GUERRIERO SCORDISCIO |
«E ci fu prima un tempo in cui i Galli superavano i Germani in virtù, portando guerre oltre i confini, e mandavano le colonie al di là del Reno a causa dal gran numero di uomini e della povertà dei campi. Pertanto quei territori della Germania che sono i più fertili attorno alla Selva Ercina, che so che era nota per fama ad Eratostene e ad altri Greci che la chiamavano Orcinia, sono stati occupati dai Volci Tectosagi che vi si stabilirono; questo popolo fino a questa epoca si mantiene in queste sedi ed ha una grandissima fama per la giustizia e per il valore militare.
Ora poiché i Germani permangono nella stessa povertà, bisogno, rassegnazione, godono dello stesso tenore di vita, mentre invece ai Galli la vicinanza delle province e la conoscenza delle cose d’oltremare offre larga possibilità di disporre di molte cose per le loro esigenza e per l'abbondanza, abituatisi a poco a poco ad essere superati e dopo essere stati vinti in molte battaglie, essi stessi (i Galli) non si paragonano più con quelli (i Germani) in valore.»
(Giulio Cesare, De bello gallico, VI, 24.)
(Giulio Cesare, De bello gallico, VI, 24.)
I Volci (latino: Volcae o Volsci) erano un popolo celtico originario della valle del Danubio in una zona compresa fra la Franconia e la Boemia, il cui nome venne utilizzato poi dai germani come sinonimo di popolo non-germanico e straniero. Probabilmente si formarono durante l'espansione militare celtica all'inizio del III secolo a.c., proseguendo poi nel II e I secolo, insieme ai Boii a ovest ed i Cotini ad est, caratterizzati da grande abilità nella lavorazione del ferro.
Il momento migliore di questa fioritura fu tra la metà del II secolo e la metà del I secolo a.c. finchè vennero travolti dai Germani dal nord e dei Daci da est. Insieme ai Boii parteciparono alla spedizione celtica nei Balcani, nel 280 a.c.
TOLOMEO SOTERE |
Le spedizioni celtiche in Grecia e nella penisola balcanica furono gli spostamenti di massa di popoli celti, attestati da fonti greche e ritrovamenti archeologici, che tra il IV e i primi del III secolo a.c., penetrarono nella Penisola balcanica, fino al recinto sacro di Apollo a Delfi.
Mentre sul territorio italiano emergeva la potenza di Roma, più vulnerabile era il mondo ellenico, frammentato dalla successione al regno di Alessandro Magno. Le incursioni nella penisola balcanica non rovesciarono a lungo gli equilibri esistenti, a parte i Galati che si stanziarono negli altopiani dell'Anatolia centrale. Nel Mediterraneo invece provocarono la Cultura di La Tène insieme ad elementi del mondo ellenistico e cartaginese. Si diffuse la moneta, e cambiò l'organizzazione amministrativa e urbana.
(Tito Livio - Ab Urbe Condita libri)
ESPANSIONE DANUBIANA
Nel IV secolo a.c. la pressione dei Celti verso i Balcani dovette arrestarsi di fronte ad Alessandro Magno. Anzi nel 335 a.c., nel corso delle sue vittoriose campagne militari, alcuni emissari celti dalla Pannonia o dall'Italia incontrano Alessandro per uno scambio di doni di ospitalità.
Qui si tramanda un aneddoto, riferito dal generale Tolomeo Sotere, e riportato da varie fonti: mentre si intrattenevano bevendo e conversando il sovrano macedone avrebbe chiesto ai suoi interlocutori quale fosse la cosa più temuta dai Celti, e la risposta fu:
«Nulla, se non che il cielo ci cada sulla testa» a cui però aggiunsero che tenevano in conto, più di ogni cosa, l'amicizia di Alessandro. Questi sorrise alla spavalderia della risposta ma, una volta congedati gli ospiti, la definì una millanteria.
I SENONI
I Senoni avevano stipulato, intorno al 332-331 a.c., un trentennale trattato di pace con l'emergente potenza di Roma, pertanto dirottarono verso i balcani, nel 310 a.c. e poi nel 298 a.c., mentre una terza ondata fallì ad opera del re macedone Cassandro sul monte Emo. Ma dopo il 281 a.c., con la morte di Lisimaco (361 - 281 a.c.), diadoco di Tracia, nella battaglia di Curupedio, si ebbe la più massiccia e aggressiva incursione di popoli celtici, ricordata come la Grande spedizione.
Nel 280 a.c., infatti, grandi armate celtiche si spinsero in tre tronconi nella penisola balcanica, fin dentro la Grecia centrale:
- La prima, guidata da Keretrio, sommerse ad est i Triballi e la Tracia.
- La seconda, comandata da Bolgio, invase il Regno di Macedonia e ne catturò il giovane re Tolomeo Cerauno che venne decapitato, ma nel 279 a.c., già fece ritorno nelle pianure pannoniche.
- Una terza armata di ottantacinquemila guerrieri, sotto il comando dei condottieri Akichorio e Brenno, puntò alla Grecia centrale. Ventimila ripiegarono in Tracia ma 65.000 traversarono la Tessaglia e giunsero alle Termopili, da qui alla volta di Delfi, attratti dai tesori del santuario.
ASSEDIO DI DELFI
Brenno dovette ripiegare: una parte dell'armata tornò alle pianure danubiane nella confederazione celto-illirica degli Scordisci mentre gli altri puntarono verso la Tracia. Brenno che era rimasto ferito: giunto ad Eraclea, si suicidò per le grandi sofferenze.
Nel 277 a.c. la retroguardia celtica rimasta in Tracia subì presso Lisimachia, nel Chersoneso Tracico, una pesante sconfitta ad opera del nipote di Alessandro magno. Tornati nel regno tracico di Lisimaco, nell'odierna Bulgaria orientale, e guidati da Comontorio, vi fondarono il regno di Tylis, non ancora individuata archeologicamente ma con evidenti segni indiretti di adozione di armi celtiche dalle popolazioni circostanti.
BIBLIO
- Tito Livio - Ab Urbe condita - XXXVIII -
- Strabone - Geografia - XII - La Galatie -.
- Strabone - Periochae - XXI -
- Venceslas Kruta - Celts: History and Civilization - Londra - Hachette Illustrated - 2005 -
- Marco Tullio Cicerone - Pro Marco Fonteio - 26 -
- John Haywood - London Thames & Hudson Ltd. - 2001 -
Brenno però, giunto presso il tempio di Apollo, ebbe timore di profanarlo, poi i Celti, ancora ebbri del vino bevuto nella notte, si gettarono nella battaglia ma subito dopo, allarmati da terremoti, frane e portentosi tuoni e fulmini, oltre ad un'epidemia, attribuiti alla collera di Apollo, non riuscirono ad espugnare Delfi.
«E verrà un giorno una battaglia, per noi tutti insieme,
quando poi contro l'Ellade la spada barbara leveranno
e imploreranno il dio celtico della guerra
ultimi Titani nella tempesta dell'estremo Occidente
accorreranno come fiocchi di neve, innumerevoli,
come le stelle che affollano le praterie celesti.
[...] Presso il mio tempio si scorgeranno le falangi nemiche
e già accanto ai miei tripodi, le spade e i cinturoni
le armi impudenti, e gli scudi odiosi
che per i Galati, razza delirante,
quando poi contro l'Ellade la spada barbara leveranno
e imploreranno il dio celtico della guerra
ultimi Titani nella tempesta dell'estremo Occidente
accorreranno come fiocchi di neve, innumerevoli,
come le stelle che affollano le praterie celesti.
[...] Presso il mio tempio si scorgeranno le falangi nemiche
e già accanto ai miei tripodi, le spade e i cinturoni
le armi impudenti, e gli scudi odiosi
che per i Galati, razza delirante,
segneranno il cammino di un destino crudele»
(Callimaco, Inno a Delo)
Così, nel 278 a.c., si ricongiunsero le forze della Grande Spedizione, composte da diecimila combattenti (accompagnati da altri diecimila fra donne, bambini e schiavi) e divisi in tre tribù (Trocmi, Tectosagi e Tolistobogii) con alla guida dei generali Leonnorio e Lutario. si ricongiunsero e mossero verso l'Asia Minore, su espresso di Mitridate II e di Nicomede di Bitinia per utilizzarli come mercenari.
REGNO DI TYLLIS
GALATA SUICIDA |
L'insediamento impose pesanti tributi alla vicina Bisanzio, ma pochi decenni dopo, abolito il potere monarchico dell'ultimo regnante, il re Cavaro, il regno fu definitivamente destabilizzato dai Traci, nel 212 a.c. I Galati mossero in Asia Minore, in cerca di un territorio da abitare. A Mileto, rapirono le partecipanti alle Tesmoforie liberandole poi dietro riscatto. Vennero poi fermati da Antioco I nella Battaglia degli elefanti; stabilendosi poi nell'Anatolia centrale.
Le forme di oligarchia militare celtica, ai margini del popolamento urbano, conobbero una sorte analoga a quella descritta da Cesare per la Gallia del I secolo a.c., e cioè un forte indebolimento a causa delle lotte intestine per l'affermazione di ogni capo tribù.
I MERCENARI
- Essi vennero ingaggiati dai Cartaginesi nella I guerra punica e in Sardegna.
- Tremila di loro, al comando di Autarito, vennero coinvolti nella famosa rivolta mercenaria di Cartagine del 241 a.c.,
- Antigono Gonata assolderà nel suo esercito i superstiti della battaglia di Lisimacheia;
- quattromila Celti, intorno al 277-276 a.c. moriranno poi su un'isola del Nilo, dopo esservi stati confinati da Tolomeo Filadelfo che, avutili al suo servizio, voleva impedirne la ribellione.
- Lo stesso Attalo, nel 218 a.c., ne farà rifluire in gran numero dalla Tracia in Asia Minore. Questo nucleo di Celti, gli Aigosagi, saranno da lui insediati presso l'Ellesponto, ma l'anno dopo vennero sconfitti da Prusia di Bitinia.
«Ingaggiati all'ovest come all'est, i mercenari celti versarono il loro sangue su tutti i campi di battaglia del mediterraneo. Accompagnati da mogli e figli che ne moltiplicavano il numero, i militari vivevano a contatto diretto e quotidiano con l'universo delle città mediterranee, interamente nuovo e stupefacente per gente venuta da villaggi del centr'Europa. Alcuni ritornavano in seguito ai loro paesi d'origine con le esperienze e i beni accumulati.»
(Kruta 2004b, p. 51)
CIVITATES GALLICHE
Nel I e nel II secolo a.c. la trasformazione dell'organizzazione amministrativa produce quelle civitates galliche che Cesare descriverà nei Commentari della sua campagna transalpina, un reticolo di fortezze a carattere urbano, poste lungo le vie di comunicazione terrestri e fluviali, chiamate oppida dai romani. Questi nuclei sono quasi sempre fortificati con il murus gallicus, una muratura a secco ben descritta da Cesare nei Commentarii.
In questo schema urbano si riconoscono, lungo le vie maestre, quartieri specializzati, con edifici dedicati alle attività artigianali, alle riunioni e ai culti. Importante è la religione e i sacerdoti druidici. Sappiamo da Cesare che nemmeno l'espressione del potere attraverso magistrature elettive poteva fare a meno del benestare druidico.
I GALATI
Successivamente a questa spedizione, un ramo di Volci Tectosagi, insieme ai Tolistobogi e ai Trocmi, conosciuti insieme come come Galati, si spostarono in Anatolia, in una zona della moderna Turchia centrale, che prese il nome di Galazia e che darà poi il nome all'omonima provincia romana.
I GALATI
Successivamente a questa spedizione, un ramo di Volci Tectosagi, insieme ai Tolistobogi e ai Trocmi, conosciuti insieme come come Galati, si spostarono in Anatolia, in una zona della moderna Turchia centrale, che prese il nome di Galazia e che darà poi il nome all'omonima provincia romana.
Un secondo gruppo si diresse tra il 270 e il 260 a.c. nella Gallia Narbonense ove i Volci Tectosagi si insediarono nella parte a ovest con loro capitale Tolosa, mentre il gruppo dei Volci Arecomici si insediò nella zona del Rodano con capitale Nemausus (Nîmes); il fiume Arauris (Hérault) costituiva il confine tra le due tribù. Vennero sconfitti da Annibale durante il suo passaggio, quando decise di valicare le Alpi e portare la guerra contro i Romani in Italia.
Numerose sono le citazioni suoi Volci da parte degli storici e politici romani; fra questi Giulio Cesare nel De bello Gallico, Cicerone nella sua orazione pronunciata nel ruolo di difensore di Marco Fonteio, e Tito Livio nel Ab Urbe Condita.
BIBLIO
- Tito Livio - Ab Urbe condita - XXXVIII -
- Strabone - Geografia - XII - La Galatie -.
- Strabone - Periochae - XXI -
- Venceslas Kruta - Celts: History and Civilization - Londra - Hachette Illustrated - 2005 -
- Marco Tullio Cicerone - Pro Marco Fonteio - 26 -
- John Haywood - London Thames & Hudson Ltd. - 2001 -
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