III GUERRA SANNITICA (298-290 a.c.)



SANNITI


La Terza guerra sannitica fu combattuta da Roma contro i Sanniti, i vecchi irriducibili nemici, molto tenaci e valorosi in battaglia, tra il 298 a.c. e il 290 a.c. I Sanniti si giovavano inoltre di un gruppo scelto di guerrieri. Era la Legio Linteata, che Livio descrive come una specie di "legione sacra tebana", candida nelle vesti e nelle armi. Livio scrive pure che le armi della linteata fossero ricoperte d'oro e argento.

Alcuni non lo credono perchè il costo sarebbe stato altissimo, ma non dimentichiamo che pure Cesare fece guarnire le armi dei suoi con oro e argento, pensando che dato l'alto costo i militari non avrebbero facilmente rinunciato alle loro armi.

Dopo una particolare cerimonia sacra, diventava una casta di guerrieri votata al sacrificio estremo pur di difendere il proprio popolo. Questa legione partecipò a tutte le Guerre sannitiche. La Legio Linteata rappresentava un corpo speciale dell’esercito Sannita formato da guerrieri che si erano dimostrati valorosi e capaci in battaglia che formavano una Devotio alle divinità protettrici sannite. Devotio a cui però non furono estranei nemmeno i romani.

Teatro dello scontro furono la Campania, il Sannio, l'Etruria e il Piceno. Le città e le campagne vennero battute e devastate senza pietà. La guerra fu durissima per entrambe le parti.

Nel 298 a.c. i Lucani, dovendo subire continui saccheggi da parte dei Sanniti, pur non amando i romani decisero che tra i due erano peggio i sanniti, per cui inviarono ambasciatori a Roma, per chiederne la protezione.

«Pregavano il senato sia di prendere i Lucani sotto la protezione di Roma, sia di liberarli dalla violenza e dalla prepotenza dei Sanniti. Da parte loro, pur avendo già fornito una prova di sicura lealtà scendendo in campo contro i Sanniti, erano comunque disposti a consegnare degli ostaggi.»

(Tito Livio, Ab urbe condita, libro X, 11.)


In realtà i Lucani si erano continuamente ribellati a Roma che tuttavia accettò l'alleanza con i Lucani, e inviò i feziali dai Sanniti, per chiedere che si ritirassero dalle terre dei Lucani. I feziali non erano ambasciatori ma sacerdoti che intervenivano in caso di dichiarazione di guerra, il che significava che o si accettavano le loro richieste o era guerra... e guerra fu.

- 298 a.c. - Eletto console per l'anno 298 a.c. con Lucio Cornelio Scipione Barbato che ottenne in sorte la campagna contro gli Etruschi, Gneo Fulvio Massimo Centimal ottenne la campagna contro i Sanniti. 

GUERRIERO SANNITA
I Romani presero ai Sanniti Boviano, secondo Livio la più forte tra le città del Sannio per uomini e mezzi, e poco dopo anche Aufidena, cosicchè tornato a Roma, Gneo ottenne il trionfo dal senato..

297 a.c. - il console Quinto Fabio Massimo Rulliano (quello che osò contravvenire agli ordini di Lucio Papirio rischiando la morte ma venendo graziato dal popolo, attraverso il territorio di Sora si avviò nel Sannio, e l'altro console Publio Decio Mure, vi giunse attraverso il territorio dei Sidicini, vicini dei Sanniti e dei Campani, che avevano per capitale Teanum Sidicinum (odierna Teano). 

L'esercito romano condotto da Decio Mure, riuscì a sconfiggere un esercito di Apuli, vicino a Maleventum (poi Benevento in Campania), impedendo che potessero unirsi agli alleati Sanniti. Poi ambedue i consoli si batterono coi sanniti nella battaglia di Tifernum conquistando piena vittoria. Infatti subito dopo saccheggiarono il Sannio, e conquistarono la città di Cimetra (forse odierna Flumeri.

- Nel 296 a.c. - i due consoli eletti Lucio Volumnio Flamma Violente ed Appio Claudio Cieco, combatterono in Etruria, che si era alleata con i Sanniti, sconfiggendo i loro eserciti riuniti, mentre Quinto Fabio e Decio Mure, lasciati nel Sannio con poteri proconsolari, misero a ferro e fuoco la regione, facendo grande bottino, e conquistando le città di Murganzia (Murgantia, in Campania), Romulea (strano nome per una città sannita) e Ferentino (provincia di Frosinone).

- 295 a.c. - La battaglia che decretò la fine della guerra fu però quella di Sentino (in latino Sentinum: nella pianura in prossimità della cittadina di Sassoferrato, oggi in provincia di Ancona),. dove i Romani dovettero affrontare una coalizione di ben 4 popoli: Sanniti, Etruschi, Galli ed Umbri. 

I romani vennero inizialmente sorpresi dai Galli, che si gettarono nella mischia con carri carichi di arcieri che scagliavano frecce. Il fracasso dei carri spaventò i cavalli romani, i quali batterono in ritirata.

LA DEVOTIO

LA DEVOTIO

"Allora il console plebeo Publio Decio Mure, figlio del Decio Mure che aveva combattuto nella Prima guerra Sannitica compì il rito della devotio consacrandosi a Marte ed agli Dei Inferi, scagliandosi contro i carri e perdendo la vita nella mischia.

SANNITI
«Perché ritardo il destino della mia famiglia? È questa la sorte data alla nostra stirpe, di esser vittime espiatorie nei pericoli dello Stato. Ora offrirò con me le legioni nemiche in sacrificio alla Terra e agli dei Mani!». 

Pronunciate queste parole, ordinò al pontefice Marco Livio, al quale aveva ingiunto di non allontanarsi da lui mentre scendevano in campo, di recitargli la formula con cui offrire sé stesso e le legioni nemiche per l'esercito romano dei Quiriti. 

«Oh Giano, Giove, Marte padre, Quirino, Bellona, Lari, Divi Novensili, Dei Indigeti, Dei che avete potestà su noi e i nemici, Dei Mani, vi prego, vi supplico, vi chiedo e mi riprometto la grazia che voi accordiate propizi al popolo romano dei Quiriti potenza e vittoria, e rechiate terrore, spavento e morte ai nemici del popolo romano dei Quiriti. Così come ho espressamente dichiarato, io immolo insieme con me agli Dei Mani e alla Terra, per la Repubblica del popolo romano dei Quiriti, per l'esercito per le legioni, per le milizie ausiliarie del popolo romano dei Quiriti, le legioni e le milizie ausiliarie dei nemici

Si consacrò in voto recitando la stessa preghiera, indossando lo stesso abbigliamento con cui presso il fiume Vesseri si era consacrato il padre Publio Decio durante la guerra contro i Latini, e avendo aggiunto alla formula di rito la propria intenzione di gettare di fronte a sé la paura, la fuga, il massacro, il sangue, il risentimento degli dei celesti e di quelli infernali, e quella di funestare con imprecazioni di morte le insegne, le armi e le difese dei nemici, e aggiungendo ancora che lo stesso luogo avrebbe unito la sua rovina e quella di Galli e Sanniti, lanciate dunque tutte queste maledizioni sulla propria persona e sui nemici, spronò il cavallo là dove vedeva che le schiere dei Galli erano più compatte, e trovò la morte offrendo il proprio corpo alle frecce nemiche.»

(Tito Livio)
 
 
- 295 a.c. - Il gesto eroico e ancor più la morte del console, che indicava l'accettazione del sacrificio da parte degli Dei, rianimò le schiere romane che, certi ormai della protezione divina, riportarono alla fine una completa vittoria.
Sempre in quell'anno Lucio Volumnio Flamma Violente, eletto una seconda volta nel 296 a.c., sempre con Appio Claudio Cieco come collega, e con poteri proconsolari, sconfisse i Sanniti nei pressi di Triferno, e poi, ricongiunto alle forze del proconsole Appio Claudio, sconfisse le armate sannite, fuggite dalla battaglia di Sentino, nei pressi di Caiazia.

- 294 a.c. - L'esercito romano vinse ripetutamente gli Etruschi, costringendoli a chiedere la pace, ma poi fu combattuta una lunga e sanguinosa battaglia davanti alla città di Luceria, durata ben due giorni, alla fine dei quali i romani risultarono vincitori, ma con così tante perdite, che al console Marco Atilio Regolo, tornato a Roma, venne negato il trionfo, e le donne romane si posero a lutto..

- 293 a.c. - i consoli Lucio Papirio Cursore e Spurio Carvilio Massimo condussero i loro eserciti, ambedue partendo dalla media valle del Liri, a circa 30 km di distanza l'uno dall'altro, ma tenendosi in contatto tramite messaggeri. Ciò permetteva lor di accorrere l'uno accanto all'altro in caso di bisogno ma di vincere e saccheggiare un territorio più vasto che se avessero marciato uniti.

Papirio Cursore dalla Campania settentrionale si diresse su Aquilonia (presso Avellino in Campania) mentre Spurio Carvilio Massimo si diresse su Cominium (non ben individuata) Il piano era di attaccare contemporaneamente e duramente, così duramente che costarono oltre 50.000 morti, ma a sera i comandanti romani entravano vittoriosi nelle due fortezze ormai ridotte a rovine.


- 291 a.c. - i consoli Fabio Gurgite e Postumio Megello conquistarono la roccaforte di Venusia (oggi Venosa), in cui subito fu dedotta una grande colonia dove si alloggiarono ben 20000 romani soprattutto ex veterani.

Da Aquilonia, dove aveva combattuto la gloriosa Legio Linteata sannita alcuni superstiti si rifugiarono a Bovianum (Campobasso). Qui, fedeli al giuramento di morire per la patria, si riorganizzarono e condussero una resistenza disperata che durò fino al 290, con l'ultima, durissima campagna condotta dai consoli Manio Curio Dentato (330 a.c. – 270 a.c.) e Publio Cornelio Rufino. 

Non conosciamo le condizioni della resa, ma infine i sanniti si arresero, certamente le condizioni dovettero essere dure, costretti ormai in un territorio molto ridimenzionato e stretto da ogni parte da colonie romane, anche se, in base alle condizioni abbastanza clementi dei romani, dovettero conservare una certa indipendenza e la libertà di erigersi in lega di popolazioni.

Ormai il centro sud era sotto influenza romana, ora le forti popolazioni italiche dovevano fornire a Roma contingenti di truppe e aiuti economici per finanziare le campagne militari. Roma già guardava lontano per le nuove conquiste.


BIBLIO

- Adriano La Regina - I Sanniti, in "Italia omnium terrarum parens" - Milano - Scheiwiller - 1989 -
- Tito Livio - Ab Urbe condita libri - IX -
- Eutropio - Breviarium historiae romanae -
- Tacito - Annales - IV - Frediani, Prossomariti - Nony - 1988 -
- Strabone -  Della Geografia - trad. Francesco Ambrosoli - Milano - 1832 -
- Plinio il Vecchio - Storia Naturale - XVI - Einaudi - 1982 -
- Edward T. Salmon - Il Sannio e i Sanniti - Torino - Einaudi - 1995 -
- Sopraintendenza archeologica di Roma - L'Italia dei Sanniti - Milano - Electa - 2000 -


1 comment:

Anonymous said...

Romulea.Nel testo il nome è ritenuto strano. Il fatto è che era situata sotto il monte Romolo, oggi Toppa del Formicoso in agro di Bisaccia AV.



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