SEPOLCRETO DI VIA STATILIA



VIA CAELIMONTANA

L'attuale via Statilia, in prossimità dell'incrocio con la via di S. Croce, corrispondeva all'antica via Caelimontana, una direttrice viaria che percorreva tutta la dorsale del Colle Celio in senso nord-ovest sud-est, lasciando la città presso la porta Caelimontana relativa alle mura più antiche, le Mura Serviane, dove oggi si conserva ancora l'Arco di Dolabella e Silano.

(INGRANDIBILE)
Da qui la Caelimontana si dirigeva verso Porta Maggiore, nel circuito delle mura Aureliane, con un percorso ricalcato oggi dalla Via di Santo Stefano Rotondo e dalla via Statilia. Lungo la strada si allineavano monumenti funerari come il nucleo di sepolcri in muratura messi in luce agli inizi del XX secolo in via Statilia del I secolo a.c. all'incrocio con Via Santa Croce in Gerusalemme.

Lungo il tratto finale della strada, prima di Porta Maggiore, si conservano le arcate pertinenti all’Acquedotto Neroniano, una diramazione dell’Aqua Claudia di Nerone che doveva servire lo stagno nella valle del Colosseo e il ninfeo della Domus Aurea sul Celio.

Su questa strada erano situati numerosi sepolcreti, tra cui un complesso di quattro sepolcri allineati scoperto all'inizio del secolo, sul lato destro della strada in direzione di Porta Maggiore, all'interno di un'area recintata.



I SEPOLCRI DI VIA STATILIA

Via Statilia ricorda l'antica "gens" romana che in questa zona ebbe molti possedimenti nella zona Est dell’Esquilino. Così il percorso della via, almeno nella parte compresa tra piazza di Porta Maggiore e l'incrocio con via di S.Croce in Gerusalemme, venne intitolata a questa gens romana.

Alcuni suoi membri erano seguaci di una setta neopitagorica dedita ai culti misterici per la cui celebrazione avevano anche costruito una basilica ipogea, ritrovata nel 1917 al di sotto di Porta Maggiore.

Ricalcando il percorso dell'antica "via Caelimontana", da qui la via Statilia si dirige verso la "Porta Caelimontana" dalla quale iniziava, piegava a sud attraversando il terreno dell'attuale Villa Wolkonsky.

GLI INTERNI
Proprio sul percorso di questa antica via, più esattamente all'incrocio tra via Statilia e via di S.Croce in Gerusalemme, nel 1916 fu rinvenuto, in occasione dell'allargamento della sede stradale, un gruppo di sepolcri repubblicani, oggi racchiusi in un recinto e coperti da una tettoia moderna.

Per alcuni archeologi si tratterebbe della tomba di Tito Statilio Tauro, luogotenente di Augusto e console nell’11 d.c.; per lo storico francese Jérôme Ernest Joseph Carcopino, il monumento apparteneva invece ad un omonimo membro della gens Statilia, il quale, citato in giudizio da Agrippina, madre di Nerone, con l’accusa di superstizione e pratiche magiche, nel 53 d.c. preferì darsi la morte.

I culti neopitagorici, essendo culti misterici erano segreti e destinati a pochi “eletti” e spesso venivano confusi con riti stregoneschi. All’importante gens apparteneva anche Statilia Messalina, moglie di Nerone.



SEPOLCRO DI PUBLIO QUINTIO

Il primo sepolcro a sinistra, probabilmente il più antico, era del liberto Publio Quinzio (faceva il libraio), della moglie e della concubina, come recita l'iscrizione relativa, del 100 a.c.

Il monumento è costituito da un prospetto in blocchi tufacei, nel quale si apre una piccola porta centrale e rettangolare, rinforzata con un restauro moderno in mattoni e inquadrata da due scudi scolpiti, di forma rotonda, ricavati dagli stessi blocchi della facciata. 

La porta immette in un piccolo vano in parte scavato nella roccia e ricoperta con una volta irregolare in opera cementizia. L'iscrizione ricorda che proprietari ne erano Publius Quinctius, liberto di Tito e libraio, la moglie Quinctia e la concubina Quinctia Agatea e che il sepolcro non sarebbe dovuto passare agli eredi ("Sepulcr(um) heredes ne sequatur"). 

La mancanza del cognome e l'aspetto ancora piuttosto antico del monumento permettono di datarlo intorno al 100 a.c., o poco prima.



SEPOLCRO DEI LIBERTI CLODII, MARCII A ANNII

Il secondo sepolcro, riferibile a sei diversi liberti della famiglia Clodia, Marcia e Annia, e databile all'inizio del 1 secolo a.c., è costituito da due celle, alle quali si accede mediante porticine che si aprono esternamente su un prospetto marcato da un basamento in tufo con i ritratti dei defunti scolpiti.

Il sepolcro viene denominato "Sepolcro Gemino", ossia doppio, in quanto è costituito da due vani, con celle ed ingressi distinti, ma con il prospetto e la parete divisoria in comune. La facciata è decorata con due gruppi di busti raffiguranti 5 defunti, una donna e due uomini a sinistra, due donne a destra, liberti delle famiglie Clodia, Marcia ed Annia.
Il fatto che l'iscrizione si presenti alquanto rimaneggiata, con caratteri in parte erasi e che riporti i nomi di 6 persone, fa ritenere che non sia quella primitiva: a parte il nome di Anneo Quincione, gli altri quattro furono probabilmente aggiunti in un secondo momento. La presenza del cognome fa propendere ad una data successiva rispetto al sepolcro precedente, probabilmente intorno all'inizio del I secolo a.c.



SEPOLCRO A COLOMBARIO

Il terzo sepolcro notevolmente rovinato è del tipo a colombario. Più o meno contemporaneo al primo sepolcro segue infatti un colombario, del quale rimangono però scarse tracce.



SEPOLCRO DEGLI AULI CAESONII E DI TELGENNIA

Il quarto monumento funerario è il più recente di tutti (metà del 1 secolo a.c.) ed ha la forma di un'ara. Era di proprietà di due Auli Caesonii e di una certa Telgennia e presenta anche un ampliamento molto probabilmente successivo. Venne ampliato in un secondo momento in opera reticolata e che l'iscrizione assegna a due "Auli Caesonii", probabilmente due fratelli, e ad una Telgennia.

Il sepolcro ha la forma di un antico altare in blocchi di tufo e peperino. Il graduale innalzamento del terreno seppellì, in seguito, i sepolcri, assicurandone la conservazione nel tempo.

Immediatamente di fronte ai sepolcri è l'ingresso a una piccola area sotteranea in cui è possibile vedere i resti di due antiche condutture d'acqua (già in origine sotterranee), costituite da blocchi di tufo scavati al centro e incastrati l'uno nell'altro.

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