VICA POTA |
Vica Pota era una Dea e una corrispondente festa romana datata al 5 gennaio in onore appunto di Vica Pota, Dea romana della vittoria e del potere. Il suo tempio sul Velia, una delle alture del Septimontium, posta tra il colle Oppio, una delle propaggini del colle Esquilino, e il Palatino, era stato consacrato per l'appunto il 5 gennaio, accanto alla casa dei Valeri, la potente famiglia sabina, infatti Vica Pota è una divinità sabina.
Nell'Apocolocintosi (scritto sarcastico di Seneca sulla divinizzazione dell’imperatore Claudio), Vica Pota viene citata come la madre di Diespiter; sebbene di solito identificato con Giove, Diespiter qui è una divinità diversa, che secondo Arthur Bernard Cook dovrebbe essere il Dispater ctonio.
ARMATURA CON FALERE |
Vica Pota aveva un tempio secondo alcuni situato sopra la Domus Valerii, cioè sui suoi resti, in quanto Livio la loca " infra Velium ubi nunc Vicae Potae est aedes in infimo clivo ", ma non significa sopra la domus, bensì nella stessa area.
Questa divinità, molto simile alla Dea Victoria, per cui il tempio era chiamato "aedes Victoriae" (vedi l'iscrizione di un frammento di altare in TF 87 ) da Asconius (in Pis. 52), era un'antica Dea italica, sicuramente antecedente ai Valerii e poi assimilata alla Nike greca e poi romana cioè Victoria, per cui, come si è detto, è difficile che fosse posteriore alla domus, ma piuttosto nei pressi.
Vica Pota era una Dea il cui santuario si trovava dunque ai piedi del colle Velian, sul sito della domus di Publio Valerio Publicola, il che collocherebbe il tempio sullo stesso lato della Velia del Foro e forse non lontano dalla Regia. Cicerone spiega che il suo nome deriva da "vincendi atque potiundi" (De legibus 2.28), "conquistare e acquisire maestria", più semplicemente dal latino "Vincere Potiri".
Ma Vica Pota era annoverata tra i Di Indigetes, o Dei Indigetes, ovvero gli Dei Indigeni, che erano le antichissime divinità del suolo italico, appartenenti alla religione e alla mitologia italico-romana primitive, non adottati mai da altre religioni.
DEA VITTORIA |
Abbondanza (Opi), Giano e Quirino sarebbero state le divinità più importanti degli indigetes, ma anche questo non trova gli studiosi tutti d'accordo. Quel che invece è certo è che Vica Pota fosse una degli Dei Indigetes, pertanto antichissima.
Per alcuni "Molti degli Dei Indigeni sono figure minori nate il più delle volte dalla personificazione di una qualità astratta e, poiché in lingua latina i nomi delle qualità e dei concetti astratti sono molto spesso femminili, il numero delle dee prevale su quello delle divinità maschili."
"La religione dei primi romani è infatti di tipo animistico, senza sacerdoti, una religione privata dove ognuno invoca un dio o un altro secondo i suoi bisogni."
Tutte le religioni primitive sono animistiche ma non è vero che siano necessariamente private nè che non avessero sacerdoti. La tribù o il clan avevano i loro sacerdoti e i loro riti pubblici. Chi potrebbe credere che il colossale complesso di Stonenge (1500 a.c.) fosse espressione di un credo privato e senza sacerdoti?
LA FESTA |
LA FESTA
Festeggiata nelle campagne ma anche in città quando si auguravano ai militari le vittorie per il nuovo anno, ma soprattutto per il buon allenamento nelle caserme onde ottenere le vittorie sul campo. La festa cittadina iniziava nel tempio sul Velia che veniva ornato di ghirlande e di nastri con orazioni particolari pronunciate in favore dei successi militari.
Nelle campagne ci si auguravano i buoni raccolti per l'anno successivo e che i semi accantonati non marcissero nè venissero attaccati dai topi. In città sovente i militari promettevano ricompense alla Dea se avesse loro consentito, durante l'anno che iniziava, di partecipare a battaglie fortunate con pingui bottini. In ogni caso ci si augurava una ricchezza portata dalla Dea per il nuovo anno.
Spesso si offrivano alla Dea mantelli o sciarpe indossati in una guerra vittoriosa, con sopra cucito il nome dell'offerente e magari pure della sua gens. Sia in città che nelle campagne si offrivano coppe di vino verste sull'altare della Dea.
Gli uomini indossavano per l'occasione le armature con le falere (phalerae) e gli ornamenti militari per meriti conseguiti, per le quali ottenevano doni di vino e di cibo dalla popolazione. Una speciale celebrazione avveniva pure nelle caserme affinchè la Dea fosse propizia al perfetto addestramento delle truppe, a cui seguiva un ricco banchetto.
Molti generali festeggiavano con i loro luogotenenti e con i centurioni più validi, festa che veniva poi ripetuta a casa con la famiglia e i parenti affinchè il militare acquisisse stima e rispetto maggiori anche presso questa e magari presso la sua gens.
BIBLIO
- Duncan Fishwick - The Imperial Cult in the Latin West - Brill - 2002 -
- J. Rufus Fears - The Theology of Victory at Rome - 1981 -
- Charles Hoeing - Vica Pota - American Journal of Philology - 24 - 1903 - .
- J. Rufus Fears - The Theology of Victory at Rome - 1981 -
- Charles Hoeing - Vica Pota - American Journal of Philology - 24 - 1903 - .
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