GIUNONE E GIOVE |
DEA GIUNONE
La festa, detta Matronalia, veniva celebrata in onore della Dea Iuno Lucina, antica Dea Giunone, divinità del matrimonio e del parto, spesso rappresentata nell'atto di allattare, la quale assunse, in seguito, le funzioni di protettrice dello Stato. La festa si celebrava il I marzo, nelle kalende Martiis, calende di Marte, divinità di cui Giunone era madre e che ebbe come unico figlio. Ma era detta anche "Femineae Kalende", calende della femmina, in quanto dedicata alle donne.
Nella festa si celebra la dedica dell'antico tempio, avvenuta il I marzo del 375 a.c. quando venne dedicato il tempio sull'Esquilino di Iuno Lucina: Giunone che presiede ai parti.
"Portate fiori alla dea; questa dea ama le piante in fiore;
fate corone di fiori da mettere intorno alla testa.
Dite: 'O Lucina, tu ci hai dato la luce'.
Dite 'Tu sii propizia al desiderio delle partorienti'.
"Ferte deae flores; gaudet florentibus herbis
haec dea; de tenero cingite flores caput.
Dicite: "Tu nobis lucem, Lucina dedisti";
Dicite: "Tu uoto partorientibus ades".
haec dea; de tenero cingite flores caput.
Dicite: "Tu nobis lucem, Lucina dedisti";
Dicite: "Tu uoto partorientibus ades".
(Ovidius, Fasti, I, 253-256)
Si trattava della festa delle matrone romane, festa antichissima che risaliva ai tempi di Romolo e Tito Tazio, quando le donne sabine incitate da Ersilia, moglie di Romolo figlio di Marte, si erano frapposte tra i mariti e i padri che stavano per affrontarsi in battaglia a causa del famoso "Ratto delle Sabine" urlando grida di guerra insieme a pianti e suppliche.
LA MATRONA
Durante la festa le donne offrivano banchetti e doni ai loro schiavi, attuando un rovesciamento delle parti simile a quello dei Saturnali decembrini. La festa era all'inizio riservata alle donne che avevano contribuito alla cessazione della guerra, ma in seguito passò alle donne romane sposate, libere e non divorziate dei tempi a seguire.
LA MATRONA
MATRONA ROMANA |
Durante la repubblica romana l'unico suo ruolo era quello di prendersi cura della Domus nell'ambito della "familia", sotto la protezione e la tutela del pater familias, fosse esso il padre oppure il marito. Non le era consentito ricoprire cariche pubbliche o avviare un'attività politica.
La matrona era la "mater familias", dignitosa e rispettabile, responsabile della corretta manutenzione delle casa e della crescita dei figli; esente dal lavoro domestico e agricolo, tranne che per la filatura della lana, una tradizione che i romani facevano derivare dal Ratto delle sabine, quando queste avevano imposto ai romani le loro leggi.
La matrona era la "mater familias", dignitosa e rispettabile, responsabile della corretta manutenzione delle casa e della crescita dei figli; esente dal lavoro domestico e agricolo, tranne che per la filatura della lana, una tradizione che i romani facevano derivare dal Ratto delle sabine, quando queste avevano imposto ai romani le loro leggi.
In quanto madre di famiglia la matrona ha un certo potere all'interno della casa, dirige i servi e gli schiavi e viene chiamata "domina" (padrona).
La festa delle "femineae kalendae", segnava l'inizio dell'antico calendario romano: le donne romane recavano fiori e incenso al tempio di Giunone Lucina sull'Esquilino, la cui costruzione era tradizionalmente fatta risalire al 1º marzo 375 a.c., e facevano dei voti per la gloria dei loro mariti. Dietro questa usanza c'era tutto il carattere bellico e bellicoso dei romani.
Poi la Iuno Lucina, Dea italica protettrice delle nascite (ma pure Dea della crescita e della morte) venne gradualmente assimilata alla Era della mitologia greca, divenendo la moglie di Giove, quindi la più importante divinità femminile che, insieme a Giove e Minerva, formava la cosiddetta Triade Capitolina.
- Plutarco - Vita di Romolo - XXI -
LE MATRONALIA
Le matrone romane avevano dunque una loro festa appositamente celebrata a Roma, durante le calende di marzo, denominata Matronalia che si festeggiavano il 1° marzo fin dai tempi di Romolo e Tito Tazio.
Le matrone romane avevano dunque una loro festa appositamente celebrata a Roma, durante le calende di marzo, denominata Matronalia che si festeggiavano il 1° marzo fin dai tempi di Romolo e Tito Tazio.
Le donne romane recavano fiori e incenso al tempio di Giunone Lucina sull’Esquilino, la cui costruzione era tradizionalmente fatta risalire, festeggiando appunto il primo giorno di marzo del 375 a.c., la "dedicatio" del tempio.
Il culto era riservato unicamente alle donne e vietato assolutamente agli uomini. Nel tempio di Giunone Lucina sull'Esquilino le donne facevano offerte di fiori, di ghirlande, di stoffe pregiate e talvolta di monili di cui ornavano la sacra statua muliebre.
Infatti se il marito attraverso la propria legione, o addirittura a titolo personale, aveva acquisito onori in combattimento la moglie, e pure la madre, lodavano nel tempio il proprio marito e figlio, come sposo, figlio e come soldato, mostrando i doni che questi aveva loro fatto per l'occasione. Il marito, e magari figlio dal suo canto, per invogliare la moglie e la madre alla benevolenza nei suoi confronti, faceva loro lauti doni.
Così nelle case si parlava di chi era stato lodato e chi no, oppure di chi non era presente. Gli assenti erano le donne e le madri dei soldati che avevano perduto una battaglia, o che non avevano combattuto con valore, nel qual caso mogli e madri se ne stavano a casa per la vergogna.
Poi la Iuno Lucina, Dea italica protettrice delle nascite (ma pure Dea della crescita e della morte) venne gradualmente assimilata alla Era della mitologia greca, divenendo la moglie di Giove, quindi la più importante divinità femminile che, insieme a Giove e Minerva, formava la cosiddetta Triade Capitolina.
Figlia, come Giove, di Saturno e Opi, corrispondenti nella mitologia greca a Crono e Rea. Giunone era anche la protettrice degli animali, festività molto sentita nelle campagne tra i pastori, e in particolare le era sacro il pavone.
Il collegamento col culto di Giunone Lucina, protettrice delle nascite, trasformò la festività nella celebrazione delle nascite, ma l'esaltazione degli uomini guerrieri si mantenne sempre, perchè i romani erano anzitutto i figli di Marte, Dio della guerra, e pertanto guerrieri.
"Tu, che sai blanda schiudere i maturi
parti, le madri tu proteggi, Ilizia,
o che Lucina esser nomata voglia
o Genitale.
Cresci la prole, prospera i decreti
dei Padri, o Diva, per le muliebri
nozze, e la legge maritale di nuova
prole feconda... "
parti, le madri tu proteggi, Ilizia,
o che Lucina esser nomata voglia
o Genitale.
Cresci la prole, prospera i decreti
dei Padri, o Diva, per le muliebri
nozze, e la legge maritale di nuova
prole feconda... "
(Ars Poetica - Orazio)
Ma affinchè le donne non fossero solo la tutela della gloria maschile, e considerassero sempre il loro lato materno e affettivo, nella festa si facevano banchetti tra le donne e a favore degli schiavi, che venivano serviti dalle matrone.
TEMPIO DI GIUNONE LUCINA
Il tempio di Giunone Lucina, dedicato sul colle Esquilino alla divinità protettrice delle partorienti, era il luogo presso cui si celebravano le Matronalia. Già prima dell’edificazione del tempio sull’Esquilino il culto di Giunone Lucina era attivo in un bosco sacro (lucus, da cui potrebbe derivare l’epiteto della Dea Lucina). Varrone assegna l’introduzione del culto a Tito Tazio, re dei Sabini.
Nel 190 a.c. il tempio fu colpito da un fulmine, che ne danneggiò timpano e porte, per il quale si fecero riti di espiazione. Nel 41 a.c., il questore Quinto Pedio costruì o ristrutturò un muro che probabilmente recintava sia il tempio sia il bosco sacro. Alcune iscrizioni ne testimoniano l’esistenza anche in età imperiale.
Il tempio di Giunone Lucina, dedicato sul colle Esquilino alla divinità protettrice delle partorienti, era il luogo presso cui si celebravano le Matronalia. Già prima dell’edificazione del tempio sull’Esquilino il culto di Giunone Lucina era attivo in un bosco sacro (lucus, da cui potrebbe derivare l’epiteto della Dea Lucina). Varrone assegna l’introduzione del culto a Tito Tazio, re dei Sabini.
Nel 190 a.c. il tempio fu colpito da un fulmine, che ne danneggiò timpano e porte, per il quale si fecero riti di espiazione. Nel 41 a.c., il questore Quinto Pedio costruì o ristrutturò un muro che probabilmente recintava sia il tempio sia il bosco sacro. Alcune iscrizioni ne testimoniano l’esistenza anche in età imperiale.
Tuttavia del tempio non vi è alcun riscontro archeologico. Dalle fonti si sa che sorgeva sul versante settentrionale dell’Esquilino, all’interno del bosco sacro in cui già per tradizione si esercitava il culto per la Dea. Secondo Plinio il Vecchio si trattava di un antico bosco di loti.
Era opinione di Varrone invece che il tempio sorgesse sul monte Cispio, nei pressi del sesto sacrario degli Argei. Probabilmente doveva collocarsi poco a ovest della Basilica di Santa Prassede e appena a nordovest della Torre Cantarelli, nei cui dintorni sono state rinvenute iscrizioni relative al culto.
BIBLIO
- Rosa María Cid López - El culto de «Juno Lucina» y la fiesta de «Matronalia, -
- Tito Livio - Storia di Roma - VII - Mondadori - Milano -
- Andrea Carandini - La nascita di Roma. Dèi, Lari, eroi e uomini all'alba di una civiltà - Einaudi - Torino - 1997 -
- Raymond Bloch - Tite-Live et les premiers siècles de Rome - 1965 -
- Publio Cornelio Tacito - Annales -
- John F. Donahue - "Towards a Typology of Roman Public Feasting" in Roman Dining - A Special Issue of American Journal of Philology - University Press - 2005 -
- Georges Dumézil - Feste romane - Genova - Il Melangolo - 1989 -
- Georges Dumézil - Feste romane - Genova - Il Melangolo - 1989 -
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