito sotto giuramento. Ora che Costantino il Grande, uomo di scrupolo quasi nullo, che per farsi credere da un suo sottoposto, effettui un sacro giuramento lascia un po' perplessi.
Secondo il racconto di Eusebio, scritto subito dopo la morte dell'imperatore (quindi poteva inventarsi ciò che voleva), Costantino si orientò verso il monoteismo quando ancora si accingeva a venire a Roma per combattere contro Massenzio, però con una certa propensione verso il Dio Sol Invictus.
In realtà Costantino alla religione ci pensò seriamente dopo aver acquisito i pieni poteri. Per ora era fervente seguace del Dio Mitra, ovvero il Sol Invictus che festeggiò fino alla fine dei suoi giorni.
Sempre secondo Eusebio, nei giorni successivi Costantino avrebbe chiamato dei sacerdoti cristiani per essere istruito sul cristianesimo, religione il cui contenuto non gli era ancora noto.
IL CHI-RHO
IL CHI-RHO
Il monogramma di Cristo o Chi Rho (o CHRISMON) è una combinazione di lettere dell'alfabeto greco, che formano una abbreviazione del nome di Cristo. Esso è un simbolo del sole, a cui Costantino fu sempre devoto, spesso iscritto in un cerchio con più raggi che rammenta la ruota cosmica derivante degli emblemi solari d'Egitto, ma tradizionalmente usato come simbolo cristiano.
Poiché Eusebio non specifica il luogo in cui sarebbe avvenuto il fenomeno miracoloso, sono sorte varie leggende che lo hanno collocato in diverse parti d'Italia. Una di queste sarebbe al disopra del Monte Musinè, e nel 1901, sulla cima del monte venne eretta una gigantesca croce con la scritta:
«IN HOC SIGNO VINCES - A PERPETUO RICORDO DELLA VITTORIA DEL CRISTIANESIMO CONTRO IL PAGANESIMO RIPORTATA IN VIRTÙ DELLA CROCE NELLA VALLE SOTTOSTANTE IN PRINCIPIO DEL SECOLO IV SUA MAESTÀ IL RE VITTORIO EMANUELE III MARCH. MEDICI SEN. DEL REGNO CONT. CARLO E CONT. GIULIA CAYS DI CASELETTE
L'INTERPRETAZIONE PAGANA
Poiché Eusebio non specifica il luogo in cui sarebbe avvenuto il fenomeno miracoloso, sono sorte varie leggende che lo hanno collocato in diverse parti d'Italia. Una di queste sarebbe al disopra del Monte Musinè, e nel 1901, sulla cima del monte venne eretta una gigantesca croce con la scritta:
«IN HOC SIGNO VINCES - A PERPETUO RICORDO DELLA VITTORIA DEL CRISTIANESIMO CONTRO IL PAGANESIMO RIPORTATA IN VIRTÙ DELLA CROCE NELLA VALLE SOTTOSTANTE IN PRINCIPIO DEL SECOLO IV SUA MAESTÀ IL RE VITTORIO EMANUELE III MARCH. MEDICI SEN. DEL REGNO CONT. CARLO E CONT. GIULIA CAYS DI CASELETTE
PONTE MILVIO |
L'INTERPRETAZIONE PAGANA
Costantino avrebbe avuto una visione mentre visitava il tempio di Apollo-Grannus a Grand, sulla via da Treviri a Lione, dove avrebbe visto tre "X" o tre corone d'alloro, promessa di un trentennio di vittorie: "Vidisti enim, credo, Constantine, Apollinem tuum comitante Victoria coronas tibi laureas afferentem quae tricenum singulae ferunt omen annorum".
Qui è Apollo che promette la vittoria e nel 309 Costantino aveva fatto coniare effettivamente delle monete costantiniane dedicate al sole invitto. La precisione dell'enunciato (il regno di Costantino, mai sconfitto in battaglia, durò poco più di trent'anni) induce a sospettare che si tratti di una profezia postuma o almeno dell'ultimo periodo.
Alcuni hanno cercato di conciliare Eusebio e Lattanzio, dando origine alla versione tradizionale, più rappresentata nell'iconografia, che colloca la visione celeste nel giorno precedente la battaglia. Altri hanno ipotizzato che la Vita di Costantino non sia opera di Eusebio o comunque sia stata interpolata dalla tradizione ecclesiastica.
Secondo gli studiosi la leggenda del sogno di Costantino derivava dal fatto che in quel periodo nell'esercito romano era particolarmente devoto al dio orientale del sole Mitra. che compare spesso nei castra militari e pure nelle terme di Caracalla, identificato con il Sol Invictus che i militari dipingevano sullo scudo con una croce sovrapposta ad una X, con al centro un cerchio), simile al chi-rho.
Alcuni hanno cercato di conciliare Eusebio e Lattanzio, dando origine alla versione tradizionale, più rappresentata nell'iconografia, che colloca la visione celeste nel giorno precedente la battaglia. Altri hanno ipotizzato che la Vita di Costantino non sia opera di Eusebio o comunque sia stata interpolata dalla tradizione ecclesiastica.
Secondo gli studiosi la leggenda del sogno di Costantino derivava dal fatto che in quel periodo nell'esercito romano era particolarmente devoto al dio orientale del sole Mitra. che compare spesso nei castra militari e pure nelle terme di Caracalla, identificato con il Sol Invictus che i militari dipingevano sullo scudo con una croce sovrapposta ad una X, con al centro un cerchio), simile al chi-rho.
Pertanto la leggenda della visione di Costantino sarebbe la trasformazione di una leggenda pagana, che attribuiva non a Gesù bensì al Sole Invitto, l'apparizione nel luogo più logico, il cielo, assicurando la vittoria a Costantino e chiedendogli che fosse fatto quanto i soldati spontaneamente già facevano, ovvero dipingere il proprio simbolo sugli scudi.
Non a caso Eusebio di Cesarea specifica che il simbolo apparve a Costantino sovrimpresso al sole. Dopo la morte di Costantino, la cui conversione al Cristianesimo non è assolutamente provata, ma la leggenda sarebbe stata definitivamente cristianizzata.
BIBLIO
- Lattanzio - De mortibus persecutorum - XLIV -
- Eusebio di Cesarea - Storia ecclesiastica IX e Vita di Costantino -
- Eberhard Horst - Costantino il Grande - Milano - 1987 -
- Carlo Carena, Arnaldo Marcone - Costantino il Grande - La Terza - 2013 -
- Carlo Carena, Arnaldo Marcone - Costantino il Grande - La Terza - 2013 -
- Timothy Barnes - Constantine and Eusebius - Cambridge - MA Harvard University Press - 1981 -
- Eberhard Horst - Costantino il Grande - Milano - 1987 -
- Andrè Piganol - L'Empereur Constantin - 1932 -- Eberhard Horst - Costantino il Grande - Milano - 1987 -
0 comment:
Posta un commento