LAVORAZIONE ROMANA DEI METALLI


La lavorazione dei metalli era conosciuta dalla popolazione italica fin dall'Età del bronzo, ma furono anzitutto gli etruschi a impiantare e sfruttare miniere a cominciare dalla Toscana fino alle regioni settentrionali della penisola (Gallia Cisalpina), oltre all'isola d'Elba e la Sardegna.

- L'età del rame fu la I era di lavorazione di un metallo, indicata anche con il termine di eneolitico,
- L'età del bronzo, dal 3500 al 1200 a.c., fu la II era di lavorazione di un metallo, in cui l’uomo imparò a fabbricare le leghe, ottenendo il bronzo. 
- L’età del ferro (1200 a.c.), fu la III era di lavorazione dei metalli e riguarda al primitivo uso del ferro, anche se inizialmente ci furono notevoli difficoltà relative alla sua lavorazione 

Con la conquista dell'Etruria nel 275 a.c. e con le acquisizioni delle guerre puniche, Roma si espanse nella Gallia Transalpina e nella penisola iberica, entrambe ricche di risorse minerarie. In era imperiale, Roma si estese ancor più, utilizzando miniere che andavano dalla Mauretania Tingitana (nord-ovest Africa) fino all'Egitto, dall'Arabia alla parte nord dell'Armenia, dalla Galazia alla Germania, dalla Britannia alla penisola iberica, comprendendo tutte le coste del Mar Mediterraneo. La Britannia, l'Iberia, la Dacia e Norico erano ricche di depositi minerali, e come tali vennero sfruttate.

All'apice dell'Impero romano, i metalli in uso erano: oro, argento, bronzo, stagno, piombo, zinco, ferro, mercurio, arsenico, antimonio. Solo dopo la metà della durata dell'Impero ci fu un grande declino dell'estrazione mineraria che si rifletté su commerci e industrie, contribuendo alla caduta dell'Impero.



LA PRIMA LAVORAZIONE

I primi metalli lavorati furono quelli nativi (oro, argento, platino, rame e ferro), unica fonte di accesso ai metalli per gli uomini preistorici dal momento che l'estrazione dei metalli dai loro minerali, la fusione, venne scoperta intorno al 6000 a.c. Ad ogni modo i metalli nativi si trovano solo in piccole quantità il loro uso fu limitato, tanto è vero che il rame ed il ferro erano ben conosciuti prima dell'età del rame e dell'età del ferro.

ARMATURA ROMANA ORIGINALE
I primi metalli furono trovati soprattutto accanto ai vulcani a seguito delle loro eruzioni e pure nei fiumi. Alcune leghe si trovano allo stato nativo come: ottone, bronzo, peltro, argento tedesco, osmiridio, elettro, oro bianco, argento e mercurio e oro-mercurio dell'amalgama

- Nei giacimenti primari (minerali che si ritrovano nel luogo in cui si sono formati), dove i minerali si trovano nel sottosuolo inglobati nella roccia madre, la ganga viene separata dai minerali mediante frammentazioni alternate a lavaggi con acqua.

- Nei giacimenti secondari (deposti in un luogo e trasportati e accumulati in un altro), generalmente di origine alluvionale, non c'è bisogno della frammentazione, essendo i minerali utili, mischiati a sabbia, ghiaia e pietrisco, già in gran parte separati. La percentuale di minerali utili è però generalmente molto maggiore nei giacimenti primari rispetto ai secondari.

Coll'avanzare della tecnologia si creò rame purissimo, ma la maggior parte del metallo venne costituito in leghe, unioni di metalli differenti create o per fusione ( fatta in opportuni forni fusori, o altiforni colando il metallo fuso negli stampi) o per forgiatura (con pezzi metallici portati ad alta temperatura e lavorati poi con ripetuti colpi di un maglio o una pressa per forgiatura, che danno al pezzo la forma voluta), soprattutto di bronzo, lega di rame e stagno.

Con l'evoluzione della tecnologia metallurgica si ebbero:
- la lavorazione al maglio. Il maglio è un dispositivo meccanico per lavorazioni di fucinatura o stampaggio che deforma un pezzo attraverso una forte una pressione che avviene:
- per caduta della mazza (maglio a semplice effetto);
- per effetto combinato della forza peso e di un sistema idraulico (maglio a doppio effetto)
- per solo sistema idraulico (maglio a contraccolpo, in cui la forza peso della mazza è in equilibrio con la forza peso dell'incudine sottostante)
- fusione (in altiforni o meno),
- arroventamento o torrefazione,
- coppellazione, processo di raffinazione di minerali o leghe metalliche per separare metalli nobili, come oro e argento, da altri metalli presenti nel minerale, come piombo, rame, zinco, arsenico, antimonio o bismuto. Poichè i metalli preziosi, a differenza degli altri, non si ossidano nè reagiscono chimicamente, così, scaldati a temperature elevate, i metalli preziosi si separano e gli altri reagiscono formando scorie o altri composti.
- plasmatura, forgiatura, con cui i nuovi metalli divennero le basi della metallurgia.

MINIERA ROMANA DI DOSSENA

L'ESTRAZIONE DEI METALLI

Il periodo più fiorente per l’industria estrattiva romana va dalla fine della repubblica, al principato e alla prima età imperiale, in quanto i Romani impegnarono notevoli risorse per lo sfruttamento delle miniere e dei minerali, imparando a dosare acqua e fuoco per trovare ed estrarre i metalli più preziosi. 

In età imperiale, anche se alcune miniere sono proprietà dei privati, le miniere passano in gran parte allo stato. Il procurator metallorum controlla interi distretti minerari, concede appalti e riscuote gli introiti destinati al fisco imperiale. 

Sempre in età imperiale si perfeziona la produzione di oro e argento con la tecnica della "liquazione" con cui si separano questi metalli dal rame e da altri composti sfruttando la differente temperatura di fusione. I Romani apportano alla conoscenza degli antichi metallurghi dei contributi d’importanza fondamentale:

- la produzione del mercurio
- le applicazioni del mercurio all’estrazione dell’oro 
- la produzione della lega rame-zinco (ottone)
- i lingotti di piombo di epoca romana mostrano che i Romani riescono a disargentare il piombo meglio dei Greci, portando il residuo di argento dallo 0,2 % allo 0,02 %.

All’inizio dell’età cristiana risalgono i primi trattati alchemici, in cui la produzione dell’oro, dell’argento e delle pietre preziose artificiali deriverebbe da operazioni chimiche segrete a cui solo gli alchimisti possono avere accesso.



I GIACIMENTI

- L'Iberia (Spagna e Portogallo), era la più ricca delle province romane in termini di minerali, fin dal I secolo a.c.. con giacimenti di minerali di oro, argento, bronzo, stagno, piombo, ferro, e mercurio. I Romani realizzarono questo, come è evidente dall'estrazione e elaborazione di minerali su larga scala nella regione. Dalla sua acquisizione durante le guerre puniche alla caduta di Roma, la Penisola iberica continuò a produrre una quantità considerevole di metalli per i Romani.

- Anche la Britannia era molto ricca di metalli:
- L'oro veniva estratto a Dolaucothi, nel Galles,
- il rame e lo stagno nella Cornovaglia,
- il piombo nei Monti Pennini, Mendip Hills e nel Galles.
- l'uso del ferro in Europa venne intensificato dai Romani, e fu parte dello scambio di idee fra culture. Fu l'importanza che i romani attribuirono al ferro che permise il completamento del cambio in quelle culture nell'età del ferro che usavano ancora prevalentemente bronzo al ferro.

- La Dacia, in Transilvania, fu conquistata nel in 107 d.c. per le sue ricche risorse. La quantità di oro che entrò nelle casse romane fu talmente elevato che ne fece scendere il valore. Ma vi era pure molto ferro, e molti schiavi addetti alla sua estrazione. Dopo due secoli dalla conquista della Dacia, i romani si ritirarono, e, la popolazione, ormai romanizzata, proseguì l'estrazione.



L'ACCIAIO ROMANO

ACCIAIO NORICO
"durior... ferro quod noricus excoquit ignis" - "Più duro del ferro temperato dal fuoco norico"
(Ovidio)

- Il Norico, provincia romana dell'attuale Austria, era talmente ricca di oro e minerali ferrosi, che Plinio, Strabone, e Ovidio ne lodarono i ricchi depositi. Il principale prodotto ricavato era il ferro, ma anche l'oro dei depositi alluvionali. Questa provincia era stata assimilata nell'Impero romano dopo una lunga serie di duraturi trattati di pace, che iniziarono nel 181 a.c. con la colonizzazione romana di Aquileia, grande centro di scambio fra le due nazioni. Dal 15 a.c., il Norico divenne ufficialmente una provincia dell'Impero, e il commercio di metalli prosperò ben oltre il V secolo d.c.

Alcuni studiosi reputano che l'arte della forgiatura del ferro possa non essere stata creata dai romani, ma dalle popolazioni del Norico da cui, delle tre forme del ferro (ferro battuto, acciaio, e morbido), venne esportato maggiormente il ferro battuto (contenente una piccola percentuale uniformemente distribuita di scorie) e l'acciaio (carbonato di ferro), anche perchè il ferro puro era troppo malleabile per l'uso.

L'acciaio non solo non si arrugginiva come il ferro, ma era più duro e resistente, per cui la sua lama pesava meno ed era più resistente e più tagliente, ottimo per i soldati. L'acciaio norico, o "chalybs noricus" era ferro trasformato in acciaio, quindi ad alto contenuto di carbonio prodotto nell'antica regione norica e famoso in tutto l'Impero romano, dove era impiegato per la produzione di armi, prodotto soprattutto a Magdalensberg.

Il minerale ferroso era estratto dalle montagne Erzberg, "montagne minerarie", una a Hüttenberg, in Carinzia, l'altra a Eisenerz, in Stiria. Una spada ritrovata a Krenovica, in Moravia, risalente circa al 300 a.c., è riconosciuta come un esempio primitivo di acciaio norico. Una spada più recente, del 100 a.c. e rinvenuta a Zemplín, nella Slovacchia orientale, lunga 0,95m, con l'incisione latina (?V?TILICI?O) è stata interpretata come una "bella spada in acciaio norico".



IL RAME

"Senza l’operosa mano dell’uomo, non si caverebbero dai fianchi delle montagne le pietre necessarie ai nostri bisogni, e non si estrarrebbero dalle viscere della terra il ferro, il rame, l’oro, l’argento, tesoro sepolto nel profondo " 
(Cicerone - De officiis, II, 13)

MINERALE DI RAME
Il rame, ovvero una sua lega dette il nome ad uno dei periodi della storia umana: l’età del bronzo. A parte quello nativo rinvenuto in genere nella base dei vulcani, il rame veniva estratto nelle miniere e la tecnica adottata dai Romani per aprire crepe nelle rocce più dure era quella di accendere fuochi contro la parete della roccia e poi raffreddarla con getti d’acqua, così da provocare contrazioni e quindi fratture. 

Ma in alcune miniere sono stati rinvenuti cunei in legno, che, piantati nella parete e bagnati, si dilatavano così da spaccare la roccia. Altra tecnica era quella dello scarico a cascata, per portare via il terreno di copertura e mettere a nudo il giacimento di minerale.

Come è emerso dalle miniere spagnole, i Romani costruivano numerose gallerie, con fori di comunicazione intermedi onde favorire la ventilazione; ma per questo utilizzavano pure fuochi accesi alla base di un pozzo per aumentare il tiraggio.

Grandi quantità di rame venivano estratte dall’isola di Cipro, Cyprum, dal cui nome derivò aes cuprum, la moneta in rame e da cui il simbolo Cu ancora oggi. Le più importanti manifatture del rame si trovavano a Capua, in rame si eseguivano anelli e gioielli in genere, ma pure pentole e padelle, che avevano il pregio di cuocere rapidamente i cibi essendo il rame ottimo conduttore di calore.



LO STAGNO

MINERALE DI STAGNO
Notevoli quantità di stagno venivano estratte dai romani in ‎Iberia, in Britannia e in ‎Persia. Presso Siena, fino alla foce dell'Ombrone, ma soprattutto dalle colline del Campigliese, i romani estrassero lo stagno necessario per creare la lega del bronzo, usatissimo per le statue, per i gioielli, per soprammobili, fibbie, ma pure per la tessitura e la fissatura dei colori. 

Talvolta il bronzo veniva dorato ma con l'uso la doratura si deteriorava per cui andava ripetuta. Tuttavia un gioiello di bronzo dorato era identico ad un gioiello in oro. Lo stagno era disponibile in tale quantità che i romani ne divennero notevoli esportatori.



LO ZINCO  

Lo zinco, importante soprattutto per la sua lega con il rame, l'ottone, dal piacevole aspetto per il colore dorato e la tipica lucentezza, era impiegato dai Romani anche per il conio di alcune monete e la realizzazione di insegne militari.

MINERALE DI ZINCO
Non potè avere molti impieghi come il bronzo essendo molto meno malleabile di questo, purtuttavia imitava egregiamente l'aspetto dell'oro.

L'ottone era già noto in area mediterranea almeno sin dal X secolo a.c. pertanto era usato dai romani come dimostrano le tante fibule romane rinvenute di tipo Aucissa. Esso veniva ottenuto da diversi minerali presenti in importanti giacimenti (oggi esauriti) nelle Alpi bergamasche e in Sardegna.
 
Anticamente esso era prodotto con un metodo detto cementazione, con il riscaldamento di rame spezzettato e miscelato a frammenti di minerale di zinco e a carbone di legna entro recipienti chiusi, quindi senza la produzione diretta di zinco metallico.

Gli antichi avevano difficoltà a produrre lo zinco allo stato metallico, a causa del suo basso punto di fusione e di ebollizione: l’eccessiva temperatura dei forni faceva sì che, a mano a mano che si riduceva dal minerale, lo zinco si riossidasse depositandosi sulle pareti dei forni stessi, e solo talvolta nei punti più freddi era possibile raccoglierne piccole quantità allo stato metallico.



IL PIOMBO

Grazie alla sua resistenza alla corrosione e alla sua duttilità, il piombo è stato ampiamente usato dai romani per opere idrauliche, soprattutto per tubi e fistole (Frontino, De Aquaed.; Vitruvio, De Arch., VIII, 7; Plinio, Nat. Hist., XVI, 81; XXXI, 31). Ancora oggi troviamo a Roma tubazioni e strutture di piombo risalenti all'Impero Romano.

MINERALE DI PIOMBO
Inoltre, avendo una temperatura di fusione di soli 327 °c, il piombo venne utilizzato in leghe, come il bronzo, per abbassarne la temperatura di fusione, aumentarne la colabilità ad alte temperature e la malleabilità a freddo. 

l piombo è stato molto usato anche per un tipo particolare di saldatura, la cosiddetta “brasatura dolce”, per congiungere due componenti metalliche attraverso l’infiltrazione, fra le due superfici da saldare, di piombo che ha basso punto di fusione.

Gli archeologi hanno ritrovato una grande varietà di recipienti e vasi di piombo nei quali, in epoca romana, si conservavano profumi ed unguenti preziosi, nonché utensili da cucina, come pentole, posateria, contenitori per bevande. In realtà non si trattava di piombo ma di "peltro", una lega di piombo e antimonio in piccolissime quantità che serviva a indurire il piombo, e pure con una bassa percentuale di argento che gli conferiva un colore più chiaro.

Tra l'altro alcuni composti del piombo servivano per tingere di nero i capelli degli antichi romani o per incipriare il viso delle donne. Da notare però che il famoso "saturnismo" di cui sarebbero stati affetti i romani a causa delle tubature di piombo è stato sfatato dalle moderne ricerche scientifiche. La percentuale di piombo che poteva sciogliersi nell'acqua era troppo bassa per procurare danni. 



IL MERCURIO

I Romani, che lo chiamavano hydrargyrum (argento liquido), hanno mantenuto attiva per lungo tempo una miniera di minerali di mercurio in Spagna, operata da prigionieri e schiavi, allo scopo ottenere i colori utilizzati per decorare diverse ville tra cui alcune residenze di Pompei.
MINERALE DI MERCURIO
Ma esistevano miniere anche in Armani (satrapia Araucanian) e in Etiopia.

I Romani erano ben consapevoli dei rischi dell’esposizione al mercurio e dei sintomi dell’avvelenamento, tanto che alcuni condannati a morte venivano inviati a lavorare nelle miniere di mercurio come pena per i loro crimini.

I greci, come i romani, lo usavano negli unguenti e come cosmetico, specie nei rossetti, che contenevano perciò una percentuale, seppur bassa, di veleno. Velenosissimi invece sono i suoi sali. All'apice dell'Impero romano, i metalli in uso comprendevano: oro, argento, bronzo, stagno, piombo, zinco, ferro, mercurio, arsenico, antimonio.



MINERALE DI ANTIMONIO
L'ANTIMONIO

L'antimonio, un semimetallo, è un elemento noto e usato nei suoi composti sin dall'antichità, risalente nel suo uso addirittura al 3000 a.c. come testimoniato da vari reperti. Il solfuro di antimonio, chiamato "stibnite", veniva usata sia come medicamento sia per truccare gli occhi. Plinio il vecchio lo chiamava stibium. E' tossico più o meno quanto l'arsenico.



L'ARSENICO

E' un semimetallo che si presenta in tre aspetti: giallo, nero e grigio. In natura si trova puro ma più spesso è associato a argento, cobalto, nichel, ferro, antimonio o zolfo. Fin dall'Età del Bronzo e quindi pure in epoca romana venne spesso unito al rame per creare una lega con caratteristiche simili al bronzo.

RECIPIENTE ROMANO IN ARGENTO

L'ARGENTO 
Vedi: ARGENTO ROMANO



L'ORO

" I Romani si contentarono nei principi d'un solo anello ma li moltiplicarono sino a portarne non solo a ciascun dito ma ancora a ciascheduna giuntura di ogni dito. Facevano in questo genere spese eccessive ed avevano portato il lusso e la delicatezza sopra di ciò sino ad avere degli anelli da inverno e degli anelli da estate e questo è ciò che chiamavasi in Roma "aurum semestre semestres annuli". 

Ne primi tempi della repubblica romana i senatori stessi non avevano diritto di portare l'anello d'oro se non quando erano stati ambasciatori presso qualche popolo straniero e nemmeno era loro permesso di farne uso che nei giorni di assemblee e di cerimonie. 

Da poi questo diritto si estese indifferentemente a tutti i senatori che lo portavano abitualmente per tutto e in ogni occasione. Finalmente l'anello d'oro divenne il contrassegno di distinzione de cavalieri di sorta che questa formula si comune presso i Romani "aureo annulo donari" cioè ricevere l'anello d'oro era come l'atto che verificava il ricevimento d un cittadino nell'ordine de cavalieri.
Dopo la rovina della repubblica tutto fu confuso e l'uso dell'anello d'oro fu accordato anche ai Liberti. Un altra sorte di anelli era di quelli de quali si faceva uso non solo per sigillare le lettere, i contratti, e i diplomi ma ancora i forzieri, gli armadi, le anfore ecc. I Romani li nominavano "annuli signatorii sigillaritii cirographi" o "cerographi".

(G.J. MONCHABLON Professore nella Università di Parigi)

Nell'Antico Egitto e nella Roma imperiale, che ormai governava l'Egitto, l'oro veniva estratto con picconi di pietra o di bronzo, e da schiavi di stato, in quanto le miniere o i giacimenti erano monopolio statale a meno che non appartenessero a appartenere a corporazioni di sacerdoti. Lo Stato romano giunse ad affittare a privati appezzamenti sul fiume Po, dove si trovava oro alluvionale, ma le quantità erano piuttosto scarse. 

Roma ricavava l'oro dalle miniere spagnole. In Italia, in Val d'Aosta, ci fu la miniera d'oro di Vittimuli, nel vercellese, ma i gestori, secondo una legge censoria, non potevano usare più di 5000 operai. Si scontrarono con lo Stato romano, perché volevano impadronirsi totalmente degli scavi, sicché in 40.000 furono assoggettati dagli eserciti di Terenzio Varrone, che poi li mise in vendita.

Quando poi si trovò oro nella Transpadana, il governo romano disattivò le miniere in virtù di un antico decreto del senato inteso a risparmiare tutte le miniere d'Italia, sfruttando quelle straniere, per non inflazionare l'oro. Infatti al tempo di Polibio (II sec. a.c.) presso Aquileia l'oro era così abbondante che in due mesi il metallo perse un buon terzo del suo valore in tutta la penisola italiana. 

L'oro si estraeva:
- col lavaggio della sabbia (zone aurifere superficiali);
- scavando dei pozzi (zone incassate nella roccia); con la frantumazione di costoni montuosi (zone morenico-rocciose): metodo pericoloso, sia perché il fumo e il vapore soffocava gli operai, sia perché spesso si verificavano frane.

Qui infatti venivano mandati i ribelli, i detenuti, i condannati ai lavori forzati, i cristiani o le eccedenze di manodopera rispetto ai lavori agricoli, artigianali, domestici. Plinio il Vecchio racconta che chi lavorava nelle miniere spagnole non vedeva la luce del sole per mesi interi.

La coniazione della moneta chiamata "aureo", inizia con Cesare, nel 49 a.c.. Precedentemente l'oro si usava solo come ornamento, sia femminile che maschile. Veniva anche utilizzato per decorare le armi e gli equipaggiamenti militari, i finimenti dei cavalli, i copricapi, le vesti trionfali, ma anche le toghe normali che venivano bordate in oro. In più se ne forgiavano corone e statue celebrative. 

Ma con l'oro i romani tramavano anche i tessuti delle vesti, e i nastri peri capelli o per i cappelli, gli scialli e i tappeti. Inoltre ci decoravano il vasellame ma ce n'era anche eseguito interamente in oro. Inoltre ci decoravano i mobili, le casseforti, le colonne, le pareti interne e pure i soffitti a stucco. Sotto Tiberio il vasellame d'oro massiccio da tavola venne vietato a tutti tranne che all'imperatore, ma con Aureliano (III sec. d.c.) se ne restituì l'uso ai ricchi, quand'anche fossero liberti.


LE LAVORAZIONI

Molte tecniche li estrazione e lavorazione i romani dovettero apprenderle dagli etruschi per poi perfezionarle e ampliarle. La prima lavorazione del metallo fu quella al maglio, dove il rame veniva battuto in lamine sottili. L'arricchimento dei minerali, veniva eseguito sul minerale (se si avevano un numero sufficiente di frammenti di metallo separati dal minerale) o dopo la fusione, quando aggregazioni di metallo formatisi dal minerale fuso potevano essere raccolte dalle scorie raffreddate. Fondere metalli arricchiti consentì l'uso di calchi e stampi, per creare modelli di metallo fuso. 

Le tecniche furono:

- La purificazione per fusione, cioè usando calore per separare le scorie dal metallo,
- la fusione in altiforni, in ambiente riscaldato con poco ossigeno, per separare gli ossidi di metallo in metallo e biossido di carbonio (anidride carbonica),
- l'arroventamento o torrefazione, in ambiente ricco di ossigeno per isolare ossido di zolfo da ossido di metallo che poi possono essere fusi in altiforni,
- l'uso di stampi, versando metallo liquido in uno stampo per creare un oggetto,
- la lavorazione al maglio, usando la forza per creare lamine sottili che potevano essere ricotte o formate, 
- la coppellazione, cioè la separazione di diverse leghe per isolare uno specifico metallo. 

FIBULA ROMANA

L'ORO

I Romani, accortisi che a volte l'oro nativo poteva contenere piccole quantità d'argento e rame, utilizzarono un sofisticato sistema per separare questi preziosi metalli. L'uso della coppellazione, un processo sviluppato prima dell'ascesa di Roma, consentiva l'estrazione del rame dall'oro e dall'argento, o una lega chiamata electrum. 

Per poter separare l'oro e l'argento, però, i Romani dovettero granulare la lega, versando il metallo liquido fuso in acqua fredda, e quindi messi i granuli in un altoforno con sale, separando l'oro dal chimicamente alterato cloruro d'argento. Usarono un medesimo procedimento per estrarre argento dal piombo.

Non variarono molto invece i diversi tipi di fornace, che dovevano avere come fonte di ossigeno i mantici, e per limitare l'ossigeno un coperchio o una cappa, come combustibile il carbone di legna e dove era possibile la torba.

Come narra Plinio nella sua Naturalis historia (75 d.c.), i romani frantumavano i minerali grezzi usando un maglio a contraccolpo. Le miniere d'oro romane si svilupparono dopo circa il 75 d.c. Questi metodi sopravvissero fino al periodo medioevale, come descritto e illustrato da Georg Agricola (1494 – 1555) nel suo "De Re Metallica".

Usarono inoltre il mulino ad acqua inverso per il drenaggio delle miniere, con le parti prefabbricate e numerate per facilità di assemblaggio. Molte di queste ruote sono state trovate in Spagna nelle miniere di rame di Rio Tinto, di cui una, seppur incompleta, è conservata nel British Museum di Londra.



LA PRODUZIONE

MACCHINARIO ROMANO PER L'ESTRAZIONE
La tecnica di utilizzare un naturale flusso d'acqua per disintegrare, e poi trasportare i materiali concentrati attraverso un canale, oltre alla pianificazione delle altre operazioni minerarie su larga scala, permise ai romani livelli di produzione mai raggiunti.

Oltre a questo si aggiunse l'uso del carbone nelle fornaci, due volte più efficiente del legno. Quasi tutte le principali miniere di carbone nella Britannia romana furono sfruttate dalla fine del II secolo d.c., e si sviluppo un fiorente commercio lungo le sue coste, che si estese sulle coste continentali Renania, dove il carbone bituminoso era già usato nella fusione in altiforni dei minerali ferrosi.

I romani usarono molti metodi per creare oggetti metallici, soprattutto stampi che venivano fatti creando un modello in legno, cera, o metallo, che veniva poi premuto contro uno stampo d'argilla. Nel caso di un modello fatto di cera o metallo, una volta cotta, la ceramica poteva essere riscaldata e la cera o il metallo fusi fino a colare dallo stampo (sistema della “cera persa“). 

Facendo colare del metallo nell'apertura, si potevano poi creare copie esatte di uno stesso oggetto, per cui nacque il concetto di produzione di massa, cioè di realizzazione di grandi quantità di prodotti standardizzati, proprio nel campo della metallurgia.

Tra questi prodotti:

- le spille chiamate fibulae, indossate sia da uomini che da donne,
- monete,
- lingotti.


BIBLIO

- Plinio il Vecchio - Naturalis Historia -
- Strabone - Geografia -
- Georg Agricola - De Re Metallica -
- David Sim  - Beyond the Bloom: Bloom Refining and Iron Artifact Production in the Roman World Ed. Ridge, Isabel - BAR International Series 725 - Oxford: Archaeopress - 1998 -
- Leslie Aitchison -  A History of Metals. London: Macdonald & Evans - 1960 -
- Justine Bayley - Sarnia Butcher - Roman Brooches in Britain: A Technological and Typological Study based on the Richborough Collection - London - The Society of Antiquaries of London - 2004 -
- O. Davies - Roman Mines in Europe - Oxford University Press - 1935 -

2 commenti:

  1. Interessante.
    Mi interessava sapere se estraevano oro anche nell' Italia peninsulare.

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  2. Salve sono un piccolo chimico ma Io dico faccio una colata di metallo giallo Gold estratto oro puro che nn c'è nessuna traccia di altri metalli significa che strofinò il metallo giallo quando metto acido 24 karati nn rimane nulla nel mio parere e puro privo di altri metalli rimanenti da parte mia e puro risposta grazie mille

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