LEONE V - LEON V



LEONE V E COSTANTINO


Nome: Leone V, in greco: Λέων Ε΄, in latino Leōn V
Nascita: 775
Morte: Costantinopoli, 25 dicembre 820
Moglie: Teodosia
Figli:  Simbatio rinominato Costantino; Basilio; Gregorio; Teodosio
Regno: 11 luglio 813 - 820


Secondo alcuni di origini armene, per altri di origini assire, comunque figlio di un patrizio di nome Barda, che entrò in giovane età nell'esercito bizantino. Molto intelligente e molto ambizioso e pure fermo e costante nelle avversità, perseguì una brillante carriera militare fino a diventare generale. In battaglia si dimostrò grande stratega, molto coraggio, grande ascendente sulle truppe ma spesso crudele.



CURSUM HONORUM

Nell'803 servì sotto il generale ribelle Barda Tourkos (Bardane il turco), da cui disertò in favore dell'imperatore Niceforo I (802-811) che lo ricompensò donandogli una lussuosa villa a Costantinopoli nominandolo anche Comes Foederatum, ovvero Capo dei Federati, soldati di origine barbarica ormai integrati nell'Impero e che volontariamente si arruolavano nell'esercito bizantino sotto il comando di un generale bizantino. 

Michele l'Armoriano invece, grande amico di Leone, per le stesse ragioni, fu da Niceforo I nominato Conte della Tenda, ovvero responsabile notturno della tenda imperiale allestita negli accampamenti militari, in tempi di guerra.

Leone venne in seguito privato della carica venendo per giunta esiliato per aver sposato Teodosia, figlia del patrizio Arsaber che si era ribellato a Niceceforo nell'808. La sua fortuna tornò verso la fine dell'811, quando il nuovo imperatore Michele I Rangabe (811-813) lo richiamò in patria nominandolo strategos (generale) del thema dell'Anatolikon dove venne influenzato dai principi iconoclasti, molto diffusi negli ambienti aristocratici militari dell'Asia Minore.

Sempre per Michele I partecipò alla spedizione contro i Bulgari, e poi alla battaglia di Versinicia, nei pressi di Adrianopoli, il 22 giugno 813, dove comandava le truppe dell'Anatolikon, l'ala destra dello schieramento bizantino. 

SCONFITTA DI MICHELE I


BATTAGLIA DI VERSINICIA

L'esercito bizantino contava tra i 60.000 e i 80.000 soldati, il triplo di quelli bulgari, ed era diviso in tre parti: a destra le truppe arruolate in Asia Minore con a capo Leone, al centro le guardie imperiali guidate da Michele, e a sinistra le truppe macedoni guidate dal generale Giovanni Aplakes.

I bulgari come è naturale fuggirono, ma le truppe di Leone in quel momento disertarono lasciando Leone e il campo di battaglia. Il khan dei bulgari, Krum, all'abbandono delle truppe di Leone, ordinò ai suoi di scontrarsi con le poche truppe rimaste fedeli a Michele, che vennero però soccorse dall'ala sinistra, così che vennero massacrati tutti i macedoni dello schieramento bizantino, comandati da Giovanni Aplakes.

Le truppe di Leone avevano agito in realtà per ordine di Leone stesso, che voleva usurpare il trono di Michele, ma senza scappare dal campo di battaglia, perché i bizantini non avrebbero mai accettato come imperatore un traditore. Così i bizantini persero la battaglia e i Bulgari fecero ben 10.000 prigionieri bizantini.

La battaglia fu così perduta dai bizantini, consentendo alle forze bulgare di dilagare nei territori imperiali, saccheggiando le provincie danubiane, fino ad arrivare sotto le mura di Costantinopoli, dove vennero però battute dall'ala destra dell'esercito, ancora intatta, tornata sotto il comando di Leone.



L'ABDICAZIONE

Intanto Michele I, che non era rimasto ferito in battaglia, capì che il regno era in pericolo e che gli avrebbero usurpato il trono, quindi decise di tornare di corsa a Costantinopoli, dove riparò con moglie e i cinque figli a Santa Sofia, dove ottenne protezione dal patriarca di Costantinopoli, dicendogli che voleva abdicare anche per non iniziare una guerra civile.

Leone saputo che Michele I aveva abdicato, decise di risparmiargli la vita ma a patto che diventasse monaco, in un monastero delle isole dei Principi con un appannaggio annuale, che la moglie e le due figlie entrassero in convento e che i tre figli maschi fossero evirati ed esiliati anch'essi in un convento, in modo che non avrebbero mai potuto reclamare il trono bizantino, in quanto mutilati e incapaci di procreare. Così Michele non riuscì a proteggere i suoi figli dall'evirazione per quanto avesse rinunciato al trono.



L'ACCLAMAZIONE

L'11 luglio 813 Leone entrò trionfante a Costantinopoli, attraversando la Porta Aurea, fino ad arrivare al palazzo reale. Fu acclamato imperatore dai suoi soldati e dalla popolazione che non aveva compreso l'assurdo tradimento. Leone doveva tuttavia dimostrare al patriarca Niceforo di non essere un iconoclasta, visto che era lui a doverlo incoronare, cosa che fece in una lettera rassicurandolo della propria ortodossia. 



MICHELE L'AMORIANO

Alla cerimonia di incoronazione Leone aveva al suo fianco destro il suo migliore amico, Michele l'Amoriano, un ufficiale bizantino rozzo, balbuziente e analfabeta. Michele era stato determinante nello spingere all'abdicazione l'ex imperatore, affinché salisse alla porpora l'amico e compagno d'armi Leone.
 
Come ricompensa per il suo aiuto, Leone V lo nominò Domestico degli Excubitori (domestikos tōn exkoubitorōn), ovvero capo di uno dei battaglioni (tagmata) di difesa personale dell'imperatore. Michele era anche maldestro, infatti proprio alla cerimonia d'incoronazione di Leone, scendendo da cavallo, calpestò il mantello di Leone e per poco non lo strappò, ma Leone non si arrabbiò, certo dell'affetto e della fedeltà dell'altro.

Per sottolineare il buon il rapporto con il patriarca Leone, ad agosto durante il suo ingresso nel palazzo imperiale, Leone V si inginocchiò davanti all'icona di Cristo davanti alla Porta Chalke, confermando la sua estraneità all'iconoclastia.



Il COIMPERO

Nell'814 Leone nominò il figlio Simbatio co-imperatore per confermarlo come suo successore, cambiandogli il nome in Costantino, nome più glorioso per un futuro imperatore, facendosi da quel momento rappresentare nelle monete sempre insieme al figlio.



SOTTO LE MURA DI COSTANTINOPOLI

La sconfitta dei Bizantini nella battaglia di Versinicia aveva portato all'avanzata dei Bulgari, che il 17 luglio 813 si erano accampati sotto le mura di Costantinopoli. Krum sapeva che i suoi uomini non potevano conquistare la città, visto le sue forti difese, per cui un messaggero a Leone, promettendogli di ritirarsi se gli fossero stati dati bauli pieni di pregiate vesti bizantine e alcune bellissime vergini bizantine. 

Leone volle parlamentare direttamente con Krum fuori delle mura di Costantinopoli, lui sarebbe arrivato per mare con una scorta disarmata, e altrettanto Krum che sarebbe però arrivato da terra. Il re bulgaro accettò ma quando stavano per concludere l'accordo capì da un movimento che gli era stata tesa un'imboscata, corse verso il cavallo e scappò, colpito non gravemente da tre arcieri bizantini nascosti. 

Il khan inferocito abbandonò Costantinopoli perché inespugnabile, ma distrusse e bruciò tutti i sobborghi del Corno d'Oro, le chiese, i palazzi e i monasteri, i campi, trucidando chiunque capitasse nelle mani dei bulgari e schiavizzando donne e bambini. Il palazzo di Hebdomon fu raso al suolo insieme alla città di Selimbria nell'813.

Poi Krum si diresse verso Adrianopoli, che dal 22 giugno era cinta d'assedio dal fratello, catturando tutta la popolazione di 10.000 abitanti. Molti furono uccisi, tra cui l'arcivescovo della città, gli altri furono deportati e tra questi c'era il futuro imperatore Basilio I, di soli quattro anni, deportato insieme alla famiglia.

Leone fece allora una spedizione contro un'armata bulgara, vicino a Mesembria, uccidendo I soldati bulgari e scagliando contro delle rocce tutti i bambini che trovavano mentre gli adulti vennero risparmiati. In risposta Krum inviò un esercito di 30.000 soldati in Tracia, dove conquistò Arcadiopoli catturando 50.000 persone e un ricco bottino. 

Poi il re bulgaro ordinò l'artiglieria necessaria per demolire le mura di Costantinopoli: scale, arieti, macchine d'assedio, catapulte e torce fiammeggianti. In primavera Leone ordinò alla popolazione di lavorare giorno e notte per rinforzare le mura. Ma il 13 aprile 814, Krum morì per un attacco d'epilessia, mentre era in marcia alla volta di Costantinopoli. 

Leone approfittò del trambusto per attaccare i Bulgari presso Mesembria, e li sconfisse. A Krum successe al il giovane figlio Omurtag, che doveva affrontare l'aristocrazia bulgara ribelle: pertanto nell'815 firmò un trattato di pace con l'impero, che durò trent'anni. 



L'ICONOCLASTIA

ICONOCLASTIA
Leone nell'814 reintrodusse l'iconoclastia in tutto l'impero a seguito dell'emigrazione di molti piccoli proprietari e contadini bizantini dalle terre dell'Asia Minore appena conquistate dagli Arabi verso Costantinopoli. Ridotti in miseria, l'imperatore li arruolò nell'esercito per combattere contro i Bulgari. Finita la guerra coi bulgari finì si trovarono senza lavoro, e maledicevano l'ex imperatrice Irene che aveva abolito l'iconoclastia, ritenendola la causa dei loro mali.

Leone creò allora una commissione di ecclesiastici, che trovasse motivazioni per reintrodurre l'iconoclastia. La commissione fu affidata a Giovanni Grammatico (836-843), futuro patriarca di Costantinopoli, a capo del movimento iconoclasta, e la vicepresidenza all'anziano vescovo, Antonio di Syllaeum, che rallegrò il sinodo raccontando storielle erotiche agli altri ecclesiastici.

A dicembre Leone convocò nel palazzo reale il patriarca Niceforo I (806-815) e gli disse:
«Per accontentare i soldati, sarebbe meglio togliere dalle chiese, le immagini poste ad altezza d'occhio
(Leone V l'Armeno)
Ma il patriarca rifiutò, ma a Pasqua dell'815, Leone fece riunire un sinodo a Santa Sofia, che aveva il compito di riapprovare il Concilio di Hieria, del 754, abolendo quindi il secondo di Nicea, per reintrodurre l'iconoclastia.

Negli anni successivi Leone sconfisse gli Arabi che avevano tentato di invadere la Sicilia e li batté anche in Asia Minore dove tentavano l'invasione.



LA MORTE

L'amicizia tra Leone V e Michele finì quando il primo divorziò dalla moglie, cognata di Michele. Nella Vigilia di Natale dell'820, si scoprì che Michele era a capo di un attentato contro Leone che ordinò fosse buttato nella grande caldaia che scaldava l'acqua delle terme del palazzo imperiale. 

La sentenza stava per essere eseguita ma venne fermata dall'imperatrice Teodosia, che adirata disse al marito: «Che cos'è questa ingiustizia e questa iniquità che commini e questa mancanza di umanità che è su di te e la ferocia che non rispetta il giorno straordinario della splendida nascita di Cristo?»
E Leone rispose: «Io, dal momento che tu lo vuoi e me lo dici, lo perdono»

l'imperatore lo condannò a morte dopo il Natale, ma Michele venne liberato dagli altri cospiratori, poi corsero nella Cappella di Santo Stefano a Costantinopoli, dove Leone V presenziava alla Santa Messa e lo assassinarono. Michele venne acclamato imperatore.


BIBLIO

- Teofane Confessore - Cronaca - IX secolo -
- Teofane Continuato - Cronaca - XI secolo -
- Francesca Iadevaia - Historia Imperatorum - Libro IIC - Da Niceforo I a Leone Foca - Messina - EDAS - 2008 -
- Anonimo - Historia Imperatorum -
- Georg Ostrogorsky -  Storia dell'Impero bizantino - Milano - Einaudi - 1968 -
- Ralph-Johannes Lilie - Bisanzio la seconda Roma - Roma - Newton & Compton - 2005 -
- Alain Ducellier - Michel Kapla - Bisanzio (IV-XV secolo) - Milano - San Paolo - 2005 -


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