I VOLSCI - LA VERGINE CAMILLA |
BATTAGLIA DI CRUSTUMERIA
Siamo nel V secolo a.c., i re romani sono stati cacciati e si è in età repubblicana, quando vengono eletti nel consolato del 492 - 494 a.c. Aulo Verginio Tricosto Celiomontano e Tito Veturio Gemino Cicurino. La situazione a Roma è molto critica, all'interno i plebei si ribellano perchè il senato non accoglie le loro richieste, all'esterno, approfittando proprio di questa debolezza, Equi, Sabini e Volsci in armi fanno scorrerie e razzie nelle campagne romane minacciando di invadere Roma stessa.
Da molto tempo i soldati-cittadini romani combattevano contro le popolazioni italiche confinanti, non solo rischiando la vita, ma trascurando il lavoro artigianale e le terre da coltivare. Così la plebe, non avendo più denaro per comperare le materie prime per le loro attività produttive, erano costrette a indebitarsi con i patrizi. Inoltre per le leggi sul debito, e l'uso del Nexum, che consentivano di ridurre i debitori alla schiavitù, i patrizi determinavano la distruzione dei plebei.
I plebei per protesta si ritirano sul Monte Sacro, tre miglia fuori Roma sulla destra dell'Aniene dove fortificarono un campo. I senatori più giovani, avventandosi verso gli scranni dei consoli, intimano loro di risolvere la leva dei romani con la forza o di rinunciare a quella carica che, per mancanza di temperamento, non riescono a far rispettare, proponendo il senatore Appio Claudio Sabino alla carica di Dittatore.
Ora Appio Claudio è un uomo sprezzante, provocatorio e molto ambizioso, indesiderato dai senatori più anziani per cui, con il consenso dei consoli, eleggono dittatore Manio Valerio Volusio Massimo, figlio di Marco Valerio Volusio Massimo, console nel 505 a.c., e nipote di Publio Valerio Publicola, quattro volte console, già dittatore e vincitore di varie guerre contro i Sabini e i Medulini.
Manio Valerio sceglie come Magister equitum, cioè come suo vice, Quinto Servilio Prisco, poi parla con i plebei e promette loro che la legge sui debiti sarà vagliata e accolta dal senato dopo la battaglia coi nemici, perchè il senato ha promesso, e Manio dice la verità. Il senato promise solo che poi non mantenne.
Ora la plebe non vuole combattere perchè i suoi diritti non vengono riconosciuti, tuttavia la gens dei Valeri è stata sempre equa e generosa: « La plebe, pur rendendosi conto che la nomina di un dittatore avveniva a suo discapito, non temeva tristi sorprese o repressioni da quella famiglia, visto che era stato proprio un fratello del neoeletto a far varare la legge sul diritto d'appello. In seguito un editto del dittatore confermò queste buone disposizioni perché riproduceva a grandi linee quello del console Servilio ».
La plebe, pensando di poter riporre fiducia nell'uomo e nella sua carica, si arruola generosamente. Mai prima di allora c'è un numero così alto di effettivi: vengono formate dieci legioni. Ogni console ne ha tre ai suoi ordini, mentre quattro vanno al dittatore. E' tempo di guerra.
LA GUERRA
La Guerra di Crustumeria non è la battaglia contro i Crustumini, già sconfitti da Romolo nel 752-751 a.c. nella battaglia a seguito al "ratto delle Sabine", per cui Crustumeria venne occupata e nei territori adiacenti vennero inviati coloni romani che andarono a popolare la città, ambita per i suoi terreni fertili. Tuttavia molti crustumini, soprattutto genitori e parenti delle donne rapite, si stabilirono a Roma.Questa guerra è detta di Crustumeria perchè l'ultima battaglia avvenne contro i Sabini nei pressi di questa città, ma venne combattuta da diversi popoli contro Roma, e cioè: i Sabini, gli Equi, i Volsci.
I LATINI CHIEDONO AIUTO
Gli Equi avevano invaso il territorio latino. Ambasciatori latini chiedevano al senato o un invio di rinforzi o l'autorizzazione a prendere le armi per proteggere il proprio paese. Roma giudicò meno pericoloso difendere i Latini piuttosto che permettere loro di riprendere le armi.
L'esercito di Roma è enorme, tutti si sono arruolati per la salvezza dell'Urbe costituendo ben 10 Legioni, vale a dire 40.000 legionari e 3.000 cavalieri, come indicato da Dionigi di Alicarnasso:
« E se ne fecero dieci corpi militari, ciascuno di quattromila uomini. Prese ogni console tre di questi corpi con quanta cavalleria gli fu compartita. Il dittatore prese gli altri quattro col resto de' cavalli ».
La legioni vengono divise a 3 per ogni console e ben 4 al dittatore stesso, che in tal modo, allo scontro presso Crustumeria, schiera in campo tra i 15.000 ed i 20.000 legionari affiancati da circa 1.000 cavalieri. essendo i sabini di "gran lunga il nemico numero uno per Roma", dovevano essere pari o poco inferiore ai romani.
Il dittatore decide che Aulo Verginio debba condurre le proprie legioni contro i Volsci, che Tito Veturio conduca le sue legioni contro gli Equi, mentre lui avrebbe combattuto i Sabini nella battaglia decisiva.
AULO VERGINIO TRICOSTO CELIMONTANO CONTRO I VOLSCI
Così i Volsci persero, oltre al loro territorio, pure la città di Velletri che venne ripopolata da coloni inviati da Roma, divenendo appunto colonia di Roma.
« Poco tempo dopo si combatté con gli Equi, anche se il console era contrario perché si trattava di abbordare il nemico da posizione sfavorevole. Ma i suoi uomini lo accusavano di tirare per le lunghe la cosa per lasciare che scadesse il mandato del dittatore prima del loro rientro a Roma e far così cadere nel nulla le sue promesse, come era già prima successo con quelle del console. Quindi lo forzarono a una mossa sconsiderata e del tutto affidata al caso: spingere le truppe sul versante della montagna di fronte a loro.
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, Libro II, 31)
L'esercito di Roma è enorme, tutti si sono arruolati per la salvezza dell'Urbe costituendo ben 10 Legioni, vale a dire 40.000 legionari e 3.000 cavalieri, come indicato da Dionigi di Alicarnasso:
« E se ne fecero dieci corpi militari, ciascuno di quattromila uomini. Prese ogni console tre di questi corpi con quanta cavalleria gli fu compartita. Il dittatore prese gli altri quattro col resto de' cavalli ».
La legioni vengono divise a 3 per ogni console e ben 4 al dittatore stesso, che in tal modo, allo scontro presso Crustumeria, schiera in campo tra i 15.000 ed i 20.000 legionari affiancati da circa 1.000 cavalieri. essendo i sabini di "gran lunga il nemico numero uno per Roma", dovevano essere pari o poco inferiore ai romani.
Il dittatore decide che Aulo Verginio debba condurre le proprie legioni contro i Volsci, che Tito Veturio conduca le sue legioni contro gli Equi, mentre lui avrebbe combattuto i Sabini nella battaglia decisiva.
AULO VERGINIO TRICOSTO CELIMONTANO CONTRO I VOLSCI
«...I Volsci erano numericamente di gran lunga superiori: per questo si buttarono sprezzanti allo sbaraglio. Il console romano non si mosse né permise di rispondere all'urlo di guerra, ma ordinò ai suoi di stare fermi e con le aste piantate a terra: soltanto quando il nemico fosse arrivato a distanza ravvicinata, avrebbero dovuto assalirlo con tutte le loro forze e risolvere la cosa con le spade.
Quando i Volsci, affaticati dalla corsa e dal gran gridare, arrivarono sui Romani, apparentemente atterriti alla loro vista, e si resero conto del contrattacco in atto vedendo il bagliore delle spade, come se fossero finiti in un'imboscata, fecero dietro-front spaventati.
Ma non avevano più la forza nemmeno di fuggire, perché si erano gettati in battaglia correndo. I Romani, invece, rimasti fermi nelle fasi iniziali, erano freschissimi: non fu quindi difficile per loro piombare sui nemici sfiniti e catturarne l'accampamento.
Di lì inseguirono i Volsci rifugiatisi a Velitrae, dove vincitori e vinti irruppero come se fossero stati un esercito solo. Là, in un massacro generale e senza distinzioni, versarono più sangue che nella battaglia vera e propria....»
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, lib. II, par. 30)
Veturio Cicurino conduce una battaglia assurda in quanto iniziata da un terreni del tutto sfavorevole. Tito Livio, spesso tacciato di scrivere relazioni di parte in favore dei Romani, osserva che non fu la bravura dei Romani ma la viltà degli Equia determinare l'esito favorevole della battaglia.
Infatti furono i legionari a spingere Veturio Cicurino a combattere senza attesa contro i nemici e il console accettò malvolentieri la forte pressione dei suoi. Però il fatto denuncia quanto grande fosse il desiderio dei legionari di difendere la patria e di farsi onore in battaglia.
« Poco tempo dopo si combatté con gli Equi, anche se il console era contrario perché si trattava di abbordare il nemico da posizione sfavorevole. Ma i suoi uomini lo accusavano di tirare per le lunghe la cosa per lasciare che scadesse il mandato del dittatore prima del loro rientro a Roma e far così cadere nel nulla le sue promesse, come era già prima successo con quelle del console. Quindi lo forzarono a una mossa sconsiderata e del tutto affidata al caso: spingere le truppe sul versante della montagna di fronte a loro.
Fu solo grazie alla codardia dei nemici che questa manovra, di per sé mal congegnata, ebbe un esito favorevole: i Romani non erano ancora arrivati a distanza di tiro che essi, scoraggiati da una simile dimostrazione di audacia, abbandonarono il loro accampamento piazzato in una posizione quasi inespugnabile e si dileguarono nei valloni dell'altro versante. Si trattò di un bottino non trascurabile e di una vittoria senza perdite. »
(Tito Livio, Ab Urbe condita libri, Libro II, 31)
MANIO VALERIO VOLUSIO MASSIMO CONTRO I SABINI
Intanto Manio Valerio si preparava allo scontro decisivo con i Sabini, avvistati presso Crustumeria, come riferisci Dionigi di Alicarnasso « diceva la guarnigione di Crustumeria che i Sabini le erano prossimi, e che ardentissimi la combattevano ».
La battaglia condotta da Manio Valerio è un capolavoro di strategia militare: scelse di utilizzare le proprie forze di cavalleria così da aprire il più possibile lo schieramento sabino, per poi far valere la superiorità dei propri legionari.
Narra Tito Livio che Manio Valerio: «Lanciatosi all'attacco con la cavalleria, aveva fatto il vuoto nel centro dell'esercito nemico, rimasto troppo scoperto per l'eccessiva apertura a ventaglio delle due ali ». A questo punto, senza poter contare su alcun tipo di copertura, e senza nemmeno poter pensare alcuna manovra aggirante i sabini subirono il tempestivo attacco delle legioni: « Nel bel mezzo di questo disordine subentrarono i fanti all'assalto ».
La superiore qualità dei legionari per la rigida disciplina nell'eseguire gli ordini, nell'assetto programmato e nell'esperienza delle continue battaglie di Roma dette un risultato eccellente: « Con un solo e unico attacco presero l'accampamento e misero fine alla campagna ». Ancora una volta la compattezza e la qualità legionaria erano state sufficienti per sbaragliare il nemico, che probabilmente perse in quello scontro la quasi totalità degli effettivi schierati in campo.
Dopo quella del lago Regillo, nessun'altra battaglia, come quella nei pressi di Crustumeria, fu più famosa in quegli anni. Il dittatore tornò a Roma in trionfo. Oltre agli onori di rito, venne riservato un posto per lui e per i suoi discendenti così da assistere ai ludi nel circo, e lì venne sistemata una sedia curule.
Eppure, malgrado questo triplice successo militare, plebe e senato non avevano smesso di agitarsi per i vecchi problemi interni e quando le richieste di soluzioni rapide da parte di Manio Valerio vennero volontariamente disattese dal senato, egli, disgustato dalla ingordigia e dalla mancanza di dignità degli ottimati, si dimise rassegnando il potere ai due consoli in carica.
Ma la situazione rimase critica, e la successiva secessione dei plebei, ritiratisi su Monte Sacro rientrò solo a seguito dell'intervento di Menenio Agrippa che rivolse ai fuoriusciti il famoso apologo delle membra e dello stomaco.
Sul piano pratico venne istituita una carica magistrale a difesa della plebe: il Tribuno della plebe. Questa carica era interdetta ai patrizi e venne sancito con una legge (la Lex Sacrata) il carattere di assoluta inviolabilità e sacralità (sacrosancti) della carica stessa. Vennero quindi eletti i primi due tribuni della plebe, che furono Gaio Licinio e Lucio Albino. Però della legge sui debiti non se ne parla e ciò provocherà una nuova insurrezione della plebe.
TORNA A CASA IL CARRO SABINO DEL PRINCIPE DI ERETUM
Sono 12 lamine dorate di artisti ciprioti o fenici con figure di animali veri o fantastici; ma anche gioielli, armi, scudi, cinture, bronzi, ceramiche e il pettorale d’oro del principe. Negli anni ’70 il carro d’oro del principe di Eretum era stato depredato dall'omonima necropoli, nella città sabina dell’antico Lazio. Ora torna a casa, grazie ad un accordo siglato dal Mibact con il Ny Calsberg Glyptotek di Copenhagen, il prezioso corredo funebre del principe sabino di Eretum completo del suo celeberrimo calesse.
Il museo nordico – una istituzione indipendente fondata nel 1988 da Carl e Ottilia Jacobsen che l’hanno poi donata al popolo danese – per anni si è rifiutato di restituire all’Italia il tesoro di reperti acquistati a caro prezzo negli anni ’70 (per il solo corredo del principe venne firmato nel 1971 un assegno di 1.264.752 franchi svizzeri) dai mercanti Robert Hecht e Giacomo Medici.
Intanto Manio Valerio si preparava allo scontro decisivo con i Sabini, avvistati presso Crustumeria, come riferisci Dionigi di Alicarnasso « diceva la guarnigione di Crustumeria che i Sabini le erano prossimi, e che ardentissimi la combattevano ».
La battaglia condotta da Manio Valerio è un capolavoro di strategia militare: scelse di utilizzare le proprie forze di cavalleria così da aprire il più possibile lo schieramento sabino, per poi far valere la superiorità dei propri legionari.
Narra Tito Livio che Manio Valerio: «Lanciatosi all'attacco con la cavalleria, aveva fatto il vuoto nel centro dell'esercito nemico, rimasto troppo scoperto per l'eccessiva apertura a ventaglio delle due ali ». A questo punto, senza poter contare su alcun tipo di copertura, e senza nemmeno poter pensare alcuna manovra aggirante i sabini subirono il tempestivo attacco delle legioni: « Nel bel mezzo di questo disordine subentrarono i fanti all'assalto ».
La superiore qualità dei legionari per la rigida disciplina nell'eseguire gli ordini, nell'assetto programmato e nell'esperienza delle continue battaglie di Roma dette un risultato eccellente: « Con un solo e unico attacco presero l'accampamento e misero fine alla campagna ». Ancora una volta la compattezza e la qualità legionaria erano state sufficienti per sbaragliare il nemico, che probabilmente perse in quello scontro la quasi totalità degli effettivi schierati in campo.
Dopo quella del lago Regillo, nessun'altra battaglia, come quella nei pressi di Crustumeria, fu più famosa in quegli anni. Il dittatore tornò a Roma in trionfo. Oltre agli onori di rito, venne riservato un posto per lui e per i suoi discendenti così da assistere ai ludi nel circo, e lì venne sistemata una sedia curule.
Eppure, malgrado questo triplice successo militare, plebe e senato non avevano smesso di agitarsi per i vecchi problemi interni e quando le richieste di soluzioni rapide da parte di Manio Valerio vennero volontariamente disattese dal senato, egli, disgustato dalla ingordigia e dalla mancanza di dignità degli ottimati, si dimise rassegnando il potere ai due consoli in carica.
Ma la situazione rimase critica, e la successiva secessione dei plebei, ritiratisi su Monte Sacro rientrò solo a seguito dell'intervento di Menenio Agrippa che rivolse ai fuoriusciti il famoso apologo delle membra e dello stomaco.
Sul piano pratico venne istituita una carica magistrale a difesa della plebe: il Tribuno della plebe. Questa carica era interdetta ai patrizi e venne sancito con una legge (la Lex Sacrata) il carattere di assoluta inviolabilità e sacralità (sacrosancti) della carica stessa. Vennero quindi eletti i primi due tribuni della plebe, che furono Gaio Licinio e Lucio Albino. Però della legge sui debiti non se ne parla e ciò provocherà una nuova insurrezione della plebe.
CARRO DEL PRINCIPE SABINO DI ERETUM |
TORNA A CASA IL CARRO SABINO DEL PRINCIPE DI ERETUM
Sono 12 lamine dorate di artisti ciprioti o fenici con figure di animali veri o fantastici; ma anche gioielli, armi, scudi, cinture, bronzi, ceramiche e il pettorale d’oro del principe. Negli anni ’70 il carro d’oro del principe di Eretum era stato depredato dall'omonima necropoli, nella città sabina dell’antico Lazio. Ora torna a casa, grazie ad un accordo siglato dal Mibact con il Ny Calsberg Glyptotek di Copenhagen, il prezioso corredo funebre del principe sabino di Eretum completo del suo celeberrimo calesse.
Il museo nordico – una istituzione indipendente fondata nel 1988 da Carl e Ottilia Jacobsen che l’hanno poi donata al popolo danese – per anni si è rifiutato di restituire all’Italia il tesoro di reperti acquistati a caro prezzo negli anni ’70 (per il solo corredo del principe venne firmato nel 1971 un assegno di 1.264.752 franchi svizzeri) dai mercanti Robert Hecht e Giacomo Medici.
Tra i tesori restituiti anche “lastre e decorazioni architettoniche strappate da edifici templari di Cerveteri, e un ciclo di antefisse con menade e satiro, anch’esso di Cerveteri” e smembrato dai trafficanti che ne vendettero una parte al museo di Copenaghen e l’altra al Getty Museum di Los Angeles.
In cambio l’Italia si impegna a prestare a Copenaghen altri gioielli del suo patrimonio. Il primo il 1 novembre 2018, dal Museo di Vulci, composto da alcuni reperti della “Tomba delle mani d’argento“. Una vera ‘diplomazia culturale‘ ormai avviata da qualche anno, volta a combattere il traffico clandestino d’arte.
In cambio l’Italia si impegna a prestare a Copenaghen altri gioielli del suo patrimonio. Il primo il 1 novembre 2018, dal Museo di Vulci, composto da alcuni reperti della “Tomba delle mani d’argento“. Una vera ‘diplomazia culturale‘ ormai avviata da qualche anno, volta a combattere il traffico clandestino d’arte.
Tra le questioni ancora da risolvere ci sono il rientro dell’Atleta di Lisippo, il bronzo ripescato nel 1964 nelle acque di Fano che il Getty Museum acquistò negli anni ’70 e non vuole restituire e la biga etrusca d’oro di Monteleone di Spoleto, esposta al Met di New York. L'Italia è da sempre oggetto di depredamento, dai clandestini agli antiquari e ai musei del mondo.
BIBLIO
- Piganiol André - Le conquiste dei romani - Milano - Il Saggiatore - 1989 -
- Gaetano De Sanctis - II - La conquista del primato in Italia - Milano-Torino - 1907 -
- Paolo Sommella - Antichi campi di battaglia in Italia, contributi all'identificazione topografica di alcune battaglie d'età repubblicana - Roma - De Luca - 1967 -
- A. Frediani - Le grandi battaglie di Roma antica - Roma - 2009 -
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