FILIPPICO - FILIPPICUS



IMPERATORE MAURIZIO E LA SUA CORTE


Nome: Filippicus
Nascita: ?
Morte: ? di malattia,
Professione: Generale tra il 580 e il 610.


Filippico è stato un generale bizantino di notevole abilità, un "comes Excubitorum", e cognato dell'Imperatore Maurizio (539 - 602). Gli escurbitores erano i soldati della coorte posta a guardia del palazzo dell'imperatore romano; non solo difendevano l'imperatore in battaglia e in tempo di pace, ma sia gli ufficiali che gli Excubitores ordinari erano spesso inviati in missioni speciali, anche a carattere diplomatico, dagli imperatori.

Il loro comandante, il "Comes Excurbitorum" divenne, in virtù della sua vicinanza all'imperatore, un ufficiale di grande rilievo, tanto che era detenuto in genere da membri stretti della famiglia imperiale, o da uomini che potevano essere nominati suoi eredi. Filippico ottenne l'incarico grazie ai numerosi successi ottenuti in guerra, dovuti alle sue abilità di stratega, soprattutto contro i Persiani.

Qualcuno ha pensato che Filippico fosse uno dei possibili autori dello Strategikon, "un manuale piccolo ed elementare", come è citato nell'introduzione, "per coloro che si dedicano al comando militare", avendo avuto il tempo e l'opportunità di scriverlo, dopo il 603, mentre era in monastero, ma sembra  accertato che sia stato scritto dall'imperatore bizantino Maurizio (r. 582 - 602).



LE ORIGINI

Si sa poco sui primi anni di vita se non che nacque da famiglia plebea, ma essendo amico o comunque stimatissimo dall'imperatore Maurizio, sposò la di lui sorella di Maurizio, Gordia, probabilmente nel 583, successivamente venne elevato dall'imperatore al rango di patricius e venne assunto come "Comes Excubitorum" (Comandante delle guardie imperiali).

Nel 582, quando Maurizio divenne imperatore, gli succedette come "magister militum per Orientem" il generale Giovanni Mystacon. Il magister miltum era a capo di un esercito in una Prefettura del pretorio mentre il magister militum praesentalis aveva il comando supremo dell'esercito. Costantino I aveva diviso l'Impero in cinque prefetture: Gallie, Africa, Italia, Illirico e Oriente, ponendo un prefetto del pretorio a capo dell'amministrazione civile di ognuna di esse e Mystacon era a capo della prefettura d'Oriente.
 
Ma il generale Giovanni Mystacon non si dimostrò all'altezza del compito subendo una prima sconfitta contro i Persiani presso la confluenza tra il Tigri e il Nymphius, ancor prima della nomina che comunque gli venne ugualmente accordata. 

Poco dopo, nell'assaltare la fortezza di Achbas (oggi Abcasia) in Georgia, fu di nuovo sconfitto, per cui fu destituito dall'imperatore e sostituito nel 583 con Filippico che divenne quindi il comandante delle legioni orientali in guerra contro i Persiani.



L'ESERCITO BIZANTINO

Quando Maurizio prese il potere, le truppe dell’esercito imperiale ammontavano a circa 150.000 uomini che, fino all’inizio del regno di Giustino II, erano divise in:
- due armate, di 20.000 uomini ciascuna, chiamate Praesentales (perchè alloggiate presso il sovrano), di stanza in Asia Minore,
- l’Armata d’Oriente, composta di 20.000 uomini, acquartierata in Siria e Mesopotamia,
- l’Armata di Tracia, di 20.000 soldati, alloggiata in Europa lungo il basso Danubio,
- l’Armata d’Illirico, composta di 15.000 uomini, alloggiata lungo l'alto Danubio,
- l’Armata d’Armenia, di 15.000 uomini,
- l’Armata d’Italia, con 20.000 soldati (di cui 2.000 in Sicilia),
- l’Armata d’Africa, con 15.000 uomini,
- l’Armata di Spagna, di 5.000 unità. 

Nel 584-585 egli condusse numerose battaglie tutte con buon esito, saccheggiando i dintorni di Nisibi (città e fortezza legionaria, oggi turca), ed ebbe alcuni scontri facendo incursioni nell'Arzanene (regione dell'antica Armenia) e nella Mesopotamia orientale (terra fra Tigri ed Eufrate). Nel suo esercito si preoccupò di migliorarne la disciplina e l'addestramento, e pure di dotarlo delle armi e armature migliori.

Passò quindi l'inverno nel 585-586 al sicuro a Costantinopoli, dove continuò tuttavia ad addestrare le sue truppe e a curare le sue mappe e le sue informazioni, poi ritornò ai suoi quartieri generali ad Amida (oggi Diyarbakir una città del sudest della Turchia, situata lungo le sponde del fiume Tigri) all'inizio della primavera. 

I Persiani, intimoriti dall'invincibile generale, avanzarono alcune richieste di pace che però l'imperatore, su consiglio del suo generale rifiutò. Allora Filippico poté avanzare con le sue truppe verso la frontiera, dove sconfisse l' esercito persiano pur notevolmente superiore in numero, nella Battaglia di Solachon.




BATTAGLIA DI SOLACHON

La battaglia di Solachon fu combattuta nel 586 tra i Bizantini, comandati dal generale Filippico contro i Sasanidi (Persiani) comandati da Kardarigan, durante la lunga guerra romano-persiana del 572-591. Tale guerra fece seguito al rifiuto dell'Impero bizantino di pagare il tributo che da molti anni pagava in oro alla potenza persiana e che per l'imperatore Maurizio costituiva un'onta e un disonore per i bizantini, in memoria del valore romano.

Lo storico Teofilatto Simocatta (Egitto, 580 circa – dopo il 640) narra che l'esercito di Filippico ardeva di scontrarsi con i Persiani in battaglia, e che Filippico marciò da Amida verso sud, attraversò il fiume Arzamon (oggi fiume Zergan) e avanzò per 15 miglia ad est fino alla pianura di Solachon, dove stabilì il suo accampamento presso il monte Izala, a sud delle fortezze di Mardes e di Dara. 

Da geniale comandante quale era, aveva scelto con attento studio la posizione, sapendo che, non essendoci acqua tra il fiume Bouron in territorio persiano e l'Arzamon, il nemico avrebbe avuto un netto svantaggio non potendo bere dal fiume Arzamon difeso dai bizantini. Pertanto costrinse l'armata persiana sotto il comando di Kardarigan ad avanzare per l'arida pianura, lontano dai loro rifornimenti, per cui sarebbero giunti allo scontro con l'armata bizantina indeboliti dalla sete.

Tuttavia anche i Persiani erano desiderosi di combattere e con la certezza di vincere, soprattutto Kardarigan, a cui alcuni divinatori avevano predetto la vittoria sul nemico. Il terzo giorno, l'esercito persiano seppe che i Bizantini si erano stanziati presso l'Arzamon e allora Kardarigan condusse con sé molti cammelli carichi di acqua in previsione del blocco all'accesso all'Arzamon.  

Teofilatto narra che Kardarigan fosse così sicuro di vincere che aveva già fatto preparare le catene per i prigionieri bizantini, tuttavia le speranze di cogliere di sorpresa l'esercito bizantino svanirono perché il giorno dopo i foederati arabi, alleati dell'esercito bizantino, con truppe scelte inviate in perlustrazione, catturarono e torturarono dei soldati persiani ottenendo tutte le informazioni sull'esercito persiano. Filippico comprese che Kardarigan avrebbe attaccato il giorno dopo, di domenica, giorno di riposo dei Cristiani bizantini, sperando di coglierli impreparati.

CATAFRATTO SASANIDE
La grande civiltà romana, ineguagliata nella storia per la civiltà delle leggi e dei costumi, ebbe il grande merito di non sentirsi eletta o superiore come razza o come fede (ma solo come civiltà), nè temeva di essere contaminata dai costumi o le credenze di altri popoli, per cui attingeva liberamente dagli altrui costumi, o canoni di architettura o di religione, ma pure armi, armature, culti, espedienti di guerra, senza alcuna preclusione mentale.

Pertanto dai sasanidi i romani, scoprendo che i fanti romani poco potevano contro i loro cavalieri, avevano copiato non solo l'uso dei lancieri e degli arcieri a cavallo ma pure l'uso dei catafratti, per cui entrambe le armate erano costituite esclusivamente di cavalleria ben difesa da pesanti armature. 

Quando gli esploratori di Filippico segnalarono l'avvicinarsi dei Persiani, Filippico fece porre su una collinetta, con l'ala sinistra protetta dai contrafforti del Monte Izalas.

I Bizantini si schierarono in una singola linea di battaglia con tre divisioni: quella sinistra sotto il comando di Eiliphredas, dux della Fenicia Libanense, con arcieri a cavallo Unni, quella sotto il comando del generale Eraclio il Vecchio, padre dell'imperatore Eraclio I (r. 610–641), e quella sotto il comando del taxiarchos Vitalio.

Anche i Persiani apparvero con tre divisioni: quella destra sotto il comando di Mebode, quella centrale sotto il comando dello stesso Kardarigan, e quella sinistra sotto il comando del nipote del Kardarigan, Afraate. 

Mentre il generale persiano si allontanò dalla linea di battaglia, Filippico rimase, com'era suo costume, con pochi soldati subito dietro la principale linea di battaglia, a guardarla e dirigerla e quando il nemico apparve all'orizzonte Filippico mostrò l'immagine del Cristo come certezza dell'aiuto divino.

I Persiani avanzarono rapidamente scagliando frecce e altrettanto fecero i Bizantini. La divisione destra bizantina ebbe la meglio spingendo il fianco persiano verso sinistra dietro la loro linea principale. Ma molte truppe di Vitalio ruppero la formazione per depredare l'accampamento avversario, subito Filippico se ne accorse, dette il suo elmo distintivo a uno delle sue guardie del corpo e lo inviò a minacciare pesanti punizioni per la trasgressione. 

Le truppe di Vitalio si ricomposero e respinsero l'attacco persiano. Ma i persiani sconfitti dell'ala destra, invece di fuggire, erano andati a rinforzare la parte centrale dell'esercito persiano, contro il centro bizantino che fu costretto ad arretrare. Allora Filippico ordinò alla divisione centrale di smontare e combattere a piedi formando un muro di scudi (formazione a fulcum) e gli arcieri bizantini mirarono ai cavalli persiani, fermandone l'avanzata. 

Poi fece contrattaccare l'ala sinistra contro l'ala destra persiana, che fuggì, inseguita dai Bizantini. Sconfitte entrambe le ali persiane, il centro persiano cedette all'ala destra bizantina, che li spinse verso l'area un tempo occupata dall'ala destra persiana. Ai Persiani rimase solo la fuga.

L'esercito sconfitto soffrì non solo per l'inseguimento ma anche per la mancanza di acqua, anche perchè prima della battaglia Kardarigan aveva ordinato di rovesciare al suolo le scorte d'acqua, per spronare i soldati a combattere più duramente onde raggiungere l'Arzamon. Inoltre, ai Persiani superstiti fu negato l'accesso a Dara perché, secondo Teofilatto Simocatta, era usanza persiana negare l'accesso ai fuggitivi e molti Persiani morirono di sete.

Solo un manipolo di uomini continuarono a combattere assieme al generale Kardarigan su una collinetta ma vennero circondate dai Bizantini che gli ordinarono di arrendersi. Essi risposero che preferivano morire e dopo alcuni giorni i Bizantini, non sapendo che Kardarigan era con loro, li abbandonarono. 

Quando i Persiani trovarono la discesa libera, scesero dalla collinetta ma si scontrarono con alcuni soldati bizantini che tornavano all'accampamento: i persiani vennero massacrati e più di 1000 vennero fatti prigionieri e portati a Costantinopoli. Kardarigan però riuscì a salvarsi nella fuga. Filippico ricompensò i soldati distintesi nella battaglia dividendo tra loro le spoglie dei vinti Persiani.

La vittoria di Solachon permise ai Bizantini di ristabilire il loro controllo nei dintorni di Dara. La guerra si protrasse ancora fino alla rivolta di Bahram Chobin, che causò la fuga del legittimo shah persiano, Cosroe II (r. 590–628) in territorio bizantino per chiedere aiuto all'Imperatore Maurizio contro l'usurpatore Bahram. Una spedizione congiunta restaurò Cosroe II sul trono e un trattato di pace fu concluso nel 591 che lasciò la maggior parte dell'Armenia in mani bizantine.

CATAFRATTI BIZANTINI


LA MALATTIA DI FILIPPICO

In seguito invase e saccheggiò l'Arzanene e assediò la fortezza di Chlomaron ma poi probabilmente per malattia, affidò il comando del suo esercito al suo hypostrategos (generale luogotenente) Eraclio, il padre del futuro imperatore Eraclio. Nella primavera del 587 cadde nuovamente malato.

Affidò due terzi del suo esercito a Eraclio e il resto ai generali Teodoro e Andrea, ordinando di saccheggiare i territori persiani. Sempre per la sua malattia non poté partecipare alle campagne di quell'anno e tornò a Costantinopoli, dove venne sostituito da Prisco. Tuttavia, quando Prisco arrivò in Oriente, i soldati rifiutarono di obbedirgli, e al suo posto elessero generale Germano.



IL RITORNO DI FILIPPICO

Appena tornato in salute Filippico venne presto riassunto come comandante d'Oriente, ma poté assumere il comando solo dopo che l'ammutinamento che ancora proseguiva da parte delle truppe fedeli al generale Germano venne sedato grazie all'intervento del Patriarca di Antiochia.

Dopo essersi riconciliato con le sue truppe, nell'estate del 589 cercò di riconquistare Martiropoli, nella provincia di Diyarbakır in Turchia, caduta in mano persiana a causa di un tradimento, ma non vi riuscì, forse a causa del suo malessere. per cui venne sostituito dal generale Comenziolo. A parte una missione diplomatica del 590, di Filippico non si hanno notizie fino al 598, quando venne per un breve periodo nominato generale delle legioni a difesa dei Balcani.

IMPERATORE FOCA


L'IMPERATORI FOCA ED ERACLIO

Nel 602, Filippico viene sospettato, forse dallo stesso imperatore o comunque dai suoi cortigiani, di voler complottare contro Maurizio solo perchè era stato profetizzato che il nome del successore di Maurizio sarebbe iniziato con una Φ (Phi). Invece poco dopo, Maurizio venne deposto e ucciso da una rivolta condotta da Foca. 

In quanto a Filippico, essendo cognato di Maurizio, gli venne salvata la vita da Foca ma a patto che si facesse monaco entrando in un monastero a Crisopoli ed era ancora lì quando Eraclio rovesciò Foca nel 610, e, conoscendo le sue abilità di generale, lo fece uscire dal convento inviandolo a negoziare con il fratello di Focas, Comenziolo, che comandava l'esercito orientale. 

Filippico accettò l'incarico come di dovere ma Comenziolo, uomo di poco onore, non solo non accettò la trattativa, ma lo imprigionò e voleva farlo giustiziare, ma Comenziolo venne improvvisamente assassinato per cui ancora una volta Filippico ebbe salva la vita.

Tornato illeso alla corte di Eraclio nel 612, questi, in riconoscimento del suo valore come generale, lo nominò "magister militum per Orientem", quindi capo dell'esercito per tutto l'oriente, inviandolo poi a combattere contro i Persiani in Armenia. 

Nel 614, quando un esercito persiano sotto il comando di Shahin invase l'Asia Minore e raggiunse le coste del Bosforo a Calcedonia, Filippico ancora una volta invase la Persia, e con la sua usuale e straordinaria abilità di stratega ne conquistò dei territori  sperando che Shahin, venuto a sapere delle sue vittorie, si ritirasse dall'Anatolia per affrontarlo finalmente in battaglia.



LA MORTE

Le speranze di Filippico andarono deluse perchè morì poco dopo a causa del progredire della sua malattia, e venne sepolto in una chiesa che aveva costruito a Crisopoli. Moriva con lui un grande generale romano.


BIBLIO

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- Maurizio Imperatore - Strategikon - a cura di G. Cascarino - Rimini - 2006 -
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